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Autore: Lady Stark    27/12/2014    1 recensioni
"Il mondo è un luogo così crudele"
Nel profondo ventre della terra, il ruggito di un drago risveglia la notte diffondendo in essa oscuri presagi.
Il sangue della vestale macchia gli affilati artigli della bestia, le catene che trattenevano la sua furia si sono ormai spezzate.
La sacerdotessa inneggia la sua preghiera alla ricerca di una giovane donna che rimpiazzi quello sfortunato destino fatto di violenza e dolore.
La musica di un sorriso che non ha mai conosciuto, condurrà Len in un lungo viaggio alla ricerca della sorella scomparsa tanto tempo fa, quando lui era solo un bambino.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Shion, Len Kagamine, Meiko Sakine, Miku Hatsune, Rin Kagamine | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non la lascerò morire. ~ Chapter XIV

Non c'è fine alla disperazione, come non c'è fine al dolore che il cuore di un uomo può provare.

Rin si sollevò dal gelido giaciglio in cui sino a quel momento aveva riposato; le ossa le facevano così male che avrebbe voluto piangere.

Con un sospiro a stento trattenuto si massaggiò la gola gonfia e dolorante, segno che gli effetti collaterali della sua preghiera non erano ancora svaniti.

Il buio stava lentamente gocciolando sulle pareti della grotta come se improvvisamente si fosse trasformato in un'entità liquida.

La notte stava avanzando, lasciandosi alle spalle le grida disperate di un sole morente.

Rin osservò atterrita le ombre moltiplicarsi negli angoli come tanti piccoli microbi. Nessuno davvero sapeva quale cupo terrore si celasse dietro le luminose stelle della notte; nessuno, fatta eccezione per lei, aveva scoperto quale fosse la vera faccia un mostro.

Cercando di non produrre il benché minimo rumore, la giovane vestale si alzò dal pagliericcio nella speranza di porre fine al dolore che le inchiodava gli arti.

Senza prestare attenzione al freddo gelido del pavimento pietroso, volteggiò sotto la piccola fenditura che si spalancava nel soffitto della grotta.

Il fazzoletto di cielo nero era cosparso di minuscoli frammenti brillanti, tutto era immobile come se l'universo fosse stato immerso in un vasetto di ambra.

Quella finestra sul mondo era la sola cosa che Rin, in quei lunghissimi anni di solitudine, aveva avuto la possibilità di ammirare.

Era stata l'unica, luminosa speranza che forse, un giorno, sarebbe riuscita ad evadere da quel luogo di strazio e paura.

Il ciondolo a forma di chiave musicale che le pendeva sul seno cominciò a palpitare, diffondendo nella sua mente tante immagini evanescenti.

Rin si aggrappò a quel filo di ragnatela, sfiorando con lo sguardo i tratti del giovane ragazzo che da qualche settimana aveva cominciato a popolare le sue vuote giornate.

Malgrado non sapesse con certezza chi fosse, la fanciulla non riusciva a non rispecchiarsi in quei tratti spaventosamente somiglianti.

Un sorriso le scolpì le labbra mentre con le mani raccoglieva quel tiepido oggetto di metallo; per quanto la cosa potesse essere assurda, amava credere che quel bel guerriero fosse suo fratello.

In quel momento, uno stridulo raschiare di artigli colse la sua attenzione, distruggendo brutalmente l'entusiasmo che le aveva invaso il cuore.

La giovane si girò di scatto, impreparata al furioso ruggito che straziò l'aria ; il ciondolo sfuggì dalle sue mani mentre con un gemito si copriva le orecchie.

Una segreta lacrima le solcò la guancia.

L'incubo, anche quel giorno, stava per avere inizio.

 

-Len! Che ti prende?! Amico, mi senti?- un paio di fresche mani si chiusero attorno al viso del giovane, destandolo bruscamente dal suo sogno.

Il ragazzo balzò a sedere guardandosi attorno convulsamente; i suoi occhi scivolarono sul terreno nudo alla disperata ricerca di quella figura che gli era appena apparsa così vividamente in sogno. Il ciondolo bruciava contro il suo torace, mangiucchiando dolorosamente la pelle appena sotto lo sterno.

-Dov'è? Dov'è mia sorella?- le dita del ragazzino affondarono nella pelle morbida delle spalle del compagno, strattonandolo in basso verso il suo viso congestionato.

Kaito sbatté un paio di volte le palpebre gonfie, afferrando con più delicatezza possibile il polsi dell'amico.

