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Autore: jas_    31/12/2014    7 recensioni
[Stalia]

«Non farlo mai più» ripeté Malia tra sé e sé, col respiro leggermente accelerato e gli occhi vigili sulla strada. Si morse il labbro inferiore e lanciò uno sguardo al contachilometri, spostandosi poi sul profilo di Stiles.
Il suo naso alla francese fu la prima cosa che attirò l’attenzione di Malia, che spostò poi lo sguardo sulla sua pelle chiara e sui piccoli nei che risaltavano su di essa. Non aveva alcun accenno di barba, il che rendeva il suo viso candido ancora più innocente. Seguì poi la linea delle sue braccia fino ad arrivare alle sue mani sul volante. Le dita lunghe e sottili si muovevano su e giù, seguendo un ritmo che probabilmente Stiles aveva in testa, le sue unghie erano corte e mangiucchiate.
«Che c’è?» domandò il ragazzo, sentendosi osservato, ma senza osare distogliere nuovamente lo sguardo dalla strada.
Malia tornò a guardargli il viso serio e concentrato.
«Nulla» disse. «Ti stavo guardando» ammise, senza nessuna traccia d’imbarazzo o timore nella voce.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Malia Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Malia era sdraiata sulla poltrona in pelle del signor Deaton da poco più di mezz’ora. Le cosce erano appoggiate su un bracciolo e le gambe penzolavano nel vuoto, la testa invece era appoggiata allo schienale e rivolta verso lo psicologo seduto di fronte a lei.
La stanza era piccola, alla sua sinistra due finestre coperte da delle tende blu impedivano parzialmente al sole di entrare, alla sua destra, degli scaffali colmi di libri sfioravano il soffitto. Malia era in mezzo, su una delle due poltrone messe l’una di fronte all’altra, separate da un tavolino di vetro sul quale erano appoggiati un bloc-notes ancora vuoto e una matita.
Masticava lentamente il chewing-gum che aveva in bocca, creando a volte delle bolle che poi scoppiavano senza mai appiccicarsi sul viso o sui capelli mossi che le incorniciavano il viso chiaro.
Deaton la guardava impassibile, senza lasciare trasparire il fastidio che chiunque avrebbe provato nel stare mezz’ora a guardare una ragazza che non sembrava voler collaborare. Era un uomo sulla quarantina, la sua pelle era scura ma i suoi lineamenti occidentali. Aveva gli occhi neri, la barba scura gli incorniciava la bocca e il mento e i capelli erano tagliati a zero. Era seduto con le gambe accavallate e le braccia appoggiate ai braccioli, sembrava quasi divertito da quella situazione, come se amasse le sfide e quella con Malia fosse l’ennesima che affrontava.
«Sai Malia» disse in un sospiro, cercando nuovamente di instaurare un discorso con la ragazza. «Più ti comporti in questo modo e più mi convinco che hai davvero bisogno del mio aiuto. Se non avessi nulla da nascondere, se fossi in pace con te stessa, saresti molto più a tuo agio qui e parleresti con me. Non per forza di te.»
«I tuoi discorsi non hanno senso» osservò lei, inclinando leggermente la testa a sinistra. «Dov’è che ti sei laureato? A me sembra che tu non sappia nulla di me.»
Deaton sorrise lievemente, divertito dall’ennesima frecciatina della ragazza.
«So meno di quanto vorrei sapere, ma più di quanto credi.»
Malia inarcò le sopracciglia, perplessa, e le labbra si dischiusero lievemente.
«Davvero? Sentiamo.»
«Sei una ragazza molto forte, altrimenti a quest’ora non saresti qui, ma non sei invincibile, come qualunque essere umano, ed ecco perché sei qui. Come ho già detto vuoi far finta di stare bene, o almeno con me, perché so che è una scocciatura dover andare da uno sconosciuto e raccontare gli affari propri. Credo che gli psicologi siano detestati più degli insegnanti di matematica» osservò Deaton, allargando leggermente le gambe ed appoggiando i gomiti sulle ginocchia, sporgendosi in avanti. «Nonostante ciò, tu sai di non stare bene, la cosa è normale dopo aver subito un lutto, ma tu soffri per il motivo sbagliato. Lo so io, lo sai tu, lo sceriffo Stilinski, e magari qualcun altro al quale in un momento di poca lucidità hai confessato il tuo più grande rimorso.»
