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Autore: Colli58    28/12/2014    8 recensioni
Ryan sorrise e si voltò verso Esposito mormorando.
“Siamo patetici. Quasi mendichiamo per del cibo.”
Esposito non si fece abbindolare. “Ehi, siamo al lavoro da ore. Un amico se è tale porta cibo per tutti… non solo per…”
“Bada a come parli Espo.” Lo richiamò Kate sorridendo. Gli fece l’occhiolino divertita e finalmente sazia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle, Victoria Gates | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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La saletta in cui era entrata, invitata dall’agente Brady della disciplinare era calda e c’era aria viziata. L’odore acre del sudore e dei dopobarba degli agenti si aggiungeva a quello pesante di sempre.
“Detective abbiamo bisogno di farle alcune domande sulla condotta del Detective Denver.” Si mise a spiegare l’uomo sulla sessantina e con un pizzetto molto curato e fin troppo scuro per essere di colore naturale. Si tingeva barba e quei pochi capelli che aveva in testa, ma i solchi sul suo viso, nel contorno occhi tradivano la sua vera età.
“Mi dica cosa vuole sapere.” Rispose Kate cercando di prendersi il tempo per fare il quadro della situazione. Brady ovviamente non sembrava ostile in alcun modo. Ma Kate non avrebbe abbassato la guardia. Quella non era una semplice chiacchierata. Era sicuramente un indagine, e lei non avrebbe fatto l’errore di sottovalutare ogni parola detta in quella sede.
“Mi racconti della sua esperienza al distretto con il detective Denver.”
Kate annuì. Descrisse in breve le poche attività svolte in collaborazione, praticamente nulle. Riportò l’interesse verso di lei, interesse non gradito, di Denver e la sua sfacciataggine nell’allungare le mani. Cercò di far capire all’agente Brady che il tutto le aveva dato fastidio, ma non era stato nulla di che. Niente che non avesse già dovuto sopportare in anni di gavetta e di lavoro in polizia.
L’agente Brady aveva diligentemente scritto tutto. Poi si era preso altrettanti minuti per rileggere gli appunti.
“Suo marito come l’ha presa? Sappiamo che il signor Castle è suo marito e lavora come consulente gratuito in questo distretto. Con lei.” La voce tradì un certo disappunto nel suo interlocutore.
Kate sorrise. Erano arrivati al dunque. “Non abbiamo mai nascosto di essere sposati.” Bene o male che fossero marito e moglie era di dominio pubblico, che domanda era? Di loro si parlava sui tabloid. E prima ancora si speculava sulla loro relazione quando nemmeno sapevano di amarsi.
“Castle fa parte del nostro team da ormai otto anni. Non è certo un segreto neanche questo. E poi come vuole che l’abbia presa? L’ha presa come un marito che vede dar fastidio alla propria moglie.”
Brady si appoggiò alla sedia. “Quindi sì è arrabbiato con Denver tanto da aggredirlo.”
“Definirla un’aggressione è un po’ una forzatura.” Rispose con calma. 
“Una scaramuccia direi, immagino non sia la prima di cui può aver sentito parlare, e non sarà nemmeno l’ultima. Castle poi non è… abile a fare a botte. Non è il suo forte. Si sono giusto fatti due graffi.” Kate osservò le mani di Brady per capire se fosse sposato o meno. Notò l’assenza della fede, nessun segno di una presenza temporanea. Nulla. L’uomo non era sposato, forse non avrebbe nemmeno capito.
Doveva mantenere la calma e tutto si sarebbe risolto per il meglio.
“Beh, immagino che per suo marito non si sia stato divertente.” Tornò a ribadire sembrando però più comprensivo.
“Denver le avrà raccontato l’accaduto.” Brady annuì scribacchiando.
“E lei come si è sentita?”
“Lo avrei preso volentieri a calci.” Rispose con sincerità. “Se fosse stato nei mie panni glielo avrebbe lasciato fare?” Azzardò. Magari a lui poteva anche piacere.
“Ah! No, non credo.” Rise annuendo mentre continuava a scrivere.
“Di certo Castle non lo ama alla follia per i suoi modi, ma a parte questo inconveniente nessuno di noi ha avuto a che fare in modo diretto con lui.” Sottolineò. “Come le dicevo, non era nella nostra squadra.”
Brady posò la penna e poi si appoggiò con i gomiti al tavolo.
“Il signor Castle ha avuto altri momenti simili in passato, reazioni aggressive con dei colleghi, magari a causa sua?”
Kate negò. “Non che io ricordi. Non ci sono mai stati problemi. Non lo definirei un uomo aggressivo.”
“Sappiamo che il signor Castle è qui per intercessione del sindaco.” Kate annuì. Ma non capiva cosa volesse realmente da quella domanda. Castle era raccomandato? Sì, in passato lo era stato. Ma la Gates lo aveva accettato, incluso nella loro squadra come uno di loro.
