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Autore: Theredcrest    03/01/2015    2 recensioni
Il Varco è aperto. L'Inquisizione, formata dalle menti più brillanti del Thedas, combatte per liberare il mondo da un nemico che potrebbe rivelarsi impossibile da sconfiggere. Eppure, la speranza è ancora viva, riposta nelle mani dell'Inquisitore, dei suoi compagni e consiglieri. Ognuno di loro con le proprie esperienze. Ognuno con le proprie ferite.
Il Comandante Cullen è uno di loro. Segnato dal passato e dagli errori che lo tormentano, si concentra sull'Inquisizione per porvi rimedio e ritrovare una pace che non conosce da molti anni. Ma potrà mai farlo?
Attenzione: il testo contiene spoiler sulla trama del videogioco.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Non aveva retto alla disperazione, agli incubi, alla mollezza causata dall'assuefazione. Le sue membra erano diventate deboli, troppo perché lo potesse sopportare, e la sua testa annebbiata da pesanti coltri che non riusciva a scacciare. L'agonia nel corpo si era fatta più intensa e letale. Più di tutto, per lei e per l'Inquisizione non l'avrebbe voluto fare, ma ormai non c'era più ritorno e il suo destino sarebbe stato o quello, o la pazzia. Aveva portato le mani alla scatola, e con cautela separato una fragile fiala dal resto del contenuto, guardandola al contempo con timore e desiderio. Per riottenere la lucidità e proteggerla, per servire uno scopo, se l'era appoggiata alle labbra, ancora indeciso, il bordo gelido contro la pelle. Aveva fatto del proprio desiderio di servire il suo stesso tormento e ormai dimentico di ogni altra cosa, il Leone l'aveva assunta fino all'ultima goccia, consumando il liquido dal lieve bagliore metallico.
Il vetro era caduto sul pavimento finendo in mille pezzi. Solo allora aveva sentito il lyrium bruciare nella sua bocca e sulla lingua come mai prima d'allora, ed immergersi nelle sue profondità, aldilà di ogni spazio e cavità, come fuoco nelle vene. Sulle prime pensò d'essere stato avvelenato o che la sua dose fosse stata trattata, ma poi i suoi occhi mirarono il riflesso dei piccoli frammenti sparsi per terra, e la melodia iniziò a suonare nelle sue orecchie, di una bellezza effimera. Un canto stupendo oltre ogni dire.
Nella meraviglia e nella ritrovata forza, vide rosso. Non sentì più dolore, sebbene sulla sua pelle scoperta un reticolo di capillari fosse emerso e i cristalli iniziassero a farsi strada negli strati del suo essere, ciechi e appuntiti. E la voce, la voce si faceva più intensa e splendida ad ogni secondo che passava, e ne voleva ancora, e ancora. Con le mani salde, prese la spada e vide che poteva reggerla quasi senza sforzo, come se fosse un naturale prolungamento della sua mano. Con l'altra, accolse la figura alle sue spalle, gli occhi luminescenti come carbone rovente. Quando parlò, la sua voce sdoppiata in un sottotono metallico si alzò fluente, e le parole vennero da sé.
«Inquisitore, non senti anche tu la melodia?
È così... bella

