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Autore: TheUncertaintyprinciple    27/12/2014    1 recensioni
Evangeline Harvey è una donna speciale. La sua vita è veramente inziata al raggiungimento dei 18 anni, quando la famiglia che si prese cura di lei la mandò a lavorare per il teatro Campbell Palace, di proprietà di un suo lontano parente.
Evangeline ha delle passioni: la scultura e la pittura che coltiva nel tempo libero. E' una donna senza vincoli, che non conosce il significato di confine. Lei è un'osservatrice della realtà, affezionata a tutto e niente, sempre in cerca di nuove avventure. Ma sul teatro cadde una terribile disgrazia che lo portò alla chiusura agli albori della Seconda Guerra Mondiale.
P.S. Sono presenti riferimenti storici. Ambientato nell'Inghilterra Edoardiana all'inizio, sino alla Seconda Guerra Mondiale, di cui farò pochissimi riferimenti, per non sbagliare. ATTENZIONE: la Storia (del mondo) potrebbe essere modificata! Spero di non averne bisogno.
Questa è la seconda storia che inizio, pur non avendo finito la prima (come sono pretenziosa!): Divertitevi, aggiornerò quando possibile.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Prologo: Bottoni.

 ‘’ Elì, Elì, lemà sabactàni?’’

Elaine era perfetta sul palco. Nel ruolo dell’Infelice che urlava il proprio dolore ai piedi della croce, con voce straziata e soffocata dal pianto, il viso rigato dalle lacrime e le mani al petto in una morsa stretta che brandiva la veste sporca della polvere sollevata dal figlio, immolato per volere del Divino, Elaine riusciva a far trasparire vero dolore solo con lo sguardo, così dolce, penetrante, ma anche meschino, e viscido, pieno di egoismo. Lei non aveva una personalità: interpretava un ruolo ogni giorno, sempre diverso, ed era capace di stupire chiunque le si presentasse. Lei poteva essere un Uomo, crudele e senza scrupoli, accecato dal potere e privo di ogni sensazione, dal sorriso sarcastico; poteva diventare la Prostituta dal corpo invitante, che cerca una preda facile per guadagnare qualche moneta; poteva essere la Vedova Nera, intrigante nei suoi abiti succinti, in cerca di una nuova vittima da mietere; ed infine la Madre, quella che più è rappresentativa di questo ruolo, che piange per il dolore e l’umiliazione del suo unico figlio, l’Eletto.
Voltandosi dall’alto della croce verso la donna e il ragazzo arrivato poco dopo di lei, Cristo disse:

‘’Ecco tuo figlio!’’

E poi:

‘’Ecco tua madre! ‘'

