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Autore: Pachiderma Anarchico    02/01/2015    1 recensioni
"Le persone che hanno sofferto sono le più pericolose, perché pur temendo il dolore conoscono la loro forza e sanno come sconfiggerlo. La loro paura è pari al loro coraggio. Non si fermeranno di fronte a niente e nessuno e sapranno ingoiare tutte le lacrime, sapranno alzarsi dopo aver toccato il fondo. Chi ha sofferto ha un cuore grande perché conosce il bene e conosce il male e ha rinchiuso in se tutto l'amore e il dolore. Sapranno sempre allungare una mano per fare una carezza e trovare una parola per confortarti, ma non sottovalutarle mai, perché sapranno ucciderti nel momento in cui tu cercherai di farlo con loro."
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Too frail to live, too alive to die.'
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Come promesso.. la parte 2.
Grazie grazie ancora ancora.
Pachiderma Anarchico.
PS: Non ho riletto niente di questa parte, è stato un flusso buttato di getto senza quasi pensarci, scritto in un tempo di due giorni. Non era mai capitato col punto di vista di Aleksander. perdonatemi.

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CAP. 15  -parte II-




Aleksander

 

La musica scoppietta come un fuoco di Natale inferocito fra console e dj, dj e persone, persone e piscina. In quest'ultima l'acqua vibra trascinata dall'assordante motivo di una musica house americana. Neanche un alito di vento intacca la notte di una domenica di fine primavera. E non una domenica qualsiasi. Ma l'ultima, prima che si spalanchino le porte dell'inferno. 

Mio padre lo chiama futuro, io non ho neanche il coraggio di chiamarlo. Non lo ammetterò mai davanti a lui. 

E' per questo che è appena mezzanotte e il cestino della spazzatura delle modeste dimensioni della torre di Pisa è già piena fino all'orlo di bottiglie di birra e vodka vuote. E se lo si guarda dalla giusta angolatura, è anche inclinato da un lato. 

Siamo terrorizzati, chi più, chi meno, e le luci della discoteca che ho allestito sulla terrazza del mio attico non bastano a mascherare gli occhi lucidi e le sottili spirali di canne nascoste. 

-Dammi un tiro.-

Sottraggo alla bocca di qualcuno l'ennesima boccata di fumo e mi guardo intorno con lentezza, placidamente come se avessi tutto il tempo del mondo. Ma non ho tutto il tempo del mondo, nonostante sappia che una settimana non passa in fretta, nonostante le luci della mia Varsavia rimangano sempre lì, fisse e sicure come una certezza matematica. 

Il tempo della pacchia, dei colpi di testa, dell'adolescenza in cui ti viene concesso tutto perché sei disposto a tutto sta per finire. I miei non fanno che parlare della prestigiosa università dopo il diploma, i parenti non vedono l'ora di vedermi diplomato come se stessi per sposarmi e la famiglia di Magda non sta badando a spese per la festa che darà in onore della maturità della loro adorata, unica, figlia. E' un orologio che non si ferma del quale i secondi, infinitesimi, piccoli, scorrono inesorabili. 

Quando sono passati questi quattro anni?

 

-Samuel.. si fa toccare mentre viene.-

-Che?-

-Dominik.-

-Ah..Domi.. DOMINIK?! Che cazzo hai fatto Aleksander?-

-Un guaio Samuel.-

-L'hai fatto..con..-

-Sì cazzo..sì.-

-E..com'é stato?-

-Beh..-

-Leks come..-

-Ti risparmio tutto l'insopportabile patatrac psicologico per una santissima volta. È stata la miglior scopata della mia vita.-

-...merda.-

-Eh merda sì.-

-E ora che fai?-

-Espatrio. La Polonia non é più un posto sicuro per me. Che ne dici della Bulgaria? No, troppo vicina. La Svizzera? No, devo uscire dall'Europa. La Thailandia! La Thailandia non è in Europa vero?-

-Okay le tue conoscenze geo-politiche fanno cacare ma..Cosa hai intenzione di fare adesso??-

-Adesso.. cambiamo piano.- 
 

-Alza il volume Antony.-

-Ma è a al massimo.-

-A quant'è?-

-Novanta..-

-Allora non è il massimo. Tu vai a novantanove.. Non voglio sentire neanche i miei pensieri stanotte.-

Con un balzo svogliato scendo dalla piattaforma rialzata dove servizio bar e amplificatori distribuiscono il nostro pane quotidiano e mi dirigo in mezzo alla folla che si dimena intorno la piscina a ritmo di musica. Non lo do a vedere che sto andando proprio lì, ma ho intravisto una testa mora attraverso le luci psichedeliche che mi interessa.

