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Autore: jas_    13/12/2014    9 recensioni
[Stalia]

«Non farlo mai più» ripeté Malia tra sé e sé, col respiro leggermente accelerato e gli occhi vigili sulla strada. Si morse il labbro inferiore e lanciò uno sguardo al contachilometri, spostandosi poi sul profilo di Stiles.
Il suo naso alla francese fu la prima cosa che attirò l’attenzione di Malia, che spostò poi lo sguardo sulla sua pelle chiara e sui piccoli nei che risaltavano su di essa. Non aveva alcun accenno di barba, il che rendeva il suo viso candido ancora più innocente. Seguì poi la linea delle sue braccia fino ad arrivare alle sue mani sul volante. Le dita lunghe e sottili si muovevano su e giù, seguendo un ritmo che probabilmente Stiles aveva in testa, le sue unghie erano corte e mangiucchiate.
«Che c’è?» domandò il ragazzo, sentendosi osservato, ma senza osare distogliere nuovamente lo sguardo dalla strada.
Malia tornò a guardargli il viso serio e concentrato.
«Nulla» disse. «Ti stavo guardando» ammise, senza nessuna traccia d’imbarazzo o timore nella voce.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Malia Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Era notte fonda e la strada che Malia stava percorrendo a piedi, stretta nel suo giubbotto di jeans, era priva di lampioni.
Camminava velocemente, con le braccia conserte per ripararsi dall’aria, fresca anche a giugno, e la testa bassa, fissa sui suoi piedi che procedevano svelti l’uno davanti all’altro. La nebbia che era scesa col tramonto rendeva impossibile riuscire a vedere a più di alcuni metri di distanza e anche le poche macchine che passavano procedevano con cautela.
Malia spinse la porta dell'unico supermercato aperto a Beacon Hills a quell'ora, lanciò uno sguardo al vecchio uomo seduto dietro il bancone, e si diresse verso l'ultima corsia del negozio. Rallentò leggermente quando raggiunse lo scaffale, tuttavia continuò a camminare lentamente, trascinando i piedi e con le mani in tasca, lo sguardo concentrato sui vari tipi di alcolici esposti. Si fermò alcuni istanti dopo, arricciò le labbra e allungò il braccio destro verso la bottiglia di tequila più economica. Lesse distrattamente l’etichetta, sebbene quello che le importava davvero fosse il prezzo, e si avvicinò al bancone appoggiando su di esso ciò che aveva preso.
«Malia» cominciò l'anziano signore, nonché proprietario del negozio.
La ragazza sbuffò, spostando col suo stesso respiro alcune ciocche di capelli che le cadevano sul viso, e si tastò i jeans chiari trovando la propria carta d'identità in una delle tasche posteriori.
L'uomo non guardò nemmeno la foto sgranata sul documento, le riallungò la tessera di plastica e scosse la testa dispiaciuto.
«Posso chiudere un occhio su una cassa di birra, ma non su degli superalcolici.»
«Ho ventun anni» ribatté lei seria, insistendo nuovamente perché lui controllasse la sua età.
«È palesemente falso, e so quanti anni hai, Malia Tate.»
«Ti prego» insistette lei, aggrottando leggermente la fronte e assumendo l’espressione più tormentata che conoscesse.
Sapeva bene che quell’uomo la conosceva attraverso i giornali, e cercò di far leva sulla sua pietà per riuscire ad acquistare quella bottiglia.
Rimase immobile per alcuni istanti, fissando disperata il viso affranto ma inamovibile dell’uomo, infine abbassò lo sguardo e sospirando lentamente riprese il proprio documento.
Aveva già mosso alcuni passi verso l’uscita quando si sentì richiamare.
«È l’ultima volta.»
Malia sorrise soddisfatta, poi si voltò e tornò sui suoi passi per pagare ciò che aveva preso.
Solitamente andava nei pressi della riserva a bere, era un posto dal quale chiunque stava lontano e che nemmeno la polizia frequentava, a meno che ricevesse segnalazioni specifiche. Tuttavia quella sera ogni abitante di Beacon Hills sembrava essere a casa sua e a Malia parve inutile camminare verso la periferia della cittadina per nascondersi quando con quella nebbia era difficile distinguere la sagoma di qualcuno perfino a due metri di distanza.
