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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    29/12/2014    0 recensioni
Incredibile quanto la guerra e la perdita possano sconvolgere la vita delle persone.
Ellie Nightshade e Henry Faircross lo sanno bene.
Nella prima guerra contro Valentine entrambi hanno perso tutto: la propria famiglia, la propria casa, le proprie certezze...
Quando Magnus Bane li porta via da Idris diretto all'Istituto di New York, sono ben consci che l'unica cosa su cui potranno fare affidamento sono loro stessi.
Per questo decidono di diventare Parabatai.
Perché avere un Parabatai vuol dire proteggersi a vicenda, amarsi incondizionatamente, essere amici, fratelli ed essere pronti a sacrificare tutto per la felicità dell'altro: essere una famiglia.
Quando la guerra mortale minaccerà di distruggere ogni cosa ancora una volta, i Cacciatori dell'Istituto di New York si ritroveranno a combattere non solo contro i Demoni evocati da Valentine e Sebastian - intenzionati a creare una nuova stirpe di Shadowhunters - ma anche contro quelli che si annidano nelle loro anime e dovranno essere pronti a perdere tutto pur di proteggere coloro che amano.
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love Turns to Ashes

II
Passeggiata al parco
 
 - Dove andiamo? - chiedo quando io e Henry siamo fuori dall’Istituto.
 Il sole sfiora i nostri visi con i suoi raggi delicati e dobbiamo strizzare gli occhi più volte per abituarci alla luce. Un auto ci sfreccia accanto e un taxi accosta a qualche metro da noi. Scendono due turisti, probabilmente francesi, che ammarano per un attimo la cattedrale davanti a loro, ignorando che in realtà sia un Istituto in cui gli Shadowhunters studiano per diventare Cacciatori.
 Il mio parabatai mi sorride - Central Park? - propone dopo averci pensato su mentre osserva divertito i due turisti.
 - Ok. - rispondo io e ci allontaniamo.
 
 Raggiungiamo il parco in meno di mezz’ora. Le panchine e i prati verdi brulicano di famiglie e persone che passeggiano tranquillamente. Quando troviamo un posto isolato per rimanere soli, ci sdraiamo sulla soffice erbetta verde ad ascoltare i rumori di New York. Le fronde degli alberi proiettano ombre sul terreno che ci proteggono dai raggi del sole.
 Avremmo potuto usare delle rune per renderci invisibili ai mondani, ma dato che non diamo fastidio a nessuno, abbiamo deciso di non farlo.
 - È bellissimo. - sbotto osservando il paesaggio.
 - Già, è una bellissima giornata. - conferma Henry, sollevandosi sui gomiti.
 - È da un po’ che Hodge non ci affida missioni. Strano, no? - continuo.
 Lui annuisce e si mette a sedere accanto a me. - Scommetto che entro questa sera ci manderà ad ammazzare qualche demone. -
 Rido. Henry è il più simpatico dei miei amici e con Alec è uno dei miei migliori amici. Non per niente siamo parabatai.
 - Mi ricorda Idris. - sbotta ad un tratto.
 Io annuisco di rimando. È vero, i prati verdi, il sole, gli alberi… Ogni cosa qui ricorda Idris. I grattacieli assomigliano molto alle Torri Antidemoni di Alicante, che proteggono la città dalle creature oscure. Il lago del parco riflette la luce e il sole esattamente come il lago Lyn fa con la foresta di Brocelind.
 - Ti manca molto? - chiedo.
 Lui volge lo sguardo verso di me e annuisce, quasi impercettibilmente. - A te no? - domanda di rimando, tornando ad osservare il lago che luccica come miliardi di stelle, alla sua destra.
 - Un po’. - rispondo. In fondo non ne sento molto la mancanza. Lì sono morti i miei genitori a causa di un malfunzionamento delle Torri Antidemoni. Sto bene qui a New York, all’Istituto con Hodge e i miei amici.
 - Ci torneremo, un giorno. Ti ci porterò io e ti piacerà di nuovo, te lo prometto. - mi dice lui, sorridendo, intuendo a cosa stavo pensando.
 Sorrido e annuisco. Forse è così, basterà tornarci e tutto sarà come prima.
 
