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Autore: Pachiderma Anarchico    01/01/2015    1 recensioni
"Le persone che hanno sofferto sono le più pericolose, perché pur temendo il dolore conoscono la loro forza e sanno come sconfiggerlo. La loro paura è pari al loro coraggio. Non si fermeranno di fronte a niente e nessuno e sapranno ingoiare tutte le lacrime, sapranno alzarsi dopo aver toccato il fondo. Chi ha sofferto ha un cuore grande perché conosce il bene e conosce il male e ha rinchiuso in se tutto l'amore e il dolore. Sapranno sempre allungare una mano per fare una carezza e trovare una parola per confortarti, ma non sottovalutarle mai, perché sapranno ucciderti nel momento in cui tu cercherai di farlo con loro."
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Too frail to live, too alive to die.'
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BUON ANNO!
Spero che abbiate passato un Capodanno in compagnia tra abbuffate e giocate a tombola in cui io perdo miseramente. 
Iniziamo questo nuovo cammino con l'aggiornamento (finalmente) della mia fiction. L'altro ieri sera ho visto quanto "fu" l'ultima volta che pubblicai ed è stato tipo tre mesi fa. 
Oddeo.
Questo capitolo è diviso in 2 parti, altrimenti è una cosa lunga e incomprensibile più di quanto già non sia. La seconda parte la pubblicherò DomanI.  
Spero non vi annoi troppo e come sempre un grande grazie a chi continua a seguire la storia. 

Pachiderma Anarchico

PS: i capitoli dovrebbero aggirarsi intorno a 19\20.






CAP.15
  parte I




Dominik
 

Può essere di diamanti un pidocchioso lampadario? 

-Dimentichiamocelo Leks.-

Squadrati, luminescenti diamanti. 

-Io l'ho già fatto Nik.-   

Posso capire il cristallo..

-Perfetto.-

Ma i diamanti sono l'emblema della ricchezza sfrontata. E le luci dorate che sbattono sui diamanti mi stanno anche accecando la cornea. 

Distolgo lo sguardo solo per riportarlo sul soffitto il più in fretta possibile. Il discorso che si sta intrattenendo al tavolo è tanto prevedibile quanto la mia totale non partecipazione. 

-Ho fatto domanda alla Adam Mickiewicz University, all' American Accademy of English e all' Uniwersytet Warszawski..-

-L'Università principale di Varsavia?! E ti hanno presa?-

-L'indirizzo di scienza politica credo che..-

-Solo cento studenti passano il test..-

Che poi al tavolo ancora non ci siamo neanche seduti, ma le conversazioni su questo meraviglioso rompipalle chiamato "futuro" si fanno già spazio negli spazi d'aria tra la decina di individui per postazione. 

E quando si dice che alla sorte tu non stai antipatico, ma proprio sulle scatole non è solo un luogo comune. 

Se solo vedeste le nove persone con cui devo condividere la sontuosa cena di stasera vi mettereste a ridere pure voi, credetemi. E credete anche alla constatazione che io non ci trovo niente da ridere. Peró rido lo stesso, come una Pasqua. 

Mi guardo intorno con disinteressato interesse. Troppe facce che conosco. Troppe facce che mi conoscono. 

-Dimentichiamocelo Leks.-

-Io l'ho già fatto Nik.-

-Nik.-

-Perfetto.-

Alzo gli occhi dal rossore sulle nocche causato dall'aver tenuto il guanto da boxe tutto il giorno. 

-Mi passeresti l'acqua, per favore?-

Sorrido. 

Un sorriso più finto della sua voce cordiale.

E lo faccio perché siamo circondati da un branco di essere umani la quale colonia costa quanto un rubino. 

-Certo.-

o forse avrei sorriso lo stesso, insomma, ve l'ho detto che avrei passato la serata a sorridere. Stasera ho intenzione di fare il bravo mamma, le ho detto prima di uscire, eppure lei, imperterrita, continua a chiamarmi ogni quattro minuti d'orologio. 

Prendo la bottiglia e non solo gliela avvicino, ma gli verso anche il contenuto con l'eleganza maggiormente consentitami dalla rotazione del polso. 

-Grazie mille.-

-Di nulla.. amico.-

Il grigio negli occhi di Asher è venefico anche sopra lo sfarzo del suo smoking crema e panna. Strozzatici con quell'acqua. 

Non so chi stia fingendo di più, se lui con la presenza di un serpente a sonagli camuffata da zebra o io, a fingere di prestare attenzione alle parole sfarzose di direttori di università e corsi di dottorato e cose che al momento non sorpassano neanche il primo strato di corteccia celebrale che proietta sullo sgangherato screen della mente la solita scena, le solite parole.

-Dimentichiamocelo Leks.-

-Io l'ho giá fatto Nik.-

-Perfetto.-

Non era perfetto e non é perfetto. Non lo sarebbe stato fingere che non fosse successo niente e non lo sono gli sguardi occulti che ci scambiamo da quando, stamattina, abbiamo messo piede nella stessa aula. Non so cosa voglio, non so quale reazione sarebbe stata quella giusta, molto probabilmente non esistono reazioni giuste allo sbaglio più grande dei tuoi ultimi diciott'anni. 

