Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: kikka_67    31/12/2014    0 recensioni
Cosa sareste disposti a fare per ottenere ciò che desiderate?
- E nonostante sia alquanto sconcertata nel supporre che il suo cliente ritenga che basti contornarsi di collaboratori di sesso maschile per riuscire ad evitare tali incresciosi accadimenti, la informo altresì che sono una donna che “ama” esclusivamente le donne, quindi il suo cliente non correrebbe MAI il rischio di essere molestato da me, in nessun modo. – a questo punto mi aspetto di essere buttata fuori dalla stanza..e invece….
- Sei assunta! – esclama una voce ilare dietro alle mie spalle.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta un bel principe che s’innamorò di una principessa complicata, insicura, irritante e appassionatamente invaghita di lui….. ecco, se dovessi scrivere una storia sul  periodo passato accanto a Tom  inizierei esattamente così.  L’unica differenza tra la mia e le tante storie che affollano i libri per bimbi è il finale, io non ho avuto un bel “ ..E vissero felici e contenti…”.

 Dopo un Capodanno meraviglioso  passato tra le sue braccia in una baita in mezzo alle montagne francesi,  avevamo iniziato una sorta di convivenza a giorni alterni, mi fermavo a dormire da lui più volte alla settimana se nessuno dei due aveva urgenti impegni lavorativi, i  nostri rari  momenti “bui” scaturivano dalle discussioni che  riguardavano,  il tempo che passavo lontano da lui a causa del mio lavoro e la mia gelosia nei suoi confronti.
Lo so, il suo lavoro si svolge in un ambiente fatuo e raramente gli amori e le amicizie tra colleghi funzionavano, ma ci sono  pur sempre alcune eccezioni. Tom non mi ha mai fatto mancare il suo amore né  la sua passione, era un uomo pieno di attenzioni e   anche durante i lunghi periodi che passavamo separati quando viaggiava per lavoro  ero subissata dai suoi messaggi e telefonate ma purtroppo la mia insicurezza aveva minato la fiducia che riponevo  in lui. Lo immaginavo adulato da sconosciute intraprendenti, donne bellissime, perfette a cui nessun uomo sano di mente avrebbe mai  detto di no.
Tutte le volte che tornava,  ci amavamo con una passione sfrenata che rasentava la disperazione,  sapevamo entrambi  che vivevamo quei momenti attendendo con angoscia  la prossima separazione. Tom  inconsciamente accusava me di non voler sacrificare il mio lavoro a cui dedicavo molte energie e  tutto il tempo che mi necessitava per registrare dei servizi anche all’estero ed io mi colpevolizzavo di non riuscire a renderlo felice. Non volevo rinunciare a realizzarmi lontano da lui,  dopo tanta gavetta ero riuscita a ritagliarmi uno spazio tutto mio nella scaletta dei programmi trasmessi dalla nostra emittente, che riscuoteva un discreto interesse nel nostro pubblico. Cercavo di convincermi ogni giorno che sarei riuscita a far fronte a tutti gli impegni senza trascurare l’uomo che amavo. Purtroppo mi sbagliavo.
Dopo alcuni mesi passati ad evitare di affrontare la penosa situazione in cui ci trascinavamo, un mio problema di salute causò  la rottura definitiva del nostro rapporto. Ero andata dal medico per un accertamento, avevo passato un periodo di malessere generale e dai risultati delle analisi avevano riscontrato nell’utero alcune “macchioline” che avrebbero potuto analizzare solo in sala operatoria. La decisione di non parlare a Tom dell’imminente operazione che avrei dovuto affrontare, perché coincideva al  periodo in cui lui sarebbe stato  impegnato a registrare un ruolo importante nel nuovo film della produzione  americana con cui aveva un contratto, fu il mio primo sbaglio, non volevo che si distraesse dal suo lavoro, la concentrazione e la tranquillità per un attore sono  basilari. Ma lo era anche la fiducia che riponeva in me e quando Luke gli telefonò avvertendolo che ero entrata in coma in sala operatoria a causa di un’allergia all’anestesia, Thomas non riuscì a perdonarmi. Fortunatamente tutto quel periodo è relegato in un angolo della mia memoria offuscato da ombre lievi e innocue. Mi sono  risvegliata in una stanza di ospedale circondata dai  miei genitori e amici e solo grazie ai loro racconti che ho saputo ciò che mi era successo e ciò che aveva patito l’unica persona che non era presente al mio capezzale.
Da Luke avevo saputo che gli  impegni oltre oceano del suo amico si sarebbero  protratti fino alla fine dell’anno e con delicatezza  aveva cercato di farmi capire che  lo stato d’animo di Tom   nei  miei confronti non era dei più lieti,  gli avevo mentito di nuovo e dopo aver passato  giorni e notti vegliandomi  tormentato  dalla paura che non sarei sopravvissuta,   non sarebbe riuscito  a starmi accanto senza riversare su di me tutto il dolore e l’angoscia sopportati in quel periodo. Mi aveva chiesto di dargli del tempo per riflettere bene su i suoi sentimenti, in pratica  aveva accettato una mole impressionante di lavoro pur di starmi lontano. Erano passate parecchie settimane ed io mi ero ripresa completamente ma  da parte di  Tom non avevo ricevuto nessun messaggio o telefonata, l’unico mezzo per procurarmi  sue notizie,  erano le foto e gli articoli che comparivano sui  giornali. 

