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Autore: Jiuliet    15/11/2008    4 recensioni
Questa è la seconda fanfic che scrivo sul mitico Hazzard.....Spero vi piaccia! Lo zio Jesse si allontana per qualche giorno dalla fattoria,lasciando i nipoti a cavarsela da soli. Luke è alla guida della casa e della famiglia, Bo è ancora un ragazzo con mille e una idea per la testa...e Daisy? Bhè,per scoprire cosa succede potreste leggere la mia storia no? anche perchè sappiamo bene che ad Hazzard tutto può succedere e non c'è nulla che possa darsi per scontato! Ora spero di avervi incuriosito... Buona lettura!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: miei carissimi lettori, ormai credo che l’autrice si sia calata un po’ troppo nel personaggio, quindi in questo capitolo troverete dei commenti in corsivo che mi appartengono totalmente…
Abbiate pazienza e scusatemi…
No, lo so che non sono W. Jennings, il nostro amato “Ballader”… Lungi da me il paragone con un Mito!!!
Ma…stavolta è venuto così, che volete farci?
Spero leggerete ugualmente il 12° capitolo… Scusatemi se è un po' lungo.


CAPITOLO 12

TUTTI A CASA.

Luke guidava lentamente [“lentamente” per un Duke che, alla guida di un’auto, decide di “non correre”…Tutto è relativo, ovviamente…],  concedendosi, di tanto in tanto, una furtiva occhiata al paesaggio circostante.
La natura,  quella mattina di marzo, sembrava ancora indecisa tra le fredde coltri invernali e le miti vesti estive; il cielo era azzurro e limpido, ma l’aria era frizzante; il sole caldo ed il vento fresco…
Luke lasciò correre liberamente i propri pensieri:
“Anche TU hai dei dubbi allora? Non capita solo a me di essere indeciso….Cosa faccio ora? Con zio Jesse è andata bene, tutto sommato. Ero davvero convinto che sarebbe stato furioso con me, con tutti noi, per i guai che abbiamo combinato, invece ha reagito in maniera inaspettata… Probabilmente anni e anni con noi tre hanno aumentato il suo limite di sopportazione!
Ha detto che è orgoglioso di me… Perché, però? Non ho fatto nulla per meritarlo…anzi, ho combinato un casino pazzesco…
Se così non fosse non starei andando a prendere Bo in ospedale, no?

Già...Bo!….Dove ho sbagliato con te? Come hai fatto a sconvolgere le cose in due giorni?
È colpa mia perché non ho considerato che non sei più un bambino e che non combini più monellerie ma ti cacci in veri e propri guai?
O tua perché sei uno scapestrato che non pensa mai, neppure lontanamente, che ogni azione ha, inevitabilmente, una conseguenza? Non sembra che tu sia intenzionato a mettere la testa a posto, vero?
Ti sei fatto male e hai continuato, ugualmente, a combinarne una dietro l’altra…cosa ti fermerà, dunque?”
No, ci aveva pensato tanto, Luke, fino a farsi scoppiare la testa, ma non era arrivato a nessuna conclusione!
La voglia di perdonare tutto a Bo perché, in fondo, ogni cosa era andata bene era pari alla rabbia per tutti i disastri che aveva causato e alla paura che, una volta o l’altra, la sua incoscienza potesse causare danni irreparabili per se stesso o per qualcun altro….
“Caro zio Jesse – mormorò a bassa voce, mentre lasciava la macchina nel parcheggio dell’ospedale – sei tornato a casa,no? Io sono felicissimo di questo. Mi è stato insegnato che l’obbedienza è il primo dovere di un soldato, quindi io mi ritiro di buon grado e ti lascio il comando della truppa. Sono lieto che sia tu a dovertela vedere con Bo”  

Fischiettando sommessamente Luke entrò in ospedale.

La faccenda, certamente, non era risolta, ma, almeno, ciò di cui doveva preoccuparsi era solo quello che era successo tra lui e suo cugino.
Se non altro era un piccolo passo avanti!


