Epilogo: ritorno a casa.
Torniamo
a casa
all’inizio di settembre. Le foglie degli alberi del giardino
della nostra villa
sono un trionfo di rosso, oro e arancione.
Meraviglioso.
Non sono belle
come il giardino della reggia, ma il fatto che siano qui le rende
meravigliose,
sanno di casa.
Ava sorride
rivendendo il nostro ranch.
“Casa dolce
casa.”
Commenta aprendo la porta, troviamo tutto come l’avevamo
lasciato, i cloni non
hanno spostato nulla e non
hanno ridipinto la casa. Mi avrebbe dato
fastidio trovare la casa cambiata da delle persone che tutto sommato
sono degli
sconosciuti, così depongo con gioia le mie valigie in camera
mia e mi butto sul
letto. Profuma di pulito e di casa, un profumo meraviglioso.
Poco dopo sento
il materasso abbassarsi per il peso di un corpo che si è
steso accanto a me.
“Ehi, Tom.”
“Ehi,Jen.”
“Ce l’abbiamo fatta.”
“Sì, ora resta solo una cosa da fare e
sarà la più difficile.”
“Disfare la
valigie?”
Dico per mantenere leggero il tono della conversazione.
“No, parlare a
Mark, non so da dove iniziare.”
Io rimango in silenzio, senza sapere cosa dire, sono volate offese
grosse tra i
due e non sarà facile riparare il danno, ma sono sicura che
ce la faranno.
“Troverai un
modo, la vostra amicizia è troppo forte per
morire.”
“Immagino di sì, in fondo mi ha aiutato quando
avrebbe potuto fregarsene.!
“Sì, è una cosa positiva, no?”
“Sì, lo è, ma non significa nulla.
Potrebbe non volermi sentire lo stesso,
perché l’ho
ferito troppo. Sai cosa
penso di tutta questa storia?
Che per tutta la
mia vita ho giocato con il fuoco e ora, non solo mi sono scottato, ma
sto
rischiando di dare fuoco a una cosa importante per me.
Tengo ancora a
Mark come amico.”
“Lo so e credo lo sappia anche lui, ma che abbia bisogno di
tempo per
riflettere e perdonare. Non ho idea di cosa gli abbia detto il suo
clone.”
“Io sì, ho fatto una breve ricerca in internet
prima. Ha insultato pesantemente
i blink, per lui sono come figli: ha fatto una cosa gravissima a cui
non sono
come riparare.”
“Digli la verità, che i blink non ti fanno
schifo.”
Lui rimane in
silenzio per un po’.
“Non mi
ascolterà, non ora. Sa che è stato un clone a
parlare, ma sa anche che avrei
potuto dirlo io in qualsiasi momento.”
Questa volta sono io a rimanere senza parole.
“Sorpresa, eh?”
“Un pochino, ma
sono sicura che vi riappacificherete.”
Rispondo più
certa di quanto non lo sia.
Inizio a mettere
via le nostre cose e in questo modo il tempo passa e io non penso a
tutte le
cose che sono rimaste sospese qui. Vorrei rivedere i miei e i gemelli
per
assicurarmi che stiano bene e che la loro vita sia il più
possibile serena.
Finito di mettere
via la nostra roba – che comprende parecchie cose che vengono
dal mio pianeta –
scendo in cucina e trovo dei piatti già preparati, devo solo
infilarli nel
microonde.
Detto fatto, uno
alla volta li scaldo e poi chiamo a raccolta la mia famiglia: la
cameriera ci
ha lasciato delle enchilladas da mangiare.
Scendono tutti e
dopo aver preparato rapidamente la tavola mangiamo tutti insieme sul
tavolo
vicino al camino, non fa mai troppo freddo in California, ma talvolta
di’inverno è piacevole accenderlo.
“Buone le
enchilladas! Mi sono mancate lassù!”
“A me è mancato
tutto.”
Confessa con candore Jonas. Apparentemente dopo aver litigato con tutti
i suoi
amichetti – che lo chiamavano mezzo alieno –
è felice di tornare a casa. Non si
può dire lo stesso di Ava, che ha dovuto lasciare i suoi
amici e il suo
ragazzo. Porta
appesa al collo la pietra
che le permetterà di mettersi in contatto con lui, ma lo
stesso non è contenta.