 Avevo rimandato per troppo tempo un confronto, volevo sentire dalla sua voce che non mi amava più…. prima di rassegnarmi alla  terrificante realtà che non avrebbe fatto più parte della mia vita.  L’occasione perfetta si presentò durante una conferenza stampa, organizzata al fine di pubblicizzare il nuovo film in uscita nelle sale di tutta Europa. Alcune testate giornalistiche erano state invitate a mandare i loro giornalisti direttamente nell’albergo dove la maggior parte del cast soggiornava. Avevo inviato io stessa,  i nominativi e il numero delle persone  che avrebbero partecipato all’evento omettendo di aggiungere anche il mio nome, avevo come la vaga impressione che  fosse meglio evitare che l’ufficio di Luke avvertisse Thomas che sarei stata presente alla conferenza.

Eravamo stipati nella suite di uno dei migliori alberghi londinesi, avevo  camuffato  per bene il mio aspetto per passare inosservata, ero entrata per ultima e con calma avevo osservato Tom seduto vicino  ai suoi colleghi  salutare e scherzare con  i giornalisti, sembrava essere dimagrito, i suoi lineamenti si erano induriti e in fondo agli occhi leggevo una nota malinconica  che prima non c’era. Ogni  giornalista aveva un numero preciso di domande e quando fu il nostro  turno mi alzai lentamente precedendo il mio collega  e fissando attentamente l’unico attore che mi interessava,  iniziai  a parlare. Lo vidi impallidire quando mi riconobbe,  probabilmente dalla rabbia visto lo sguardo freddo con cui ricambiava il mio.

- La prima domanda è per il signor Hiddleston. In tutti questi mesi di permanenza all’estero,  ha mai sentito la mancanza dei suoi cani? -  i nostri cani in realtà pensai irritata.
- Lei è un membro  di qualche organizzazione animalista? – rispose  seccamente.
- No, mi chiedevo quale aspetto della sua vita ha dovuto sacrificare per il suo lavoro? – ribattei  imperterrita.
- Signorina questa domanda non è pertinente al motivo  per cui siamo qui, se anela ad  ottenere un’intervista esclusiva da uno dei nostri attori la richieda fuori da questa sede. – mi sbraitò  contro uno della produzione che fece  un gesto eloquente ad un agente  della sicurezza per scortarmi fuori dalla stanza.


Ero ormai per strada in mezzo alla gente schiumante dalla rabbia quando il mio cellulare iniziò a trillare fastidiosamente. Un numero sconosciuto.  – Pronto?! –

- Non voglio più vederti. Non cercarmi per nessun motivo. Mi auguro di essere stato chiaro. -             
                     