Cullen si svegliò di soprassalto, con un balzo. La testa appena alzata si voltò da una parte all'altra, i muscoli del corpo già tesi verso un nemico invisibile, le mani pronte ad afferrare la spada poggiata alla testiera del letto. Secondi di confusione si susseguirono, fino a quando comprese che nulla di quello che aveva visto accadergli era stato reale, che non si era ancora lasciato andare all'idiozia. Respirò a fondo, e ricadde sul cuscino passandosi una mano sulla fronte sudata e tra i capelli. Dall'unica finestra della stanza, poteva vedere il sole già alto mostrarsi nel tenero bagliore di quella che sarebbe stata una lunga mattinata legata ai preparativi per il ballo di Orlais. Ormai la data stabilita si avvicinava, così come anche tutta una serie di lunghe programmazioni da fare a tavolino coi soldati, preparandoli nell'eventualità dovessero intervenire nel pieno della nobiltà Orlesiana.
"C'è sempre così tanto da fare" sospirò, concentrandosi sui programmi del giorno mentre pigramente si metteva seduto, le gambe incrociate, scrollandosi di dosso il sonno. Eppure, nonostante la sua mente fosse ormai impegnata in una serie di istruzioni da stilare e impartire, un brivido gli percorse la schiena: qualcosa nel sogno l'aveva turbato profondamente, tanto da restargli incollato addosso proprio come quella patina di sudore ormai freddo.
Con voluta calma, scese dal letto e si vestì. La prima tappa della giornata sarebbe stata da Morris, il Quartiermastro, per sincerarsi delle scorte e dei rifornimenti di metallo e legname da assegnare sia - come priorità - ai soldati, sia alle ricostruzioni: mano a mano la potenza dell'Inquisizione cresceva, le riparazioni si facevano più facili e veloci grazie alle ingenti donazioni dei nobili del Ferelden. Il salone, prima coperto da un'accozzaglia di travi, fieno e lampadari caduti, ormai era stato completato e decorato di tutto punto, con due lunghi tavoli per gli ospiti e un trono per l'Inquisitore laddove avrebbe dovuto giudicare i loro prigionieri di guerra. Parlando proprio di prigionieri, ancora una larga parte delle prigioni era, per loro sfortuna, rovinata da un crollo strutturale, ma ciò che c'era già erano riusciti a metterlo in salvo, assicurando che a nessuno sarebbe volato il pavimento da sotto i piedi. Anche se, a suo personale giudizio, Alexius e il Quartiermastro di Emprise du Lion se lo sarebbero meritati grandemente.
Infilati i calzoni e gli stivali, iniziò a vestire l'armatura sopra la seconda delle maglie imbottite che aveva a disposizione, avendo portato la prima nelle lavanderie, e si preparò alla lunga giornata. Laddove avesse avuto un quarto d'ora di tempo libero intendeva lasciare la parte più semplice dell'addestramento ad uno dei suoi soldati più esperti, Fergus, per dirigersi a far visita agli operai, magari riuscendo perfino a dare una mano a quella gente instancabile che ristrutturava, stabilizzava e rendeva Skyhold ogni giorno più abitabile e magnifica. Un moto di riconoscenza andò a loro nel puntare lo sguardo al soffitto, perché chiunque avesse loro detto di farlo, era sicuro il tetto della torre, bucherellato fino al giorno prima, fosse passato sotto le loro esperte mani. Ancora aveva dei dubbi in quanto all'arredamento, invece: quali dita potevano aver pulito e rigirato le due stanze senza martirizzare le sue abitudini?
Con un unico gesto indossò la tunica, ne sistemò il collo di pelo, infilò la spada raccolta a lato del letto nel fodero e scese lungo la scala a pioli, soffermandosi sulla scrivania dove sostavano due nuove carte: lesse la prima, storcendo il naso. Alla seconda lettura, con la voglia d'accartocciarla direttamente, firmò e negò la richiesta. Che razza di mente malata potevano avere i nobili orlesiani, per venire a chiedere alle loro forze di agire come assassini per una semplice faida amorosa? Leliana e Josephine forse avrebbero accettato pur di fare il loro lavoro, che consisteva principalmente nell'infilare il naso ovunque, ma dato il compito era stato smistato a lui fece quello che più riteneva giusto.
Un omicidio per amore poteva essere addirittura peggiore di uno per interesse? Scosse la testa, sentendosi preso in giro. Pensavano fossero mercenari su commissione? Forze armate senza cervello ma con una spada o un pugnale nella cintura, pronte da essere direzionate? Espresse la propria frustrazione con un gemito, accantonando il foglio con gli altri rigettati, e passò al secondo.
Un fragile sorriso gli si dipinse in volto: era di Mia, sua sorella.

"Cullen,
mi ha fatto piacere ricevere la tua ultima lettera. Sarà stato-- non importa. Spero solo tu stia bene.
Noi ci siamo spostati da Honnleath, al sicuro dal Varco e dalle cose che ne escono. Nostra madre non voleva lasciare la nostra vecchia casa, prima di andare ha voluto a tutti i costi preparare una borsa con alcune delle tue cose. Quando ti degnerai di venire a trovarci, chiedigliela.
A proposito di domande...
Kassandre? Non "Inquisitore"? Non Sua Magnificenza, l'Araldo di Andraste? La tua ultima lettera era decisamente troppo corta. Cosa stai combinando?
Cerca di non rispondere in due parole come tuo solito.

Con affetto,
Mia"

Con una mano posata sul fianco, la rilesse ancora una volta, sorridendo. Velocemente, prese la penna d'oca posata sul tavolo e la intinse nell'inchiostro, scrivendo la risposta su un pezzo di pergamena avanzato da qualche rapporto.

"Mia,
ti scriverò una lettera più lunga non appena avrò il tempo.
Smettila di essere così indiscreta.

Cullen"