-Principe.-

Si volta, assonnato, o finge solamente di esserlo. -Perchè così triste?-

-Stasera potrei farti la stessa domanda- risponde.

-Non sono triste, ti sembro triste?-

-Vuoi la verità?-

-No.-

-Allora non mi sembri triste.-

Sorride piano, discreto, circospetto come un pesce fuor d'acqua. 

Cambio argomento per non perdermi nel rosa di quel sorriso.

-Lo stile è di nuovo sobrio stasera eh?- prorompo e alludo ai miei jeans grigi e alla sua felpa nera.

-Non possiamo essere troppo perfetti, o i nostri si abitueranno.. D'altronde..non ci siamo ancora diplomati.- si guarda intorno, poi bisbiglia: -La notte è ancora nostra.-

S'è c'è una cosa al mondo che detesto, è quando qualcun altro ha ragione, perché ciò implica automaticamente che io ho torto. 

Ma c'è una cosa che detesto di più, persino di più di quando ho torto, ed è quando ho torto perché Dominik Santorski ha ragione.

Complicato? Bè, mettiamola così: io detesto dargli ragione.

Ma stasera c'è l'ha tutta questa bastarda che se ne va in giro, di persona in persona a tradirmi. Stanotte la ragione è sua. 

Eh si..potrei intavolare un'abile arringa e argomentare in modo tale da darmi ragione anche se non c'è l'ho -sono sempre figlio di un illustre avvocato- ma la notte è troppo giovane per fare certi discorsi, quindi lo tiro in pista prima che possa obbiettare e soprattutto, prima che possa obbiettare io. 

-Devo farmi vedere impegnato o Samuel vorrà ballare un lento-.

Dominik si volta, nasconde un mezzo sorriso, dice: -Non credo che ci sarà questo pericolo stavolta.-

Seguo il filo del suo sguardo e capisco che ha ragione per la seconda volta in meno di sette minuti: Samuel si sta scatenando in pista al fianco di Sandra, la coda alta sfasciata e i capelli biondo rossicci incasinati sul folto arrossato. 

-E poi non credo ci siano lenti nel mio repertorio- aggiungo. -Nella musica come nella vita-.

-Perchè? A volte è bello rallentare un po'..- si fa più vicino, -guardarsi attorno..-

-Vivere-.

-Già..vivere.- e mi guarda, in modo strano, le palpebre lievemente socchiuse a dimezzare l'azzurro torbido dei suoi occhi. Mi guarda e lo guardo, mi chiama e rispondo. Non servono parole, quando il battito del cuore scandisce un ritmo che è solo nostro. Non servono parole quando, con la scusa di una canna, me lo porto lontano, lontano dalla gioventù e dall'alcol, con solo un bicchiere in mano sua, lontano dalla piscina e dalle luci, lontano dalla corrente.

Come se il domani non esistesse.

Alcune coppie sono ammassate nelle scale che conducono in casa. Scendiamo più giù, appostandoci sul secondo gradino che si affaccia sul corridoio. Ho proibito di fumare in casa perché mio padre mi ha proibito di far fumare in casa e il contrasto con l'aria che spira all'esterno, satura di sigarette improbabili e quella invece limpida all'interno, ha una differenza quasi palpabile. -Fumi?- 

-Bevo- si porta il bicchiere di vodka alla bocca.

Pesca dal cocktail un cubetto di ghiaccio dai bordi già mangiati dall'alcolico e lo raccoglie tra le labbra, succhiandolo mentre osserva il liquido rosa volteggiare fra le pareti del lungo bicchiere di plastica dura. 

-Sei preoccupato?- domanda senza guardarmi, incastrando il ghiaccio tra denti e lingua.

-Per cosa, gli esami?- Scuote la testa e finalmente vedo i suoi occhi nella mezza luce del corridoio. -Per il dopo-.

La luce sembra improvvisamente più scura, come se la porta della terrazza in cima alle scale abbia risucchiato l'ossigeno nei nostri occhi. 

-Sì-.

Il suo sguardo è qualcosa che non capisco, padrone della strana inconsapevolezza di chi non ha nulla da perdere. 

