Shield
Le
sposti una ciocca di capelli dagli occhi con fare paterno, sfiorandole
lievemente e tremante quella piccola lacerazione ricucita al lato del
sopracciglio, mentre lei di rimando ti sorride.
Provi
a farlo anche tu ma quel taglio all’angolo della bocca ti ricorda dolorosamente
qual è il tuo posto, costringendoti a ritrarre la mano.
Hai
come la sensazione che Skye voglia abbracciarti, ma la vedi bloccarsi serrando
nervosamente i pugni, col volto attraversatole da una smorfia di sofferenza prima
di sorriderti ancora e ringraziarti per poi voltarsi, spaventata da chissà cosa.
Mentre
si allontana la segui con lo sguardo, serrando prepotentemente gli occhi solo
quando lei si chiude dietro le spalle la porta del tuo ufficio, lasciandoti
finalmente cedere, crollare esausto sulla poltrona oltre la tua scrivania di
Direttore.
I
lividi che ti porti addosso te li sei procurati in missione per proteggerla.
L’addome ti pulsa ad ogni movimento, il torace ad ogni respiro è come se
venisse attraversato da mille aghi lunghi e sottili. Metabolizzi che qualche
costola deve essersi incrinata.
Non
osi immaginare come sia ridotta la tua faccia, nella tua mente c’è solo
quell’unica ferita che non sei riuscito ad evitarle; ed è quella la ferita che
più ti fa male, ti lascia sanguinare dentro e ti divora. Volevi essere il suo
scudo, sai di esserlo stato perché è viva e non puoi proteggerla da tutto,
soprattutto da se stessa. Non puoi farla crescere se la rinchiudi sotto una campana di vetro e
lo sai.
Ma
Dio! Per ogni goccia di sangue che le esce dalle ferite è come se un pezzo di
carne ti venisse strappato dal corpo! Peggio ancora, Phil, se sei consapevole
che quelle ferite se le causa per proteggere te.