“Buongiorno. Cerco il dottor Madison, può indicarmi il suo ufficio per piacere?” chiese Luke ad un’infermiera giovane e carina che passava per il corridoio dell’ospedale.
“Certo, con piacere. È quella porta laggiù” rispose lei.
“Grazie infermiera…Infermiera?”
“Smith. Tracy Smith” ribatté lei, sorridendo.
Luke notò che aveva le fossette sulle guance.
“Se non fosse per te cugino potrei corteggiare questa ragazza come si deve!” pensò , ma disse solo:
“Grazie ancora per il suo preziosissimo aiuto. Spero di rivederla”
“Oh, lo spero anch’io!” cinguettò lei, affascinata dai  magnetici occhi blu del ragazzo.

[I Duke! Bastano due moine ed un paio di begli occhi per far dimenticare loro ogni altra cosa!
Del resto non sarebbero Duke se non fosse così, no?
Ehi, Luke, hai già scordato la bella July dai capelli rossi? ]

Luke bussò alla porta che gli era stata indicata e si sentì rispondere un cortese “Avanti”.
Entrò e trovò il dottor Madison che leggeva , in piedi accanto alla finestra.
“Buongiorno dottore, sono Luke Duke. Sono venuto a prendere mio cugino…” disse
“Venga pure Luke, ma può darmi del tu, non sono così vecchio! ” rispose il medico.
E Luke osservò, per la prima volta, che effettivamente era giovane, nonostante portasse gli occhiali; probabilmente intorno ai trent’anni, e che sotto il camicie indossava una camicia a scacchi dai colori vivaci.
“Grazie.”
“Ho visitato Bo, poco fa e sono sicuro che possa tornare a casa”
“Bene”
“Luke, non prendertela troppo. Io ti capisco, sa? Non c’entra nulla, ma son anch’io un ragazzo di campagna fiero di esserlo e sono il primo di cinque figli; il minore ha appena compiuto diciotto anni. So come ci si sente a fare il fratello maggiore: è un lavoro senza paga e senza ferie! Ma chi ci rinuncerebbe mai?!?! ” dichiarò il dottor Madison, sorridendo.
“Bo ha chiacchierato parecchio, vero?” chiese Luke, per tutta risposta, ricambiando sinceramente il sorriso.
“Diciamo che sono abituato a trattare con i ragazzi e che metto i miei pazienti a mio agio-  ribatté il medico – Ora puoi portare tuo cugino a casa. Immagino che avrete molte cose da dirvi…”
“No, non tante. Gli resta solo da spiegare la faccenda a zio Jesse” dichiarò Luke, con un tono volutamente noncurante nella voce.
“Capisco”
“Grazie dottor Madison”
“Ross”
“Grazie Ross, allora”
“Di nulla. Prendi, questa è una ricetta che ho scritto per tuo cugino, caso mai dovesse servirgli un antidolorifico… Ci vediamo tra una settimana: voglio controllare la spalla di Bo, anche se il medico che è intervenuto ha fatto davvero un ottimo lavoro!”
“Bene, ci vediamo la settimana prossima.”


Luke uscì dallo studio del medico, con la ricetta in tasca, pronto a portare Bo a casa.
Bussò velocemente alla porta della stanza del cugino ed entrò senza dargli neanche il tempo di rispondere.
La camera era calda e luminosa, perché aveva una grande finestra che dava sul cortile.
Luke vide che Bo aveva gli occhi chiusi e gli si avvicinò lentamente, per non farlo spaventare, nel caso stesse dormendo.
“Ehi cugino, che fai? Dormi? Non ti va di tornare a casa con me?” gli chiese.
Bo, sentendo la voce di Luke, spalancò immediatamente gli occhi, occhi grandi, dello stesso colore dello spicchio di cielo che si intravedeva dalla finestra.
 “Sei tu…per un attimo ho creduto di sognare….” Borbottò, stropicciandosi gli occhi con la mano libera.
“Ti ho portato dei vestiti puliti. Daisy ha detto che non era il caso che uscissi di qui conciato come un povero matto, sai come sono le donne….ci tengono a queste cose…” rispose Luke, posando una piccola borsa sul letto
Bo fece una smorfia di disappunto.
“Che c’è? Qualcosa non va? Vuoi che chiami dottor Madison?” gli chiese, con apprensione.
“Per carità, non chiamare nessuno! É…. È solo che…Quello che hai detto…. – ribatté Bo, affrettandosi a spiegare – Stamattina è piombata qui un’infermiera. Era una donna enorme!!! Giuro, cugino, era più alta di me e pesava almeno cento chili! Mi ha detto che sembravo uno spazzacamino, che ieri sera ero troppo stanco, ma stamattina avevo bisogno di una doccia e mi ha spinto nel bagno, senza nessuna cerimonia!”
Luke rise di gusto.
“Così impari! Io non sono quella dolce e graziosa infermiera, ma se hai bisogno di aiuto sono qui, ok?”
“Credo di potercela fare…Pur di non doverla rivedere sarei capace di vestirmi senza usare nemmeno una mano, magari con i denti!” precisò Bo,a cui il ricordo non sembrava per niente divertente.