Ha lo sguardo perso e mangia poco della sua enchillada.
Spero che
lentamente si abitui di nuovo a vivere qui, perché
è qui la nostra casa.
Finito di
mangiare lavo i piatti e poi mi stendo a letto, spossata dal viaggio ma
felice.
Mi addormento
sorridendo, piena di fiducia nel futuro.
Dopo
quasi un
mese Mark e Tom non hanno risolto nulla.
Tom ha provato
qualche volta a chiamarlo, ma lui non
gli ha mai risposto.
Anne dice che è molto arrabbiato e che non si aspettava che
Tom dicesse cose
del genere, tanto che a volte mi domando se si sia dimenticato che non
è stato
mio marito a parlare, ma un clone.
Un clone è la
copia fisica esatta della persona e può pensare in modo
simile, ma non uguale a
chi impersona. Il vero Tom forse non avrebbe detto tutte quelle cose e
Mark non
sembra accettarlo. Siamo in una posizione di stallo, nessuno si muove
dalle
proprie posizione e persino il mio incrollabile ottimismo inizia a
vacillare.
Forse non si
riconcilieranno e continueranno
la loro
vita parallelamente, uno con gli Angels and Airwaves e
l’altro con i + 44.
In ogni caso oggi
è il 19 settembre e l’estate ha deciso di dare un
colpo di coda con una serie
di giornate molto calde e umide, tanto che Ava – dopo scuola
– è sempre alla
spiaggia a fare surf.
È quasi
mezzogiorno e sia io che Tom siamo a casa, dopo una mattinata passata a
provare e
scribacchiare qualcosa di nuovo accende la tv ed entriamo rimaniamo
paralizzati
dalla paura.
Nei titoli dicono
che Travis è stato coinvolto in un incidente aereo e che
è l’unico
sopravvissuto insieme a un certo Dj Am, lo schianto è
avvenuto a Columbia nel
South Carolina.
Io e Tom ci
guardiamo negli occhi per un attimo, poi io chiamo Anne dicendole di
tenere i
ragazzi per un po’ e salgo al piano superiore buttando
qualcosa in un borsone,
Tom ha fatto lo stesso e lo vedo prenotare dei biglietti aerei.
Una volta fatto
saltiamo tutti e due in macchina e ci dirigiamo verso
l’aeroporto di San Diego,
Tom non ha aperto bocca, ma stringe il volante della macchina fino a
che le sue
nocche non diventano bianche.
Parcheggiamo e
corriamo verso le partenze nazionali, riuscendo a malapena a prendere
l’aereo
che Tom ha prenotato all’ultimo secondo.
Solo quando siamo
sull’aereo si lascia andare a un sospiro tremulo.
“Ce la farà?”
Mi chiede con
voce appena udibile.
“Sono sicura di
sì.”
Rispondo io stringendo i braccioli del sedere con entrambe le mani, non
voglio
nemmeno pensare alla morte di Trav come ipotesi. Non ci siamo sentiti
spesso
negli ultimi tempi, ma non ho mai smesso di considerarlo un buon amico.
Non sa
nulla del fatto che io sia aliena e che un po’ lo sia anche
Tom, ma la maggior
parte delle persone non lo sa e questo non impedisce loro di esserci
amici.
Il volo verso
Columbia mi sembra infinito, anche se non è molto lungo. Una
volta atterrati
Tom chiama Shanna – l’ex moglie di Travis
– e si fa dire dove è ricoverato l’ex
marito, dopo di che chiama un taxi.
Per prima cosa ci
fermiamo in un bed & breakfast, lasciamo lì i
bagagli e poi ci dirigiamo
all’ospedale. Dato l’aspetto relativamente calmo
supponiamo che i giornalisti
non sappiano che Travis Barker sia ricoverato lì.
Tom marcia il
banco dell’accettazione e chiede alla donna in che stanza si
trova Trav,
all’inizio lei è parecchio reticente visto che non
siamo parenti, ma alla fine
l’insistenza di Tom ha la meglio e ci dice dove è.