Ho capito che questo diciottenne è diverso da tutti quelli che ho incontrato, differente da tutti quelli che conosco; diverso da me, da Samuel, da Antony. Diverso perché, al contrario di noi, corre su un binario diverso, irraggiungibile per chi come me, ha l'occhio del mondo incollato al sedere. A volte mi sembra che la vita stia correndo troppo in fretta, che il suo scorrere sia frutto di un copione già scritto da qualcun altro, e che io debba limitarmi soltanto a sottostare alle sue battute. Come un attore che non può aggiungere nulla di più al suo personaggio, come un incontro di Judo in cui ho già previsto tutte le mosse dell'avversario, e so come attaccarlo, e non può sfuggirmi perché io sono più forte, e se anche non lo sono ho calcolato, studiato, esaminato, analizzato la persona che ho di fronte in modo che nulla possa più sorprendermi. Mi sono allenato tutta la vita a far sì che chi avessi davanti non avesse segreti per me, a mantenere saldo il sangue nelle vene, a renderlo ghiaccio e neve se necessario, ad ibernarmi sulle mie decisioni, ad essere il leader, l'unico che seguiresti, l'unico che comanda. E' una partita già vinta, una battaglia in cui la mossa che ti metterà al tappeto sarà la mia, è già scritto, è scontato, così banale da fare schifo. 

E poi arriva lui. 

Con le stelle negli occhi che ti guardano solo se costretti e quando lo fanno il più delle volte sono nauseati da ciò che vedono; con la pelle di quel bianco uniforme, leggero, omogeneo, inconsistente come il cristallo di grandine quando si posa sulla mano calda; con il silenzio di chi parla solo quando interpellato ma che comunque tutti si voltano ad ascoltare.

Dominik è questo, uno che potrebbe farti gli auguri di Natale il giorno di un funerale. E mi fa rabbia, credetemi, vederlo così semplice, alle prese con un cubetto di ghiaccio smussato che non vuole sciogliersi in bocca, con il profilo morbido e la lingua che tocca le labbra rosse disegnate con una matita invisibile, e trovarlo irresistibile. 

Mi incazzo come una bestia sapendo di avere già perso in partenza con lui con la stessa velocità con cui gli altri perdono contro di me. 

Poi arriva lui, e io non sono più capace neanche di prendergli la faccia tra le mani e premere le mie labbra sulle sue, e baciarlo,e  forzarlo ad assecondare la mia lingua perché ripeto, sono io che comando. Ma a lui non interessa. 

-Tu non hai paura Dominik?- la mia è pura curiosità, un silenzioso cedimento alla sua incomprensibilità. Mi sono arreso al fatto che devo chiedergli spiegazioni per riceverle.

-Tutti hanno paura Aleksander-.

-Sai cosa intendo..- un mezzo sorriso si impadronisce delle mie labbra. Devo smorzare una tensione che non avevo notato. -Degli esami..del cambiamento..-

-Mi piacciono i cambiamenti- è lui a creare questa tensione, la piega invisibile della sua bocca, il bicchiere che non sta fermo fra le sue mani. -Significa che il mondo non si è fermato.-

-Il mondo non si ferma Nik, e io vorrei solo questo, per una volta, una fottuta volta, che si fermasse, o almeno..rallentasse..-

Tiro fuori una sigaretta dalla tasca del Jeans, poi mi ricordo che mio padre mi mozzerebbe il capo con tutti i capelli se andassi contro alla sua prima, intransigente norma domestica: niente nicotina fra le mura dell'attico. 

Dannazione, mi servirebbe proprio qualche tiro e un po' di tabacco a giocare sulle tonsille in questo momento. Questo genere di conversazioni mi fanno venire l'orticaria, ma con Nik è diverso, lui prima di rispondere ti guarda, mi guarda, mi osserva, si inumidisce le labbra, sorride, torna serio, poi non so se mi sta prendendo in giro o se quel luccichio negli occhi è solo fantasia. Solo allora risponde: -Apri la bocca.-

Perdona il perplesso -Che?-

-Apri la bocca- e me lo ripete nello stesso, identico, preciso, sputato modo della prima volta.

Sto giusto riflettendo sull'immagine del mio dentista che mi dice le stesse, identiche, precise, sputate parole quando il lieve torpore di un respiro mi accarezza le guance e il profumo di vaniglia e iris riempie l'aria, le voci attutite, il mio dentista. Riempie tutto, prepotentemente, violentemente, fastidiosamente perché no, ma non lascia posto a nient altro.

Non capisco cosa vuol fare fino a quando non lo fa. 

Mi sospinge piano a lasciarlo entrare fra le mie labbra e mi bacia, leggero come un sospiro, delicato quanto un sussurro, ma con la stessa proibizione di un sussurro erotico. Voglio raggiungerlo con la lingua ma il freddo si materializza su di essa e brividi di piacere mi percorrono la schiena come se fosse l'autostrada Varsavia-Berlino. Mi ha passato il cubetto di ghiaccio, dalla sua bocca alla mia, e la sua consistenza ghiacciata, più il suo alito caldo che si somma al mio respiro, più quell'odore che è solamente suo, mi lasciano in bocca qualcosa che si fa sentire fino al basso ventre, vibrando nel petto.