  Lo sbalordimento era tale che rimasi immobile sul marciapiede per parecchi minuti, non erano state  le parole dure che aveva usato, ma il tono freddo e determinato della sua voce  a ferirmi dolorosamente.  Camminavo per strada  come un automa, con la mente sconvolta e il corpo paralizzato dal dolore. Non  riuscivo  a credere a quello che mi stava accadendo, sapevo di meritarmi la sua rabbia ma non il suo odio.   Davanti ai miei occhi si susseguivano impietose innumerevoli immagini, una più dolorosa  dell’altra, Tom  che mi  sorride, il suo viso  rilassato nel sonno,  i suoi occhi rilucenti di allegria, i suoi baci, i suoi  abbracci …… TI AMO ANCHE IO………mi aveva detto……
NON VOGLIO PIU’ VEDERTI……. Quelle parole mi rimbombavano nelle orecchie, può un cuore smettere di battere e non ucciderti?……Può l’aria fluire nei polmoni senza farti respirare?....Può il sole risplendere e non riscaldarti? Io non ero più nulla…..non esistevo…..  avrei mai potuto vivere senza di lui? Sono cosciente che c’è di peggio che un amore in agonia…. Che ci sono persone che lottano contro malattie e realtà durissime ma so anche che ognuno di noi ha in fondo al cuore la forza di reagire al proprio dolore ed io ancora non avevo trovato quella forza …… NON  TI VOGLIO PIU’…….NON TI VOGLIO PIU’…. NON TI VOGLIO PIU’…………….. BASTA!!!
 

Ormai era buio quando ritornai abbastanza in me da chiedermi dove fossi e  come ci fossi arrivata su quella panchina di quel parco, non ricordavo nemmeno il mio nome, mi resi conto con sgomento,  quando un agente di polizia mi chiese i documenti. Mi portarono in ospedale,  forse il mio stato di prostrazione e confusione era così evidente che non misero in dubbio che avevo bisogno di aiuto. Ero seduta nella sala di aspetto del pronto soccorso  vicina ad un’agente in attesa del mio turno quando  all’improvviso un baccano infernale invase la stanza. Nell’ingresso dell’ospedale  qualcuno aveva scatenato   un pandemonio terrificante e poco dopo due agenti chiaramente in difficoltà che cercavano di trattenere  un indemoniato che scalciava e urlava oscenità senza freno,   entrarono di fretta dentro il primo ambulatorio libero.
Sentii l’agente che mi accompagnava chiedere informazioni al suo collega. – Quel tizio ha scatenato una rissa in un pub in centro, si è messo contro  a dei  teppistelli e  ne ha stesi da solo almeno tre, prima di venire mal menato dal resto della banda, gli è andata bene, alcuni di loro erano armati. E’ sbronzo da far paura,  l’alcool gli ha quintuplicato le forze, ci  ha sfasciato la nostra macchina di servizio.   Adesso è sedato e piantonato nella stanza che gli hanno riservato.  – raccontava con voce pacata.

Il trillo del mio cellulare   mi colse impreparata e sobbalzai impaurita. Non  volevo rispondere vagamente ricordavo che dopo l’ultima telefonata che avevo ricevuto  era iniziato il mio calvario. – P-pronto..? – dissi titubante.
- Buonasera Signora, sono l’agente Fassen. La chiamo perché abbiamo trovato il suo numero nella memoria del cellulare di un individuo che risulta sconosciuto, è  stato vittima di un’aggressione ed è senza documenti, avremmo  bisogno che lei gentilmente si prestasse ad effettuare un riconoscimento della persona che in questo momento è ricoverato al St Patrick…- smisi di ascoltare e mi alzai tremante e andai verso la porta.
- Me lo descriva… - ordinai sottovoce mentre realizzavo finalmente dov’ero,  chi ero e cosa significava la telefonata.
- In che stanza si trova? – chiesi di nuovo con voce più sicura, mentre una forte paura mi serrava lo stomaco. L’ultima persona che mi aveva chiamato era… Tom.

Spiegai all’agente vicino a me chi era al telefono e insieme attraversammo mezzo ospedale per giungere davanti ad una porta dove trovai l’agente Fassen ad aspettarmi.

- Buonasera, grazie di essere venuta subito. – disse il giovane agente osservandomi attentamente mentre si spostava per farmi entrare nella stanza.

Lentamente mi avvicinai al letto, il suo viso era quasi completamente tumefatto e il sangue appena rappreso ancora gli macchiava la bocca, l’occhio destro e lo zigomo. Gli avevano applicato due aghi per le flebo e il suo viso era di un colorito spaventosamente pallido. Sentii le lacrime pungermi gli occhi. In cuor mio sperai di non essere io la causa di tutto questo disastro.
- Cosa gli hanno fatto? E’ ferito gravemente? – chiesi angosciata.
- Sa dirmi chi è quest’uomo? Se ha una famiglia da avvertire, lei è una sua conoscente? – chiese l’agente di nuovo.
- Si lo conosco, lavoravo con lui e appena avrà risposto alla mia domanda le darò tutti i suoi dati.
- Il suo amico era ubriaco ha scatenato una rissa in un pub….. –
- Cosa gli hanno fatto?!! – urlai.
- Il paziente ha un paio di costole rotte, ma nessuna lesione interna e oltre ad ecchimosi  più o meno estese su tutto il corpo non ha riportato altri danni fisici. – intervenne il medico prontamente, entrando nella stanza.