-Qui non c'è tua sorella.-

-Rin.. Dove sei?- quelle lamentose parole sfuggirono dalle sue labbra assieme a due lunghe, infantili lacrime di debolezza. Quell'illusione così vivida, probabilmente derivata dall'azione del magico ciondolo, aveva inciso nel suo cuore l'ennesima, sanguinolenta cicatrice.

Kaito si sedette sui talloni, chinando il capo per rispettare silenziosamente il dolore dell'amico. In un'altra occasione si sarebbe bonariamente preso gioco di quelle lacrime, ma in quel momento, ben conosceva quale sofferenza stesse stritolando l'animo del collega.

-La salveremo.- sussurrò prima di appoggiargli una mano tra i capelli e sorridere, dolcemente come da anni non era più riuscito a fare.

Len cancellò con il palmo della mano le perle salate che gli graffiavano le guance, la vergogna colorò di un acceso tocco porpora il suo viso.

-Sono davvero patetico.-

-Non lo sei. Le lacrime non sono segno di debolezza.- Kaito si passò una mano sul viso quasi a ricordare le innumerevoli volte che aveva pianto in silenzio di fronte ai suoi fratelli più grandi.

-Sai, nel mio paese natio si dice che quelle stille umide abbiano un incredibile potere curativo. Ogni qual volta si versano delle lacrime, l'anima è finalmente in grado di respirare.- Kaito si lasciò cadere a terra, i polpacci doloranti per la scomoda posizione in cui era stato sino a quel momento.

I riflessi azzurri dell'acqua scintillavano come lampi sulle pareti, donando così all'atmosfera un qualcosa di squisitamente magico.

Il silenzio calò tra i due giovani uomini che, chiusi ognuno nei suoi pensieri, fermarono lo sguardo su quell'ipnotica danza.

D'improvviso, uno sbadiglio decisamente poco signorile interruppe il minuto di riflessione stabilitosi tra i due compagni di viaggio; Kaito arricciò le labbra in una smorfia maligna.

-Ben svegliata, principessa.- tubò il mago rivolgendo un'occhiata al consigliere.

I capelli viola si erano sciolti, ricadendo in tante ciocche arruffate sulle spalle e sulla schiena nuda.

-Per un secondo ho sinceramente pensato che la tua brutta faccia derivasse da un piatto particolarmente pesante mangiato prima di andare a dormire.- commentò l'uomo raccogliendo sbrigativamente le crine in una storta coda di cavallo.

Kaito colse al volo la frecciatina, plasmandola con fulminea velocità per rivolgerla contro lo stesso consigliere.

-Doveva essere una pietanza alquanto prelibata se hai avuto il piacere di sognare me.-insinuò indicando con la mano aperta la propria silhouette.

Len non poté fare a meno di sorridere quando Gakupo roteò gli occhi verso l'alto, spostando, nel frattempo, il piccolo Alain dal proprio grembo.

L'uomo tastò velocemente la propria ricca veste per controllare se fosse asciutta, poi la depositò con cura sulle gambe di Meiko, immobile nel suo sonno malato.

Gakupo armeggiò con le rozze bende che aveva precedentemente applicato, sciogliendo con abili dita i vari nodi che le bloccavano.

Quando queste scivolarono via dalla ferita, il pus gocciolò a terra lasciando dietro di sé una giallastra scia puzzolente.

Il viso di Kaito perse istantaneamente la sua simpatica ironia, le occhiaie che gli incidevano il viso sembrarono farsi più marcate mentre le spalle si incurvavano sotto il peso della consapevolezza.

-Dimmi quale erba è necessaria per salvarla.-

Gli occhi del mentore si abbassarono, analizzando con inutile lentezza le lacerate labbra della ferita.

-Se invece ti dicessi che ormai non c'è più niente da fare?- la voce dell'uomo si fece fredda come la pietra, dimentica di ogni sentimento che strettamente non fosse ricollegato al suo professionale ruolo di guaritore.

-Non lo accetterei, consigliere.-

-Morirà, Kaito.-

Il mago serrò di scatto la mascella facendo cozzare i denti; le sue mani si chiusero a pugno mentre in un ringhio si scagliava avanti con irruenza.

Kaito colpì il medico al petto, atterrando sul suo torace di peso; le dita si chiusero attorno alle sue spalle, tanto forte da lasciare su di esse i segni delle unghie.