Voleva bene a sua sorella, anche se forse non lo dimostrava a parole e certamente non con le lettere, dato solo la settimana precedente le aveva scritto: questo, dopo che Mia l'aveva rintracciato non sapeva come e dopo una scarica di improperi non certo carini, considerando la cadenza meno-che-annuale delle sue missive. L'ultima volta che si erano sentiti seriamente, era stato a Kirkwall, poco prima della ribellione dei maghi: a fatto successo, i suoi familiari l'avevano creduto morto. Di nuovo. E da allora non aveva fatto molto per risolvere le loro incertezze.
La sua famiglia gli mancava. Aveva dato tutto ai templari: le preghiere dell'infanzia pur di entrare a farne parte, la propria adolescenza, finanche la propria mente... ma solo ora si accorgeva degli anni passati e di cosa aveva perso nel mentre. La vecchiaia di sua madre, con le rughe sempre più profonde sulla pelle, e il tempo passato col padre ad intagliare i rami d'albero per farne buone frecce per l'arco. Lo sbocciare delle sue due sorelle, di cui una diventata donna e l'altra sulla soglia, e il crescere e farsi uomini dei suoi fratelli. Il timore che più l'attanagliava era d'essersi lasciato passare troppi dei loro anni alle spalle: stava diventando uno sconosciuto per loro, forse un ricordo, e non era certo di poter tornare indietro. Le lettere di Mia, però, gli lasciavano speranza per un futuro lontano.
Mise la sua in uno dei cassetti della scrivania e piegò accuratamente la propria, consegnandola al primo messaggero sulla strada per il giardino interno di Skyhold. Nel poco spazio che avevano potuto adattare avevano messo un recinto, e fu contento di vedere che alcuni soldati già si esercitavano, dentro. Raggiunse il resto delle truppe nella lieve depressione che, scesi altri scalini di pietra, andava a formare il vasto fossato, con l'infermeria da campo a destra e stalle e mercanti molto più lontani, sulla sinistra, e un mormorio lo accolse.
«Soldati! Sull'attenti!» esclamò, un piede sull'ultimo gradino e l'altro a terra, zittendoli. I soldati si misero in riga e salutarono, ma quando guardò i loro volti notò che molti erano solcati dall'accenno di una risata, probabilmente dovuta alla sua uscita della sera precedente: una cosa che lo rendeva certamente più umano ai loro occhi, ma che non doveva inficiare sulla preparazione dei soldati. Posò le mani intrecciate sul pomolo della spada, spiegando il da farsi alla quarantina di uomini davanti a lui: il resto, scampato alla battaglia di Haven, l'aveva messo di ronda sulle mura e per tutto il perimetro di Skyhold, concedendo loro un po' di riposo mentale dopo un disastro ancora troppo vicino ai loro cuori.
L'unico tra loro che aveva preteso di rimanere era Fergus, un soldato ormai nella maturità degli anni che aveva combattuto a Ostagar contro i Prole Oscura, e che ora gli faceva da secondo in comando. Una cosa alquanto strana, Cullen lo trovava tremendamente familiare, come se avesse già visto il suo viso da qualche parte. Ma per quanto gli avesse chiesto a quale famiglia appartenesse, o quale fosse il suo cognome, lui non aveva voluto rivelarglielo. Lo vide avvicinarsi al suo fianco, il portamento sempre eretto che lasciava intuire una qualche origine più che paesana, e rivolgersi a lui per primo.
«Ordini, Comandante?»
«Fergus, prendi con te gli uomini migliori e vai alle fucine. Oggi allenamento spada e scudo nel recinto, parata e attacco. Prima duello singolo, poi formazione da battaglia. Falli andare avanti fino a quando non si stancano, poi fagli usare solo lo scudo: sfondamento, colpo e taglio col braccio portante. Se vedi che procedono bene, faglielo cambiare. Vi voglio di nuovo qui per l'ora di pranzo.»
Fergus annuì, voltandosi e tornando dalla truppa: scelse gli uomini che riteneva meglio addestrati e si avviò su per le scalinate da cui erano venuti, verso il giardino interno. Quando furono andati, Cullen si rivolse ai restanti.
«Cadetti, per voi, oggi allenamento con spada, attacco e parate. Molti di voi sanno a malapena tenere in mano una spada nel modo corretto: vediamo di darvi una risistemata. Dividetevi in due file, una in faccia all'altra.»
Il Comandante li guardò aggregarsi e formare due file quasi uguali in lunghezza. La volontà non mancava tra i giovani, pensò, ma molti di loro erano appena arrivati, o figli di nobili che si aspettavano di ricevere un po' della fama specchiata dall'Inquisizione. La maggior parte aveva chiesto li trattassero con un riguardo che non potevano, né dovevano permettersi di avere. Li avrebbe fatti allenare fino alla soglia della stanchezza e marciare allo stremo, ma era sicuro che ben presto avrebbero raggiunto il livello degli altri. Priorità sopra ogni cosa era che si sapessero difendere dalla maggior parte dei pericoli, prima ancora che dalle magie dei Venatori o dai poteri dei templari rossi. Si sarebbero concentrati su quello in principio, e poi sarebbero passati gradualmente al resto.
Cullen passò per la prima fila, designando le reclute destinate all'attacco e quelle alla parata. Si portò dalla parte degli attaccanti e, estraendo la spada a distanza di sicurezza, colpì l'aria con tre rapidi fendenti.
«Attaccanti, spade in mano: fendente obliquo superiore, fendente obliquo inferiore, orizzontale. Ripetete quindici volte, poi provate qualche variazione.» Controllò le loro posizioni, ne corresse qualcuna e poi si spostò nella fila di dirimpetto posizionandosi in guardia.
«Difensori, in posizione: spada ben salda nelle mani. Parata obliqua inferiore, parata obliqua superiore, verticale. Quindici volte, poi provate a parare le variazioni del vostro attaccante.» I soldati lo seguirono come un'unica entità, e passò a controllare anche questi, intervenendo laddove il braccio che teneva la spada era troppo rigido, o l'impugnatura scorretta. Alla fine, un solo uomo avanzava dalla fila dei difensori. Cullen si portò in sua direzione, posizionandosi come suo attaccante.
«Attenti alle distanze. Iniziate adesso, proseguite fino a quando non ve lo dico.»
«Agli ordini, Comandante!» tuonarono le loro voci all'unisono.
Un clangore di spade si innalzò, assieme a quella del Comandante che fendeva l'aria rapidamente.
«Come ti chiami, cadetto?» chiese all'uomo davanti a sé, che si adoperava a parare. Lo fece sbilanciare con un colpo troppo forte e attese il suo recupero.
«Joel, Signore.»
«Joel, tieni la mano più distanziata dalla guardia. Devi essere in grado di parare il colpo senza sbilanciarti e senza romperti un polso.» Joel fece come aveva detto e ripeterono la sequenza altre quattro volte, ognuna con un'esecuzione sensibilmente migliore della precedente.
«Attento alla posizione delle gambe» lo avvertì di nuovo il Comandante, fermandolo. «Il modo in cui posizioni il tuo peso è fondamentale nell'assorbimento dei colpi. Tieni le gambe leggermente distanziate, e piega quelle ginocchia. Vedrai che sarà più facile.»
Altri cinque colpi e Cullen annuì soddisfatto. Lo fece passare in attacco.
«Da dove vieni, Joel?»
«Da Gwaren, Signore.»
«La città costiera oltre Brecillian? Dicevano fosse stata distrutta dai Prole Oscura durante l'ultimo Flagello.» Il soldato caricò il colpo, e il Comandante parò molleggiando lievemente sulle ginocchia.
«È vero, Signore. Ma le città si ricostruiscono.»
«E i cittadini? Come vi siete salvati?» Parò un obliquo.
«Siamo salpati con le navi al largo della costa. Con noi sono venuti anche i fuggitivi di Lothering; alcuni sono rimasti, e altri si sono diretti a Kirkwall.»
«Come il Campione» mormorò Cullen, terminando la serie.
«Signore?» Si scambiarono di nuovo i posti, iniziando attacco e parata liberi.
«Il Campione di Kirkwall, Corvo. Era di Lothering, lo conoscevo» rispose Cullen, vibrando un colpo non troppo forte che però fu sufficiente a sbilanciare di nuovo Joel. «Stringi bene le mani sull'impugnatura della spada. E le gambe, di nuovo» gli indico le ginocchia con la punta dell'arma. «Piegati.»
«Sissignore.» In silenzio, ripresero l'allenamento. Joel faticava a seguire la velocità con cui il Comandante concatenava i colpi, ma si stava impegnando per tenergli testa, uno sforzo ammirevole nei suoi confronti. Dopo qualche tempo, scandito dal battere del ferro su altro ferro, il giovane gli fece un'altra domanda.
«Signore, com'era?»
«Chi?»
«Il Campione.» Il Comandante ci pensò, mentre si scambiavano di nuovo il ruolo.
«Era una bella faccia tosta di mago, da chè mi ricordo. Sempre pronto a fare ironia su tutto. Ma al contrario di molti lì a Kirkwall, sapeva cosa stava facendo.»
«E poi?»
«E poi è andato tutto a rotoli.»
«Per colpa dei maghi?» Cullen aggrottò le sopracciglia, opponendo una ferrea resistenza alla spada dell'altro.
«No, Joel, è stata colpa di tutti.» Si liberò dalla parata con un giro dell'arma e un'abbassata, bloccando la lama dell'altra a terra. «Non dovresti credere a tutto quello che viene spacciato per vero.» Il soldato rimase interdetto dalle sue parole, ma il Comandante rinfoderò la spada, rassicurandolo.
«Hai fatto abbastanza con me per oggi, Joel. Torna dai tuoi compagni e fagli vedere cos'hai imparato.»
«Grazie, Signore.» Il ragazzo fece per andarsene, ma si fermò. Si voltò all'indietro, guardandolo. «In tanti dicono che con l'Inquisitore al comando, vinceremo questa guerra. Per quello che vale, verità o no, Signore, io ci credo.»
Detto questo, il ragazzo proseguì. Cullen continuò l'addestramento con gli altri per tutta la mattina, ottenendo discreti risultati, ma per quanti sforzi facesse non riuscì a concentrarsi abbastanza da togliersi quelle parole dalla mente. Che provenissero da un paese o da una città, da una famiglia di pescatori o di nobili, aveva visto in Joel e in ognuno di loro una luce, accecante e potente: fiducia, fiducia in loro, nel loro operato e nel futuro. Il Comandante sapeva che la strada non era tutta in salita, e che il prezzo da pagare per la vittoria era alto, più alto di quanto potesse immaginare. A volte, non c'era nemmeno una vittoria considerando come fossero usciti per pura fortuna dall'ultimo Flagello che, per indulgenza dei sovrani, aveva rischiato di spazzare via l'umanità. Davvero poteva spezzare le speranze di quei ragazzi pronti a dare la vita, dicendo loro che forse molti, troppi non avrebbero visto l'alba del prossimo mese? Che probabilmente persino lui sarebbe potuto cadere, senza averla ammirata un'ultima volta?
No. Forse, per la seconda volta dopo l'Ordine, era davvero giunto il momento di credere ciecamente a qualcosa, qualcosa di giusto e di diverso che stava aiutando a creare con le sue mani. Finchè fossero stati spinti dagli ideali e non solo dal pericolo, dalla disperazione o da un dannoso realismo, avrebbero potuto far tremare il mondo. Per il bene, per la giusta causa.
"Per salvare, proteggere e combattere", si disse, cosa che lo fece sentire per la prima volta più vicino alla visione del mondo che avevano i Custodi Grigi. Lanciò uno sguardo in alto e l'ombra di un corvo che volava alto nei cieli, dirigendosi verso le voliere, gli ricordò che aveva ancora molto da fare.