Mezz’ora dopo i cugini Duke erano già sulla strada di casa.


“Sono contento di tornare alla fattoria” ammise Bo.
“E noi siamo contenti che torni a casa” rispose Luke, sinceramente.
“Davvero? Io pensavo che foste arrabbiatissimi…” ribatté Bo.
“Io posso parlare solo per me” precisò, brevemente, Luke.
“Lo so che sei arrabbiato” mormorò Bo.
“Infatti - confermò Luke, volgendo per un attimo lo sguardo sul cugino – non dovrei?”
“Da quando mi chiedi cosa dovresti o non dovresti fare?”
“Non te lo sto chiedendo…”
“Allora era una domanda inutile”
“Vuoi litigare? Non mi sembra che sia nella posizione adatta per attaccare briga, sai…”
“Tu pensi sempre di sapere tutto!”
“Ho avuto qualche anno in più per imparare”
“Non significa niente!”
“Io dico di sì, invece. E ho Daisy e te, soprattutto, per tenermi in allenamento”
“Non fai ridere”
“Ma non lo dicevo per ridere. Il guaio, cugino, è che è la verità: voi due siete dei gran casinisti!”
“Io scommetto che zio Jesse pensa la stessa cosa di te!”
“Può darsi, ma io, almeno, cerco di non dargli più motivi di preoccupazione di quanti ne abbia già con noi e con la fattoria!”
Quella che era iniziata come un’innocua chiacchierata si stava trasformando in una discussione, anche piuttosto animata, tra i due cugini Duke!

[Ehi, ma cosa sta succedendo? Smettete immediatamente di impennare come due cavalli selvaggi e cominciate a comportarvi da bravi ragazzi!!]

“Ma non dovevi parlare solo per te?” chiese Bo, visibilmente seccato.
“Infatti!” ribadì Luke, con lo stesso tono
“Allora lascia che sia zio Jesse a dirmi quello che pensa! E non preoccuparti di me!”
“Ma sai che hai una gran faccia tosta? Dopo tutto quello che hai combinato?! Ti ricordi dove ti abbiamo ripescato ieri vero? E comunque zio Jesse è tornato a casa,stamattina, quindi non dovrai aspettare per sentire ciò che ha da dirti…”
Luke cominciava a perdere davvero la pazienza e a non avere alcun dubbio sul sentimento prevalente in lui….
“Non mi fa paura, sai?! E comunque nessuno ti ha chiesto di fare ciò che hai fatto! ”
“No, non puoi parlare sul serio…Non ci credo, è troppo persino per te!”
“Credici, invece. Non sei obbligato ad essere la mia babysitter, nonostante tutte le idee che ti sei fatto! Puoi smettere: sei ufficialmente sollevato dall’incarico!
“Oh, certo, così riuscirai finalmente a spezzarti l’osso del collo, no?!”
“E anche se fosse? È il mio collo! Non spetta a te preoccuparti che resti intero!”
“Finiamola, è meglio…” disse Luke, lanciando al cugino un’occhiata infuocata.
Bo non rispose, ma ricambiò lo sguardo con un uno altrettanto truce.

[Cosa combinate? Vi sembra il caso, cari Bo e Luke, di arrivare a casa così?]


Arrivati alla fattoria i ragazzi scesero dall’auto senza rivolgersi neppure uno sguardo.
 
Daisy li vide arrivare, mentre stendeva il bucato, ma loro erano troppo occupati ad evitarsi a vicenda, per prestarle attenzione e lei, che leggeva nei loro volti come in libri aperti, capì immediatamente che era successo qualcosa di spiacevole…
“Basta, io ci rinuncio – pensò, continuando ad occuparsi del proprio bucato – ho cercato di fare da mediatrice tra quei due e mi sono cacciata nei guai. È peggio che stare tra l’incudine ed il martello! Ora che zio Jesse è a casa ci penserà lui; è l’unico in grado di riportare le cose alla normalità!”


