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Autore: MelimeJH    28/12/2014    1 recensioni
Michael ha diciotto anni ed è un liceale come tutti,ha degli amici,va bene a scuola, ha una vita tranquilla. Tuttavia,non è sicuro sulla sua sessualità ma non ne parla con nessuno. Cosa succederebbe se il ragazzo più popolare della scuola gli chiedesse un aiuto?Cosa succederebbe se i due si innamorassero?
Questo è come mi sono immaginata l'avvio al debutto di Mika e la storia con il suo compagno. Ci sono dei riferimenti a fatti realmente accaduti,ma molti di questi li ho cambiati secondo la mia immaginazione e li ho adattati alla storia.
Spero che vi piaccia!
Melime
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Baci, abbracci, carezze. Carezze, baci, abbracci.
Stava andando avanti così da ore, da quando quei due avevano raggiunto il divano del salotto di casa Jones. Le borse ricolme di libri erano poggiate sulla scrivania della cucina, dimenticate completamente da i due amanti.
Sì, finalmente si potevano definire tali. Amanti.
A entrambi sembrava un regalo di Natale arrivato con un po’ di anticipo, ma lo avevano accettato senza aver fatto troppe cerimonie. Dopotutto, sarebbe stato stupido non farlo.
Michael, tra un bacio e l’altro, aveva iniziato a sorridere e ancora non riusciva a credere a quello che stava accadendo. Mark era proprio lì, che lo abbracciava e lo baciava sussurrandogli frasi.
“Sei bellissimo” gli soffiò sulle labbra. La risposta, anche se debole, non tardò ad arrivare. “Anche tu.”
E così, passarono due ore. Si dovettero fermare solo al suono del campanello della porta: era arrivata Margaret. In cinque minuti aprirono tutti i libri che avevano in borsa e fecero finta di essere stanchi dopo ore di studio. Anche se a stento riuscivano a mantenere le risate e avevano ancora le guance arrossate, Margaret non si accorse di nulla.
“Come vanno gli studi?” chiese una volta arrivata in cucina.
“Benone, sai mi piace proprio la storia di questi due… ehm.. Romeo e Paoletta” improvvisò Mark.
“La storia di chi?”
“Romeo e Giulietta, a lui piace proprio scherzare, eh sì” si intromise Mika.
“Ah, sì giusto!”
“Beh, allora io vado in camera” annunciò ormai esausta per poi avviarsi verso camera sua. “Ti fermi a cena, Michael?” disse poi voltandosi verso i due ragazzi.
Mark lo guardò con aria implorante, come poteva dire di no a quegli occhi così belli? “Oh, mi piacerebbe, grazie mille.”
E così, fino all’ora di cena studiarono. O almeno ci provarono, dato che ogni volta che i loro sguardi si incrociavano entrambi sorridevano e un nuovo bacio scattava. Ma almeno, alla fine Mark era riuscito a fare un discorso lineare sulla vita e le opere di Shakespeare, forse sarebbe riuscito davvero a recuperare tutto. E lo doveva tutto a quel ragazzo che gli stava di fronte, era lui che lo aveva trascinato lontano dai gay bar, lontano dalla discoteca e gli aveva ricordato che cosa significava amare una persona.
“Grazie, Michael” disse così, mentre lo guardava rimettere i libri in borsa.
“Ma figurati, dopotutto non era molta roba da recuperare e Romeo e Giulietta poi non sono tanto…”
“Non mi riferivo a questo!”
“E a cosa? Ah sì, beh anch’io dovrei ringraziarti allora!”
“Non quanto io devo farlo con te!” Mika rise.
Ci fu un attimo di silenzio tra loro, si guardarono e si baciarono ancora un’altra volta, in un modo dolce e leggero. Poi, si presero per mano e salirono verso la camera di Mark.
Era ordinatissima, come sempre d’altronde. Ma non badarono molto a com’era la stanza, si focalizzarono principalmente sul morbido, comodo letto.
E ripresero la sequenza che avevano lasciato poco prima sul divano.
Baci, carezze, abbracci.
Si fermarono solo alla suoneria del cellulare di Mark, era Jessie. Lui non rispose, ma Michael fece una smorfia contrariato.
“Cosa c’è?” chiese il moro premuroso, accarezzandogli la guancia.
“Lei…io… è una racchia”
“Siamo d’accordo, come sempre” rise amaro.
“Allora lasciala!”
“Non posso, dobbiamo mantenere il segreto”
“Perché? Hai paura?”
“No, voglio proteggerti”
“A me non frega niente” si fece serio, se ripensava alla falsa che li aspettava gli veniva da piangere.
“Ti sei già dimenticato la fasciatura sulla tua spalla?”
“Mh” Ah, già, Mark lo aveva visto senza maglietta. Arrossì all’improvviso.
“Immagina cosa accadrà se scoprono che stiamo insieme” Michael guardò dritto nei suoi occhi, erano malinconici.
“Io quella la odio”
“Siamo d’accordo anche su questo” gli accarezzò il viso e lo baciò ancora, questa volta più piano.