Il corvo zampettava sul tavolo, gracchiando ogni tanto, mentre Cullen svolgeva delicatamente uno stretto rotolo di pergamena dalla grana fine, una carta che decisamente non proveniva da mani comuni ma dai ben più ricchi scrittoi del palazzo di Denerim, lavorata dai più fini mastri scuoiatori. Al contrario delle missive ricevute al tavolo di Guerra, dettate ad uno scriba, questa era stata scritta da una mano decisamente meno esercitata, ma ugualmente capace, che aveva scorso sul foglio con apparente poca cura macchiandone i bordi con l'inchiostro. Riconobbe la calligrafia di Alistair, rotonda come quella di un bambino e adatta alla perfezione alla sua personalità, e un sorriso caloroso gli si formò sulle labbra: stava ancora ripensando alla storia che aveva raccontato in taverna ai compari, alla baldanza con cui il giovane Alistair aveva attraversato l'intera sala da pranzo gremita giusto in mutandoni. E a come lui avesse ripetuto la storia direttamente senza null'altro che un piatto di legno, con un ardimento che non avrebbe mai immaginato di avere in una situazione simile. Se il Re l'avesse saputo, come minimo, si disse ridacchiando, l'avrebbe preso in giro a vita.
Il sorriso si oscurò presto, vagando con gli occhi tra le frasi interrotte e gli errori cancellati dalla penna del suo ex-compare. Sembrava esserci poco da ridere, e le parole di Alistair si aggravavano mano a mano la scrittura si faceva più fitta, esternando pensieri, fatti, e timori in modo tanto personale da far tremare le gambe al giovane. E in tutto quello, una nota sbagliata, stonata risuonava, distorcendo l'abitudinaria giovialità del Re in un sottile, autentico terrore: un regnante, pensò il Comandante, non avrebbe dovuto avere paura di nulla, tanto più quando aveva preso le armi in mano durante il Flagello, combattendo per la propria e l'altrui vita. E allora cosa lo turbava?

