Capitolo ventottesimo
I Guardiani dell’Occhio
Pov. Andras
Avevo giurato a me stesso che mai più, per
nessuna ragione, sarei ricorso all’aiuto dei Guardiani dell’Occhio.
Mio padre si rivolse
a loro perché, quando lui era il sovrano reggente, l’Impero di Alloces stava
fronteggiando un nemico che avanzava a pericolosa velocità verso la capitale.
Si trattò di una
razza demoniaca simile a quella a cui appartenevo io, con una sola ma
sostanziale differenza: in loro c’era un gene che, se stimolato da particolari
situazioni, tendeva a farli impazzire. Ovviamente, in questi demoni il processo
involutivo non avveniva nell’arco di una notte, la loro follia si mostrava
gradualmente, veniva fuori col tempo. Il gene non era dominante in tutti ma gli
sfortunati venivano arruolati nell’esercito perché la pazzia inibiva ogni loro
paura o tentennamento e li rendeva macchine da guerra molto temibili, quasi
invincibili. Contro un esercito che vantava soldati del genere, c’era da
correre ai ripari nel caso in cui avesse deciso di attaccare.
Quando questi demoni
conquistarono il pianeta più vicino al nostro, tra il popolo iniziò a circolare
la voce che presto anche noi saremmo stati presi di mira data la grande
ricchezza che ci rendeva famosi in ogni dove. Qualche giorno dopo, intervenni
personalmente in una manifestazione pubblica, dal balcone di un alto palazzo,
per tranquillizzare tutti. Feci presente che non eravamo solo una potenza ricca
e prospera, ma forte di armi di distruzione di massa, di difese d’alta
tecnologia, nonché patria di eroi grandiosi. Che avremmo potuto sconfiggerli
era vero, ma sarebbe servito un piano ben congeniato.
Io ero il principe
ereditario, quindi decisi di occuparmi delle strategie militari mentre mio
padre partì per il luogo in cui, secondo lui, avrebbe trovato quell’arma
segreta che in mano mia sarebbe brillata come la più luminosa delle stelle in
cielo. Le straordinarie capacità fisiche e mentali di cui ero dotato non erano
abbastanza predominanti nel mio giovane spirito da non renderlo facilmente influenzabile
dalle promesse di gloria che mio padre mi elargì in abbondanza per convincermi
a seguire le sue linee di pensiero. Il popolo mi amava già, ma io desiderai
dargli una più che notevole dimostrazione di ciò che ero in grado di fare, così
lasciai che mio padre organizzasse un incontro con i Guardiani dell’Occhio.
I Guardiani
arrivavano ai due metri di altezza, erano scheletrici e la loro pelle
giallognola sembrava molto sottile. Nonostante non fossi un demone facilmente
impressionabile, li trovai parecchio inquietanti.
Ci diedero
appuntamento al Castello a Tre Occhi, loro proprietà da secoli, in un
pomeriggio d’autunno. Si fecero subito pagare profumatamente, poi io e mio
padre potemmo esporre loro la nostra situazione.
Non sapevo
esattamente cosa mi fecero quella volta poiché mi addormentarono, e nemmeno mio
padre visto che non ebbe il permesso di assistere alla procedura. In ogni caso,
diventai tanto potente che da solo sbaragliai mezzo esercito nemico.
La memoria di quell’ultimo
giorno di battaglia era stata a lungo offuscata da una nebbia magica, e
stranamente anche ogni abitante dell’impero affermava ancora oggi i miei stessi
sintomi. Da allora, comunque, nessun’altra razza demoniaca osava tentare la
sorte con l’Impero di Alloces, quindi avevo sempre ipotizzato di esser stato impressionante.
Ora so che fu davvero così.
Lo avevo giurato.
Sapevo che avrei fatto meglio a rimaner
fedele a me stesso.
Ma dovevo salvare la mia Amia e il l’aiuto dei
Guardiani dell’Occhio mi necessitava.
Presi una fiala di
vetro dalla tasca interna del mio giubbotto in pelle nera. «Di nuovo qui, Sua Maestà?» avevano ridacchiato i Guardiani. «Ecco a
Lei… prenda, prenda!
Con il contenuto di questa fiala il potere che vi avevamo donato una volta si
ripresenterà ancora più forte». Riposai la fiala al suo posto.