Lentamente alzai il cellulare e chiamai Luke e gli spiegai brevemente cosa era successo, avvertii anche le sorelle e la Signora Bridget di andare subito a casa di Tom per  preparargli una borsa con lo stretto necessario  per passare la notte in ospedale e di spedire il tutto con  un taxi al St Patrick ed infine esausta chiesi all’agente e al medico di avvertire la sicurezza all’ingresso  che non venisse permesso a nessuno della stampa di fargli visita o di “rubare”  fotografie  al paziente senza il chiaro consenso del suo agente o dei suoi familiari.  Aspettai giusto il tempo di vedere Luke arrivare di corsa  e mentre parlava con il medico, mi dileguai.

 


Ho ritrovato una po’  della mia tranquillità in un piccolo paesino non molto distante dalla costa in Scozia, sono  la capo cuoca e la receptionist  di una locanda molto frequentata durante tutto l’anno da molti turisti attirati dalle molteplici attrazioni organizzate e supportate dal governo. In quel periodo dell’anno il lavoro nel locale  aumenta  enormemente a causa dell’imminente inizio di una serie di eventi culturali e sportivi che sarebbero durati parecchie settimane. Questa mattina devo accogliere una comitiva di turisti in arrivo dalla Francia e  occuparmi dei colloqui ai candidati che mi aveva proposto  l’agenzia per il lavoro che avevo contattato.  Nel frattempo che rileggevo i curriculum,  tenevo d’occhio i forni con le torte e i biscotti che avevo preparato per la colazione dei nostri ospiti.
Erano appena le otto del mattino ma qualcuno da qualche minuto, insisteva a far scampanellare il campanaccio appeso alla porta, molto probabilmente aveva fretta di entrare nel locale che apriva  per tutti i clienti di passaggio che ogni mattina si fermavano da noi a fare colazione o  forse voleva sfuggire al terribile temporale che per tutta la notte aveva infuriato sulle nostre case e che ancora sibilava rabbioso.
- Arrivo!! Arrivo…. Buongiorno e benvenuti….. – mi fermo sulla soglia con un sorriso ormai congelato sul volto mentre riconosco l’uomo che arranca tra le pozzanghere trascinando delle pesanti valigie dietro la donna che mi sorride riconoscente.
- Buongiorno! Grazie di averci aperto, siamo completamente inzuppati…. Può chiamare qualcuno per aiutare….. – chiede cordialmente indicando  con un gesto della mano il suo compagno.
- Ma certamente! Entri la prego… A-aveva una prenotazione o siete qui per caso? – chiedo con noncuranza spulciando velocemente il registro delle prenotazioni e  che mi venga un colpo se ho  accettato una prenotazione a nome Hiddleston!!!
- Dovrebbe esserci una prenotazione a nome Shafford. – risponde sorridendo la bella donna che mi pare di aver già visto da qualche parte.
- Infatti signora, ho due matrimoniali per quattro ospiti. Benvenuti. Se mi attende un attimo le chiamo un fattorino che vi mostrerà le vostre stanze. – mormoro gentilissima prima di fiondarmi nel retro per evitare così di essere vista da Tom.

Ma perché….. in tutti i locali del Mondo proprio qui dovevano finire i signori Hiddleston??! Ma cosa mai avevo fatto di male per meritarmi un castigo simile!!! Afferro il telefono in preda al terrore ed attivo la capillare organizzazione di emergenza del Regens Aderbeen, nel giro di pochi minuti Benny aveva recuperato le valigie dei nostri nuovi ospiti mentre Mary, una delle cameriere, dopo aver fatto firmare i registri,   li accompagnava  nella loro stanza. Ormai è troppo tardi per farmi sostituire in sala da pranzo, ma posso mandare tutte le ragazze a servire mentre io preparo le colazioni per i nostri clienti. Finché riesco eviterò di mostrarmi al mio personale persecutore.  Magari mi spaccio per malata!!