"Cullen,
ricevere la tua lettera in questi momenti è un conforto che non mi è più concesso provare da tempo. Gli ultimi mesi sono stati difficili: sai non mi è mai piaciuto questo ruolo, e te ne sarai accorto dalla terribile relazione del nostro regno con l'Orlais, e dalle mie continue richieste di aiuto più o meno formale all'Inquisizione. Non so come andrà a finire il vostro tentativo di coinvolgermi al ballo al Palazzo d'Inverno e ristabilire un qualche tipo di alleanza, e se Celene mi permetterà anche solo di mettere il mignolo all'interno dei confini. Per quello che vale, se avrete successo nel convincere qualche nobile mangia-formaggio, sarò più che incline a partecipare in compagnia della vostra delegazione.
Non volenteroso, ma incline.
Lo ammetto senza vergogna, qui e ora, Rachel era decisamente più brava di me a gestire le questioni di politica... e adesso arriviamo alle cose compromettenti. Da bravo uomo pragmatico che ti ricordo, ti starai chiedendo perché ho detto "era": considerala una confidenza, o meglio, una richiesta disperata che non farei a nessun'altro, anche perché se questa lettera capitasse nelle mani sbagliate metà Ferelden crollerebbe sotto il suo stesso peso.
Da tutte le parti si parla della sparizione del Custode, e perfino da voi girano simili voci, come ho potuto notare dalle tue parole. È una notizia che viene sempre smentita da palazzo in via ufficiale, e su cui si tende a sorpassare in via non ufficiale, ma quello che stai per sapere ora...
È vero. Rachel è scomparsa. La sera prima era accanto a me, e la mattina dopo non c'era più, assieme a quasi tutto il suo equipaggiamento. Nessuno dice di averla vista uscire, e tu la conosci abbastanza da sapere quanto sia abile nel non farsi notare.
Ho spedito lettere al Picco del Soldato, sentendomi rispondere che là non era mai arrivata. A Montsimmard, Jader e alla fortezza nei pressi di Amaranthine, con lo stesso risultato. Qualche tempo dopo, da Weisshaupt è arrivato uno stringato messaggio che diceva "non cercarmi", così, senza nient'altro. Immaginati la mia reazione: ho subito inviato un contingente, ma niente. Rachel era di nuovo sparita. E c'è di più: poco prima della sua scomparsa, tutti i Custodi Grigi hanno iniziato a sentire la Chiamata. Lei e me compresi. Ovviamente non capirai la gravità della cosa, quindi ecco la spiegazione breve: stiamo morendo. O almeno, molti di noi lo credono. Ma non è naturale, non dovrebbe esserlo. Ho provato a dirlo agli altri Custodi, ma preferiscono dirigersi verso le Vie Profonde piuttosto che ascoltarmi.
Quelli che non partono, stanno combinando qualcosa di grosso con la magia, perché hanno paura che un nuovo Flagello possa sorgere e devastare il Thedas. Sto facendo delle ricerche sulla cosa. Riesco a malapena a tenere la mente sgombra, ma ti terrò aggiornato e te ne parlerò direttamente al ballo, posto riusciate a farmi partecipare.
Non vorrei che Rachel fosse stata la prima a... non posso neanche immaginarlo.
Ti prego, Cullen. Non so nient'altro.
Fai quello che puoi per trovarla."