 Arriva l’ora di pranzo e decidiamo di lasciare Central Park per raggiungere il locale dove mangiamo di solito. Percorriamo le strade della Grande Mela senza prendere l’autobus: una camminata può solo farci bene. I passanti camminano sui marciapiedi da soli o in compagnia, parlano al cellulare o semplicemente guardando le vetrine dei negozi con aria sognante.
 Arriviamo al locale dopo un’ora; all’interno altre persone stanno pranzando, li osservo e vedo che sono perlopiù Nascosti.
 Quando entriamo, ci sediamo a un tavolo accanto al bancone e una ragazza dagli occhi completamente blu senza iridi o pupille, una fata della corte Seelie, si avvicina con un taccuino e sorride.
 - Ciao, ragazzi. - saluta - Cosa vi porto? - 
 - Il solito. - risponde Henry.
 - Anche per me. - aggiungo io.
 - Ok. - ribatte lei e si allontana.
 Vedo Henry guardarsi intorno, due Lupi Mannari stanno bevendo un boccale di birra seduti al bancone e quando lui posa lo sguardo su di loro, tornano ad osservare i loro bicchieri facendo qualche commento su di noi.
 - Questo posto brulica di Nascosti. - mi dice, voltandosi verso di me.
 Sorrido. - È il miglior locale della città. -
 - Non per i mondani. - precisa ridacchiando e io sorrido ancora.
 Quando la cameriera ci porta i nostri hamburger con patatine, cominciamo a mangiare e in poco tempo finiamo e ordiniamo due caffè. Il bar si è lentamente svuotato, lasciando me e Henry soli.
 - Izzy si vede con il principe dalla corte Seelie. - sbotto lasciando scivolare lo zucchero dalla bustina alla tazza di cartone. I granelli bianchi cadono sulla schiuma marrone chiaro, come la neve cade sull’asfalto durante l’inverno; lentamente affonda e comincio a mescolare.
 - Stai scherzando?! - esclama allarmato.
 - No. Me lo ha detto ieri. Meliorn… Credo che si chiami così. -
 - Accidenti, allora è proprio vero che le piace uscire con persone che i suoi genitori non approvano. - constata accostando il bicchiere alle labbra.
 - Già. -
 - E Alec? - chiede dopo un momento di silenzio.
 Sollevo lo sguardo dalla tazza e chiedo di rimando: - Alec, cosa? -
 - Ce l’ha la ragazza? - domanda - Non ne parla mai. -
 - Non lo so. -
 - Sei la sua migliore amica. -
 - Ciò non vuol dire che non può avere dei segreti. - mi giustifico.
 In verità, so tutto. Alec non ha una ragazza. Non perché non sia carino o simpatico, tutto il contrario, ma a lui non piacciono. Da un po’ di tempo mi ha confessato di essere gay, io sono molto felice che abbia accettato di parlarne con me, ma gli ho promesso che non l’avrei detto a nessuno.
 - Capisco. - ribatte Henry.
 
 - Dovremmo tonare. - dico dopo mezz’ora, guardando l’orologio appeso alla parete sopra il bancone. Le lancette segnano le 4 e mezza.
 - Sì, vado a pagare. - ribatte alzandosi e quando gli porgo i soldi, lui mi liquida con un cenno della mano.
 Dovrò sdebitarmi, prima o poi.
 
 L’Istituto non è mai stato così silenzioso. Io e Henry entriamo e prendiamo l’ascensore che ci porta all’armeria dove i nostri amici si stanno allenando.
 - Ciao! - dico entrando.
 - Ehi, siete tornati finalmente. - esclama Jace.
 - Che c’è, ti mancavo Wayland? - domanda Henry, avvicinandosi per abbracciarlo.
 - Non molto, Faircross. - risponde l’altro sollevando la spada che tiene in mano. Io e Isabelle ridiamo.
 Alec, invece, sembra turbato; perciò mi avvicino e gli parlo all’orecchio.
 - Tutto ok, Alec? - domando.
 Lui annuisce e dice che va a farsi una doccia. Ha sicuramente qualcosa che non va.
 - Ma che gli prende ultimamente? - chiede Jace, una volta che Alec ha lasciato la stanza.
 Io e Isabelle ci lanciamo uno sguardo d’intesa e torniamo alle nostre occupazioni senza rispondere al nostro amico.
 
