It’s
morphing me.
Finalmente l’incubo era finito: Amanda era stata
sconfitta, rinchiusa in una prigione sperduta senza via di scampo. Nikita e i suoi amici erano finalmente liberi
di vivere alla luce del sole, non c’era più nessuno da cui doversi nascondere,
nessuno a cui dover dare la caccia; nelle loro vite poteva esserci posto solo
per le persone che amavano, così Nikki e Micheal avrebbero potuto sposarsi e
Birkhoff e Sonya si sarebbero infine ricongiunti, mentre Alexandra avrebbe
continuato a lottare per tutte le ragazze che subivano quotidianamente abusi. E
Sam? Cosa ne sarebbe stato di lui, ora che tutto si era concluso?
In quel momento sedeva al bancone di un bar di
periferia e stava vuotando l’ennesimo bicchiere di scotch, la mente in balìa di
mille pensieri; lasciò che i ricordi scorressero come un fiume in piena davanti
agli occhi, frammenti del suo passato con Emily e degli ultimi giorni con Alex,
in particolare di quell’improvviso impeto di passione che lo aveva spinto tra
le braccia della bella ereditiera. Dopo la discussione che avevano avuto a
Toronto, qualcosa aveva cominciato a sbocciare dentro di lui, un sentimento che
in principio lo aveva disturbato e straziato, insinuandosi intorno a lui come
le spire di un serpente a cui era impossibile sfuggire. In India la situazione
era precipitata, costringendolo a starle sempre più vicino finché ogni
resistenza era stata vinta; erano stati travolti da un ardore più forte di
loro, così intenso da sciogliere il cuore di pietra del cinico Sam.
Entrambi avevano capito di essere presi l’uno
dall’altra, entrambi avevano compreso lo spasmodico bisogno reciproco, ma
allora perché lui era rimasto solo? La risposta era tanto semplice quanto
spietata: perché nessuno dei due sapeva chi fosse Sam Matthews. Lui aveva
cercato di restare al suo fianco, ma lei non aveva voluto sentire ragioni,
almeno fino a quando la battaglia tra le due persone che convivevano dentro
l’uomo non si fosse definitivamente conclusa, decretando un vincitore; così si
erano presi del tempo per riflettere, ma tutto ciò che aveva ottenuto era stato
capire quanto fosse diventata indispensabile quella ragazza per lui e quanto fosse
vuota la sua esistenza sena di lei. Era talmente assorto in quei pensieri da
non accorgersi della persona che gli si era seduta accanto e che lo stava
fissando con un misto di preoccupazione e gioia.
«Posso sedermi qui o disturbo?»
disse una voce suadente e dolce come caramello fuso, piuttosto inusuale in
luoghi come quello: nel sentirla, Sam non riuscì a trattenere il suo stupore e
si voltò di scatto, sgranando per una frazione di secondo gli occhi, prima di
socchiuderli con sensuale malizia. Il suo sguardo abbracciò con ostentata
lentezza la figura davanti a sé, partendo dai boccoli castani che
incorniciavano il suo viso delicato, prendendosi un istante per specchiarsi
nelle sue grandi iridi azzurre; indugiò con un’occhiata languida sulle labbra carnose
della Udinov, poi osservò il suo fisico esile ma prosperoso, avvolto da un
bellissimo abito blu elettrico.
Stava ancora contemplando la sua
bellezza quando all’interno del modesto locale si diffusero le note di
Libertango, ardenti come l’atmosfera che si era appena creata tra i due: senza
dire una parola, le prese la mano e la condusse al centro della stanza, per poi
bloccarla improvvisamente di fronte a sé e cingerle il fianco con il braccio
destro. Iniziarono a danzare a ritmo di quella canzone passionale, l’uno perso
negli occhi dell’altra; sembravano due ballerini professionisti, una coppia
affiatata come poche mentre le loro gambe si muovevano rapide, quasi si
stessero provocando.
Fu allora che Sam si rese conto
di essere nuovamente in balìa di quell’inarrestabile sentimento che lo stava
mutando e lo stava obbligando a lottare per poter sognare di essere vivo,
veramente vivo; in preda a quell’insana follia, quando Alex sollevò la gamba
sinistra lui la bloccò contro il suo fianco, e mentre faceva scorrere la mano
destra sotto la gonna dell’abito, la costrinse a inarcare la schiena così da
poterle avvicinare le labbra all’orecchio.
«Voglio venire con te» le
sussurrò languido, il tono fermo e dolce nello stesso tempo.
«Sam, ne abbiamo già parlato... »
gli rispose con altrettanta fermezza, sollevandosi repentinamente come se
volesse affermare la propria superiorità; lui però non si arrese e spostò la
mano sinistra sulla nuca dell’ereditiera, costringendola a guardarlo in faccia.
«Ascoltami, Alex: io forse non
saprò chi sono, ma so ciò che provo e ciò che voglio. Credimi, non sto
collassando, sto solo sfogando l’ultima possibilità di perdere il controllo,
perché questo è tutto quello che desidero: lasciare che i miei sentimenti per
te abbiano il sopravvento su tutto, e lo voglio ora! Ti voglio ora, anche se
sentirò il mio cuore implodere, perché ti amo, Alexandra Udinov!»
Lo disse tutto d’un fiato,
temendo di non riuscire a finire il discorso prima che lei lo bloccasse o
scappasse. Non sapeva cosa aspettarsi: lei avrebbe potuto dargli uno schiaffo,
oppure riempirlo di insulti, o semplicemente guardarlo con compassione e dirgli
che lei non provava lo stesso per lui. Quello che fece stupì entrambi:
mormorando il suo nome, lo afferrò per il colletto della camicia nera e lo
baciò con trasporto. Fu un bacio lungo e traboccante di passione, la lingua
dell’uno che danzava con quella dell’altra in perfetta armonia con il resto del
corpo, finché la musica non finì e con essa anche quell’effusione improvvisa;
si guardarono negli occhi come se cercassero conferme, poi finalmente il
silenzio venne rotto da Alex.
«Vuoi essere la mia guardia del
corpo?» gli chiese con un largo sorriso, così luminoso da sciogliere ogni
tensione: Sam non seppe resisterle oltre e azzerò nuovamente la distanza tra le
loro labbra, soffiandole contro la sua risposta.
«Ai suoi ordini, signorina
Udinov!» sussurrò concitato, per poi eseguire la sua prima missione: darle il
suo cuore e la sua anima.