Sospirai: i Guardiani
dell’Occhio predissero anche che la mia prescelta, discendente della
sacerdotessa Rea, avrebbe avuto i capelli rossi e gli occhi azzurri. Amia, pensai, malinconico, con una dolorosa
stretta al cuore.
Diedi un’occhiata a
Damien e Raina. I due piccioncini stavano camminando a braccetto due metri
scarsi davanti a me. Li chiamai per farli fermare un attimo.
«Siamo vicini,
finalmente.» dissi al mio migliore amico.
«Già… Sei proprio sicuro
di voler andare da solo?»
«È meglio così,
credimi. Voglio occuparmi personalmente di Rea ora che i ricordi su di lei mi
sono stati restituiti. Procediamo come abbiamo deciso, Damien, e vedrai che
andrà tutto bene per tutti e quattro.»
Salutai con un
semplice cenno del capo i miei amici e li precedetti per spianar loro la
strada.
Amore mio, non devi aspettare ancora per
molto il mio arrivo. Stiamo per rivederci, e allora non ti perderò più
d’occhio. Non sono abituato a sentire la tua mancanza. È
questa un'abitudine che non sono disposto a sopportare ancora per molto. Ragion
per cui non smetterò di cercarti finché non riavrò il tuo calore a proteggermi
dall'inverno che arriva a me senza te vicino.
Pov. Damien
Lanciai un’occhiata a
Raina. Se mi concentravo abbastanza potevo ancora sentire le sue calde mani
addosso, sotto la maglia. Un brivido mi attraversò la spina dorsale dal basso verso
l’alto, arrivando dritto al cuore, poi ridiscese e toccò il mio punto più
sensibile mandandomi la testa altrove, precisamente dove riposavano i ricordi
di due giorni prima nel rifugio sotto la locanda.
Sorpresi Raina da
dietro e abbassai il volto fra i suoi morbidi capelli per aspirarne il profumo
delizioso. «Ti amo.»
«Anch’io ti amo,
Damien.» rispose in un dolce sussurro, lasciandosi cullare fra le mie braccia.
Quando i nostri
abbracci si incontravano era pura magia, un incontro di sentimenti che
aumentava la voglia che avevamo l’uno dell’altra.
Ci guardammo negli
occhi, ora seri. «Andiamo!» dicemmo all’unisono con decisione.
Seguimmo con
minuziosa precisione il piano di Andras, che ci aveva ripetuto spesso di
evitare rischi inutili e che alle cose più importanti avrebbe pensato lui
stesso. Io e la mia ragazza, tuttavia, eravamo pronti a tutto pur di sapere
Amia in salute e al sicuro a palazzo con Andras, e non ci saremmo fatti nessuno
scrupolo a passare oltre gli ordini di Andras se avessimo saputo di poter
aiutare lui e Amia con il nostro ultimo gesto. Dopotutto, loro due avrebbero
fatto lo stesso per me e Raina.
Per fare la nostra
parte, io dovevo prima riuscire a entrare nell’edificio di proprietà della CGE.
Concentrai quindi l’attenzione del mio sguardo sull’entrata: un uomo incrociò i
miei occhi con i suoi. Andras ha già usato
l’arte demoniaca prendendo possesso del corpo di quella guardia, pensai, e allora è arrivato il momento di usufruirne anch’io.
Inspirai
profondamente, attivando ogni centro di energia. Strinsi per qualche secondo la
mano della mia ragazza per darle fiducia e riceverne altrettanta da lei.
La guardia, ovvero
Andras, rientrò dentro l’edificio; quando uscì con accanto un altro uomo,
fissai intensamente quest’ultimo e buttai fuori l’aria che avevo trattenuto dal
respiro preso prima. Sentii come uno strappo all’anima, una piccola e veloce
punta di dolore. Il secondo dopo sbattei le palpebre dell’uomo che Andras aveva
portato apposta per me. Sorrisi ad Andras, contento che almeno fino a questo
punto fosse filato tutto liscio. «Raina terrà al sicuro i nostri corpi come
d’accordo» dissi a bassa voce. Andras annuì, strizzandomi amichevolmente
l’occhio.