“Sta mettendo in dubbio la legittimità del suo far parte di questo staff?” Kate andò direttamente al sodo. Era evidente che l’agente era ben più interessato a lei e Castle che al caso di Denver. Quel gioco la stava incuriosendo. Era Castle ad essere sotto osservazione? Lei stessa?
Brady fu preso in contropiede.
Kate si mosse sulla sedia. “E’ una brillante mente investigativa. Sa pensare fuori dagli schemi, sa portare un qualcosa in più nell’analisi del caso. Vuole davvero chiedere se è legale che stia tra noi? Solo perché ha difeso sua moglie da un bifolco dalle mani lunghe?” La decisione di Kate e il suo sguardo pungente misero Brady in difficoltà. Katherine Beckett era nota come un osso duro. Chiunque asserisse che si fosse ammorbidita nel tempo si sbagliava di grosso.
“Detective…” Iniziò a dire Brady ma Kate lo fermò col gesto di una mano.
“Castle non ha mai creato problemi al distretto in otto anni. Denver ha un morto sulla coscienza dopo nemmeno un mese. Credo che le due situazioni non abbiano nulla a che fare tra loro. E se vogliamo dirla tutta, un uomo come quello come ha potuto finire alla sezione omicidi? Qui non stiamo giocando a Starsky and Hutch ma lui sembrava non averlo capito.”
Brady si grattò la barba scura. “Mi sembra di intuire che tra voi non si fosse integrato molto.”
Kate rise. “Agente Brady, mi scusi, ma arrivi al dunque, ho un caso da risolvere e con me le frasi fatte che può usare con un novellino nei guai non attaccano.” Scosse il capo e si appoggiò alla sedia guardando il suo interlocutore con sicurezza. Che lui dovesse porre domande di rito poteva anche capirlo. Ma che usasse trucchetti idioti per farle dire cose cattive e gratuite contro Denver era una mossa da pivello. Cosa si aspettava, davvero credeva che si sarebbe scagliata contro Denver dandogli del porco squilibrato? I tempi dell’accademia erano passati da anni e la lezione lei l’aveva imparata. Nessuno dava addosso a nessuno senza ragione.
“Non ho partecipato all’azione che ha portato alla cattura di Denver e la morte di Lopez. Non conosco come sono andate le cose nel dettaglio. Ignoravo quali sono state le scelte fatte. Non posso accusare nessuno e gli unici che possono muovere accuse sono la Gates e Johnson, se ha ignorato gli ordini dei sui superiori ne dovrà rispondere solo a loro.” Definì con estrema chiarezza.
“Quindi non si è integrato.”
Kate scosse il capo spostandosi una mano tra i capelli. Attese che l’agente scrivesse quella conferma inutile.
Lo guardò alzarsi e controllare in una cartelletta e poi tornare a sedersi. Kate rimase in silenzio osservandolo con attenzione.
“Ha bisogno d’altro?” Aggiunse curiosa di sapere quanto ancora doveva farle perdere del tempo.
“Il capitano Gates, e il compianto Montgomery non hanno avuto modo di opporsi alla presenza del signor Castle?” Insistette l’agente. Kate strinse gli occhi.
“Potrà chiederlo formalmente alla Gates. Per Montgomery… beh lui non si è mai opposto.”
Sorrise Kate, ripensando alle parole che gli aveva rivolto in relazione alla presenza di Castle, a come lui aveva capito quanto bene le facesse la sua presenza.
“La cosa la diverte?” Incalzò Brady curioso.
“Il capitano Montgomery riteneva Castle una buona fonte di pubblicità. A lui è sempre piaciuto.” Aggiunse cercando di mascherare la tristezza che le portava nel cuore parlare di lui.
“Continuo a non vedere il nesso con l’indagine su Denver, ma non è più di questo che stiamo parlando vero?”
Brady sorrise. “In realtà il nesso non c’è, non intendo insultare la sua intelligenza detective. In questo ambito mi è stato chiesto di valutare l’eventuale impatto della presenza di un elemento esterno, quale il signor Castle sulla vicenda.” Kate espirò. Il burocrate voleva valutare l’impatto di un elemento esterno. Era davvero ironico perché l’unico elemento esterno al dodicesimo era stato Denver.
“Castle non è visto come elemento esterno. Ne potrà avere conferma tra i colleghi e i superiori. Non ha mai avuto un ruolo destabilizzante. Risponde ai nostri stessi vincoli sulla privacy, ha anche firmato un contratto che esonera la polizia di New York da responsabilità in merito a quanto possa accadergli durante le indagini. E’ anche un benefattore poiché partecipa annualmente alla raccolta fondi per le famiglie dei caduti in servizio. Altro non so dirvi. Inoltre ritengo che queste richieste debbano essere rivolte ad altri. Sono sua moglie, sono di parte…” Chiarì.
“Riguardo allo screzio tra i due…” Iniziò a dire Brady
“Si tratta di una sciocchezza a cui state dando troppo peso.” Replicò Kate con calma. “Troppo testosterone nella stessa stanza, non so se capisce.”
Brady sorrise osservando la determinazione di quella donna. Un detective diretto, deciso e valido.