Il viso di Cullen si distorse nello sgomento più assoluto. Trasalì, rileggendo le frasi salienti, considerando l'ipotesi di star sognando un altro dei suoi soliti incubi, solo molto più vivido e reale. I Custodi Grigi stavano morendo, le uniche persone in grado di contenere e combattere un Flagello e l'Arcidemone che lo guidava, e la Regina, nonché Comandante dei Custodi, nonché... Eroe, era scomparsa. Per quello che Alistair non sapeva essere lo stesso motivo delle sue preoccupazioni, ovvero quella Chiamata che sembrava condurli verso una fine inevitabile. Il tutto, ovviamente, in concomitanza coi piani di Corypheus, che a questo punto diventava il principale sospettato a tutto tondo. C'erano troppe coincidenze per non vederle: il Magister era un Prole Oscura, uno dei più potenti della sua specie, e sembrava aver piegato la mente ad un drago, che molti dicevano fosse un Arcidemone - una cosa ancora tutta da vedere considerata la crescente popolazione di draghi nel Thedas. Se poteva fare una cosa simile, perché non avrebbe potuto influenzare anche i Custodi, sfruttando i suoi poteri e la Corruzione nei loro corpi, che li rendeva in grado di avvertire l'Arcidemone e la Prole Oscura?
Si infilò la punta del guanto tra i denti, iniziando a girare avanti e indietro con un nervosismo che mai aveva provato, tranne durante i periodi più duri dell'astinenza da lyrium. Le domande iniziarono ad accalcarsi nella sua mente: Leliana sapeva? E se si, quali particolari? Avrebbe dovuto aspettala e farle trovare la lettera? Sarebbe stato come tradire la fiducia di Alistair, ma d'altronde lui aveva letto qualcosa che non doveva, qualcosa di esclusivamente indirizzato a lei e che perdipiù riguardava anche il Re in persona, che ancora non ne sapeva nulla. E a quel punto, rassicurarlo sul fatto l'Eroe non fosse andato a cercare la morte nelle Vie Profonde gli sembrava più che un favore, o un obbligo. Erano amici da tanto tempo e lui...
Spazientito, Cullen si arrestò sul posto, mordendo a tratti la punta del guanto. Involontariamente si trovava ad essere il ponte tra le diverse informazioni e, da un lato o dall'altro, avrebbe dovuto scegliere a chi dire cosa, e in che modo: doveva riuscire in un compito diplomatico impossibile, proprio lui che nella diplomazia era negato. E tutto ciò dovendo addossare ulteriore lavoro preliminare a Fergus, ed eventualmente ad Emelia, il loro secondo soldato più esperto dai tempi di Haven. In fretta, decise il da farsi, piegando e infilando la lettera nella cintura.
Corse al piano inferiore, i passi che rimbombavano lungo gli scalini di pietra. Passò la biblioteca e quasi urtò Dorian che saliva, e che lo guardò come se fosse ammattito da un momento all'altro esclamando un
«Che diamine succede?»
Il Comandante lo liquidò con un gesto stizzito, raggiunse il piano ancora sottostante dove aveva preso dimora Solas e incrociandolo, corse verso la sua scrivania a malapena salutandolo. L'elfo lo guardò sorpreso.
«Comunicazione importante?» gli chiese nel suo solito tono pacato. Cullen gli rivolse uno sguardo che durò una frazione di secondo, ma che lasciò ben capire l'urgenza.
«Molto. Perdonami Solas, posso usare la scrivania?» domandò, in netto ritardo dato ormai aveva iniziato a rovistare per un pezzo di pergamena pulito.
«Lo stai già facendo» commentò l'elfo, educatamente. Si avvicinò con una calma diametralmente opposta alla sua frenesia e aprì un cassetto del mobile, mettendogli davanti la pergamena che non riusciva a trovare. «Stavi cercando questo, immagino.»
«I-io... mi dispiace» commentò imbarazzato il Comandante, raccogliendo il foglio. Cercò di riordinargli gli appunti come poteva. «Non volevo scombinare...»
«Se è urgente come dici, ne è valsa la pena.» Solas gli mise davanti anche un pennino e l'inchiostro, e si accostò al legno per raccogliere i fogli sparpagliati, che finirono ben riposti tra le sue mani. «Usala pure. Ora è libera.» Lo vide allontanarsi con tranquillità, lasciandolo solo. Nonostante nella sua mente fosse ancora bollato come eretico, Cullen si ripromise di dedicargli una targa, un monumento o qualcosa di simile.
Prese posto alla scrivania nel silenzio di quel piano, una quiete quasi assurda data la disposizione della sala, proprio accanto al salone centrale gremito di gente. Intingendo la penna con una mano e stendendo la carta con l'altra, il Comandante scrisse il messaggio più veloce nella sua storia personale. Mia non avrebbe dovuto lamentarsi tanto delle sue lettere, perché quella che stava per mandare al Re in persona a malapena superava la singola riga.