Io e mio marito
saliamo al secondo piano e cerchiamo il reparto della terapia
intensiva, siamo
sicuri di essere nel posto giusto perché – seduta
su una sedia – c’è Shanna.
Io mi siedo
accanto a lei in silenzio e lei si butta in lacrime tra le mie braccia,
io
cerco di consolarla, Tom invece si siede e si prende la testa tra le
mani.
Dopo un po’ si
decide a parlare.
“Cosa dicono i
medici?”
“Non sono ancora
usciti dalla sala operatoria, ho paura. Non voglio che i miei figli
perdano
loro padre, lo adorano, capite?
Persino mia
figlia adora Travis e lei ha sempre odiato ogni mio
fidanzato!”
Scoppia di nuovo
in lacrime.
“Mark è qui?”
Chiede esitante
Tom.
“Sì, sono qui.”
Risponde una voce
fredda, Mark è arrivato alle spalle di Tom. È
cambiato, per prima cosa è
decisamente più magro di come lo ricordassi, sembra nervoso
e arrabbiato – i
suoi occhi celesti sono in tumulto – e i suoi capelli castano
sono così irti da
sfidare la forza di gravità.
“Mark.”
Dice debolmente Tom.
“Tom. Come mai
qui?
Vuoi ballare sul
cadavere di Travis?”
I singhiozzi di Shanna si fanno più forti e io do
un’occhiata di rimprovero a
Mark, lui abbassa gli occhi.
“No, sono venuto
qui per vedere come sta un mio amico e per chiarire con un
altro.”
“Skye, tu sta qui con Shanna, io mi allontano un attimo con
Tom e Jen.”
Seguiamo il bassista fino a un’uscita di emergenza che
dà su una terrazza, per
prima cosa Mark si accende una sigaretta e io lo imito.
Mi sento una
specie di giudice in un incontro di box.
“Allora, Thomas,
come mai sei qui?”
“Perché un mio amico si trova in fin di vita e
speravo di chiarire con te, a
essere sincero.”
Mark ride
sarcasticamente.
“Non ti sono
bastati gli insulti sui blink e di come sia una band di idioti? Adesso
devi
insultarmi di persona?”
“Non sono stata
io a dire quelle frasi, lo sai. È stato il clone che ha
creato Keisha!
In ogni caso, mi
dispiace: erano fuori luogo.
Sono stato io a
voler portare i blink lontano ed è stato molto idiota da
parte mia
autoinsultarmi.”
L’altro non parla.
“Ascolta, lo ammetto:
sono uscito dai blink come uno stronzo apocalittico.
Non voglio
cercare di crearmi delle scusanti per quello che ho fatto, ma in quel
periodo
il dolore alla mia schiena era insopportabile e gli antidolorifici mi
sballavano di brutto l’umore.
Un momento ero
incazzato nero perché c’era quel dannato dolore
sordo e quello dopo ero
euforico perché non c’era più. Ho detto
e fatto un sacco di cazzate di cui non
sono affatto fiero.
È stato in quel
momento che qualcuno ha iniziato a giocare con il mio cervello e
– so che non
vale molto come scusa – quel giorno non ero in me.
Ero
incazzatissimo perché nessuno sembrava capire che il bel
giocattolino del
pop-punk dopo tredici anni di sbattimento voleva solo qualche mese di
pausa.
Pressavate tutti per il tour, per il nuovo cd e io non ce la facevo
più.
Mettici quello
che ho detto prima e otterrai quello che ho fatto. Non lo rifarei, non
uscirei
più dalla band senza darti una spiegazione, anche se
pessima. Se potessi
tornare indietro cercherei di agire in modo più equilibrato,
ma non posso.
Quindi non ti
chiedo di perdonarmi, ma almeno di provare a darmi una seconda
possibilità.
Lassù mi hanno guarito, non sarò mai lo stesso di
prima, ma non sarò nemmeno la
mina vagante degli ultimi tempi.
Puoi darmi una
possibilità?”
Mark lo scruta a
lungo negli occhi, in una maniera quasi imbarazzante.
“Sembrano delle
scuse vere.”