Annuì. “Ha perfettamente ragione. Mi spiace di averle fatto perdere del tempo, purtroppo andava fatto.” Kate rispose al sorriso aperto e gli sembrò di vedere della sincera simpatia da parte dell’agente che chiuse con un gesto veloce il suo blocco degli appunti. Si strinsero la mano e Kate uscì con passo deciso per tonare ai propri compiti.
Victoria Gates entrò nella sala interrogatori una volta che Kate si fu allontanata. Il suo senso di colpa nell’aver in qualche modo mentito alla sua detective per farle avere quell’incontro, venne meno davanti al sorriso beffardo del suo interlocutore.
“Donna notevole, e non solo in bellezza!” Esclamò Brady ammucchiando i fascicoli. “Ha fiutato subito che la mia indagine verteva su altri fattori. Comunque non è stata eccessivamente omertosa nei confronti del consorte.”
“Che ti avevo detto Sean?” Replicò la donna.
“Ti piace che lo scrittore passi il suo tempo qui? Non ti dà fastidio?” Aggiunse quindi preparando la sua borsa e infilandoci alcune delle cartelle che aveva in mano. Ne rimasero poche sul piano di formica chiaro segnato da una miriade di piccoli graffi.
Il capitano inclinò il capo. “E’ un tipo strano, ma ci si fa l’abitudine. Non ha mai rappresentato un reale problema. Beckett è in grado di fare molto, è una donna che non ha fatto carriera nell’FBI solo per il suo ferreo senso di giustizia. In polizia potrà dare molto, ma non devi in alcun modo pensare che il suo legame con lo scrittore sia un problema.” Rispose con serietà.
“Però mi hai detto che aspetta un figlio. Questo potrebbe farle cambiare idea sulla carriera.” Valutò consapevole della situazione. “Una donna incinta è volubile.”
La Gates si tolse gli occhiali.
“Ieri sera le ho chiesto di andare in aiuto alla squadra di Johnson. Non ha fatto una piega. Poteva anche rifiutarsi, era pericoloso e ne era perfettamente cosciente.”
“Non si risparmia…”
“Tra i due la vera casalinga è il marito. E’ stata lei ad iscriversi al programma. Non cambierà idea.”
“Beh, sa come muoversi. E’ preparata e il colpo grosso che ha fatto con il caso del senatore Bracken non è rimasto inosservato. Accetteremo la sua candidatura. Il marito rimane l’unica riserva. E’ schierato politicamente. Ha degli agganci non chiari con la CIA.” Brody si mosse verso la porta.
La Gates sorrise. “Chi non lo è, schierato politicamente intendo.” Brady si unì all’ilarità della donna.
“Un marito benestante può aiutarla a fare carriera. Beckett è pulita. E sul marito…  Ti sbagli. Il signor Castle è… è difficile per me dirlo, ma è un tipo a posto.”
“E’ l’unica riserva Victoria, quell’uomo può essere d’intralcio…”
Il capitano scosse il capo con un ghigno divertito. “Sarà il primo a fare il tifo per lei, non hanno quel genere di competizione lavorativa. E’ orgoglioso di avere una moglie come Beckett.  Resta ad osservali. Capirai cosa intendo.” La Gates si mosse soddisfatta verso l’uscita. Sorrise all’agente Brady e scambiò con lui una forte stretta di mano.
“D’accordo. Farò come dici Victoria. Hai avuto sempre occhio per queste cose. Ma di Denver che facciamo?”
Il capitano si mosse. “Hai capito di che si tratta?”
“Sì. Lui è una bufala. Lo hanno mandato a fare casino. A mettervi in cattiva luce.”
Lo sguardo del capitano si fece di fuoco. “Voglio la testa di chi l’ha mandato in strada.”

Quando Beckett aveva raggiunto Rick e i ragazzi, non c’era stato tempo per chiarimenti o spiegazioni. Erano dovuti uscire per incontrare persone e seguire le indagini sull’omicidio di Keeler.
Non era stato facile trovare i clienti del locale, molti erano uomini con uno stile di vita molto sobrio di giorno, avvocati, bancari, colletti bianchi e piccoli imprenditori. Avevano girato per la città per l’intera giornata.
Ma le notizie raccolte erano state davvero molto utili.
Il ragazzo era un abile intrattenitore, molti avventori del Suprema lo conoscevano e lo invitavano al tavolo per un drink. Era di bell’aspetto e di carattere gioviale quindi speravano sempre in una chances con lui.
Secondo alcuni di loro Frederick aveva smesso da mesi di frequentare l’Atlantis. Nessuno aveva avuto modo di sapere come mai, il ragazzo si era giustificato dicendo che non era il suo genere, ma alcuni sospettavano che avesse avuto qualche delusione.
Il suo ex lavorava lì, era plausibile che non avesse avuto voglia di rivederlo, ma questa osservazione andava in conflitto con il fatto che Freddy volesse in qualche modo riallacciare i rapporti con Saul Porter, che continuava a cercare al telefono. Frequentare l’Atlantis significava sapere che Saul lavorava lì da alcuni mesi come lui aveva correttamente dichiarato. Allora perché starci lontano? Castle si era scervellato in una serie di diaboliche elucubrazioni. Qualcosa era lì sotto il loro naso ma sfuggiva il nesso facendolo diventare quasi paonazzo nello sforzo di trovare una strada in quel dedalo di dubbi.