"È viva. Sta cercando una cura alla Chiamata. La troveremo."

Prese la ceralacca, vi impresse il simbolo dell'anello come firma e corse di nuovo su per i gradini alla voliera. Legò con cura la nuova pergamena alla zampa del corvo che zompettava tranquillo sul tavolo e lo fece uscire dalla finestra, liberandolo. Da bravo corvo, contò sul fatto si sarebbe rifornito di cibo sulla strada, da qualche cadavere massacrato. Un pensiero poco nobile, ma inevitabile. Ora non gli rimaneva che trovare Leliana e informarla, quantomeno a parole, di quello che aveva scritto Alistair.
Non essendo nella voliera, suo solito rifugio, si chiese dove poterla trovare dato la Capospia aveva una ben radicata tendenza a sparire, tornando solamente al calar del buio. Pregò tra sé e sé che così non fosse e si diresse di nuovo giù, attraversando il salone fino alla porta del Concilio di Guerra. La spalancò con un gesto. Tre paia di occhi lo guardarono, e anche se per un solo breve attimo, Cullen provò sollievo. Ormai col fiatone, sorvolò sull'assenza dell'Inquisitore, tornata in missione per un paio di giorni, e si diresse direttamente dalla Capospia che lo osservava con sguardo interrogativo.
«Comandante?»
«Leliana, dobbiamo parlare. Subito.»
La ragazza non reclamò, ma rimase in silenzio per qualche attimo scrutandolo. Dopodiché, annuendo, acconsentì. Cullen la accompagnò nella stanza di Josephine, vuota e immediatamente adiacente, chiudendosi la porta dietro le spalle con un sonoro tonfo. Si assicurò fosse ben chiusa, prima di avvicinarsi a lei, estraendo la lettera dalla cintura.
«Ti ricordi, un paio di giorni fa, quando mi volevi malmenare?»
Leliana annuì.
«Quel giorno ho spedito un messaggio al Re.» Le porse la lettera. «Oggi è arrivata questa.»
In tutta sincerità, temeva la reazione della Capospia alla lettura di quel testo: come avrebbe reagito; di nuovo con ansia, paura, aggressività? Oppure avrebbe sopportato in silenzio il peso di quelle parole che gravavano anche sulle sue spalle, e che stava condividendo con lei? La osservò scorrere attentamente gli occhi di riga in riga, il volto sempre più concentrato e teso. Piccole rughe attraversavano la sua fronte laddove le sopracciglia si aggrottavano, togliendole tutta la serenità nello sguardo che di solito aveva. Finì di leggere e gli restituì il foglio, volgendosi al caminetto della stanza in silenzio. Ci vollero attimi, prima raccogliesse le parole.
«La questione è grave» riuscì a dire, con un tono greve. «Più grave di quanto pensassimo. Se i Custodi dovessero scomparire...»
«Non pensi che Corypheus possa essere responsabile della Chiamata, in qualche modo?» Il Comandante ripose la lettera, l'espressione cupa. «L'abbiamo già visto dominare un drago. Corrompere i templari. Non sarebbe una novità se riuscisse ad agire in qualche modo sui Custodi, sfruttando la loro connessione al Flagello-»
«...e facendo udire a tutti loro la Chiamata» completò Leliana. «Se così fosse, dobbiamo agire senza perdere tempo, discretamente.»
«Eppure, Blackwall non sembra risentirne» constatò Cullen, gli occhi puntati al fuoco.
«Anche Alistair, in apparenza. Probabilmente hanno sufficiente forza di volontà da sentire il richiamo, ma senza seguirlo.» Il Comandante ci pensò sopra, annuendo debolmente.
«Come dovremmo agire, ora?»
«Se qualcuno dei Custodi sta organizzando qualcosa, dobbiamo sapere di che si tratta. Manderò delle spie negli avamposti più vicini. Sono in pochi, le voci girano in fretta.»
«E quanto a Cassandra e a Josephine? Le vogliamo tenere all'oscuro di tutto?» domandò Cullen, con una vena critica.
«Per il momento. Se altri dovessero venire a saperlo...»
«Soprattutto Josephine...»
«Sarebbe uno sfacelo.»
Sospirò, e sentì la stanchezza invaderlo.
«Allora ci concentreremo sugli inviti. Dobbiamo far partecipare il Re al ballo ad ogni costo.»
«Cullen, sarebbe meglio concentrarci sull'Imperatrice. Se dovessero assassinarla come predetto dall'Inquisitore, non so se-»
«Me ne frego dell'Imperatrice» ringhiò Cullen, sommesso. La guardò, e nei suoi occhi si riflesse il fuoco vivo. «È da settimane che stiamo preparando un piano d'azione per evitare che il futuro creato da Alexius si realizzi. I soldati sanno cosa fare, e anche l'Inquisitore. Ma anche con l'Imperatrice salva al trono, senza Alistair e la Regina...»
«Ho capito. Corypheus prenderebbe il Ferelden, piuttosto che l'Orlais, e con gli stessi risultati.»
«Esattamente. E poi li conosciamo, Leliana.» La guardò, angosciato.
«Dovremmo fare il nostro lavoro senza che i rapporti personali ci guidino...»
«Ma non possiamo neanche costringerci a non agire. Negare loro un aiuto. Leliana, quello che tiene unita l'Inquisizione sono proprio i rapporti che stiamo costruendo: sappiamo di poter contare sulla nostra guida, e di poterci spalleggiare l'uno con l'altro. Abbiamo la nostra fiducia e questo già basta.»
«La fiducia non ha aiutato la Divina a sopravvivere.»
«Ma ha dato vita a noi!» esclamò, incollerito. Punto l'indice alla finestra della stanza. «Ha dato vita a qualcosa di giusto! A qualcosa di buono che si propone negli ideali in cui i templari hanno fallito. La pace! L'ordine! Il rispetto! Laddove non ci sono state altro che ingiustizie, maltrattamenti e odio. Guarda Skyhold! Abbiamo accolto eretici, rifugiati, ribelli senza distinzione alcuna. Nessuno si vuole sacrificare, vuole rischiare per un mondo migliore, e questo compito spetta a noi, adesso!» Trattenne la collera, che traboccava dalla sua espressione e dai suoi occhi. «O faremmo meglio a non essere mai esistiti.»
A passi pesanti, si diresse nuovamente al Concilio di Guerra, lasciandosi alle spalle una Leliana stupita dalle sue parole. Nel richiudere l'uscio, si trovò addosso anche gli sguardi perplessi di Cassandra e Josephine, ma fece finta di non vederli. Si avvicinò al tavolo di guerra, e iniziò a spostare le pedine che contrassegnavano le forze di cui erano in possesso, predisponendo nuovi ordini.
 