Si alza e un sorriso che sa di vittoria gli danza in viso. -Visto..- dice, con me che lo guardo piacevolmente sconcertato. -Che lo si può fermare?-

Mi alzo anch'io, seguo il suo sorriso, la mia serietà si incrina, la mia tensione non esiste più. Ci riesce davvero a rendere tutto più semplice. Proprio lui, che è il re delle complicazioni.

Guardo il paio di coppie in cima alle scale, poi lui, come un complice al suo primo furto. -Tu dici che mi notano?-

Sbatte le palpebre. -Se fai cosa?-

-Se faccio questo.- e gli piombo addosso, poggiandolo al muro, incatenandocelo se necessario, perché stasera mi serve proprio la sua vicinanza. E anche questa non basta. 

Lo bacio con foga, avidità, quasi non lo lascio rispondere, sottraggo alle sue labbra il respiro, gli rubo l'ultimo grammo di "sei uno stronzo" che si snocciola fra le calcolate pause in cui gli lascio accennare qualche parola, blocco i suoi tentativi di sfuggirmi. Gli piace, so quanto gli piace, ma è un'orgogliosa testa di cazzo e devo mettere in stop il contatto famelico fra la mia bocca e la sua per guardarlo in faccia. -Se ti muovi mi risvegli una certa situazione.-

-E come si risveglia si riaddormenta. Lasciami andare irrecuperabile bastardo..stronzo pallone gonfia..- lo zittisco continuando il mio lavoro con la carne piena e rosa delle sue labbra e a mo' di giustificazione gli sussurro in un orecchio: -Re batte principe..e il re sono sempre io.- Le mani si insinuano fra la notte dei suoi capelli, lui non permette alla mia lingua di varcare la soglia che voglio disperatamente fare mia, la sua cavità orale ricoperta da una pelle così.. Voi non potete capire cos'è toccare la pelle del suo collo, sotto la mandibola, intorno al pomo d'Adamo, sotto il lobo dell'orecchio, vicino la nuca, all'altezza della carotide. Liscia, libera, con lui che mi respira addosso in modo affrettato, chiaro segno che questi territori sono un suo punto debole. E scovare un punto debole di Dominik non è mai stato semplice. 

Lo sprono per entrare nella sua bocca, gli cerchio le labbra con la punta della lingua e con quella stessa lingua vorrei dare inizio allo scontro con la sua, ammansirla al mio tocco, sentirla più ribelle. Ma lui stringe le labbra, mi permette solo di baciarle e a me serve altro, serve di più, mi serve lui come la nicotina che non ho potuto fumare, come la canna riposta in tasca, come il giubbino di Armani le serate di gennaio. E' una droga sentirlo tuo e non tuo mentre cerchi di abbattere le sue difese, e' un droga la sua pelle e il modo in cui si accalda, con lentezza estenuante, senza mai darsi al primo tocco. 

E' una droga e io. la. voglio. La pretendo.

Sono tanto vicino da scorgere nel suo incarnato, qualcosa che intacca la porcellana all'altezza dei polsi.

-Cosa sono?- mormoro, con un occhio abbassato a tentare di capire cosa siano i segni sotto ai suoi polsi e un altro intento a baciarlo. 

-Cosa?- chiede lui senza davvero essere interessato alla risposta, volendo che continui a stuzzicarlo. 

-Quelli..-

-Quelli che?-

Gli prendo il polso destro ed è come se si scottasse, me lo leva dalla mano con velocità sorprendente. Una padronanza di riflessi che non credevo possedesse mentre era in balia delle mie attenzioni. 

Avrei dovuto capirlo in quel momento, da come si era irrigidito, da come la sua schiena si fece dritta e le gambe immobili, da come i suoi occhi tornarono ad essere lastre di ghiaccio spesse e circospette di un paesaggio in cui infuriava la bufera. Avrei dovuto capirlo dal fatto che l'eye-liner non c'era intorno ai suoi occhi, ma nel modo in cui mi guardò -nel modo in cui si sentì improvvisamente in trappola addossato a quel muro con me a una manciata di centimetri di distanza- potevo vedere facilmente le decise linee nere a rendere assassino il suo sguardo. 

Ma non lo capì, e la pagai cara. 

-Quei segni..-

-Aleks, c'è Asher che si è imbucato alla festa-. 