Ma dopo che la sigaretta l'hai alzata, che la siringa l'hai riempita, che la lametta ha tagliato, che puoi fare? 

Che ci posso fare se i suoi occhi addosso mi ballano nella pancia? Se solo al lasciare ai pensieri briglia sciolta rido come un coglione? Neanche la disposizione dei posti puó intaccare il mio umore stasera, neanche Karolina che non la finisce di riempirmi l'orecchio destro di nomi e indici puntati verso persone che non vedo, neanche il suo braccio magicamente sedotto intorno al mio. L'acqua frizzante frigge in gola, Asher ha un sorriso amabile, mi da la nausea e cazzo se ho buon gusto. 

Questa volta Karol non ha bisogno di assegnare una possente identità a coloro dei quali sta parlando.

-Non é bellissima?- mormora, il sogno di un'invidia nascosta.

-Sì.. lo è.-

E tanti saluti al "dimentichiamocelo" tanto convinto che gli ho sparato in bocca l'ultima volta. Perché la cara, vecchia Karolina sta parlando di Magda che, ora che sposto di dieci gradi l'angolazione della testa, noto che è infilata in un lungo vestito color porpora e argento. 

Quale coglione risponde senza aver capito un'acca della domanda?

Eh, il sottoscritto era spostato di dieci gradi verso settentrione, dove un sorridente pallone gonfiato è fasciato da un completo bianco di alta sartoria. Quello smoking candido l'ho scelto io e l'"io" ha proprio un delizioso palato. 

-La borsa di Magda in realtá è mia ma.. sai quanto mi piace condividere.-

Questo, nel linguaggio della ragazza dai mossi capelli castani accanto a me significa che, se Magda non gliela restituirà più nuova di quando gliel'ha data entro ventiquattr'ore bè.. la situazione potrebbe facilmente degenerare. E con "degenerare" mi riferisco a strappi di capelli e pugni nelle ovaie. Lotte da ragazze insomma. 

Non posso fare a meno di seguire quel pallone gonfiato muoversi attraverso ai tavoli come fosse il padrone di casa, intavolando convenevoli come un ragno che tesse la tela. L'aracnide sa esattamente cosa fare, quando farlo e come farlo, non c'è filo nell'intricata rete traslucida che sia un punto morto, non c'è un lembo più sottile, un punto debole nella trappola. 

Aleksander é così, ha tessuto la propria rete invalicabile intorno a lui, al mondo che comanda e dal quale si lascia comandare. È uno scambio, un'offerta reciproca, ci guadagnano entrambi: lui da alla realtà concretezza e compattezza, e la realtà lo premia pendendo dalle sue labbra, perennemente. 

Anche adesso, attorniato da smoking e champagne, posso quasi sentirla bollire l'aria da Vanity Fair che si porta instancabilmente dietro.

Eppure neanche lo champagne è abbastanza stasera, neanche Vanity Fair può impedire al sottoscritto di vedere attraverso il bianco dei suoi vestiti. Non dovrei, eppure vedo i suoi muscoli attraverso il bianco della giacca, sotto quella camicia, e non dovrei conoscere con precisione matematica il punto in cui l'elegante pantalone si gonfia.. ed eccomi qui, a lasciarmi sfuggire il corso degli eventi di mano e a fuggire con esso. 

Ripeto: sono un coglione. 

-Dominik è un ottimo studente.- 

Mi costa distogliermi davanti la vista del figlio dei Lubomirski che si porta il bicchiere alle labbra, ma la voce che ha abbracciato il mio nome non mi suona accordata. 

-Anche Asher lo è.- sorrido, smagliante, rigido. -Informatica, economia, statistica..-

-In informatica credo siamo alla pari.- 

Mi guarda con l'inconfondibile, tachicardico ticchettio di una bomba a orologeria negli occhi e io ricambio con quella stessa bomba, solo con qualche minuto in più d'attesa.

Poi sorride. Di botto.

Sì, fa spesso così e tu vieni semplicemente spiazzato dal suo cambio repentino di personalità. 

Ad uno come Asher non basta la bipolarità, deve essere quadripolare, come minimo, mi ci gioco il sedere che a stentoo tengo incollato alla sedia. 

Potrei avere un cuscino? Lo stronzo tre tavoli più avanti mi ha sfondato.

-Ho letto il suo curriculum Sign. Santorski.-

-Il mio..- sbatto le palpebre. 

-Ssì..- 

-Sul sito del Rosiska.-

-Il Rosi.. Certo! Il liceo..- annuisco come un'idiota, afferro la prima cosa che mi capita tra le mani , ed è un cucchiaio, e stanno servendo carne. 

Vorrei schiaffarmi una mano sul viso e giustificarmi davanti al tavolo che improvvisamente mi trova il passatempo più esaustivo della serata, e magari dire che non è colpa mia se ho gli spilli nel buco del..

-E' uno dei migliori della scuola e..- 

Mi reggo al tavolo. 

