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Autore: fra_atlas    29/12/2014    5 recensioni
[everlark♥] [post-mockingjay]
Era da molto tempo, moltissimo tempo che non ti sentivo ridere. E di te, Peeta, mi è mancato anche il sorriso. Quel sorriso che m’inonda e mi culla, che rimane impresso nella mia testa e mi scalda le membra.
Ora è la sua voce roca e decisa a riportarmi indietro e... ho paura.
-Tu mi ami. Vero o falso?-
-Vero.- dico senza riflettere neppure un secondo, senza un attimo pensarci.
Butto fuori quella parola, una sola parola che racchiude tutto. Racchiude tutte le lacrime che ho versato quando lui non era accanto a me, racchiude i baci che ogni notte mettevano a tacere i miei incubi, le nostre parole sussurrate tra le lenzuola sfatte, tutto quello che abbiamo condiviso e che credo sia amore.
Perché se amare significa soffrire tanto per la lontananza di qualcuno, non poterne fare a meno; se significa sentirsi parte di quella persona, sentire che il suo sorriso è anche il tuo e i suoi occhi vedono come i tuoi... allora credo di averlo provato. E ora ne sono sicura, Peeta è amore.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Snowflakes.

 

Peeta’s Pov

 

Sento Katniss muoversi agitata su di me e i miei occhi si spalancano in un secondo. In questo groviglio di noi, di coperte, di incubi e cicatrici ci sovrasta un tremolio. Il suo volto è una maschera di dolore sul mio petto e le sue labbra umide tremano tanto quanto il suo intero corpo. E nonostante tutto so che in questa notte invernale, estremamente fredda le scosse che la investono non sono di freddo ma sanno di solo, puro dolore. E soffro profondamente; dentro di me si aprono miriadi di cicatrici ed io chiudo gli occhi. Reprimo tutto per un istante. Proprio come un coniglio scappo da tutto questo, quasi come se ora che tutto appare perfetto una sola, piccola anomalia in questa esistenza stonasse. E nessuno ha la voglia, la forza di toccarla, di esaminarla men che meno di parlarne. E’ un’imperfezione che terrorizza e si vorrebbe soltanto chiudere in un cassetto perché resti lì silenziosa e impolverata sperando vada via via scomparendo. Ma non può accadere questo nella nostra vita, non possiamo fare finta di nulla. In un modo o in un altro dobbiamo guardare negli occhi questa vita e affrontarla; piangendo stretti a terra, facendo l’amore a ritmo di questa vita che ci sfugge, abbracciandoci per notti intere, a volte anche distruggendoci a vicenda. Dobbiamo reagire in qualunque modo possibile perché sappiamo che anche una sola, piccola crepa può distruggere ogni cosa. Se affrontiamo tutto insieme però neppure il tempo, né il freddo, né il dolore potrà sopraffarci.

La scuoto dolcemente finché il grigio dei suoi occhi non mi travolge, bollente in contrasto coi fiocchi che scontrano la grande vetrata di camera nostra. La neve scende fitta in questi giorni di dicembre e in questa fredda notte si staglia nel cielo stranamente rossastro, la luna anch’essa di quel colorito insolito s’intravede appena dietro quell’atmosfera cupa e soffice. 

-Se potessi viverli al posto tuo...- mi sfugge dalle labbra.

La stringo a me e sento che il tremolio pian piano lascia il posto a calore. I suoi capelli mi solleticano le braccia mentre scuri e leggermente increspati scendono intorno a noi. Piange silenziosamente, la mia Katniss e per una volta sento davvero indispensabile, quasi vitale sapere ogni singolo angolo e particolare, ogni colore di ciò che fino a poco fa invadeva la sua testa.

-Raccontami... cosa hai sognato, Katniss- sussurro a un suo orecchio cullandola tra le mie braccia.

-Io... non so, è sempre uguale... da quando...- ricomincia a tremare e il suo petto è squarciato da singhiozzi.

Capisco quanto sia dura per lei parlarne, quanto le faccia male dal suo corpo. Il linguaggio del suo fisico è a volte molto più comprensibile della sua essenza interiore. Come in questo momento; il tremolio della sua pelle, delle sue membra stesse è fortissimo e mi ricorda le notti dei primi mesi di convivenza quando gli incubi la ferivano psicologicamente e passava ore, giorni chiusa negli armadi o nascosta nei boschi.

-Da quando?- le accarezzo il volto con dolcezza sperando di riuscire a diffonderle un po’ di forza.

-Da quando aspetto nostro figlio...- fissa i suoi occhi nei miei e poi inizia a sputare fuori tutto; con un po’ di fatica, mangiandosi le parole. Piangendo più e più volte...

-Ciò che tanto mi spaventa è uguale ogni notte. Non varia mai ed è per quello che mi terrorizza così tanto, ho tanta paura che possa essere la verità. Ci sono gli Hunger games e un bambino tanto uguale a te, ha i tuoi stessi occhi color cielo e le tue stesse sottili e perfette labbra. E poi... viene estratto. Si sente soltanto una voce triste e maligna al tempo stesso invitarlo a raggiungerla e... è tutto così insopportabile. Ogni particolare è raccapricciante, in particolare il viso del bambino. Appena salito sul palco il suo volto cambia, diviene quasi deformato da uno sguardo da serpe ed un sorriso maligno che brama sangue e morte. Poi ci sono solo urla, e ancora sangue e pianti isterici. Ho tanta paura, Peeta-

Sappiamo entrambi che gli Hunger Games ormai sono un ricordo lontano, ma sono sempre lì e non ci lasceranno mai più. Scorrono dentro di noi, sono ricordi indelebili e cicatrici, non posso vedere in Katniss una persona debole. Ho le sue stesse paure ed ora, però devo mostrarle in qualsiasi modo possibile quanto queste siano infondate.