Uno degli amici di Whittaca aveva dichiarato di aver visto uscire Frederick velocemente mentre lui stava per entrare. Lo aveva quasi travolto. Il buttafuori lo aveva fatto entrare ma si era attardato sulla porta osservando il ragazzo dirigersi a passo svelto verso il bordo strada richiamando un taxi, la cosa che lo aveva colpito era stato il sopraggiungere di una berlina scura con i vetri fumé che era ripartita subito dopo che il taxi aveva ripreso la strada, senza caricare nessuno. Si era fermata dietro al taxi eda era ripartita con esso. Il testimone non aveva potuto scorgere nulla al proprio interno.
La strada era fuori dal fuoco della telecamera posta sull’ingresso ma altrettanto interessante era lo scorcio che si era intravisto attraverso una delle videocamere di sorveglianza dell’Atlantis.
La stessa berlina nera era arrivata al locale chiuso per lavori, verso la mezzanotte e quaranta, giusto il tempo di fare il tragitto tra i due locali. Poi si era allontanata all’una e ventitré. Una quarantina di minuti. Dovevano essere entrati da una porta di servizio, coperti alla vista da dei container per lo scarico della terra di scavo.
Nessuna targa era visibile ma Ryan confidava in qualche altra telecamera del traffico lungo il tragitto. Keeler doveva essere sceso dal taxi e salito sulla berlina. Le informazioni del taxista sarebbero state di vitale importanza.
La macchina comunque non era un modello appartenente al parco di Keeler Senior, così almeno verificò con molto disappunto Castle. Se c’era una cosa che sperava ardentemente era rifarsi con quel borioso trovando prove a suo carico. Detestava quell’uomo in quanto bigotto e particolarmente felice di limitare la libertà altrui. Soprattutto quella di divertirsi come e con chi si voleva.
Esposito punzecchiò Castle tutto il tempo, fino a che dovette intromettersi Beckett zittendo entrambi.
“Non stiamo cercando di incolpare Keeler, ma di trovare prove che ci portino alla soluzione del caso.” Li aveva ripresi portando di nuovo al palla al centro.
E dopo ore di domande, incontri ed indagini la svolta era giunta. In modo autonomo ed inatteso.
Una ragazza era comparsa al dodicesimo, si chiamava Judith. Era entrata timidamente, tenendosi accanto alla porta dell’ascensore per alcuni minuti fino a che qualcuno non l’aveva notata. Minuta e pallida, si guardava intorno profondamente a disagio.
Quando chiese di poter parlare con qualcuno che seguisse il caso di Frederick Keeler era stata accompagnata da Beckett.
Si era presentata con una vocina tenue. Judith Prose era nata e cresciuta nel quartiere dei Keeler ed era una vecchia amica di Frederick. La sua amica di sempre.
Castle scambiò un sorriso con Beckett che ricambiò dopo la sorpresa iniziale.
“Non era solo dopotutto.” Aveva replicato Castle. In qualche modo quella scoperta li aveva lasciati di stucco, ma allo stesso tempo aveva dato loro non solo una visione della vita di Frederick completa, ma l’aveva accompagnata da una sensazione di calore nuova.
Judith aveva raccontato di come continuassero a sentirsi nonostante la distanza e lo stile di vita diametralmente opposto. Lei così eterea, schiva, quasi trasparente, lui con un desiderio di rivalsa e il bisogno di seguire la sua vena artistica.
Eppure erano i confidenti l’una dell’altro.
Judith sapeva cose di Freddy che nessuno conosceva. In tempi recenti si era confidato con lei per una cosa che gli era accaduta. All’inizio sembrava una cosa semplicemente grottesca, ma probabilmente si era rivelata una vera disgrazia per il suo amico. Judith aveva così raccontato di uno strano incontro all’Atlantis di Freddy, aveva visto lì qualcuno che non si era davvero aspettato.
Castle osservava la ragazza con attenzione, rapito dal suo racconto, facendole domande e approfondimenti.
Beckett sorrise nel vederlo così preso, ma in cuor suo lo strano dialogo avuto con l’Agente Brady la rendeva lievemente nervosa.
Alla fine della sua deposizione, Judith mostrò loro delle foto che ritraevano il secondo di Keeler, Howard Bass, completamente ubriaco, abbracciato ad un sirenetto dell’Atlantis.
Quando Kate vide le foto, un possibile movente divenne chiaro come il sole. Quelle foto compromettenti avrebbero fatto a pezzi la credibilità di Bass. In confronto il problema di Keeler con suo figlio era una piccolezza. Dovevano verificarne la provenienza, l’originalità. Dovevano essere sicuri che quello che avevano per le mani fosse materiale originale e non contraffazioni a doc. Stavano intraprendendo una strada irta di spine con quella nuova pista e non si potevano permettere passi falsi.