Sono sicuro al 99,99% che le fitte fra i glutei esporranno presto la loro protesta e mi districo con violenza da ció che ci aspetta fra una settimana e un giorno, avvenimento incombente che non avremmo potuto dimenticare neanche volendo. Sento le spalle pesanti. Non è bello sapere che hai fatto richiesta ad una sola università e che se non mi troveranno idoneo ai loro standard potró tranquillamente prendere una scopa in mano e iniziare la carriera da spazzino.

Non che la cosa mi sembri più horror del rinchiudersi in una discoteca a morire. 

-Scusatemi.. signori.. ritorno fra un attimo.- sì, due

Raggiungo in quattro falcate il tavolo dove una riccia testa bionda fa ondeggiare a ritmo alterno i boccoli sulla sua sommità.

-Sam, una sigaretta?-

Lui si tasta il gilè elegante, poi fruga nelle tasche del pantalone fino a quando non tira fuori un pacchetto di sigarette ammaccato. Me lo lancia. Io sono a venti centimetri da lui e lui.me.lo.lancia. 

Ora capisco cosa accomuna Lubomirski (che mi deve un sedere nuovo) e questa testa di ravanello dorata. 

Mi avvio verso l'uscita della splendente sala ricevimenti di un ristorante che potrebbe benissimo contare la superficie quadrata dell'Australia e la notte fresca mi accoglie sotto il chiarore pallido della luna. 

Spero che Samuel sia uno di quei fumatori che aspettano di fumare giusto quelle due sigarette per incastrare nel pacchetto l'accendino. 

Non che fumi. Non che abbia mai avuto voglia di fumare. Ma ho fatto sesso con Aleksander Lubomirski, una sigaretta posso concedermela. 

È tra le mie labbra prima che chiunque possa fermarmi con discorsi farciti di paroloni su quello che accadrà da qui a un esame. Io non so cosa mangerò domani a colazione. E se ci arriverò. La notte puó riservare indicibili sorprese. 

Un solo, singolo esame e si spalancherà la porta dell'ignoto. La punta della sigaretta si illumina di arancio. 

Ora dovrei inspirare, giusto? 

Mi guardo intorno come all'ultima interrogazione di matematica alla quale Samuel ha risposto a gesti muti. 

L'aria è attraversata da tiepide correnti di calura estiva e in giro non si vede neanche un'anima. Tiro. 

Tossisco, mi lacrimano gli occhi, tossisco ancora e mi sventolo con una mano. Che merda è? 

Mi fa letteralmente schifo e io non ho niente di meglio da fare, credo sia per questo che sollevo di nuovo la sigaretta in bocca nonostante il primo tiro si faccia sentire raschiante come un rastrello sull'asfalto dell'autostrada tra le tonsille. 

E quando la piccola miccia lampeggia è come se lampeggiasse anche la gigantesca, abnorme scritta al neon accesasi davanti agli occhi trasognati e alle bocche spalancate dei miei svogliati neuroni. C'è anche un po' di bava su quelle piccole bocchette incantate. 

Ma il neon a caratteri troppo grandi per guardare oltre e a luce troppo fastidiosa per non esserne investito irride una sola parola nell'assordante scalpiccio di zoccoli di cento cavalli comparsi dal nulla nella mente: "pericolo". 

La sigaretta finisce immobile fra i ciuffi d'erba pigramente scomposti. Le dita non l'hanno lasciata cadere, hanno smesso semplicemente di esercitare la pressione tale da sostenere un oggetto pesante quanto un pezzo di carta rotolato perché il neon, più il chiarore lunare, più la frescura di una notte di inizio estate, più il notevole dettaglio che oggi é sabato, il penultimo sabato prima degli esami finali, fa di questo momento uno scombussolamento abissale nel profondo delle viscere. Mi si sono attorcigliate le vene. Dove sono stato le ultime ventiquattr'ore? Chi sono stato? 

Sono caduto quando dovevo saltare, mi sono guardato indietro quando avrei dovuto andare solo avanti.

La gola viene stretta dalle dita della mano che prima sfioravano la sigaretta e che adesso vorrebbero lasciarmi collassare. 

Manca l'aria.

Mi manca l'aria, il fresco non è abbastanza, il freddo neanche, mi fa caldo e i brividi si fanno sentire sulla colonna vertebrale.. Se mi fa caldo perché sto tremando come se fossi gelato dentro? Perchè il muro sembra non potermi sorreggere, sorreggere i pezzi di me rimessi insieme da una colla scadente?

Perchè ho "fatto sesso con Aleksander Lubomirski", e un urlo ora sarebbe il finale perfetto per un sipario macchiato di rosso.  

Non mi molla da quando sono entrato a scuola stamattina. 

Anche in una stanza colma di computer come lo era Magda di alcolici lo scorso venerdì quando le balzò in testa di dover diventare una spugna umana di vino e Samuel attribuì tale desiderio al fatto che lei e Leks avevano guardato Spongebob la notte precedente. Il suo sguardo arraffa il mio, e il mio si fa miseramente catturare. 

Ci rincorriamo nel silenzio, sulla linea del proibito, sulle ali che mi stanno portando lontano da ogni buonsenso. 