Si sedette sulla panchina di una fermata per autobus, dove le pareti di vetro la riparavano leggermente dall’aria fresca, ed aprì la bottiglia di tequila che fino ad allora aveva tenuto nascosta in un sacchetto di carta.
Ne bevve un lungo sorso, si pulì la bocca col dorso della mano e chiuse gli occhi trattenendo una smorfia schifata quando sentì il sapore forte dell’alcol bruciarle prima la gola e poi lo stomaco.
Non amava i superalcolici ma erano l’unica cosa che le permetteva di ubriacarsi velocemente e senza spendere troppo. Sapeva che avrebbe cominciato a sentire la testa girare con altri pochi sorsi, non sapeva però quanto le ci sarebbe voluto a dimenticarsi degli avvenimenti dei mesi precedenti che sembravano non abbandonarla mai.
Non voleva scappare da ciò che era successo e che lei aveva causato, aveva imparato ad assumersi le proprie responsabilità ma il peso che si portava sul cuore e che oscurava le sue giornate era come un macigno pronto a schiacciarla da un momento all’altro e lei aveva bisogno di una tregua, di un attimo di respiro che le permettesse poi di tornare in apnea e resistere.
Fu il rumore acuto di una sirena a distoglierla dai suoi pensieri. La luce blu della macchina dello sceriffo era talmente forte da essere visibile sopra la foschia.
Malia chiuse con cautela il tappo della bottiglia e la rimise nel sacchetto mentre aspettava che chi era appena sceso dalla macchina sbattendo la portiera le si avvicinasse.
Lo sceriffo Stilinski la guardò senza la severità che invece Malia scorgeva nei suoi colleghi, sebbene sapesse già che lui era a conoscenza di ciò che stava facendo.
«Cosa stai facendo qui in piena notte?» domandò comunque lui, avvicinandosi ulteriormente a lei.
«Aspetto l’autobus.»
«A mezzanotte.»
Malia resse il suo sguardo senza timore, se lei lo guardava con aria di sfida, gli occhi azzurri dello sceriffo sembravano provati e dispiaciuti per la situazione che si era venuta a creare.
«Cos’hai lì?» continuò lui, indicando il sacchetto che Malia teneva saldamente in mano.
«Sono andata a fare la spesa» rispose la ragazza, senza la minima traccia di timore o agitazione.
Lo sceriffo le rubò il sacchetto di mano prima che lei potesse rinforzare la presa, lanciò una rapida occhiata al suo interno e sospirò in difficoltà.
«Hai diciassette anni» la riprese. «Lo sai che devo portarti in caserma.»
Malia non rispose, si alzò dalla panchina e allungò entrambe le braccia verso lo sceriffo, pronta ad essere ammanettata.
«Mi arresti allora, tanto ormai lo sa meglio di me che non ho nulla da perdere.»
«Malia.»
La ragazza alzò lo sguardo e negli occhi dello sceriffo Stilinski lesse gli stessi sentimenti che leggeva negli occhi di qualunque altra persona incontrasse: dispiacere, compassione, pietà.
«Sono passati sei mesi» continuò lui. «Lo so bene che certe cose non possono essere superate, ma non puoi rovinarti per un incidente.»
Malia lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, capendo che le intenzioni dello sceriffo non erano di arrestarla, ed abbassò lo sguardo
«È stata colpa mia» mormorò soltanto.
«Non è stata colpa di nessuno.»
«È stata colpa mia» ripeté lei sicura.
Lo sceriffo non insistette oltre. «Per oggi farò finta di niente, ma la prossima non sarò così tollerante» l’avvertì. «E voglio che tu domani venga nel mio ufficio. Hai bisogno di aiuto.»
«Ho bisogno di essere lasciata in pace.»
Malia strinse i pugni, ma Stilinski non si fece condizionare dalle parole della ragazza.
«O domani vieni nel mio ufficio, o ti farò arrestare per questa» l’avvertì lui, mostrandole la bottiglia che le aveva sequestrato. «Intesi?»
La ragazza non rispose, si limitò ad osservare lo sceriffo con sguardo duro. Lui non attese oltre e risalì in macchina, Malia sbuffò sapendo di non avere altra scelta.
 