Luke entrò in cucina e andò direttamente verso il frigorifero.
Se fosse stato un bevitore abituale avrebbe bevuto decisamente qualcosa di forte, ma siccome, abitualmente, non beveva nulla di più forte della birra annacquata che Boss rifilava ai clienti del Boar’s nest, decise che una limonata fresca sarebbe andata bene.
In fondo voleva solo prendere un po’ di tempo per calmarsi.
Era fatto così Luke: calmo e razionale; le sue emozioni e gli stati d’animo erano qualcosa che non amava condividere, quasi avesse una sorta di “pudore dei propri sentimenti”….


Bo andò in camera, a posare la borsa che conteneva i suoi vestiti.
Si guardò intorno, ma nulla era cambiato nella stanza che divideva col cugino da quando era arrivato alla fattoria.


Jesse aveva visto i nipoti arrivare, anche se loro non avevano fatto assolutamente caso a lui.
Erano scuri in viso e, non solo il loro comportamento non era quello abituale, ma ciascuno eludeva, addirittura, lo sguardo dell’altro.
Conosceva troppo bene quei due ragazzi per non capire che qualcosa era andato storto, mentre tornavano a casa.
“Ok – pensò – è ora che riprenda in mano le redini della famiglia”
E, di colpo, i giorni passati a casa del cugino Wade, per quanto fisicamente faticosi, gli apparvero quasi come una vacanza!


Jesse entrò in cucina e vide che Luke stava bevendo una limonata; aveva ancora lo sguardo cupo e l’espressione tesa.
“Tutto bene?” gli chiese
“Ho riportato Bo a casa” rispose il ragazzo
“Lo so; e comunque non ti ho chiesto di Bo” disse, pacatamente.
“Sono uscito per quello” ribatté Luke.
“So anche questo Luke e non giocare con me. Mi conosci e sai che non attacca, no?” precisò Jesse.
“Non so di cosa parli” insistette Luke, facendo spallucce e continuando a bere la propria limonata.
“Vi ho visti arrivare. So benissimo che è successo qualcosa. Non ne vuoi parlare? Bene. Non sei più un bambino. E in ogni caso lo domanderò a tuo cugino….Una cosa in più non farà certo la differenza, con tutto quello che deve spiegarmi!” dichiarò Jesse, lasciando il maggiore dei nipoti in cucina.
Luke tacque, limitandosi a guardare lo zio che andava in cerca di Bo.