Beckett fece una smorfia cercando di togliersi dal collo la tensione. Mosse le spalle concentrandosi sulla lavagna. La prima cosa da fare era verificare le credenziali e la storia di Judith. La ragazza poteva essere stata mandata come esca. Esposito e Ryan si erano messi subito all’opera e sperò che le indagini su di lei fossero rapide e positive.
Castle si alzò e scrisse il nome di Bass tra i sospettati gongolando. Era felice perché ora avevano un movente. Un movente plausibile ed era una di quelle storie interessanti per squallore da prima pagina del Post.
Posò lo sguardo su Kate che era tornata a prendersi cura di Judith. La ragazza stava per scoppiare in lacrime. Era evidentemente tesa e spaventata, ma di più era provata. La scomparsa dell’amico di infanzia le doveva pesare moltissimo. Beckett cercò di tranquillizzarla.
“Grazie per essere venuta da noi. Il tuo è stato un gesto molto coraggioso.” Spiegò Kate.
Judith scosse il capo. “Avrei dovuto… venire prima. Me lo aveva fatto promettere…”
“Cosa?” Incalzò Castle.
“Sapeva che quelle foto erano pericolose, ma voleva usarle per potersi liberare del giogo di suo padre e della sua famiglia. Ha osato troppo…” mormorò scoppiando in lacrime.
“Quanto tempo fa te le ha date?” Chiese Beckett.
La ragazza alzò le spalle ed espirò soffiando il naso in un fazzoletto. “Saranno 2 mesi. Mi disse che se gli fosse accaduto qualcosa… le avrei dovute portare di nascosto alla polizia.”
“Sapeva di essere in pericolo?” La ragazza annuì.
“Come aveva intenzione di usare queste foto? Ti ha parlato del suo piano?” Stavolta la ragazza negò.
“Mi ha detto che dovevo conservarle per lui, ma che per il mio bene non dovevo sapere di più. Ho cercato di farlo ragionare ma era stanco della sua vita, era basata su menzogne.”
Castle annuì. “Lo abbiamo capito. Il suo ragazzo Robert vendeva informazioni su di lui a suo padre. Il suo ex è stato minacciato e lui sapeva tutto. Non so come abbia potuto vivere a lungo in quella situazione.” Aggiunse con comprensione.
Kate sorrise alla ragazza che sembrò apprezzare la calma con cui l’avevano ascoltata e capita.
“Freddy sapeva tutto. Voleva andarsene, ma so che suo padre lo ha minacciato di lasciarlo senza un centesimo. Quella sera è venuto da me sconvolto. Era stato molto crudele con lui.”
“In che modo?” Incalzò Castle.
Judith si guardò le mani. “Lo ha fatto picchiare dall’autista. Saranno circa tre mesi e mezzo. Da allora aveva cercato di mettere da parte soldi per poter sparire. Ma da un tipo così si può davvero scappare?”
Beckett scosse il capo. Non avrebbe potuto scappare in eterno da un mastino del genere, da qualcuno che sapeva come e dove trovarlo, che poteva fare la sua vita a brandelli. Le ci era passata per alcuni anni. Ed era stata ad un passo dal morire più volte.
“No, non è facile…”
“Ed è per questo che dobbiamo fare in modo che resti nell’ombra, Kate. Le faranno del male.” Esortò Castle accigliato. La ragazza era poco più grande di Alexis, sicuramente di famiglia meno abbiente di quella di Freddy. Sarebbe stata travolta dagli eventi e dalla cattiveria del mondo spietato di lui.
Beckett alzò il viso verso il marito. Condivideva la sua preoccupazione in merito.
“Sarebbe come uccidere un passero…” Citò con un sorriso mesto. “Faremo in modo di usare questo materiale come se l’avessimo trovato tra gli effetti di Frederick. Stai tranquilla.” Aggiunse scambiando un’occhiata con Ryan ed Esposito che annuirono di ritorno con una serie di documenti. L’irlandese si offrì di farle un caffè mentre Kate decideva il da farsi con Esposito.
L’uomo lasciò allontanare la ragazza e poi si rivolse a Beckett.
“Sembra tutto a posto. La ragazza è figlia di un giardiniere. Vive nel quartiere di Keeler da sempre. Non si segnala nulla a suo carico. Studia letteratura antica all’università di New York, non ha mai preso nemmeno una multa per divieto di sosta…”
Kate annuì. “Legami d’affari con la famiglia Keeler?”
“Prose lavora per una società di giardinaggio della municipalità. Ha uno stipendio base. L’università della figlia la sta pagando con un fondo fiduciario che ha aperto per lei suo nonno…” Esposito posò le carte.
“Se i sospetti cadono su Bass siamo nei guai…”
“Siamo in acque piene di squali.” Replicò Castle ed Esposito tornò al lavoro uscendo dall’ufficio.
Kate ripose le foto in un fascicolo. “Questo è più di quanto immaginassi…” Disse mordendosi le labbra nervosamente.