Le lascio un leggerissimo bacio sulle labbra e lei si aggrappa al mio collo famelica per approfondirlo ma mi sposto sulle sue guance e ad una ad una raccolgo via le sue lacrime che sanno di mare e mi ricordano tanto la spiaggia dell’edizione della memoria. Poi scendo giù, al suo ventre leggermente gonfio. Lo accarezzo da sopra la stoffa poi alzo la sua maglietta scoprendo la sua pelle bollente. Mi ripeto spesso che ciò che vedo è reale; è tutto così bello, chiaro e dolce con le sue sfumature aranciate e vivaci da avere la consistenza di sogno più di qualsiasi realtà. Bacio la sua pelle olivastra, baci leggeri in ogni angolo di quel paradiso mentre i suoi occhi grigi si calmano. La mia speranza è che questi piccoli gesti umidi che deposito sulla sua pelle possano guarirla almeno in questo momento. E in quelle pozze grigie che mi fissano non vige più una tempesta di paure bensì un mare calmo che mi accarezza riconosce e tiepido.

-Amore mio, non devi temere nulla. Gli Hunger Games non ci sono più, dobbiamo lasciarci il nostro passato alle spalle. Il futuro di nostro figlio sarà meraviglioso, Kat, lo so- le sorrido e mi stendo nuovamente accanto a lei stringendola e coprendoci dal freddo pungente che preme per entrare dalla vetrata.

-Vuoi un bambino o una bambina?- mi chiede emozionata all’orecchio che sfiora con le labbra e non posso che sorriderle perché i suoi.

-Una bambina coi tuoi occhi- la bacio dolce e sento il sapore forte delle sue labbra, come di libertà e vita. Poi è solo voglia di toccarsi sempre di più e sono baci struggenti ed umidi, carezze negli angoli più nascosti e gemiti soffocati da labbra affamate.

-Non voglio farvi male...- sussurro al suo orecchio mentre geme sotto i miei tocchi ormai esperti.

-Sii dolce come sempre ma ti prego non smettere mai- risponde col fiato corto e io sono succube di quelle parole di supplica tanto invitanti.

 

§§§

 

Quando ero piccolo a papà piaceva festeggiare il Natale anche se era una festa che a tutta Panem era quasi del tutto sconosciuta. Alla famiglia Mellark era invece stata tramandata come la festa più lieta e calorosa dell’anno in cui era bello almeno per un giorno essere la famiglia unita che durante l’anno non eravamo. Ricordo che con papà cucinavo moltissimi biscotti di tante forme e sfumature diverse; alla fine del lavoro la cucina era sempre un disastro di colori e zucchero, di ogni glassa possibile e di piccole caramelle di forme infinite. I miei occhi da bambino s’illuminavano di felicità in quei giorni di preparazione ed ero sorpreso di non subire da mia mamma nulla; nessuna sgridata, mai neppure uno schiaffo. In quel periodo dell’anno mi sentivo davvero felice e per una volta potei credere di avere una famiglia, una vera famiglia che mi amasse e in quel profumo fragrante di biscotto il cuore mi si scaldava nel petto ed un sorriso naturale mi solcava dolce il viso da bambino.

Proprio come un tempo preparo i biscotti glassati di tanti colori diversi e mentre lavoro su quelle forme natalizie ho un sorriso stampato in faccia, un sorriso che è nato dal nulla e che si irradia in ogni angolo della stanza. Vorrei donare anche a Katniss un po’ di questa dolcissima serenità. Vorrei essere il genitore che non ho mai avuto... vorrei che formassimo la famiglia che avrei sempre voluto avere, per me e per lei. Ma soprattutto per quel piccolo esserino che cresce dentro di lei.

-Sono tornata!- sento la porta chiudersi e poi per un attimo il nulla.

-Kat...- la chiamo poco prima di essere interrotto dalla sua voce calda che mi sembra accarezzare.

-E’ tutto magnifico, Peeta- dice con le labbra rosse dal freddo leggermente socchiuse. Ha fiocchi di neve tra i capelli e sul capello di lana color foresta. E’ la cosa più bella che io abbia mai visto con quel suo nasino rosso dal gelo. E senza alcuna esitazione mi avvicino a quel volto e prendendolo tra le mani lo porto sul mio per poi baciarlo e rifarlo altre mille volte in mezzo alle luci, accanto a quell’albero ancora spoglio di decorazioni, attorniati da quel profumo di cannella e cioccolato forte.

-Buon Natale, Katniss...- dico sulla sua bocca ormai calda.

E poi è solo calore attorno a tutti questi freddi fiocchi di neve.



*note autrice*
Ecco il capitolo, premetto che è di passaggio ed essendo che amo il Natale lo volevo incastrare anche qua! Come mio solito volevo ringraziarvi e augurarvi buone feste in quanto credo proprio ci sentiremo il prossimo anno :')
Grazie di esserci, grazie 

Ah, fatemi un bel regalo daii, una recensione piccola piccola :')
Fra

 

  
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