Chi era Aleksander ieri sera? Perché gli occhi che furtivamente accarezzano i miei non sembrano quelli in cui c'è la spietata certezza di qualcuno che non sa perdere ma quelli di bronzo fuso che bruciavano prima di abbandonarci l'uno contro l'altro ad un'insensata notte che fa ribollire ansia, paura, incertezze, antichi dolori e nuovi tremori? 

É un fottuto errore, dovevo disintossicarmi e sono andato a ripescare la siringa che non ho mai dimenticato. 

Adesso il contenuto dello stantuffo me lo sento nelle vene alla pari del sangue. 

Sbagliato, solo, mare che si infrange sull'ennesimo scoglio che non cederà.

Un fottuto errore che mi costa l'inesistente sanità mentale che ho finto di possedere davanti a madre, padre, psichiatra, scuola e mondo, un equilibrio imperfetto, sanguinante, su un'oceano di squali.

Voglio che il suo viso si giri ancora, mentre prende a parolacce Samuel e con Samuel sfotte i primini mentre si fanno in otto davanti lo schermo per accaparrarsi l'ultimo porno e contendersi la vittima di turno, un paio di cuffiette per sentire i teatrali incitamenti della ragazza fra gli ansimi; voglio che il suo viso si giri mentre tiene Magda sulle gambe, mentre le circonda la vita con un braccio, mentre bacia Magda io voglio che guardi me, e quando lo fa ho una paura asfissiante nei più sbatacchianti alveoli del cuore da farmi sotto all'istante se non fosse per l'ameba di Asher qualche fila dietro che ci fissa con i suoi vivaci occhietti acuminati appuntati sulla mia t-shirt. Così aggancio le dita sulla tastiera e fingo disinvoltura, in netta antitesi alla mia pelle che impazzisce al ricordo del corpo del ragazzo qualche posto più avanti al centro di un nutrito gruppo di ammiratori e compari davanti a due nudi che si sbavano addosso.

Combatto contro me stesso schierato con la trincea della mente che erige muraglie di ragione e amor proprio, muraglie di domande e risposte chiare, limpide, gocciolanti razionalità che puntualmente crollano sotto ai bombardamenti dei carri armati delle emozioni, ai proiettili della libertà, ai colpi del cuore. 

È una partita facile, dopo tutto quello che è successo, dopo tutto quello che succederà se mi lascio coinvolgere, è quasi scontato che il buonsenso e la ragione vincano sul resto. 

Ma ci sono dentro, immerso in una piscina senza scale nella quale non ricordo di aver saltato, ci sono dentro fino alla punta del riflesso blu dei miei capelli, più in profondità di quanto sia mai stato, ne usciró più distrutto di quanto mi sia mai sentito.

Le dita circondano la gola ansante, il muro segue la lenta scivolata sull'erba, le luci dorate e il sonoro vociare dall'interno non mi raggiungono, non intaccano l'ansia che mi soffoca e il tumulto dei battiti nelle tempie. Ho fatto..ho fatto...

Allento la cravatta,

non basta, 

la getto a terra, 

l'aria sembra avvolgersi intorno alla trachea come una corda che inesorabilmente si stringe, si stringe, si stringe..

-Dom.. Dom..inik..-

Menta, l'aroma cangiante di fine primavera cede il posto alla menta. Una mano che sa di menta, poi un'altra e la visuale é totalmente appannata da una testa chiara e due rotondi occhi color foglia. 

-Dom..guardami.. guardami.-

Samuel mi sostiene il viso con due mani come se potessi accartocciarmi su me stesso come una lattina vuota, e magari è così che mi ha trovato, al muro, incapace di frenare la corsa del sangue, ma non vuoto, pieno fino all'orlo di sensazioni sbagliate, di scelte sbagliate, una goccia, una sola goccia e..

-Dominik calmati.. Ehi calmati.-

Mi riporta alla realtà con gesti semplici e mezze voci, incastrate fra le tonsille. Il respiro si calma, il cuore distende lo scalpitante moto dei suoi battiti e il silenzioso urlo nelle corde vocali si attenua fin quasi a scomparire.

Quasi.

-Va tutto bene..-

No Samuel, non va bene.

Non va bene avere il tuo migliore amico dentro, non va bene sentire in bocca il sapore della cannella e il retrogusto di vaniglia, non va bene cadere a terra vittima di un attacco d'ansia che sfocia nel panico raggomitolato attorno alla fatidica domanda: "E ora?" 

Spero che il riflesso che vedo sia in qualche modo distorto, con un notevole margine di esagerazione dell'innegabile realtà dei fatti.

Voglio che lo specchio mi urli contro: "È sbagliato!"

Ma non lo è.

I segni sul collo non sono un errore di battitura, i morsi sulle spalle e il rossore nei punti in cui le sue dita hanno affondato nella mia carne non sono macchie d'inchiostro sul panna di una carta da lettera. 

Non si tratta di un errore di stampa al quale una nuova edizione rimedierà, mi sono ritrovato avvinghiato su un letto con la persona che non dovevo neanche guardare, ho fatto "sesso" con Aleksander Lubomirski e la consapevolezza mi sta uccidendo.