Malia strinse la gomma da masticare tra i denti e deglutì a vuoto, sentendosi destabilizzata da quelle parole.
Deaton continuò. «Mi sembra superfluo dirti che la colpa non è stata tua. Era impossibile prevedere ciò che sarebbe successo, sono certo che tu abbia sentito un migliaio di volte queste parole ma nonostante ciò non riesci ad ammetterlo e ad accettarlo. Io non sono qui per ripetertelo fino alla nausea, sono qui per cercare di capire cosa ti impedisce di metabolizzare questo fatto, riuscire a fartene una ragione e andare avanti. Col tempo questi sentimenti ti opprimeranno, la situazione potrebbe diventare ingestibile per te e per le persone che ti vogliono bene, e non sto parlando di qualche bicchiere di troppo.»
Malia rimase in silenzio, aveva paura persino di respirare e non osava chiudere le palpebre per paura che il velo di lacrime che le aveva coperto gli occhi, suo malgrado, le cadesse sul viso.
«Non c’è più nessuno che mi vuole bene, se ne sono andati tutti» riuscì a dire, dopo alcuni istanti.
Deaton arricciò le labbra. «E che mi dici di tuo padre?»
«Lui non conta.»
«Perché?»
Malia respirò profondamente. «Stai esagerando con le domande ora.»
L’uomo alzò le mani in segno di resa. «Va bene» ammise. «Allora cambiamo argomento: amici?»
«Mai avuti.»
«È impossibile.»
Malia alzò gli occhi al cielo esasperata. «Non rispondo alle domande, ti lamenti. Ti rispondo, ti lamenti.»
«È impossibile che tu non abbia mai legato con nessuno.»
«Non sono una tipa socievole.»
«Un ragazzo?»
Malia sbuffò. «Mi sembra di essere in un interrogatorio.»
Deaton trattenne un sorriso. «Non ci credo che una bella ragazza come te non abbia mai ricevuto delle avances da qualcuno.»
«Da uno psicologo mai» ribatté lei, alzando lo sguardo verso l’orologio appeso tra le due finestre.
«Ops, tempo scaduto» disse, sorridendo per la prima volta da quando aveva messo piede in quella stanza.
Si alzò con uno scatto e prese velocemente la borsa che aveva appoggiato accanto alla poltrona quando era entrata.
Deaton non cercò di trattenerla, l’osservò nei suoi movimenti, troppo abituato ad atteggiamenti simili per esserne ancora infastidito.
«Ci vediamo la settimana prossima alla stessa ora» disse semplicemente.
Malia uscì dalla stanza senza preoccuparsi di rispondere. S’irrigidì per un istante quando riconobbe nella sala d’attesa Stiles, il figlio dello sceriffo, che alzò di scatto la testa quando sentì la porta aprirsi.
Era seduto su una delle scomode sedie disposte lungo i due muri paralleli della piccola sala d’attesa dello studio. Le gambe, fasciate da dei jeans chiari, erano distese sulla moquette marrone scuro e i piedi incrociati. Malia notò che le stringhe delle sneakers che portava ai piedi erano slacciate. Si fece distrarre da quel piccolo particolare solo un istante, poi alzò nuovamente lo sguardo.
Si guardarono negli occhi per alcuni secondi, la sorpresa nel vedere l’altro lì era già sparita dagli occhi di entrambi, lasciando spazio soltanto a una sorta d’irritazione da parte di Malia e indifferenza per Stiles. La ragazza strinse ulteriormente la presa sulla cinghia della borsa che teneva in spalla, ancora più infastidita da quell’aria disinvolta di Stiles, ed uscì dallo studio.



Eccomi qua!
Chiedo perdono per il ritardo, ormai non posso più farvi gli auguri di Natale ma quelli di Buon Anno sì, quindi, divertitevi stasera e non lasciate perdere troppo presto i buoni propositi per il 2015 (so che li avete già fatti).
Ci tenevo a ringraziare le ragazze che mi hanno recensito, essendo nuova nel fandom non pensavo nemmeno che qualcuno si sarebbe preso la briga di leggere, quindi grazie di cuore!
Spero che anche questo capitolo, seppur ancora un po' di passaggio, vi sia piaciuto, vi prometto che le cose si movimenteranno molto presto!
Alla prossima <3
Jas



 



 
Ah, dimenticavo! Se vi interessa, in questi giorni ho pubblicato due one shot originali. Se siete interessati, cliccate qui e qui.
E una su Taylor Swift/Harry Styles:



 
   
 
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