Jesse bussò alla porta della stanza dei nipoti e quando si sentì rispondere “Avanti” entrò.
Bo era sdraiato sul proprio letto, ma si alzò vedendo entrare lo zio.
Jesse lo guardò, notò che era pallido, sotto l’abbronzatura, che era ferito…e fu travolto dalla tenerezza. Si avvicinò al ragazzo e lo abbracciò, forte, senza dire nulla.
“Cos’hai combinato?” gli chiese, pochi istanti dopo, allontanandolo per guardarlo negli occhi.
Bo fece spallucce, ma lo zio si sedette sul letto di Luke, che era parallelo al suo, pronto ad ascoltare la sua versione della storia.
“Cosa vuoi sapere?” chiese Bo, sedendo sul  proprio letto, di fronte allo zio.
Questi ragazzi si somigliano più di quanto loro stesi credano” pensò Jesse, ricordando che anche Daisy e Luke gli avessero chiesto più o meno la stesa cosa.
“Non hai davvero nulla da dirmi? - domandò al nipote più giovane, guardandolo dritto negli occhi – Cos’è successo al tuo braccio, per esempio. Perché Daisy mi ha telefonato per dirmi di tornare a casa. Come mai Luke è arrabbiato. Perché sono tornato e tu non eri a casa, nel tuo letto, ma in ospedale. Ci sono un bel po’ di cose che noi due dovremmo chiarire, o no?”
Bo sospirò e rivolse il suo miglior sguardo da cucciolo allo zio, che però non si fece intenerire e gli ordinò:
“Comincia”
“Bhè…è iniziato tutto venerdì…Sono uscito con Dan, Ben e Steve…Non sapevo, giuro, dove saremmo andati…Siamo finiti alla vecchia miniera…Siamo caduti in un pozzo, ma Daisy e Enos ci hanno trovati e ci hanno fatto uscire di lì, per fortuna.
Sabato….. Ci siamo andati di nuovo…c’erano anche altri ragazzi che Enos ha portato alla centrale, perché avevano bevuto…Io però non l’ho fatto…Ma Luke non ha voluto sentire ragioni…Non mi ascolta mai!!!…
Domenica però abbiamo parlato…E ci siamo chiariti….
La spalla me l’ha sistemata il dottor Appleby…mi sono fatto male quando, domenica, ho aiutato i nipoti del signor Dawson, Sam e Danny, ad uscire dal fiume in cui erano caduti…
Poi ieri…a scuola Daniel continuava a sostenere che nella vecchia miniera ci fosse un fantasma e, dato che io non ci credevo, mi ha sfidato ad andare a controllare di persona. Lui, Steve e Ben sono venuti con me…Ma, zio, non sarebbe successo nulla se non avesse cominciato a piovere e l’ingresso non fosse stato bloccato da una frana. Ci ha recuperati il vecchio Dawson che conosceva la miniera, perché c’era stato durante il crollo…..
Ah il fantasma era solo un’orsa che russava, in letargo col suo piccolo, in una galleria della cava! Dunque avevo ragione io, non Daniel: i fantasmi non esistono!
Ci hanno portati tutti in ospedale per un controllo ed il dottor Madison mi ha trattenuto lì per precauzione, anche per via della spalla….
E, mentre venivamo qui, Luke ha ricominciato a trattarmi come un bambino!
Nessuno gli ha chiesto di essere la mia guardia del corpo. Ho diciassette anni e posso benissimo cavarmela da solo! Sono grande ormai!”
Jesse guardò il nipote.
Il suo discorso confuso e disordinato non aveva fatto altro che confermare quanto avevano detto Daisy e Luke.
“Bouregard Duke! Dimmi che non parli sul serio!” tuonò Jesse - che usava chiamare il nipote col proprio intero nome solo quando era veramente irritato - aggrottando le sopracciglia ed incrociando le braccia sul petto.
“Riguardo cosa?” chiese Bo, con circospezione.
Anche Luke aveva detto la stessa cosa..
“Non posso credere che tu te la sia presa con tuo cugino dopo tutto quello che ha fatto per te!” dichiarò zio Jesse, incredulo e arrabbiato.
“Non mi serve una babysitter! Sono abbastanza grande per..” ribadì Bo, ma lo zio lo interruppe aspramente:
“Io non credo, sai? Non capisci che Luke ha agito in questo modo solo perché ti vuole bene e non per controllarti? Che i tuoi cugini sono apprensivi solo per affetto?”
“Io…”
“Non penso che tu abbia riflettuto granchè, in tutti questi giorni!” dichiarò, duramente, lo zio Jesse.
Bo non rispose, ma abbassò lo sguardo.
Dopo qualche minuto di silenzio lo zio si accorse che piangeva.
Gli si stringeva il cuore a vederlo così.
Sapeva di essere stato duro, ma sapeva anche che era necessario perché Bo capisse che ogni azione ha delle conseguenze, che avrebbe dovuto comportarsi in maniera responsabile, che bisogna rispettare le regole e le gerarchie, anche familiari e che la sua i cugini, soprattutto Luke, non voleva soffocarlo, ma si preoccupavano per lui perché gli volevano bene.
“Mi dispiace di averti deluso…” mormorò Bo, cercando di nascondere le lacrime.
Lo zio fece un piccolo sorriso e si alzò per sedersi accanto a lui.
Lo strinse a sé e disse “Ti credo. So che non sei cattivo. La cosa importante non è non sbagliare, ma ammettere i propri errori e cercare di rimediare. Io sono sicuro che lo farai.”
“Non so se ci riuscirò….Io…vorrei essere come te o come Luke…ma non ci riesco….Non sono perfetto!”
“Oh mio Dio! Ho cresciuto dei mostri! – esclamò Jesse, affrettandosi ad aggiungere – Non esiste la perfezione, Bo, io non lo sono e nemmeno Luke. E tu devi essere solo te stesso! Anche se un po’ di buonsenso in più non guasterebbe..”
“Merito una punizione, lo so. Dammela, ma prima dimmi che mi perdoni” disse il ragazzo con un’aria così fiduciosa che avrebbe intenerito chiunque.
“Ti perdonerò sempre, lo sai” lo rassicurò Jesse, stringendolo un po’ più vicino.
Amava Luke, Daisy e Luke come se fossero suoi figli ed esattamente come un padre sarebbe sempre stato pronto a perdonarli e aiutarli.
“Ma ora devi fare pace con tuo cugino…”
“Non vorrà più saperne di me” borbottò Bo.
“Luke che non vuole più saperne di te? – pensò Jesse, tra sé – ma se si butterebbe nel fuoco per te! E tu per lui! Ah, questi benedetti ragazzi!!!”
“Prova a chiederglielo”