 
C’era una regola che doveva sempre essere rispettata da tutte le cheerleader: non parlare mai di Mark Jones se non per dire quanto stesse bene insieme alla sua ragazza.
O almeno solo quando Jessie era nelle vicinanze, perché era stranamente convinta che il suo ragazzo avesse occhi solo per lei. Questo in effetti, era vero, ma solo perché Mark non guardava le ragazze perché era interessato a guardare altro.
Tuttavia non importava, nessuno se n’era mai accorto, specialmente la diretta interessata.
Anche perché, la diretta interessata, in assenza del suo principe azzurro, sapeva dove cercare attenzioni e trovarle.
Jack, un giocatore di football, aveva accettato la sua proposta di una pomiciata ogni tanto con la principessa della scuola. Diceva di essere contento e che apprezzava la cosa, ma in realtà aveva perso la testa per quella biondina.
Nessuno lo sapeva, chiaramente. Jessie era consapevole del fatto che se si fosse venuto a sapere avrebbe perso l’unico ragazzo su cui avrebbe mai potuto contare. Aveva già corso il rischio a mensa e l’umiliazione nelle sue vene era così tanta che si era ripromessa di non farlo ricapitare mai più.
O meglio, a non fare scoprire niente a nessuno.
“Però, la principessa oggi ha rischiato grosso”
“Sta zitto un po’, tu” lo zittì con un nuovo, languido bacio. Era forte, desiderato e per niente casto.
Jack rispose senza dover combattere troppo, cosa poteva farci se aveva perso la testa? Proprio nulla. Era felice, in quello sgabuzzino rinchiuso a baciarla come se non ci fosse un domani.
Perché stava baciando lei.
Stava baciando la principessa.
Avrebbe solo voluto che quella ‘principessa’ fosse la sua.




Karen non era in ansia per il suo migliore amico. Era qualcosa in più.
Era così preoccupata per come lo aveva lasciato sulle scale che aveva persino dimenticato che James sarebbe passato a prenderla quella sera, per uscire insieme per la prima volta a cena fuori.
Bussò alla porta alle otto di sera, come prestabilito, con un grosso mazzo di rose rosse in mano.
“Allora? Sei pronta?” la guardò con uno sguardo dolcissimo, che fece urlare internamente la ragazza.
Precisamente, come aveva fatto a dimenticarsi dell’appuntamento se teneva i giorni segnati sul calendario?
“Precisamente, non proprio…” iniziò torturandosi il labbro inferiore e facendo ridacchiare il ragazzo. Lo fece entrare in casa e lasciò che si sedesse sul divano mentre portò i fiori in cucina per metterli in un vaso.
“Ci metterò solo un minuto, devo solo mettere il vestito e andiamo, okay?” lo liquidò così per poi fiondarsi in camera sua e cercare disperatamente un vestito da mettersi. All’improvviso sembrava che tutti i milioni di vestiti che sua madre le comprava non andassero bene.
Troppo scuro, troppo chiaro, troppo corto, troppo serio, sembrava non esserci fine a quell’armadio.
“Karen, tutto okay lì dentro?” James aveva sentito i vari rumori delle grucce dov’erano appesi gli abiti che si muovevano costantemente.
“Ma certo!” urlò lei con la voce più melodiosa che poteva avere in quell’istante, anche se sembrava più che stesse sul punto di una crisi isterica.
Istintivamente, si girò verso la poltrona che aveva in camera dove c’era un vestito verde acqua che lei aveva sempre amato.
“Bingo!” esclamò contenta prendendolo tra le mani e cambiandosi alla velocità della luce.
Ringraziò mentalmente la madre che poche ore prima le aveva preparato un bagno caldo e l’aveva portata dal parrucchiere. Si truccò leggermente, prese il cappotto e corse verso James.
“Eccomi, ci ho messo molto?”
“No, però ne è valsa la pena” disse lui guardandola incantato, facendola arrossire.
“Allora? Dove si va?” si incamminarono verso la porta, lui la prese sottobraccio.
“Su una stella, signorina.” Concluse lui, facendola ridere e chiudendosi la porta alle loro spalle.