-Ma sai fumare?-

-Certo..- mangio respiri  -per.. chi.. cazzo mi hai preso Samuel?!-

-Per uno che non sa fumare.-

-Non è la prima.. volta che tengo una sigaretta in mano.-

-Sì per reggerla a Leks.-

Deve aver capito di essere inciampato in pianura ancor prima che il mio viso si trovi spalmato sul suo e il ringhio in filigrane d'ira gli sbatta in faccia.

-Ti sembro il portantino di Leks io?-

-..No, Dom non intendevo que..-

-E ti sembro in vena di psicanalizzare la mia tendenza al non fumare se stasera ho avuto la magnifica idea di darmi alle canne?-

-No ma..-

-E ti sembro il genere di persona che non ti spegne la miccia della sigaretta in fronte se non la finisci una volta per tutte di inserire il tuo amico in ogni fottuto discorso che fai con il sottoscritto?-

-Nik- sospira. -Il fumo ti da alla testa.-

-Sono altre le cose che mi danno alla testa, ad esempio tu in questo momento Samuel.-

Aspiro altre dieci volte in dieci secondi e per dieci volte tossisco come un fumatore di novant'anni. Dopo un attacco di panico avrei bisogno solo di aria e ossigeno.. E okay, la sigaretta non è il mio forte. Appurato.

Quasi il ravanello dorato non mi prende un occhio con i suoi movimenti di Yoga.

-Tu cerca soltanto di rilassarti..- La sera è spettatrice del ringhio acuto delle mie labbra tirate.

-Sai dove te le ficco le tue tecniche di rilassamento??- 

-Oookay sei stato con Leks di recente?-

Mi pietrifico.

-Perchè.. si vede?-

-..Cosa?-

Sono corso via prima che il verde dei suoi occhi possa indagare più a fondo nell'azzurro dei miei, varcando la porta che cazzo, non so più come sprangare. 

Sono scassinatori di porte esperti queste emozioni che sciabordano come alta maree dalla trachea allo stomaco. Non faccio neanche cinque passi che la presa salda di una mano che conosco troppo bene mi blocca la fuga arroventandomisi sul polso e la fisionomia squadrata del suo viso bruno mi si piazza davanti con ostile franchezza.

-Puzzi di fumo mal fumato.-

-Ma cos'è stasera, la serata "salviamo gli adolescenti dalle droghe leggere?", siete diventati tutti i miei guardiani personali?-

-Non vorremmo che ti si raggrinzisse questa bella pelle..- un'altra voce.

Avete presente quella istantanea sensazione di essere in mezzo a due lupi rabbiosi che litigano per la stessa preda? Ecco, con Aleksander da un lato e Asher dall'altro mi sento esattamente così, la preda della situazione che non ha nessuna voglia di stare a guardare. 

-Qual è il problema Asher, la compagnia di Karolina non è più abbastanza per te?-

-E il tuo di problema Leks? Quella di Magda oramai non ti aggrada più molto?-

Voglio fuggire da qui, allontanarmi dall'area rarefatta di uno scontro di insinuazioni. 

-Psicologia? No guardi, il test può anche aver risultato una buona percentuale ma io proprio..-

E lo avrei anche fatto se un convoglio di gentiluomini non avessero avuto il tempismo perfetto dei momenti critici di sommergerci con le loro pompose proposte e curiose domande.

-Non credo di poter esserle d'aiuto.-

Eppure il ragazzo dagli occhi di metallo sembra essere insofferente a tutto il lusso, alle attenzioni che gli si rivolgono con cortese invadenza. Premi, corsi, concorsi, meriti.. La carriera scolastica di Asher Brown è d'oro quanto quella di Aleks. Un oro bianco certo, meno appariscente, con luci della ribalta lievemente più soffuse, ma pur sempre oro. E lui, con le risposte secche e la rigidità della colonna vertebrale, sembra non sia a suo agio nel suo mondo.

Sbuffo. -Se le dico che si sbaglia vuol dire che si sbaglia. Se cerca un esperto di Judo non sono il soggetto che fa per lei, io in suddetto sport sono quello che finisce sempre con le natiche per terra. Con permesso.- 

Li lascio freschi freschi ai loro uomini provenienti da prestigiosi College sparsi per l'intero territorio polacco e mi rintano nel lussuoso bagno del locale, lontano dal sottile motivetto di sottofondo delle voci dai colori sgargianti dei protagonisti dell'ultimo anno del mio liceo. Le traslucide mattonelle nere e porpora fanno da sfondo all'immagine di un viso pallido nello specchio cerchiato dall'ovale di moderna cornice vetro opale. Gli occhi rispondono con vivace pesantezza, mi stanno rimproverando per l'atto che il corpo sta esaltando con assoluta vittoria. Ho lo stomaco in guerra con le labbra, le gambe in combutta col cervello e le braccia se né stanno lì, lungo i fianchi, come l'attenzione che cala sui segni visibili sul chiarore dell'epidermide. Basta avere la briga di scostare un po' il colletto della camicia e.. ho il marchio "Aleksander Lubomirski" impresso da tutte le parti. Come una borsa di Luis Vitton con le sigla in contro campo a caratterizzare l'intera pelle. 