Bo trovò Luke in cucina, intento a fissare un bicchiere di limonata quasi pieno.
“Vuoi annegare i tuoi dispiaceri nella limonata? Non sarebbe meglio il whiscky di zio Jesse?” gli chiese, sforzandosi di sdrammatizzare il momento.
Luke vide che il cugino aveva gli occhi rossi e capì che aveva pianto.

[Sei fregato Luke! Sappiamo che non sai resistere alle lacrime dei tuoi cugini! Speriamo che questo aggiusti le cose tra voi!!!]


“No, meglio la limonata…” rispose
“Devo chiederti scusa” dichiarò Bo
“Te l’ha detto zio Jesse?” chiese Luke
“Diciamo che mi ha aiutato a capire alcune cose. Mi sono comportato malissimo in questi giorni. Puoi perdonarmi?” ribatté Bo.
“Non dovrei, perché sei stato davvero impossibile, ma una persona stamattina mi ha detto che fare il fratello maggiore è un lavoro senza paga né ferie a cui non si può rinunciare, quindi credo che dovrò farlo!” affermò Luke, ricordando le parole del dottor Madison.
Si alzò e strinse il cugino in un feroce abbraccio.
“Grazie Luke” mormorò Bo
“Di nulla – rispose Luke – ma ricorda una cosa: se ci riprovi giuro che dimenticherò che hai diciassette anni, chiaro?”
“Promesso” rispose Bo.

Jesse, entrando in cucina, trovò i nipoti abbracciati.
“Ho l’impressione che le cose si siano risolte” disse, soddisfatto.
“Già…” ammise Luke, tenendo un braccio sulla spalla del cugino
“Grazie a te” aggiunse Bo.
“Badate di non combinare mai più una cosa del genere o giuro che finirete tutti e due dritti sulle mie ginocchia!” dichiarò in maniera forzatamente burbera lo zio.
I ragazzi sorrisero e Bo disse “Mi sa che dovrai metterti in fila!” prima di scoppiare in una sincera risata a cui si unì immediatamente anche Luke.
Lo zio Jesse non comprese completamente la battuta, ma fece eco alle risate dei nipoti, lieto che, in casa, fosse tornata la solita armonia.

Daisy,finito di stendere il bucato entrò in casa.
 “Tutto è bene quel che finisce bene” pensò e, da quell’anima romantica che era, non riuscì a trattenere un lacrimuccia.
I tre uomini che più amava al mondo erano in salotto: lo zio Jesse seduto sulla sua poltrona preferita e i suoi cugini sul divano di fronte a lui, col braccio di Luke posato, in maniera protettiva,sulla spalla di Bo.



                                                   - Fine -




Pensavate che non ce l'avremmo mai fatta?
E invece no!   Eccoci qui, dopo aver messo la parola FINE a questa storia.
Non vi nascondo che è dura, per me, lasciar andare i personaggi....anche se so che li ritroverò, magari presto...
Grazie davvero, di cuore e sinceramente, a chiunque ha impiegato un po' del proprio tempo per leggere questa storia.
Un enorme ringraziamento va a tutte le amiche che hanno recensito, puntualmente, ogni capitolo:
- Lella Duke,
- Lu Duke 94,
- Thia,
- Lineadiconfine
- Marzia 1969.
Spero che chiunque l'abbia letta si sia divertito/a almeno la metà di quanto mi sono divertita io a scriverla.
A presto, grazie ancora,
                                             Jiuliet







 











































  
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