“Ma è un movente più che valido. Se riuscissimo a collegare la macchina a Bass…” Valutò Castle.
“Sai… mi fa piacere che Judith sia venuta qui. In fondo c’era…”
“Nh?” Lo sguardo interrogativo di Kate lo fece sorridere. “Aveva la sua valvola di sfogo. Aveva un’amica.”
“Sta rischiando molto per mantenere la sua promessa a Frederick…” Kate osservò la sua lavagna. Il movente apriva la strada ad una serie di opzioni.
“Credi che abbia cercato di estorcere denaro a Bass in cambio di quelle fotografie?” Domandò curioso Castle.
Kate camminò lentamente con le mani sui fianchi. “La telefonata è stata la trappola. Lui è uscito. Lo hanno prelevato e portato al cantiere dell’Atlantis.” Disse a bassa voce seguendo il filo dei pensieri.
“Un cantiere che Bass conosceva. Se frequentava il posto era informato della chiusura per lavori. Conosceva la posizione delle videocamere…” Castle attese che lei mettesse il resto. Adorava farlo e nel tempo la loro tecnica narrativa aveva avuto modo di affinarsi.
“Così da poter entrare di nascosto. E poi l’esecuzione, ed è stato annegato all’Atlantis per aumentare lo scandalo…” Incalzò Kate. Castle si mise di fronte a lei spalancando i suoi occhi anche più eccitato da quella rielaborazione dei fatti che gli stava uscendo così bene.
“Con Keeler fuori dai giochi per il pittoresco omicidio del figlio, Bass avrebbe avuto la sedia principale!” Esclamò entusiasta. “Solo che nessuno conosceva Judith, la piccola, trasparente vicina…”
Kate sorrise. “Troppo poco appariscente per essere notata e annoverata tra le persone controllate Keeler.”
“Troppo normale per infastidirlo…” Aggiunse Castle.
Kate sospirò. “Però anche supponendo che Bass sia venuto a conoscenza delle foto, in che modo Frederick avrebbe ricattato il padre? Per Keeler bastava solo rimuovere il suo secondo…”
Castle sedette sul bordo del tavolo. “Avrebbe avuto un problema per la sua campagna, ma non così insormontabile.”
Kate annuì. C’era sempre qualcosa che sfuggiva all’attenzione.
“Frederick voleva solo farsi dare dei soldi, abbastanza denaro per sparire. Magari il padre non doveva entrarci in questa storia. Meno ne sapeva…”
“Bass però potrebbe non aver gradito e rivolgendosi a Keeler lo poteva informare del tentativo di estorsione di Frederick.”
“Sputtanandosi con Keeler?” Replicò Kate.
“Beh, tra tutti e ci avrebbe perso di più dal veder pubblicare quelle foto? Bass avrebbe perso tutto ma non sarebbe crollato solo, trascinando in quel torbidume Keeler la cui credibilità di fronte al suo elettorato sarebbe stata annientata. Quanti punti in meno? Le sue percentuali sarebbero crollate a picco.”
Kate sapeva bene che Castle aveva ragione. Dovevano raccogliere prove.
L’unica opportunità per andare avanti su una pista sicura era trovare la targa della berlina. Il taxista che l'aveva caricato per primo doveva sapere il luogo in cui l'aveva lasciato. Dovevano sollecitare la compagnia dei taxi. Dovevano anche risalire al proprietario di quell’auto ed il cerchio poteva chiudersi, anche sé entrambi dubitavano che fosse stato Bass in persona, avrebbe certamente agito mandato qualcuno a fare il lavoro sporco a posto suo.
Castle sorrise.
“Keeler potrebbe davvero non essere implicato. Bass potrebbe aver architettato tutto per liberarsi del ragazzo. Ha chiamato Frederick al telefono organizzando un incontro per lo scambio di denaro. Lui abbocca, si incontrano all’Atlantis e…” lasciò il resto all’immaginazione di entrambi.
Kate si mosse pensierosa.
“Meglio parlare con la Gates. Su questioni politiche, visto quello che sta accadendo qui, è bene consultarsi con lei…” Mormorò. Non le piaceva dover scendere a patti, non certo con gente di quella natura, ma sapeva che non poteva andare semplicemente da Howard Bass a mostrargli quelle foto e a chiedere spiegazioni. Doveva andarci cauta.
Castle la fermò prendendola per un braccio.
“Ehi…” le disse con un sorriso.
“Non è la stessa cosa ma…” Kate deglutì. “Ma continua a darmi fastidio.”
Castle annuì. “Capisco. Cerca di stare tranquilla ok? Da quando sei uscita dall’interrogatorio con quello degli affari interni sei anche più tesa.” Chiese abbassando la voce. “E’ successo qualcosa?”
Kate scosse il capo ravvivandosi i capelli. “Non so, ha fatto un sacco di domande su di te e sul tuo stare qui… Non lo so Castle.” Ripeté.
“Ma cosa c’entro io?” Replicò, preso alla sprovvista. Che fossero entrati nel discorso della loro divergenza con Denver lo immaginava, ma il suo essere presente al distretto aveva ragioni varie che esulavano quella storia assurda.