E finalmente, con un po' di tosse e influenza in meno, è arrivato il momento di pubblicare il settimo capitolo!
E' adesso che iniziano ad entrare in gioco le vere trame che poi si dipaneranno pian piano, ed è qui che finalmente il Comandante riceve notizie da una nostra vecchia conoscenza, Alistair! La sua comparsata è ovviamente breve e in missiva, ma ben presto avrete modo di vederlo agire: devo ammetterlo, non ho apprezzato molto l'unica breve comparsata che gli hanno fatto fare in Inquisition, nel caso sia rimasto Re, e sto lentamente trovando un modo per inserirlo attivamente e renderlo partecipe degli eventi che accadranno <3 in fondo, pur essendo un Re, anche Calhain in Dragon Age Origins era sceso direttamente in campo contro il Flagello che minacciava il Thedas... perchè non lasciare che il fratello (fratellastro) si dimostri altrettanto di valore? Non avrebbe senso se stesse a grarsi i pollici a palazzo, almeno nella mia fanfiction xD
Parlando invece di Cullen, devo ammettere che alcune delle parti che più mi sono divertita a scrivere in questo capitolo sono l'inizio e la fine: la storia del lyrium rosso mi ha sempre attirato e il nostro ragazzo si presta molto bene agli incubi (ghgh <3), e in futuro vorrei riuscire a sviluppare qualcosa di più a riguardo, mentra il  suo carattere in netta contrapposizione con quello di Leliana che sembra essersi raffreddata molto in Inquisition secondo me ha dato, e potrebbe ancora dare vita a dialoghi molto interessanti. Quello che mi preoccupa di più invece è che i personaggi restino attinenti alla storia, e spero vivamente di aver fatto un buon lavoro anche stavolta e possibilmente di continuare a farlo T_T
Dopo tutto questo chiacchierare da parte mia, aggiungo un appunto: dal 6 gennaio in poi tornerò in ballo col lavoro, il chè significa poco tempo per scrivere ç_ç continuerò con la scadenza di cinque giorni ma vi volevo avvertire, nel caso restassi troppo indietro la allungherò a sette giorni, ovviamente avvertendovi il capitolo prima per quello dopo (sempre se starete ancora leggendo invece di venire a cercarmi con torce e forconi, non si sa mai xD).
Detto questo, spero il capitolo vi piaccia, se volete spedirmi cioccolatini, chackram volanti, commenti o i suddetti forconi io sono sempre felice, l'indirizzo lo potete trovare in piccole note illeggibili a fondo pagina assieme ai molti cavilli legali che vi impediscono di uccidermi xD scherzi a parte, devo fare un enorme grazie a tutti quanti leggono questa ficcy di cuore (e anche a chi non la legge perchè non si sa mai xD), sia per la dedizione che per gli auguri di pronta guarigione, che gli auguri di Natale e Buon Anno *_* vi auguro anch'io un 2015 fantastico anche se in ritardo di molti giorni!
Ci vediamo al prossimo capitolo!


 
  
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