La voce di Magda mi costringe a guardarla e ad annuire, il cervello che vaga in due diverse direzioni.

Salgo velocemente le scale e torno in terrazza, con Dominik al seguito, nella musica che è di qualche decimo più bassa. So perché.

Tutti sono a conoscenza del fatto che io, Aleksander Lubomirski, non ho invitato Asher Brown a questa festa. Avevo detto qualcosa a riguardo, una scusa più che falsa per il mio rifiuto ad averlo in casa mia dopo anni che siamo nella stessa compagnia, dopo secoli che i nostri rispettivi genitori si frequentano, ma la verità è che dopo aver toccato il ragazzo dal pearcing al sopracciglio dietro di me, non l'ho più guardato nello stesso modo. 

La sua sfolgorante luce di affabilità per me si è spenta, nessuno tocca la mia roba, consapevole o inconsapevole. E Dominik Santorski è roba mia.

Chiamatemi territoriale, possessivo, prepotente, me ne farò una ragione.

-Samuel- lo avvicino, arrancando con fare da padrone verso l'intruso, -com'è entrato?-

-E chi lo sa, quello ha il mantello dell'invisibilità di Harry Potter, è comparso dal nulla.-

-E adesso lo faccio scomparire io- faccio un fischio, -Asher.-

Lui si volta, fa un sorriso, ma si ferma. L'ha capito che gli conviene fermarsi.

-Mi sembrava di non averti invitato, cosa ci fai qui?-

-Aleks.. luce dei miei occhi, credo tu te ne sia dimenticato..di invitarmi intendo. Allora ho fatto da solo. Non ti dispiace spero- ammicca.

Avanzo, testa alta, nessun tentennamento. -Fuori di qui.-

-Altrimenti che fai? Mi metti al tappeto con una delle tue strabilianti mosse di Judo?-

-Mi stai sfidando per caso? Vuoi provarla sul culo una delle mie strabilianti mosse di Judo?- mi accorgo solo adesso che la musica è cessata e che tutti i presenti ci stanno osservando, circondandoci in un cerchio semi perfetto, come accade sempre quando nell'aria c'è odore di..

-Una rissa? Vuoi iniziare una rissa proprio qui? A casa dei tuoi? Di nuovo?- Asher allarga le braccia, sa di averla fatta franca. 

Ma non grazie al mio buon autocontrollo o alla sua inesistente dose di buonsenso. Grazie a Samuel.

Perché io mi ero davvero gettato contro quel pagliaccio e gli avrei davvero legato le palle sulle orecchie e lui, privo di quel famoso buonsenso, mi aspettava con un ghigno persistente sulle labbra carnivore.

-Leks per favore non dargli questa soddisfazione- bisbigliò Samuel tenendomi dalla camicia. -Vuole solo questo, una rissa per farti passare qualche guaio.-

-E voglio dargliela questa rissa Samuel. Se ci tiene tanto che lo lasci morto a terra.-

Lui continuava a tenermi e io continuavo a dimenarmi, ed altre mani si aggiunsero al coro di quelle che non volevano che la magnifica piscina della mia superba terrazza del mio superlativo attico si imbrattasse di rosso.

-Voglio solo dire due paroline Leks.. Non scaldarti- salta sul ripiano rialzato sotto al gazebo dove servizio bar, divanetti e stasera anche console, fanno lo sfoggio del mio lusso. -Due paroline e me la squaglio..- strappa dalle mani del DJ di turno il microfono usato per animare la discoteca e batte teatralmente due dita sulla testina dove la capsula amplifica la sua voce. 

-Mi sentite? Sì? Sì. Karolina sei una bellezza sui tacchi stasera.. lasciamelo dire.-

Karolina si guarda intorno, rintanando una bruna ciocca riccia dietro l'orecchio. Vorrebbe sorridere, le lusinghe sfrontate di Asher non le sono del tutto indifferenti, ma è palese che lei non sa quale debba essere la reazione appropriata, se andare contro di lui o contro di me. Perché la ragazza, sveglia quando si degna di esserlo, ha capito una cosa, al contrario del suo corteggiatore, che da qualche settimana deve esserselo dimenticato: non si va contro il sottoscritto. 

-Bene.. quanta gente conosciuta.. Che c'è Leks hai invitato tutto il quinto anno del Rosiska stasera?-

-Asher porca di quella miseria porta il tuo culo fuori dal palco prima che ti faccia scendere io a calci nelle gengive- sputo tra i denti.