“Senti, è solo un dubbio ok? Non è nulla. Non ti preoccupare.”
“Mi preoccupo per te.” Rispose di rimando Castle sfoderando un sorriso dolce. Lei accarezzò il suo braccio.
Guardò l’orologio e sbuffò stanca. La giornata era volata, era stata pesante, piena e una grossa bomba stava per scoppiare loro in mano se i sospetti che avevano erano fondati. La notte doveva essere altrettanto lunga e lei non si sentiva affatto bene. Aveva fame, sete, era nauseata e la sensazione di vacuità era tornata a causa delle vertigini. Aveva cercato di dissimulare quello stato per ore, ma gli occhi di Castle tradivano la sua preoccupazione, si era accorto che era stanca. La osservava costantemente e poteva vederlo chiaramente muoversi con cautela, sapeva che c’era un ennesimo -come stai- appeso alla sue labbra, probabilmente non lo stava chiedendo per evitare che lei si arrabbiasse inutilmente.
Era una donna incinta e nonostante volesse vivere quell’esperienza in modo più energico, cercando come suo solito di pesare il meno possibile sugli altri e su Castle, aveva scoperto di non esserne preparata in alcun modo. Gli sconvolgimenti fisici erano solo all’inizio, lo sapeva, ma quanto avrebbe retto alla fatica in quello stato?
Ammise che come primo giorno non era stato il massimo. Mangiare poi un paio di sandwich per pranzo non era stata una grande idea. Castle le aveva proposto di pranzare con qualcosa di più sano, ma lei non aveva avuto tempo per fermarsi. Così aveva vomitato tutto nell’ora successiva e l’antiemetico era stato d’obbligo per continuare. Praticamente aveva vissuto di acqua.
Doveva imparare un po’ ad attenersi alle prescrizioni alimentari che le aveva lasciato il medico all’ultima visita. Avrebbe chiesto a Castle di essere il suo primo guardiano in quello, conoscendolo sarebbe diventato un vero mastino. Forse è quello che le serviva per spronarla ad essere più ligia alla sua salute per il bene del loro bambino. Ci voleva un chiaro cambiamento nel suo stile di vita. Niente carne mezza cruda e carbonizzata al Dallas BBQ di Time Square. Niente patatine affogare nella salsa almeno per un po’. Espirò umettandosi le labbra.
Castle deglutì preoccupato dal suo improvviso silenzio.
“Ho bisogno di mangiare qualcosa…” Mormorò lei infine.
“Ti ordino qualcosa di…”
Kate lo baciò. Accarezzò il suo viso sentendo la barba della giornata ispida sul suo mento. Gli sorrise e posò la testa sulla sua spalla. Non sapeva che tipo di eventi sarebbero susseguiti allo strano interrogatorio subito, se davvero la disciplinare avrebbe chiesto l’allontanamento di Castle dal distretto per ragioni di fraternizzazione, o peggio alla posizione legale di lui, lei stessa non dubitava che la sua assenza le sarebbe pesata come un macigno. Conscia del fatto che avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel crescere il loro bambino, le sarebbe sicuramente mancato.
Niente più spalle solide a cui appoggiare la testa dolorante. Niente più coccole nella sala ristoro. Niente idee strampalate per ravvivare una giornata moscia.
Quanto del suo stile era diventato parte della sua vita? Anche prima del matrimonio lo era stato. Adesso la sua presenza era ossigeno vitale. Tutto andava a cambiarsi comunque.
Si sorprese a non essere preoccupata di ciò che lui avrebbe provato, ma di cosa avrebbe provato lei stessa.
Come era impreparata ad avere un bambino, sebbene lo desiderasse da impazzire, lo era allo stesso modo pensandosi al distretto senza Castle intorno e magari con un nuovo partner tra i piedi.
Ne avrebbero dovuto parlare, sì, affrontare comunque l’argomento perché entrambi avevano bisogno di convertire quel loro stile di vita in qualcosa di nuovo. Castle era certamente più pronto di lei.
L’uomo la stava accarezzando gentilmente sulla schiena. L’aveva tenuta appoggiata a sé con calma, permettendole quel momento di pausa per riprendere le forze.
“Sai che non ti lascerò solo a crescere nostro figlio vero?” Disse in un sospiro. Castle scostò la sua testa gentilmente dalla sua spalla per guardarla negli occhi.
“Sì, ma che succede Kate?” La sua preoccupazione ora era tangibilmente più marcata nella sua espressione.
Kate sorrise accarezzando il suo torace. “E’ solo che quando nascerà e crescerà… e tu sarai a casa per seguirlo, ed io sarò qui al lavoro… Mi mancherai terribilmente!”
Castle fece una smorfia e strinse gli occhi in una fessura.
“Ti mancheremo tutti e due. Mi domando come farai senza la mia mente geniale?” Scherzò ma in fondo Castle aveva capito i sentimenti di lei, i suoi dubbi, il suo pensiero. Era così abituata ad averlo intorno che la sua assenza l’avrebbe messa a disagio? Per una frazione di secondo pensò al tempo in cui l’aveva conosciuta.