E si chiusero gli spalti per la fine della prima parte di quello grandioso spettacolo, chiamato ‘’Crucifige’’, ‘’Crocifiggilo’’.
La Madonna si tolse il velo per respirare in quei 15 minuti di pausa, ed io la ricoprii di lodi e lusinghe per il lavoro svolto deliziosamente. Lei si complimentò con me per la realizzazione della scena. Alan, il Giovanni, mi chiese di preparare la scena della morte del Cristo: la sgarbataggine delle sue espressioni mi inorridirono parecchio, ma decisi di non occuparmene al momento; avrei risolto la cosa a posteriori, con o senza civiltà. E spesso la civiltà veniva a mancare nelle mie conversazioni con quell’uomo, troppo scurrile per i miei gusti. Non che io fossi una dama, una signora a modo, posata e sempre perfetta in ogni sua occupazione, ma la volgarità, quando non è richiesta espressamente dalla situazione, è bene tenerla per sé o evitarla del tutto.
Mi diressi verso quello che ho sempre chiamato ‘’Angolo della Strega’’, conosciuto comunemente dai restanti membri della compagnia come ‘’lo sgabuzzo’’. Che volgari! Era un così bel posticino! Riservato, pulito, e perfino spazioso. Il posto dove si riponevano, certo, le scope, ma che mi ha sempre riservato esperienze buffe, infantili, passionali. Insomma: indimenticabili.
Presa la scopa migliore che trovai, cominciai a spazzare via la polvere utilizzata per la realizzazione della fatidica scena del trasporto della croce. Il mio impiego nella compagnia consisteva nel preparare scene e costumi, ma la mia vera passione era la pittura e la scultura.
Immersa nei miei pensieri, trovai, guidata da un brillio insolito, un piccolo oggetto coperto di polvere. Un bottone. Era un bottoncino grazioso, brillante: avrei voluto tenerlo. Ma, ahimè, essendo una persona onesta, decisi di restituirlo alla sua legittima proprietaria: Elaine. Il bottone apparteneva al cappotto che usava ogni singolo giorno d’inverno, regalatole dalla madre, quando lei aveva solo tredici anni. La settimana dopo, morì.
Buffo vedere come si tiene di più agli oggetti che alle persone. Io non voglio tenere a nessuno: amando si perde sempre qualcosa, che sia la propria ragione o la propria emotività, si perde ugualmente. In amore non esiste il vincitore, esiste chi patisce dolori meno intensi, e chi le pene dell’Inferno, nel girone più terribile, divorato dall’angoscia e dalla paura di perdere altro, dalla delusione, dalla solitudine che si fa più accentuata ogni giorno di più, che accende la fiamma della desolazione. Ci si attacca così alla materialità delle cose, per avere un appiglio cui aggrapparsi, anche se ben sappiamo che lasceremo la presa solamente perché non abbiamo abbastanza forza per reggerci tutta la vita. Preferisco la passione del momento, all’amore: quella passione che ti porta alla carnalità, quella che puoi trovare in chiunque, in qualunque momento della tua vita, quella di cui bisognerebbe approfittare più spesso, poiché la sola attrazione fisica non nuoce all’animo. Passata la notte, entrambi torneranno alla vita di tutti i giorni, ma senza dimenticare quella notte assieme.
‘’Elaine..!(!!!). Venite, ho trovato qualcosa che vi appartiene di certo!’’
Si girò di scatto facendo muovere sinuosamente i lunghi capelli rossi, liberati dalla parrucca castana indossata precedentemente.
‘’Quante volte ti ho detto di darmi del tu!’’
Scoppiò in una risata portandosi la mano alla bocca e socchiudendo leggermente gli occhi, lasciando vedere il trucco leggero azzurro che aveva sulle palpebre morbide. Si diresse verso di me e mi guardò con aria interessata cercando di scoprire col solo sguardo cosa avessi da dirle. Gli occhi grandi e blu del cielo mi si posarono addosso come farfalle, e cominciarono a esaminare la mia mente, spulciando ogni dettaglio. Come resistere! […!]
‘’E’ questo un bottone del vostro cappotto?’’
Dissi, mostrandole il piccolo oggetto luccicante, passandomelo sulle dita e sui polpastrelli, poi sul palmo per farglielo vedere con più chiarezza, e identificare se fosse o meno di sua proprietà, o se mi stessi sbagliando completamente.
‘’Oh si, è il bottone caduto la settimana scorsa! Come lo hai trovato? Pensavo fosse smarrito!’’
‘’Spolverando qua e là, Elaine. Nulla di particolare: è il mio lavoro.’’
Osservò il bottone ancora qualche secondo con quei grandi occhi blu, anche lei se lo passò sui polpastrelli, mordendosi un labbro e increspando le sopracciglia fini, e poi disse:
‘’Puoi tenerlo.’’ La guardai nascondendo lo stupore. ‘’Ho visto come lo guardavi: lo desideri.’’ Sempre più stupefatta, la sua gentilezza mi fece rabbrividire.’’Fanne buon uso.’’ Sorrise, mostrando i denti bianchi e perfetti e, posando il bottone sul palmo della mia mano, si voltò facendo muovere ancora una volta la chioma flessuosa e fiammante.
Rimasi lì impalata un po’ di tempo, quando la voce di Alan mi fece ritornare all’orrida realtà. ‘’Lavora, Evangeline! O non ti paghiamo, questa settimana!’’
Fanne buon uso
Elaine, saresti fiera di me.






Angolo dell'autrice: Questa storia è stata ritrovata qualche settimana fa in una cartella dispersa del mio PC sotto il nome di ''Blah, blah, blah, scienza, scienza, scienza...Più grosso!'', ispirata al film Piovoto Polpette, e così ho deciso di cominciare a rivederla e di pubblicarla qua. Anche questa come la storia che ho in corso al momento, dettata dal ''Dio del Cazzeggio'', non è un granchè, ma spero che vi piaccia, almeno un po'.
Spero che non ci siano errori! ''Se sbaglio, mi corriggerete!'', per citare Papa Giovanni Paolo II.
Baci, e un ringraziamento al mio Carissimo, che mi ha sempre sostenuta e aiutata e che spero continuerà a farlo.
  
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