«Sono qui per vedere lo sceriffo Stilinski» disse Malia, appoggiando gli avambracci sul bancone posto all’entrata dell’ufficio dello sceriffo.
La dipendente seduta dall’altra parte alzò lo sguardo dallo schermo del computer su cui stava lavorando, guardò la ragazza e poi spostò lo sguardo alla sua destra.
«Al momento è occupato, puoi sederti nell’attesa» disse, tornando a concentrarsi su ciò che stava facendo.
Malia rimase immobile per alcuni istanti, quando capì che non sarebbe stato aggiunto altro, andò a sedersi su una delle scomode sedie poste lungo il corridoio.
Era tardo pomeriggio e il sole che ancora era alto nel cielo filtrava dalle tende a veneziane poste sulle finestre, illuminando a sprazzi il pavimento e le pareti color senape.
Nel silenzio che regnava, fu facile per Malia sentire il rumore di una porta che si apriva. Pochi istanti dopo Stiles Stilinski, il figlio dello sceriffo, le passò davanti col passo deciso e il volto contratto in un’espressione irritata. Le lanciò uno sguardo vuoto, quello di chi ha altro in testa per fare davvero caso a ciò che vede.
Malia lo seguì con lo sguardo, assecondandosi con un lento movimento della testa, e lo guardò uscire sbattendo la porta.
«Malia, da questa parte.»
Fu la voce dello sceriffo a distrarla.
La ragazza si alzò dalla sedia ed entrò nel suo ufficio, sedendosi di fronte alla sua scrivania ed aspettando che lui facesse lo stesso.
«Come stai?» le chiese, appoggiando i gomiti sul tavolo e congiungendo le mani, sporgendosi automaticamente di poco verso di lei.
«Bene» fu la risposta disinteressata di Malia. «Perché sono qui?» continuò, osservando in silenzio lo sceriffo.
«Malia» esordì lui, e nel sentire solo il suo nome, la ragazza alzò gli occhi al cielo. Sapeva che sentirsi chiamare non presagiva nulla di buono, era stata costretta a presentarsi lì senza aver la minima idea del motivo e se fino ad allora aveva avuto il presentimento che non fosse nulla di buono, in quel momento ne aveva avuto la conferma. «Stai passando un periodo della tua vita particolarmente difficile. Tuo padre è troppo provato per poterti aiutare quanto vorrebbe e ho paura che tu possa prendere una brutta strada.»
«Non diventerò alcolizzata, non bevo più di quanto una normale persona faccia.»
«Non è quella bottiglia di tequila che mi preoccupa. O meglio, non solo» si corresse subito lo sceriffo.
«Arrivi al punto» rispose spazientita Malia, alzando gli occhi al cielo.
«Voglio che tu frequenti uno psicologo. Per almeno un paio di mesi.»
La ragazza s’irrigidì. «Sta scherzando?» domandò incredula, alzando leggermente il tono di voce.
«Ti farà bene parlare con qualcuno» spiegò lo sceriffo, mantenendo la calma.
«Ne ho già parlato troppo. Si ricorda delle ore che mi ha tenuta qui o l’ha già rimosso dalla mente?»
«Sai che non è quello che intendo. Non hai amici, non hai altri parenti qui a Beacon Hills, devi tirare fuori tutto quello che ti stai tenendo dentro altrimenti prima o poi scoppierai.»
«Mi sembra di averla già avuta la mia prima seduta» ribatté Malia, tornando ad appoggiarsi contro lo schienale della sedia.
Lo sceriffo aprì un cassetto della scrivania e prese in mano un biglietto da visita che appoggiò davanti a Malia.
«Il signor Deaton è un valido psicologo, nonché amico di famiglia. Gli ho spiegato la tua situazione e ha accettato di aiutarti gratuitamente.»
«Wow, dovrò aggiungerlo alla lunga lista di persone che prova pietà per me» osservò Malia.
Lo sceriffo ignorò il commento della ragazza. «Mi sono permesso di fissarti la prima seduta per giovedì pomeriggio, farai meglio ad andarci.»
«Altrimenti?»
«Altrimenti non sarò più così magnanimo nei tuoi confronti.»
Malia strinse i denti fino a quando non sentì la mascella irrigidirsi. Avrebbe potuto ribattere ulteriormente, ma capì che sarebbe stato inutile. In quel momento non si trovava nella posizione di poter fare ciò che voleva, così si ritrovò a prendere il biglietto e metterlo nella tasca dei jeans che indossava.
«Abbiamo finito. Mi terrò aggiornato sui tuoi progressi» la congedò lo sceriffo, alzandosi dalla propria postazione e porgendo la mano a Malia.
La ragazza non rispose, ignorò la stretta ed uscì dall’ufficio in silenzio.



Amo troppo Stiles e Malia insieme e non ho potuto non scrivere una storia su di loro. 
Ho eliminato l'altra fan fiction su Teen Wolf quando sono arrivata a guardare la quarta stagione ed ho preferito inserire Malia al posto di un personaggio inventato da me. Già vi avverto che in questa storia non ci saranno lupi mannari o altre creature sovrannaturali, i personaggi sono tutti degli esseri umani.
Spero che l'inizio vi piaccia, mi farebbe piacere avere un vostro parere :)
Jas

 

   
 
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