Quella vita non sarebbe più tornata. Se l’era promesso e avrebbe fatto di tutto perché fosse così. Ma che cosa le aveva detto quell’agente? Castle aprì la bocca per chiedere ma lei lo precedette ammutolendolo.
“Ma che dico! Mi chiamerai spesso! Lo so. Spero inventino telefoni con batterie più potenti...” Spostò la testa andando di nuovo a toccare la sua fronte con la propria. “Ne parliamo a casa?” Aggiunse infine.
Castle annuì. Kate stava per tornare al lavoro e quel discorso si sarebbe ripresentato in un momento più adatto.  “Allora che ti prendo?” Disse cambiando argomento come lei aveva voluto fare.
“Fai tu.” Lo lasciò così su due piedi andando verso l’ufficio della Gates. Lui sorrise mesto.
La sua donna lo sapeva sempre sorprendere. Non avrebbe certo dichiarato di stare poco bene, avrebbe continuato a lavorare senza battere ciglio. E poi quel caso doveva finire per essere incentrato su un politico? Così giusto perché erano passati solo un paio d’anni abbondanti dall’arresto di Bracken.
Prese lo smartphone dalla tasca della giacca e cercò nella rubrica. Doveva chiamare un suo vecchio amico di un ristorantino italiano in zona che avrebbe preparato per lei qualcosa di buono e sano. E avrebbe aggiunto anche qualcosa di altrettanto buono e meno sano per sé e per i ragazzi. Dopo essere stato benevolmente bistrattato dai ragazzi, non era sicuro che si meritassero uno spuntino come si deve, ma in fondo una parte del suo ruolo in quel posto era anche provvedere ad un cibo decente evitando le schifezze dei distributori automatici.
Ryan era di ritorno con Judith che fece accomodare nel loro ufficio. Prese di nuovo a chiederle dei dati e lui sorrise a quella ragazza pallida che gli suscitava simpatia. Era piccola e fragile. Troppo fragile per finire in un marasma come quello che si stava prospettando. Certo come sempre erano teorie, ma Kate stava andando a parlarne con la Gates per evitare che quel passero finisse diritto nelle fauci di un volpone. Stava andando a trattare perché quella creatura indifesa restasse al sicuro nonostante non le piacesse scendere a patti con diavoli manipolatori come Bass o Keeler. Avrebbero dovuto trovare una scusa plausibile per dimostrare la provenienza di quelle foto. Una balla qualsiasi potevano inventarla ma doveva reggere bene di fronte agli avvocati della parte avversa. Si avvicinò ai due. Sentì Ryan rincuorare la ragazza e dirle che Beckett era uno dei migliori detective della polizia di New York e che l’avrebbe tenuta al sicuro. Il suo cuore si colmò d’orgoglio. Kate era davvero tutto quello, però sentirlo dire così senza retorica e con molta sincerità da un collega ed amico gli infuse una felicità spiazzante.
Kate era la sua migliore scelta nella vita, insieme a quella di tenere Alexis. Ne era orgoglioso ogni giorno di più. Avendo un giorno o due di tempo libero avrebbero potuto affrontare alcuni di quegli argomenti rimasti aperti: prima di tutto le paure del distacco, della lontananza. E poi programmare, organizzare la loro nuova vita, il tutto poteva essere meravigliosamente vissuto in due. Non vedeva l’ora.
Si voltò verso il corridoio. Denver usciva scortato da un paio di agenti della disciplinare.  Salutò lo scrittore con un sorriso sghembo e con il dito medio alzato. Castle fece una smorfia disgustato.
No, decisamente un idiota del suo calibro non avrebbe mai avuto chances con Kate. Certo quando l’aveva conosciuta era un tipo vanesio, superficiale e un po’ pazzo, ma non era mai stato animato da cattiveria alcuna.
Si limitò a scuotere il capo, optando per una più matura reazione a quell’ultimo insulto.
Lo stronzo aveva perso su tutti fronti e a lui non serviva nemmeno infierire visto ciò che seguì.
L’agente Brady aveva osservato la scena con stupore per poi imporre a Denver un maggior contegno colpendolo sulla mano con il gomito. L’uomo si era lamentato sorpreso, massaggiandosi la mano contusa.
Brady aveva fatto un cortese cenno di saluto a Castle e infine aveva scortato l’uomo fino all’ascensore.
Castle lo rivide tornare poi sui propri passi e rientrate nell’ufficio che gli era stato messo a disposizione. La sua mente cominciò a chiedere con una certa urgenza delucidazioni in merito a quanto era stato chiesto a Kate. Visto che lui era stato un argomento di discussione, magari l’agente Brady avrebbe voluto sentire la sua campana. Ma prima la cena per Kate era la priorità.
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Rieccomi! Spero abbiate passato in felice Natale!
Un abbraccio a tutti quelli che mi leggono e i migliori auguri per un fantastico 2015!
Anna

  
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