“Lo sono. Mark, ti prego, dammi un’altra
possibilità.”
Lui gioca con la cicca semispenta e guarda in basso, sembra stia
contando le
mattonelle di questa terrazza.
“Prima Travis
deve sopravvivere, poi ne parleremo.”
“Mark…”
“Vorrei dartela subito una seconda possibilità, ma
non me la sento. È troppo
presto, fa ancora male. Dammi un po’ di tempo e poi voglio
vedere come se la
caverà Trav.”
Tom annuisce, credo
che questo sia il massimo che si aspettasse da Mark.
Rientriamo tutti
e tre e troviamo Skye e Shanna con un dottore, l’uomo batte
incoraggiante una
mano sulla spalla della moglie di Travis e poi se ne va.
“Cosa ha detto il
dottore?”
“Che è
stazionario e non è in pericolo di vita,
però…”
Le esce un
sospiro tremulo dalla bocca.
“Non sanno se
potrà suonare ancora.”
Rimaniamo annichiliti dalla notizia, sappiamo quanto Trav tenga al suo
strumento e non poterlo più suonare per lui sarà
una tortura.
“Sono sicura che
ce la farà.”
Dico a bassa voce
e con gli occhi umidi.
Annuiscono tutti.
Il tempo passa e
Halloween è alle porte. Travis è uscito
dall’ospedale e sta facendo la
riabilitazione necessaria con molto impegno. Vuole tornare a suonare,
anche se
non è certo che voglia farlo per i blink. Ha visto Tom e lo
ha formalmente
ringraziato per essere venuto a trovarlo, ma non ha detto molto altro
poi, si
vede che è ancora arrabbiato con mio marito e non posso
biasimarlo: a lui manca
un pezzo per avere il puzzle completo.
In quanto a Tom e
Mark sono usciti qualche volta a prendersi una birra insieme, ma ci
sono andati
cauti tutti e due. Tom mi ha raccontato che di solito parlano di cose
poco
importanti e girano al largo dall’argomento blink, per tutti
e due è una specie
di tabù. Mark è ancora arrabbiato con Tom e lui
non sa cosa fare per dimostrare
che si è sinceramente pentito, di sicuro non
mollerà gli AvA , perché si è
accorto che gli sono indispensabili come sfogo in questo periodo
tormentato.
Una sera arriva a
casa particolarmente di buon umore e mi chiedo come mai.
“Come mai così
felice?”
“Perché ho
chiesto a Mark di venire da noi la sera di Halloween con la sua
famiglia. Per
te non è un problema, vero?”
“Assolutamente
no, sono felice che ci sia questa cena!”
Rispondo
sorridendo, lui mi abbraccia e poi mi bacia tra i
“buuu!” dei nostri figli.
“Cosa c’è,
ragazzi? Amo vostra madre.”
Io rido
imbarazzata e penso a cosa possa servire per la cena, che è
tra una settimana.
Nei giorni
seguenti penso a come decorare la sala e al menù.
Alla fine compro
un bel po’ di zucche, ragnatele e ragni finti, teschi e
candele. Spendo due
pomeriggi a intagliare le zucche con l’aiuto di Jonas e Ava.
La sera della
cena le distribuisco un po’ ovunque insieme alle cose che ho
comprato, tenendo
l’illuminazione al minimo per dare l’idea di una
stanza spaventosa e un po’ lo
è alla luce tremolante delle candele che occhieggiano i
ghigni delle zucche e i
teschi.
Per il menù ho
deciso di cucinare cibo italiano.
“Mamma, posso
andare con i miei amici a chiedere i dolci, vero?”
Mi chiede Ava
poco prima che inizi la cena.
“Mh, certo. Solo
porta con te Jack, ti va bene?”
Lei scuote le
spalle.
“Sì, certo. È un
po’ che non lo vedo.”
“Come ti sembra la stanza?”.
“Se non sapessi
che questo è il salotto di casa nostra avrei paura a
entrare.”
Io sorrido
soddisfatta e guardo cosa indossa Ava: un vestito con l’orlo
strappato che le
arriva appena sopra il ginocchio trattenuto in vita da un foulard
viola, calze
a righe bianche e nere, anfibi e un cappello da strega. Si è
truccata
pesantemente gli occhi di nero e la bocca di rosso.