Ecco, sono diventato una fottuta borsa di Luis Vitton. 

Speriamo almeno che sia una di quelle con il listino prezzi da mille in su.

Dominik Santorski, imperterrito stronzetto masochista, sei stato a letto con Aleksander Lubomirski, viziato immancabile figlio di papà, patteggia con questo, fattene una ragione e vai avanti come se ciò fosse solo un inaspettato inconveniente facilmente sorpassabile in un'esistenza in cui ad ogni dilemma c'è una soluzione.

Aah, questo sì discorso accorto da persona assennata che ha tutto sotto il più puro controllo. 

E per tutto sotto controllo intendo emozioni, sensazioni, sentimenti, paure, dubbi, incertezze, aggressività compulsiva, insonnia, ossessioni e un piccolo tentato suicidio alle spalle. 

E, giungendo alla più che ovvia conclusione che io non sono né una persona assennata, né una persona assennata che fa discorsi accorti, né una persona assennata che fa discorsi accorti che ha tutto sotto il più puro controllo, non sembra essere una sorpresa che le mani, recuperando acqua gelida da spalmare sulla faccia, stiano tremando convulsamente e che le labbra sanguinino perché i denti vi stanno incidendo la loro impronta. 

Va tutto bene. 

Col cazzo.

La vibrazione del cellulare mi trascina nella realtà. Mi chiede di sollevarlo e allontanare le pupille dai segni di mani e denti sulla linea della mandibola. 

"Voglio parlarti."

Un nome. Due parole. 

"Sai dove sono, vero?"

Per chi sto sanguinando adesso?

"Sono fuori."

Un scarica di elettricità attraversa ogni vertebra della schiena, intaccano la contemplazione della pelle che celo accuratamente sotto al colletto di camicia nera e mi addentro nella notte facendo il percorso all'indietro nella sala gremita di presenze. Vengo sommerso dalla brezza della sera e prima che me ne renda conto sto già svoltando l'angolo dietro il locale, dove costose auto attendono pazientemente sotto il chiaro di luna. 

Basta poco perché sembri che un pezzo di quel pallido argento si stacchi dal cielo per adagiarsi sull'asfalto che mi porta i suoi passi leggeri. Basta poco perché i vestiti svolazzanti e gli articolati discorsi sul futuro perdano importanza. Basta poco, ed è un gioco a cerchio, il punto di partenza è sempre lo stesso. Catapultato in un buio diverso la vedo, in un buio più intenso la sento, in un buio che sa di buio la sua presenza mi richiama prima dello sguardo che si stacca dal cielo per posarsi su di me. 

E' un gioco a cerchio, ma non sono più sicuro di voler giocare. 

Ma basta che da qualche parte riecheggi il tuo nome per perdermi nel suono, lasciarmi trasportare dall'inevitabile irrazionalità che racchiude, unirmi alla tua oscurità in questa notte di stelle. 

-Cosa ci fai qui?-

-Mi sembra ovvio, no?- 

Lo scampanellio nell'implicito quanto retorico punto interrogativo nell' inesistente domanda disperde un'impalpabile aroma di fragole, come sinuose spirali di fumo.

-Volevo vederti, volevo toccarti..-

I capelli sono di un incredibile rosso, più acceso dell'ultima volta. Forse è la sera, forse no, ma i riflessi sullo scarlatto delle ciocche che le contorniano disordinatamente il viso è quasi nero. 

E se è un gioco a cerchio, davvero non c'è via di scampo?

-Sylwia non dovresti essere qui.-

-Adesso ci sono cose che possiamo e cose che non possiamo fare?-

Schiocco. Uno schiocco segue l'arresto del bianco della sua mano protesa verso la mia guancia.

Momentaneamente confusa lei, spaesato io. Un tempo non molto lontano avrei pagato ori e argenti, spostato mari e monti pur di attraversare la webcam e unirmi alla malinconia sulle sue labbra. Ho amato e odiato lo screen del computer che permetteva di vederla ma non di toccarla. Adesso è qui, rossa, ambigua, ma raggiungibile. E' qui, davanti a me, per la seconda volta e io ho appena impedito ai suoi polpastrelli di giungere sino a me. 

-Dominik..- echeggia una risata lontana -non dirmi che ti sei fatto fare il lavaggio del cervello.-

Le labbra articolano suoni che la mente non recepisce. Sono sempre io, e' sempre lo stesso, le sue labbra di ciliegia mi fanno ancora sbaccellare lo stomaco, i cristalli di ghiaccio fra le sue ciglia rapiscono il mio sguardo, le sue mani affusolate, trascurate sono ancora mio desiderio, eppure qualcosa è cambiato. 

-Noi possiamo tutto Dominik. Lo sai, noi non siamo come loro.-

Loro.. Loro.

Ecco cos'è cambiato. Compreso nel loro c'è qualcuno adesso. 

Non riesco più a detestarli o a fingere di detestarli adesso. Questo perché sono diventato come loro, o perché uno di loro è diventato come me?

-Non sono poi tanto male..-

I suoni diffusi da un pianoforte stonato le lambiccano la mente prima che possa fermarle.