 - Alec? - sono fuori dalla stanza di Alec e sto bussando insistentemente da più di due minuti. Entrerò lì dentro a costo di usare una runa di apertura. - Alec, sono Ellie. Apri, per favore. - rimango in attesa, sperando che lui mi abbia sentita, o che almeno mi dica di andarmene.
 Dopo pochi secondi, la porta si apre e dallo spiraglio compare uno degli occhi azzurri del mio amico.
 - Cosa c’è? - domanda.
 Gli rivolgo un sorriso. - Posso entrare? - chiedo.
 Lui sembra pensarci qualche istante, poi apre la porta per lasciarmi entrare. - Vieni. -
 Una volta dentro, me la chiudo alle spalle e aspetto che parli.
 - Siediti. - mi dice, indicando il letto.
 Mi tolgo gli stivaletti e mi metto seduta a gambe incrociate, lui fa lo stesso, così da essere di fronte a me.
 - Cosa ti è preso, prima? - domando, riferendomi alla sua improvvisa fuga dall’armeria.
 - Nulla. Volevo farmi una doccia. -
 - Certo. - ribatto.
 - Davvero, Ellie. - insiste.
 - A me puoi dirlo, lo sai. -
 - Lo so. -
 - Allora parla. - lo incalzo dandogli un buffetto sulla guancia. Si è sempre confidato con me, ma adesso sembra restio. Non vorrei aver fatto qualcosa che l’ha turbato.
 Gli angoli della bocca si incurvano in un sorriso. - Mi piace una persona. - confessa infine.
 Sorrido. - Ma è fantastico! - esclamo - Com’è? Descrivimelo. - dico con calma, tentando di contenere l’entusiasmo. È bellissimo che gli piaccia qualcuno.
 - Ehm… - comincia lui.
 - Aspetta. - lo blocco - Lo conosco? - chiedo.
 - Sì. - risponde e poi abbassa lo sguardo.
 - Dai, Alec. Puoi dirmelo. - lo incalzo. Sorrido per incoraggiarlo a parlare, ma lui continua a stare zitto.
 - Io… è complicato… So che è sbagliato… - esordisce.
 Aggrotto le sopracciglia. Ma cosa sta dicendo?
 - Lui… - fa una pausa e poi riprende - È Jace. - sputa fuori tutto d’un fiato.
 La sua espressione cambia quando vede che la mia non è mutata. Forse si aspettava che dessi in escandescenza, o che lo schiaffeggiassi… non lo so.  
 - È un disastro. - conclude infine.
 Si alza dal letto e si avvicina alla finestra.
 Io abbasso lo sguardo.
 Mi dispiace per lui.
 È bello che provi qualcosa per Jace, il problema è che lui non prova la stessa cosa. E poi sono parabatai: i legami sentimentali con il proprio guerriero fratello sono proibiti.
 Scendo dal letto e mi avvicino a lui. È più alto di me di qualche centimetro, così gli circondo la vita con le braccia e poggio la testa alla sua schiena.
 Alec stringe le mie mani e sospira; si volta e lo abbraccio forte per fargli sentire che sono lì. A questo servono gli amici.
 - Grazie, Ellie. - mi sussurra all’orecchio.
 - Per cosa? -
 - Per non aver reagito male. -
 - Ehi, è bellissimo che provi qualcosa per qualcuno. - faccio notare.
 - Ma non potrò mai averlo. Lo sai anche tu. - dice - Lui non ricambia ed è il mio parabatai. -
 Mi blocco. Cosa posso dirgli per farlo sentire meglio? Quello che ha detto è vero. Se dicessi il contrario servirebbe solo a deprimerlo di più. - Troverai qualcuno che ricambierà quello che provi. Sei speciale. Tutti vorrebbero un ragazzo come te. - concludo accarezzandogli una guancia.
 Lui rimane immobile per qualche secondo poi sorride e mi abbraccia forte. - Grazie, Ellie. Ti voglio bene. -
 - Anche io ti voglio bene, Alec. –
 
ANGOLO DEL MOSTRICIATTOLO CHE SCRIVE
Ciao a tutti!
Ecco che come promesso pubblico il secondo capitolo della mia long!
Il prossimo lo posterò lunedì!
Fatemi sapere,
Eli, xX__Eli_Sev__Xx

 
   
 
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