 
Mark credeva che non poteva esistere nulla più bello di Mika che si sentiva in imbarazzo.
Era iniziato tutto quando Michael aveva trovato i suoi disegni sotto il letto.
“Come mai non sapevo che disegnavi?”
“Perché avevo perso la voglia”
“E ora?”
“Ora cosa?”
“Ora ce l’hai la voglia di disegnare?”
“Beh, ecco..” lo guardò con occhi imploranti “forse sì”.
“Allora disegnami!”
“Cosa?”
“Ma sì, dai fammi un ritratto!”
“Okay, va bene”
In quel momento Mika avrebbe voluto semplicemente non dire nulla. Sentiva gli occhi di Mark che lo squadravano come non avevano mai fatto prima, per poi ritornare sul suo disegno. La mano si muoveva morbida come se sapesse già tutto quello che doveva fare, le occhiate erano solo per provare quello che aveva in mente.
Chissà quante altre volte Mark aveva già provato a fargli dei ritratti, ma adesso era diverso. Adesso gli era di fronte.
“Hai finito?” la sua voce ridotta a un sussurro.
“Ho appena iniziato, ci vuole tempo per farne uno decente” rise lui.
“Ma io non voglio aspettare tanto, mi manchi già” il tono da bambino mischiato a quello malizioso portarono Mark a una decisione.
Continuo o mi fiondo su di lui?
Oh, dannazione, avrebbe avuto tempo per i disegni. Adesso dovevano recuperare tutto l’amore nascosto.
Mise da parte i disegni e si fiondò sul suo ragazzo che ricambiò i baci contento.



Karen teneva stretta la mano di James mentre camminavano. Avevano passato una fantastica serata al ristorante, lui era stato gentilissimo.
Le aveva parlato della sua infanzia, di quanto gli piacesse il calcio e di Mark. Non lo aveva fatto mai con nessuno, ma quando parlava con lei era come un’ostrica che si apriva e lasciava intravedere la perla all’interno.
Aveva detto che sentiva lontano Mark, ma sapeva che era colpa sua, sapeva che qualcosa era cambiato. Karen ammutolì e cercò di non dirgli nulla di quello che era successo sul tetto, avrebbe voltato le spalle al suo migliore amico.
Non avevano detto una parola sui rapporti omosessuali, James aveva fatto attenzione a non toccare quell’argomento e Karen non riuscì a capire quanto omofobo fosse il ragazzo.
Non parlarono nemmeno di Michael, anche se l’occasione si era presentata.
“Ultimamente poi, Mark sta andando a lezioni dal tuo amico, credo di chiami Mike”
“Si chiama Michael, e sì, è il mio migliore amico.”
La cosa finì lì, forse perché James era ancora geloso. Ma non lo diede a vedere, si concentrò solo su Karen e nient’altro, come se tutto al di fuori fosse finto e solo lei reale.
Lasciarono che le cose andarono per il meglio, si rilassarono. Mangiarono come se fosse Natale e James insistette per offrirle la cena.
E ora, camminavano mano nella mano. Come due veri innamorati.
“Hai mai pensato a cosa vorresti fare da grande?” gli chiese di punto in bianco James. Certo, non poteva fare domanda peggiore, ma lei rispose sorridendo.
“Ho compilato il modulo per una borsa di studio a un college che si occupa di fotografia” disse tutto d’un fiato, quasi come se avesse paura di quello che avrebbe detto. Forse, l’unica ad avere paura di quella scelta, era proprio lei.
“Oh, wow. Io pensavo di fare ingegneria, credo che siano vicine le due scuole” continuò lui, pensieroso.
“Oh, sul serio?” disse lei felice. Lui la guardò intenerito.
“Cioè, volevo dire… che beello!” roteò gli occhi e ringraziò le leggeri luci soffuse del vialetto di casa sua che nascosero il suo rossore.
Tuttavia, James non resistette alla dolcezza di Karen e come se fosse un gesto meccanico, le cinse la vita con le braccia e la tirò a sé per baciarla.
Il suo primo bacio.
Davanti alla porta di casa sua, dopo essere stata accompagnata. La giornata non poteva andare meglio di così.

Peccato che si sbagliava.
Pochi minuti dopo i due si lasciarono con la promessa di risentirsi il giorno dopo a scuola. Karen entrò in casa e si sorprese di trovarla ancora vuota.
Era troppo felice per pensare al motivo per cui i suoi genitori si sarebbero potuti trattenere dai loro amici fuori, quando poi vide una lettera sul tavolo e la sua espressione cambiò radicalmente.
Era una lettera dal college, sua madre gliela aveva lasciata lì apposta.
La lesse velocemente, poi le sfuggì dalle mani e imprecò per averla letta.
Non era stata ammessa.


Saaaaalve!
Sì, lo so. Non pubblico da un sacco di tempo e vi lascio anche con un finale del genere. Natale è anche passato quindi non ho nemmeno la scusa del "hey, ma a Natale siamo tutti più buoni eh!"
Perdonatemi, lo so che sotto sotto mi volete bene, dai. 
No,eh? Vabè, meglio chiuderla qui. 
Spero che vi sia piaciuta! 
Vi mando i miei più cari auguri di buon anno, e come al solito ringrazio tutti i miei lettori! 
Grazie mille!


Melime


 
  
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