-Non sono male? Sono immersi e sommersi in una mediocrità composta da parole vuote e finti luoghi comuni, insensibile menefreghismo e maschere di cera..-

-Anche tu indossavi una maschera Sylwia.- 

-Questo perché io dovevo difendermi, sopravvivere.-

-Beh sono stanco di sopravvivere.- scaccio il contatto che non riesce ad avere e disintegro la barriera del buio con un passo indietro. 

-Sono stanco di indossare maschere, sono stanco di difendermi, sono stanco di dover trovare una giustificazione logica ad ogni cosa e sono stanco che altri prendano decisioni che spettano a me.-

-Con me non devi indossare maschere.. lo sai.- il gelo delle sue dita alla fine sfiorano le labbra, le unghie chiare e irregolari, solcano la bocca che il ghiaccio dei suoi occhi ha scorto per tramonti e albe nel languore promettente della notte priva di comete. -Con me puoi essere te stesso, essere chi scegliamo di essere, diventare un'estensione della notte, osservare il resto del mondo da un altro universo.. non dobbiamo niente a nessuno e nessuno può imprigionarci. Sii la mia prigione Dominik, e io sarò le tue catene. Sii il mio principe.-

 

"Mi faresti il favore di smetterla di fissarmi?"

"Perché dovrei?"

"Perché è inquietante."

"E' romantico."

"E' inquietante."

"Romantico."

"Allora mi faresti il favore di smetterla di essere romantico?"

"Non posso."

"E perché no?"

"Perché so quanto ti piace."

"..a ME non piace."

"Allora perché sei diventato più rosso della bustina di ketchup?"

"Alza la testa dal cell prima che la prof ti veda."

"In caso è colpa tua."

"E' sempre colpa mia."

"Concordo, e lo era soprattutto ieri sera.."

"Fottiti testicolo."

"Che c'è, adesso c'è l'hai con me?"

"Io c'è l'ho sempre con te."

"Devi, ti voglio combattivo."

"Perché dovrei esserlo?"

"Perché sei il mio principe."

 

-Quello che ho scelto di essere..non posso esserlo nell'ombra.-

-Cos'hai scelto di essere?-

-Un combattente.-

-Bè, io invece ho scelto di essere una suicida.-

Con la velocità di un tuono che si propaga dal nulla e lo stesso effetto sorpresa del lampo nel cuore della notte, il bagliore candido di ciò che pullula ancora con visione accattivante i miei incubi ci impiega due secondi a percuotere l'incanto sopraggiunto in seguito all'udire della sua voce, due secondi e so già che sarà tardi per tornare 

indietro.

-Sylwia NO!-

Le pasticche rotolano sulla ghiaia, altre sopraggiungono sull'asfalto, nivei dischi di neve, altri sono ancora nella sua mano, pochi e pochi sono finiti nella mia mano, grondanti lucidità sul palmo.

Le guardo come si guarda un peccato che si avrebbe il coraggio di rifare, le rifugio come il fumatore che vuole togliersi il vizio, spingo lei, fermo la corsa della bocca che cerca di raggiungere le pillole che ammiccano dalle dita e quelle stesse dita affondano tra i miei capelli quando con uno strattone trattiene il mio alito sul suo.

-So che lo vuoi, lo vuoi con tutto te stesso perché non sai fingere di star bene Dominik, non sai fingere di essere come loro..-

Mi allontano ma mi riporta più vicino, i fili neri fra le dita che non lasciano la presa, le unghie nella nuca.

-E' quella la nostra realtà.-

la spina di un cespuglio mi penetra la coscia. 

-Non puoi fuggire da ciò che sei, mio re..-

indietreggio, mi stringe un braccio con una drammaticità che fa male. 

-Dov'è.. Dov'è?!-  

la fitta lascia odore di un puntino di sangue.

-Dov'è il Dominik che conoscevo?!-

-E' MORTO!-

...

Immobile.

Quei falsi puntini di neve sono ora a terra, immobili. Immobile è l'aria fredda che non accenna a bisbigliare cosa le stelle tacciono, silenzioso pubblico di una rivelazione che si fa carne. 

Sylwia non c'è più, al suo posto persiste il sangue rosso come la sua chioma e l'ultimo sguardo che mi ha donato prima di divenire parte dell'ombra. Era malinconia, o soddisfazione? Rabbia, amarezza, fierezza?

Abbandono le braccia, districo la gamba dalle radici di spine. 

E' una scena a rallentatore quella che si va creando sullo spiazzo di erba e asfalto, dove prima bruciava il fuoco dei suoi capelli e dove adesso una bionda-rossiccia mi fa veloce cenno di avvicinarmi. 

-Sandra.. che succede?-

-Falò, birra, devo togliermi questi tacchi.-

Comprensibile, nonostante sembri un gioco in codice; e forse lo è davvero, ma per quelli cresciuti con questa gente è tutto chiarissimo: ci incontriamo tutti ad un falò da qualche parte, abbiamo la birra, basta con lo champagne e basta anche con questa asfissiante eleganza. 