-E un attimo..fammi contare quanti siamo.. uno..due..tre..quattro.. Ah bè, ad occhio e croce.. ricordate la gita del secondo liceo? Samuel si portò dietro una bottiglia di Rum di nascosto dai professori e quando i suoi lo vennero a sapere minacciarono di venire a Bruxelles a prenderlo, e lui si spaventò così tanto che aveva già i documenti falsi in mano pronto per darsi alla macchia..- ridacchiò, ci fu qualche risolino, sorrisi, alzate di calici, ma non ero l'unico ad aver capito che Asher Brown non si sarebbe scomodato ad essere qui se non per una buona ragione; perché Asher Brown è colui il quale a sedici anni in suddetta gita fece scappare urlando alcune ragazze risiedenti nel nostro stesso hotel, ritagliando strane forme con la carta e facendo ombre con la fiamma di un accendino sulla finestra delle sue vicine. Il tutto durante la notte. Quelle figure erano state create con precisione millimetrica. Furono spaventosamente geniali. E anche ora, con un microfono in pugno e l'attenzione su di sé, infiltratosi nella festa dell'anno a cui lui non è stato invitato, dopo ciò che è successo il mattino seguente di quella registrazione, non credo proprio che lui sia qui e abbia rischiato di essere preso a skateboardate nelle cervella da me per sproloquiare su semplici aneddoti della nostra giovinezza. Nei suoi gesti, nella raffinata gentilezza nella sua voce.. il luccichio negli occhi d'argento.. Samuel mi rimane vicino, pronto a contrastare ogni mio colpo di testa.

-O quando Magda fu così ubriaca che dovemmo trascinarla su per i cinque piani del suo palazzo perché si era addormentata..o quando..- e si fermò, osservando con interesse qualcosa all'orizzonte. Poi continuò: -Ma non sono qui per questo, rammentare le gesta del passato. Quello che voglio dirvi stasera è qualcosa che non sorprenderà nessuno. Non ha sorpreso me, non ci riuscirà con voi. Credo che qualcuno di voi rimarrà stupito, ma per il resto.. Non ha sorpreso nemmeno il protagonista del fatto quando è successo. Credo che c'è lo aspettassimo tutti che Nik si sciogliesse nuovamente davanti alle labbra di Leks, no?-

Cosa?

-Sì andiamo.. il 7 maggio si sono baciati di nuovo..sapete? E' stata una cosa epica..Da soli, nella palestra, durante un allenamento di lotta corpo a corpo.. Dio l'avete mai visto Via col Vento? Un bacio di quelli, non tanto intenso eh..c'erano delle remore..delle paure.. ma bello da mozzare il fiato..- Fa una pausa, si rivolge verso una persona in particolare. Non mi sento le ossa. -Dominik.. sì, me ne ha parlato..perchè Aleksander è così, è uno di noi. Davvero credevi che potesse essere diverso con te? Che ti facesse una sottospecie di.. trattamento di favore? Perché eri tu? Perché baci bene?- scuote la testa come un parroco dinnanzi la confessione di un bambino. -No no no.. Aleksander Lubomirski va dove gli conviene..si schiera dalla parte più forte. E tu tesoro mio, per quanto possa esserlo, non lo sarai mai abbastanza. Un bel faccino a volte non è abbastanza… forse… forse non dovevo dirtelo.. non ti ucciderai di nuovo vero?.. Ops!- si porta indice e medio sulle labbra, spalanca gli occhi, la bocca è una "o" p e r f e t t a. -Forse non dovevo dirlo che hai tentato il suicidio.-

-Stronzo..- Sento Samuel ma non lo sento. Non c'è, non esiste, non può raggiungermi. Niente può farlo quando ho sentito l'anima aprirmisi in due, spaccarsi come un pezzo di carta, come una stoffa strappata dalle mani più feroci. 

Le sue. 

Voglio sprofondare, scomparire, per la prima volta nella mia vita, vorrei non essere me stesso. 

Li guardo, e non li riconosco. 

Tutte queste facce..questi volti, vuoti..queste maschere prive d'importanza..l'immobilità mi divora, spalanca le sue fauci, attende le mie carni, l'anima ridotta a brandelli sempre più piccoli, sottili. Continua a dilatarsi la voragine, a stracciare le parole di Asher.. mi scuote solo il vederlo. Il vedere i suoi occhi che non mi conoscono e lo fanno meglio di sempre. 

Mi guarda, due secondi, due millesimi, e so che è troppo tardi. E' sempre, troppo maledettamente, tardi.

Ma questa volta lo faccio lo stesso. 

Non lo lascio andare così.. Ho visto l'attimo in cui è caduto, nei suoi occhi, e lo vedo adesso, che che ha annuito, verso di me, solo per me, e si è girato, che se ne va, che si allontana.. dove non posso raggiungerlo. 