Sta molto bene.
“Bel costume.”
Lei sorride e mi mostra le mani, le sue unghie sono dipinte di nero e
rosso, il
rosso è studiato apposta per dare l’impressione di
sangue che coli.
“Wow! Belle!”
Lei mi sorride e
poco dopo arrivano gli Hoppus, ci scambiamo qualche convenevole e poi
andiamo
nel salotto.
“Wow! Bello!”
Esclama colpita
Skye.
“Sono felice che
ti piaccia.”
“Oh, sì! È molto spaventoso.”
Sul tavolo ci
sono già gli antipasti, che sono spaventosi a regola
d’arte: a forma di ragno o
occhio e con tanto ketchup e sugo.
Li mangiamo, mi
fanno i complimenti, io sorrido e porto via il vassoio vuoto. Per ora
procede
bene, ma QUELL’argomento non è stato ancora
toccato.
Controllo che
siano tutti seduti e poi porto in tavola il primo: pasta al sugo.
È un piatto
semplice e pauroso allo stesso tempo, con un po’ di
immaginazione si può
pensare che il sugo sia sangue.
Servo le porzioni
e poi mi siedo per gustarmi il frutto delle mie fatiche: è
buona.
Mangiamo in
silenzio, si sente solo il rumore delle forchette e delle bocche che
masticano e ne sono
molto felice,
significa che il piatto è stato apprezzato.
Finito il primo
porto via i piatti e li deposito in cucina, domani la nostra domestica
avrà
parecchio da fare, mi dico con una punta di dispiacere.
Servo il secondo
– scaloppine
al pomodoro – e poi mi
siedo anche io, sono buone anche queste.
Adesso è il turno
del dolce – una torta di panna con lo sciroppo di fragola che
cade dalla punta
– e del caffè.
E con questo la
cena è finalmente giunta al termine, i ragazzi se ne vanno e
rimaniamo solo noi
adulti, avvolti in una cappa di imbarazzo.
“Ehm, bella la
stanza. Vero, Mark?”
Skye tenta di rompere il silenzio che si è formato.
“Oh, sì! Molto
spaventosa, Jen è molto brava con queste cose, lo
è sempre stata.”
“Sono d’accordo.”
E il silenzio
cala di nuovo sulla stanza.
“C’è un motivo per
cui ho accettato questo invito.”
Comincia Mark, io lo guardo curiosa.
“Quale?”
“Credo di dovere
delle risposte a Tom.”
Questa volta è
Tom a guardarlo curioso.
“Ho pensato molto
alle tue scuse e sono giunto alla conclusione che sono sincere e le
accetto.”
Tom sorride e i due si abbracciano, io e Skye ci scambiamo un sorriso a
nostra
volta, orgogliose dei nostri uomini.
“Mi piacerebbe
che tu tornassi nei blink, se vuoi.”
“Voglio, solo che non posso abbandonare gli AvA.”
“E io il mio
lavoro alla Fuse, questo non significa che non potremo più
fare musica insieme.
Lo faremo ancora, ma con ritmi che si adattano alla nostra nuova
vita.”
Tom annuisce commosso.
“Cosa dice Travis
a riguardo?”
“Beh, ci ho parlato e – anche se scettico
– ha accettato la cosa. Dice che
tutti si meritano una seconda possibilità.”
“Ne sono felice.”
“Solo una cosa, vorrei aspettare un po’ per
comunicarlo ai fans, non mi sento
pronto.”
“Non c’è problema,
aspetterò.”
I due si
sorridono e si abbracciano di nuovo.
Adesso è
davvero tutto
risolto e possiamo tornare
alla vita di prima, non c’è un solo pezzo del
puzzle che sia fuoriposto.
Tutto combacia
alla perfezione di nuovo e la cosa non potrebbe rendermi più
felice.
Angolo di Layla
E con questo è davvero arrivata la fine, ringrazio DomyDeLonge per le recensioni e tutte le altre persone che l'hanno messa nei preferiti, ricordati, seguite.
Alla prossima.