-Fammi strada.-

Ci inoltriamo in quella che sembra una radura immersa nella totale oscurità se non fosse per la torcia del cellulare di Sandra che illumina decentemente i nostri passi. 

-Come fai a non inciampare nei tuoi stessi piedi? La gonna di questo vestito sembra un strascico da sposa.-

-Essere donna vuol dire anche questo.-

-Camminare sui trampoli?-

-Ed evitare che un lembo di seta si impigli nel tacco a spillo da dodici scoprendoti il lato B.-

Evito una sporgente e nodosa radice di un albero. -Io non ho di questi problemi.-

Sorride con maliziosa ironia. -Non mi dispiacerebbe vedere il tuo lato B.-

-Neanche a me!- uno spintone mi coglie completamente impreparato e quasi non finisco spiaccicato al tronco di una quercia o quel che è. 

-Samuel puoi evitare di ferirmi mortalmente?-

-Ma non mi dispiacerebbe neanche vedere il tuo..- Samuel si avvicina ad una Sandra rossa come un pomodoro con fare da provocante galantuomo.

-Ehi ehi frena i dispiaceri amico, ci sono prima io.-

Mi volto. 

-Sono venuto solo per..-

Prima che possa finire un braccio mi artiglia la vita portandomi con sé, dietro il grosso busto di un albero, e in un battito di ciglia mi ritrovo il suo respiro inconfondibile anche nell'ombra sulla guancia e il calore di Aleksander nei polsi.

-Pensavo che non venissi.-

-Pensavo che non ci fossi.-

-C'è la birra- sghignazza- credevi davvero che me la sarei persa?-

-No.. ovviamente no.-

-Pensavo di dover mandare un messo a cercarti, non sei più rientrato.-

-Tu guardavi me?-

-Non essere così sorpreso principe, chi non ti ha guardato stasera..-

-..Comunque, me ne stavo anda..-

Che Aleksander Lubomirski riuscisse ad ottenere sempre quello che vuole era risaputo, ma che usasse qualsiasi mezzo, o arma, o colpo basso per riuscirci nessuno si era premurato di dirmelo.

Almeno prima di stasera. 

Da stasera, dopo che mi è spuntato un bernoccolo sulla testa a causa della corteccia di un albero su cui ho fracassato le cervella per la sorpresa di averlo improvvisamente sulle labbra, non ho più alcun dubbio: è uno stronzo. 

Anzi no, è lo stronzo. 

Mi lascia prima che possa anche solo razionalizzare che mi ha assalito il labbro inferiore con i denti, allontanandosi insieme al gruppo che prosegue il tortuoso cammino tra le fronde degli alberi.

Mi lascia sapendo bene che lo seguirò, da lontano, diffidente, in silenzio, ma né ha la fottuta certezza che se si volterà sarò solo un passo dietro di lui. 

Mi intrometto in mezzo a Sandra e Samuel, artefici di un flirtaggio zoppicante, lento, asfissiante quanto quello di Ron e Hermione, semplicemente perché non mi va di sostenere lo sbocciare di nuovi amori stasera, solo perché l'elegante abito bianco di quel pallone gonfiato è ben visibile ad un sette metri da me, in testa al gruppo di una quindicina di persone, a fare strada verso una meta che, ci scommetto l'alluce destro, non conosce nemmeno lui.

-Ehm..Samuel..dove dobbiamo andare?-

Appunto.

-Aspetta, ho il navigatore!-

Oddio.

-Ragazzi siete sicuri che..-

-Sì sì sì Joanna, lascia fare agli uomini.-

Alla fine gli "uomini" ci hanno fatto vagare un'ora senza riuscire a capire quale fosse questa intricata destinazione e solo, mi duole ammetterlo, grazie alle conoscenze tecnologiche di Asher, a quelle territoriali di Sandra e all'entusiastico tifo di Sam che, rendendosi conto che li suo navigatore aveva miseramente fallito, si rendeva utile con smaniosi incitamenti. Almeno fino a quando Leks non gli ha ucciso quell'ultimo neurone non psicolabile rimastogli scaraventandogli in testa un rametto che sembrava un tronco, attorniati intorno a un fuoco le cui lingue rosse svettano quasi a voler toccare il cielo e i nostri sguardi resi languidi dalla vicinanza col calore. I miei probabilmente lo sarebbero lo stesso anche in mancanza delle fiamme visto e constatato che Aleksander ha scelto di sedersi proprio davanti a me sulle sponde del grande lago. 

-Non tocca terra quando cammina..-

-Già Sarah è una presuntuosa del cazzo.-

-Come te Joanna.-

-Leks! Sono una presuntuosa, Karolina sono una presuntuosa?-

-Diciamo un po' sopra..le righe.-

-Ogni tanto è bello essere sopra le righe.-

Un numero considerevole di occhi si acquattano famelici sulla mia figura, silenziosa, ferma, illuminata fin troppo dalla luce del fuoco.

-Sì…Vedi? Anche Dominik lo pensa, non è un difetto sottrarsi agli schemi.-

-E alle inquadrature..-

-E alla prevedibilità.-

-E all'ASTEMIO!-

-Samuel..no.-

  
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