Avevo impartito ordini precisi ai miei ragazzi, dovevano fare in modo che quei clienti non avessero nulla da ridire sul servizio in modo che non richiedessero il mio intervento o ritenessero necessaria una lamentela. Quindi tutti si prodigarono per mostrarsi gentili e premurosi con quella giovane coppia, chiedendosi chi fossero mai per destare la preoccupazione della loro temibilissima ma amatissima capo cuoca. Avevo controllato la loro prenotazione che consisteva in cinque notti quindi sei pranzi,  ce l’avrei fatta ad eclissarmi ogni volta che sarebbero transitati davanti alla hall? Ogni volta che sarebbero entrati nella sala da pranzo? E ogni volta che ….sarebbero usciti dalla loro camera?..... Mi era venuta in mente un’idea pericolosamente attraente, non mi ricordavo più l’essenza delicata che caratterizzava gli abiti del mio ex capo e  quando ne avevo l’occasione  cercavo di avvicinarmi non vista al suo capotto per coglierne il profumo. Lo so, veramente patetica…ma qualcuno se la senti di biasimarmi? Ormai è  quasi un anno che non lo vedo e che  evito  accuratamente di leggere gli articoli che lo riguardano o di andare al cinema quando proiettano  uno dei suoi  film.  Da quello che ne so, quella donna poteva essere sua moglie, anche se la prenotazione era stata fatta dalla segretaria del padre di lei, infatti, Lord e Lady Shafford erano giunti qualche ora dopo la figlia e soggiornavano nella seconda stanza riservatagli.
Come  ogni  mattina, insieme alle ragazze andavo a rassettare le stanze degli ospiti ed è  solo per puro masochismo che riservo a me stessa di riordinare la stanza  308, la camera di Tom e signora. Con in mano le lenzuola di ricambio, chiudo la porta dietro alle mie spalle dolcemente e mi fiondo subito ad aprire le ante dell’armadio ed ecco ben allineati e appesi in ordine i suoi vestiti che  emanavano un buonissimo profumo speziato, con mano tremante sfioro  una  giacca, pensando con nostalgia  a tutte le  volte che  gli avevo preparato  i vestiti da indossare.  Sopra il letto ha lasciato il suo pigiama e contro ogni ragionevole logica lo indosso e lo annuso come un cucciolo smarrito che cerca il suo padrone. All’improvviso una voce inconfondibile risuona nel corridoio, nel giro di un nano secondo mi scaravento dentro all’armadio e chiudo le ante. NO! Non poteva essere vero! Mary mi aveva assicurato che i signori Shafford erano usciti tutti insieme per raggiungere il vicino campo di golf. Terribili immagini di scene apocalittiche in cui morivo dalla vergogna davanti agli occhi stupefatti  ma impietosi del mio ex capo,  mi affollano la mente, forse potrei  coprirmi la faccia  avvolgendomi il capo con la giacca del suo pigiama e sfruttando il fattore sorpresa sfuggire da quella situazione pazzesca  senza essere riconosciuta o  forse potrei  tramortirlo usando una gruccia e poi darmi alla fuga!! 

- Devo aver  dimenticato il cellulare dentro il capotto o nella giacca che avevo ieri sera… - mormora spazientivo a qualcuno che è ancora molto probabilmente fuori dalla stanza.

Ti prego ….ti prego fa che non entri dentro l’armadio! Sono con le mani giunte davanti alla viso e nascosta dietro le sue camicie, in ginocchio sopra una piccola cassettiera, se aprisse le ante solo grazie ad  un vero miracolo  non mi noterebbe. Ma naturalmente io i miracoli non so dove stanno di casa! Infatti Tom non  appena entra in camera  apre subito l’armadio ed io vengo attraversata da una scossa di puro terrore quando lo sento trattenere il fiato nel momento in cui mi  riconosce. Nei pochi secondi in cui i nostri occhi si scontrano, Tom sbalordito realizza  tutto ciò che ho combinato e coglie lo straziante lampo di supplica e panico  che esprime il mio sguardo.  Sentendo dei passi dietro di sé, si riscuote dalla sua immobilità,  infila la mano dentro la tasca della giacca,  trova il cellulare e con calma richiude le ante, fisssandomi con uno sguardo stranamente intenso .

- Visto? Era dentro la giacca, dai andiamo non vorrei far aspettare i tuoi. – continua serafico rivolgendosi alla graziosa compagna.
 
  
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