Nel nero più nero che solo ora ho capito quanto.

-Nik.. Nik aspetta..- 

Cosa ho fatto?

L'immobilità dell'aria è qualcosa di differente dal vento che urla nelle tempie, che mi sbatte contro cose più grandi del Judo..università..soldi..carriera..: vendetta, sofferenza, suicidio.

Mi faccio spazio a forza, li spintono senza pietà, devo raggiungerlo..fermati..

-Dom..- scendo le scale, lungo il corridoio, attraverso il soggiorno, una spallata alla porta, è già nell'ascensore. Mi fiondo per le scale, uno scalino, due scalini, tre alla volta.. veloce, di più, e davanti e solo l'immagine dei suoi occhi..il suo sguardo che non tocca Asher.. si sfracella su di me, condanna me, perché voleva me.

Ho dato il meglio, il meglio di me a persone che non lo meritavano niente, alleati in una guerra in cui il tuo miglior alleato ti pianta un pugnale nelle spalle e ho fatto tanto a te..proprio tu che.. io ho.. l'ho tirato da un braccio. -DOMINIK!-

lo costringo a girarsi e.. la testa mi scatta di lato, la mascella dolorante, l'aria stantia della mia sorpresa. 

Un pugno. 

Mi ha tirato un pugno.

Che fa anche male cazzo.

Alzo le mani, come se mi avesse puntato una pistola alla fronte, nonostante abbia solo voglia di portarmi le dita al volto e tastare quante ossa facciali mi ha rotto. 

Ma alzo le mani, velocemente, l'istinto della difesa, un gesto che spererei lo calmasse, un gesto che spero gli trasmetta che non voglio fargli la guerra. Ma non ho mai smesso di bombardarlo.

-Non.. non farlo..- sussurra, alzando una mano, indietreggiando, spaventato, incazzato, distrutto.

Era.. Era distrutto, annientato, spezzato, rotto, e la cosa peggiore: vedevo il mio coltello nelle piaghe delle sue braccia, ora così evidenti da far male, vedevo il suo sangue sulle mie mani, il nero sporcarmi la pelle come petrolio su ali di gabbiano.

-Io l'ho fatto prima.. gliel'ho detto prima che..-

-Bravo.. complimentoni.. Aleksander..- annuisce, mi guarda ma non mi vede.  -Hai vinto. Hai vinto ancora e vincerai sempre, vero?- 

Parla velocemente, sussurri a urli a parole soffocate per non crollare sull'asfalto. Siamo fuori, sulla strada sotto casa mia, ma non me ne rendo conto fino a quando non vedo la tempesta nei suoi occhi, il nulla nei miei. Tranne una cosa.

Voglio fargli capire una cosa.. una soltanto.. ma come posso raggiungerlo? Come posso vincere contro lo stesso dolore che ho causato? Lì, dove non avrei mai osato spingerlo.

-Non ne avevo idea..-

-Certo..come tutti..-

Ci riprovo. So che non servirà. -Dominik..-

-Hai..giocato.. hai solo giocato..- scuote la testa, mi avvicino, si guarda intorno, vorrei toccarlo, chiude gli occhi come se solo il guardarmi gli faccia male. 

-Io mi sono fidati di te.. Ho fatto sesso con te.. e tu..- si porta le mani tra i capelli, poi sorride e mi fa paura. -E' stato solo un fottuto gioco per te.. solo un gioco..-

-Non è così e tu lo sai.-

-..Cosa so? Cosa.? Io non so niente.. so solo che certe cose non cambiano mai.-

-E allora TU!? Non credi che avresti dovuto dirmi che hai tentato un cazzo di suicidio!?- ringhio, alzo la voce, è nero il cielo, sono neri i suoi capelli, nera quella parola. Appena la pronuncio mi si impiglia in gola, graffia, scalpita come un cavallo di tenebra, è troppo, persino per me. Ma non per lui. Niente è troppo per il ragazzo che ho di fronte, niente è troppo per chi ha il coraggio nelle vene. Dove ti ha portato? Quando in giù ti ha spinto..?

-Perchè avrei dovuto farlo? Chi eri tu.. chi sei..? Tu non sei nessuno Aleksander Lubomirski tu. non. sei. nessuno. per me.- 

Il petto si alza e si abbassa nel sostegno di coltelli roventi che si scagliano contro l'aria gelida a velocità inaudita.

La sua voce.. è il ghiaccio più puro, il freddo più denso.. la punta di una forbice che ti si infila nella carne strano dopo strato.. vena dopo vena. 

Sa dove tagliare, sa come farlo. 