-Tu menti!-

-Non ti sto ingannando. Per salvarla servirebbe un miracolo.-

Kaito sembrò fulmineamente recuperare la calma perduta; con lentezza si sollevò dal corpo dell'amico porgendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi dal freddo pavimento.

-Sei fortunato allora. Nel mio paese venivo chiamato “Sir miracolo”. Ora dimmi di cosa hai bisogno.- l'urgenza nella sua voce dovette distruggere anche l'ultimo briciolo dell'infinita pazienza del consigliere che, sospirando, aprì piano i suoi occhi ametista.

-Ho sentito parlare di un'erba in grado di guarire qualsiasi tipologia di infezione. Ma, come la leggenda narra, questa fu creata in un'immemore epoca dalle fate della foresta ed ancora sotto la loro severa protezione.-

-Ho già avuto a che fare con quelle adorabili creature alate. Come si chiama questo medicamento?- chiese il mago, raccogliendo da terra la calda sciarpa che sempre portava avvolta attorno al collo.

-Lamelya.-

Kaito recuperò poi le altre poche cose che non erano andate perdute nella corsa, allacciandosi in cintura le armi che l'accompagnavano.

-Sarò di ritorno prima del tramonto.- promise d'un fiato prima di avvicinarsi al bordo della piattaforma di pietra, lì dove l'acqua sciabordava quietamente. Il suo viso pallido e stanco si riflesse sull'increspata superficie, rimandando un paio di iridi cariche di una determinazione bruciante.

Mai prima di allora si era sentito tanto pronto a sacrificare il suo proprio essere per salvare qualcuno.

Un secondo prima che i suoi piedi potessero però cozzare contro l'acqua, la mano di Len si strinse attorno al suo polso, trattenendolo.

-Kaito, hai mai davvero trattato con delle fate?-

-Sì, ragazzo. Ho parlato con le adorabili creaturine del mare. Ricordami che devo presentarti Jasmine. L'ultima volta sono rimasto nel suo bosco per quasi due ore, avvolto da pasticcini alle erbe e tè alla vaniglia.- l'ironia nel tono di Kaito si fece pungente, mentre i suoi pugni tornavano fastidiosamente a serrarsi.

-Come immaginavo. Tu non conosci le fate della foresta, mago.-

-Ci sono moltissime leggende su queste creature; molte delle quali sono solo stupide favolette finalizzate a spaventare i poppanti come te.- sputò il giovane uomo dai capelli blu, colpendo al petto il compagno. Len incespicò all'indietro senza però mollare la presa sul suo braccio; non poteva assolutamente permettere che Kaito lasciasse il loro nascondiglio senza sapere a cosa stava andando incontro.

-Ascoltami, stupido! Io ho visto agire una fata della foresta. Sono esseri senza alcuna pietà, belle come una rosa selvatica ma pericolose come le spine che ne contornano lo stelo.- gridò furibondo quando si accorse della cocciuta insistenza dell'uomo di fronte a lui.

I ricordi di sette anni fa tornarono spaventosamente a sciamare nei suoi pensieri, lasciandosi alle spalle l'amaro sapore del terrore.

Len era un ragazzino di appena nove inverni quando, camminando di ritorno dalla casa di un suo amico, vide per la prima volta una bellissima fata della foresta.

L'alata creatura comparve ancheggiando in un grande orto delimitato da staccionate di legno di quercia.

Il proprietario era un caro amico di sua nonna, un contadino robusto dalla pelle cotta dal sole; i chiarissimi capelli avvolgevano il piccolo cranio in una sorta di aureola.

L'uomo era in piedi al centro del campo zeppo di fiorenti verdure, molte delle quali erano peraltro fuori stagione.

La bellissima fanciulla vestita di foglie di cedro afferrò tra le dita affusolate il mento spigoloso con sensuale dolcezza. I fluenti capelli smeraldo scendevano in gonfi boccoli lungo le curve prosperose del corpo abbronzato.

Eppure, nulla era più bello delle ali che si spalancavano alla sua schiena, brillanti come se fossero state decorate da veri e propri frammenti di stella; a differenza degli arti dei volatili, quelle ali erano fatte di tante piccole foglie, unite tra loro da piccoli tralci spinosi.

-Ti ricordi del nostro patto, vero tesoro?- chiese la fanciulla accostandosi al corpo del contadino finché il suo seno non aderì con il petto scoperto dell'altro.

Le labbra di fragola cercarono quelle dell'uomo ma prima che potessero sfiorarlo, lui fece un rapido passo indietro scuotendo veementemente il capo.