Ma lo sento lo stesso il dolore, e la sofferenza, e quei segni sui polsi che non oso arrivare ad immaginare come se li sia fatti.. la sento la sua pelle aprirsi, le cicatrici squarciarsi.

-Cosa avrei dovuto dirti..?- sibila, donando ad ogni sillaba il peso della solitudine, -che tenevo a te più di quanto pensassi? Che il tuo comportamento da.. stronzo mi ha fatto piantare una lama nelle vene? EH? Cosa cazzo avrei mai potuto dirti? Che da quella notte non ho desiderato altro che la tua bocca si avvicinasse di nuovo alla mia? Cosa dovevo dirti? Che mi hai ucciso?!- scuote la testa, con forza, con rifiuto. 

Vorrei parlare ma sembra che tutto ciò che possa dire sia rimasto incastonato in gola come la gemma più preziosa in una corona d'oro. Qualsiasi frase non sarà mai abbastanza da scalfire il muro invisibile ma perpetuo che si staglia in mezzo a noi, separandoci ancora una volta. Separandoci dove non possiamo arrivare. Non abbiamo la forza di abbattere i mattoni che ci distanziano, gli abissi che non si colmeranno mai.

-no..- alza le spalle, un gesto che non gli si addice -eh.. No..- ride, aspramente, il vetro che si infrange sulla pietra -NO-.-

No, questa volta neanch'io sarò abbastanza. 

-Non te lo avrei detto e adesso so che ho fatto bene.-

Mi abbandono a me stesso, lascio che i respiri si calmino, che il vento si alzi, che le domande diventino punti indefiniti in un mare di perché. Lascio che la parte peggiore prenda il sopravvento, che il male che sento si camuffi in una forza illusoria che p l'unica ancora di salvezze in cui posso sperare, adesso. 

-Sei sempre la vittima.. non è vero Dominik? Il personaggio principale di un dramma solo tuo.- anche io rido, ma solo perché temo che le lacrime infrangano quella porta blindata che stanotte sembra assolutamente inconsistente a tenerle lontane dalle mie guance. -Il povero.. piccolo.. cocco di mamma che abbiamo fatto suicidare..- la mia voce risuona strana nell'ansimare dei respiri di Dominik, nella fretta dei miei. La mia voce risuona cattiva, esattamente come voglio che sia. Deve uscire lava bollente dalla mia bocca, deve uscire il menefreghismo che so mi proteggerà dal dolore che sbraita a saperlo così, e al non aver fatto niente per aiutarlo. E' stata colpa mia Dominik. E la consapevolezza mi sta uccidendo. -Abbiamo ferito i suoi frangili sentimenti.. la delicata sensibilità del frocietto..-

Perdonami Dominik.. ma devo giocare a chi colpisce più forte, a chi fa male di più. Devo soffocare l'urlo che è pronto nella gola.. perché io vorrei urlare, urlare fino a non avere più fiato, urlare ad una realtà che non mi piace più.. urlare a te, che mi hai mostrato cose che non dovevo bramare, che potevamo avere quello che non avremo mai. Sei stato tu il primo a mentirmi, con quel bacio, quella notte, durante quel dannato ballo, quando con timida sfrontatezza mi hai mostrato che non avevi paura di niente, neanche di te stesso.

Sei stato tu il primo a mentirmi, bastardo, tu e le promesse delle tue labbra e la luce nei tuoi occhi e la certezza che non sarei mai stato capace di mandare tutto a fanculo pur di averti. 

Ho dovuto spegnerla, capisci?! Ho dovuto farlo!

Ma tu non urli, ti fermi, assottigli il tuo azzurro, le ciglia lunghe e nere sono un prolungamento della notte sui tuoi occhi, ma le stelle non ci sono a fargli compagnia. Tu non urli, non piangi, non graffi, non mordi. Non mostri i denti, non mi prendi a pugni. Ma semplicemente ti fermi, e mi guardi, e quell'azzurro è falso, perché è nero, il nero che mi lanci addosso con la chiarezza di chi sta cadendo a pezzi, ma non lo farà davanti agli altri. Tu non urli, ti fermi, mi guardi con l'odio che non riesci a provare. E mi fa fottutamente male, mentre le tue labbra si schiudono, mentre la tua voce articola dei sussurri, sapere che nonostante tutto l'odio che meriterei, tu, ancora, non riesci a provarlo. Prendimi a calci, fammi sanguinare, riducimi a brandelli ma non startene lì, immobile, a guardarmi con l'amore negli occhi.  

-Mi fai schifo.-  

e non sei più mio.

  
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