-Non sei soddisfatto del mio lavoro, piccolo? Possono dartene di più se vuoi. Guarda.- disse la fata in un broncio prima di strisciare la punta dei suoi piedi nudi sulla terra, diffondendo tra le zolle la sua potentissima magia.

In un battito di ciglia, una montagna di piante di ogni genere riempirono il fertile terreno, diffondendo nell'aria il delizioso profumo dei fiori appena sbocciati.

Melanzane, pomodori, zucchine germogliarono dal nulla, avvolgendo in un abbraccio le due silenziose creature al centro del campo coltivato.

-Così va bene? Sei soddisfatto?- la fata allacciò le braccia attorno al collo dell'uomo, premendo le sue dolci labbra su quelle di lui. Il contadino li lasciò andare alla voluttuosa presa della fata; eppure, dopo quale secondo di bruciante passione, sembrò magicamente riprendersi dallo zuccherato veleno.

-Non posso.. Io non posso tradire mia moglie.- balbettò, lasciando che qualche lacrima colpevole sfuggisse al suo virile controllo. L'umore della donna cambiò istantaneamente; il sensuale sorriso che incorniciava le sue labbra si trasformò in una smorfia alterata da una rabbia tanto profonda che lo stesso ragazzino sentì il cuore trasformarsi in pietra.

-Come sarebbe a dire? Il patto con le fate non si può spezzare. Volevi che tuo figlio sopravvivesse alla carestia?- la sua voce si fece sottile e crudele come il sibilare di un serpente. La bellissima donna si trasformò velocemente in un essere orripilante, fatto di fango ed artigli lunghi come quelli di un leone; il suo viso era ridotto ad una distorta maschera di scaglie e denti di squalo.

-Tutto quello che devi fare è concedermi un briciolo del tuo amore, uomo. Niente di più.-

-Mi.. mi dispiace.. riprenditi tutto questo..io non..-

La fata ruggì, afferrando per il collo colui che aveva per ben due volte osato negare la legittimità del patto che li univa.

Gli occhi della creatura si trasformarono in nere voragini promettenti la più dolorosa delle morti; il contadino cercò d'urlare ma la mano di lei scattò in avanti, serrando brutalmente le sue labbra contratte.

-Piccolo sciocco. Credi davvero che mi interessino i tuoi ottusi sentimenti per la tua compagna? Io pretendo il mio pagamento e dato che tu sei così restio a darmelo, ti punirò come solo le fate della foresta sanno fare.-

La creatura baciò l'uomo, bloccandogli le spalle di modo che non potesse muoversi mentre la sua energia vitale gocciolava in tante stille dorate dalle sue labbra lungo il profilo del mento, viticci spinosi si avvolsero attorno ai polpacci del contadino, inchiodandolo alla terra grumosa.

Le ali della creatura si sollevarono ad avvolgere in un mortifero abbraccio le loro figure allacciate; un brevissimo lampo di luce baluginò nell'aria, illuminando le nuvole dei magici riflessi dell'arcobaleno.

Quando Len tornò ad aprire gli occhi, la fata era svanita nel nulla assieme al rozzo contadino dai capelli chiari. In ricordo di quello che era successo, sul terreno cosparso di piante avvizzite giacevano le ossa annerite del contadino.

-Le fate della foresta sono lussuriose. Amano il piacere e la linfa che scorre dentro di te; se non fai attenzione ti divoreranno.-

-Preferisco morire tentando che osservare quella donna scivolare tra le mani della morte senza che io possa far niente!- gridò tanto forte da svegliare il piccolo garzone disteso a qualche metro di distanza.

-Lo so, Kaito. È per questo che verrò con te. Insieme potremmo guardarci le spalle a vicenda.- disse d'un fiato il giovane ragazzo biondo, seppellendo nella sua anima i ricordi del mostruoso essere che aveva ucciso il suo simpatico vicino.

Il mago annuì gravemente senza notare quale bestiale paura aleggiasse nelle iridi azzurre del suo compagno di viaggio.

Quella che stavano per intraprendere era un'esperienza da cui solo pochi fortunati avevano fatto ritorno.

-Ti ringrazio per la solidarietà.-

-Ringraziami quando ritorneremo qui sani e salvi.- borbottò Len, fasciando la sua schiena con la lama del defunto padre. Quando l'acqua si chiuse sopra le loro teste, il giovane rivolse silenziosamente un pensiero alla sorella, quasi come se lei fosse una dea.

Rin, proteggici..” 

   
 
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