Insieme, fianco a
fianco come era sempre stato, marciammo sicuri in cerca di due sacerdotesse da
possedere per raggiungere stanze solo a loro accessibili, poiché pensavamo che
Amia si trovasse in una di queste. Non impiegammo molto a trovare le vittime
perfette: senza battere ciglio ci impossessammo dei loro corpi per poi
sbarazzarci di quelli delle due guardie, ormai morte.
Stavamo per aprire
una porta qualsiasi, quando una mano si poggiò sulla mia spalla. Lentamente, mi
girai. Vidi davanti a me un uomo vestito interamente di nero che mi sembrava
piuttosto familiare ma che proprio non riuscivo a ricollocare in un punto
preciso della mia vita. Era alto e aveva lunghi capelli bianchi che scendevano
ondulati sulle spalle larghe, gli occhi piccoli e cattivi di una strana
sfumatura dorata, mentre le labbra erano piegate in un sorriso di circostanza
falso e di brutto auspicio. Marcus,
pensai in un lampo, e questo pensiero per un motivo che ancora non riuscivo ad
afferrare mi turbò profondamente.
All’improvviso, la
testa iniziò a farmi male, così mi massaggiai nervosamente le tempie in cerca
di conforto. Ma poi una vertigine improvvisa mi fece barcollare per qualche
terribile secondo e io caddi in ginocchio con un gemito di acuto dolore.
Andras mi si fece
subito vicino. «Damien?» disse, visibilmente preoccupato. «Amico, calmati. Tra
un po’ passa, eh? Tranquillo, tranquillo. Damien? Damien, apri gli occhi… ti
prego, amico. Mi senti?!»
Pov. Andras
Furioso, sollevai gli
occhi verso il nemico. «Cosa gli hai fatto, bastardo?! Dimmelo!» urlai.
Marcus fece
spallucce, incrociando poi le braccia al petto e alzando il mento in segno di
sfida. «Sappi soltanto che è vivo… per ora.» disse tranquillamente.
Strinsi forte i pugni
mentre lo guardavo con odio profondo. «Ho recuperato la memoria perduta… Marcus,
giusto?» risi prima di sospirare e scuotere la testa con amarezza. «Tu non mi
sei mai piaciuto. Sei subdolo. Sei anche un doppiogiochista?»
L’altro si fece
gradualmente scuro in volto. «Non ti seguo.»
Alzai anch’io il
mento, spavaldo, e mi rialzai per fronteggiarlo meglio in questa accesa
discussione. «I Guardiani dell’Occhio. Tu sei in combutta con loro. Trami
contro Rea. Mi fai schifo.»
Marcus iniziò subito
a sghignazzare con gusto. «Te la stai prendendo con l’uomo sbagliato. È con
quello che sto coprendo che dovresti parlare.»
Marcus era il
complice del vero nemico, dunque. Chi stava proteggendo? E perché, soprattutto,
se la sua fedeltà a Rea era risaputa in ogni dove? Questo qualcuno lo stava
ricattando, non c’era altra spiegazione.
«Devo vedere Rea.»
dissi, serio. Parlarle era diventato di vitale importanza. Le sorti della
guerra potevano e dovevano essere ribaltate. Potevamo uscirne tutti vincitori.
«È occupata con la
tua prescelta.» rispose Marcus inarcando un sopracciglio.
«Sono venuto a
riprendermela.»
«Questo è evidente.»
ghignò.
«Ci troviamo in una
scomoda situazione, e per risolverla propongo di batterci.» dissi per poi
mettermi in posizione di difesa. Vidi il mio avversario fare lo stesso e
sorrisi, esaltato. I miei muscoli erano ormai rigidi come un’asta di duro
metallo; il sangue pompato dal cuore infervorato era freddo come quello di un
serpente pronto a sbranare la sua preda.
Tuttavia, mi restava
un’ultima domanda da porre.
«L’uomo che come un
ombra sta dietro di te è lo stesso che mi ha cancellato la memoria dei tempi
passati con Rea?»
Marcus annuì.
Istintivamente, io contrassi la mascella in un crescendo di sentimenti
negativi. Desideravo moltissimo fare a pezzi Marcus, ma non potevo
permettermelo se prima non scoprivo l’identità del vero traditore. Decisi
quindi di renderlo innocuo fino a nuovo ordine: era ovvio che quando non mi
sarebbe stato più utile lo avrei eliminato.
Feci per scattare in
avanti, ma mi ricordai di non essere in possesso del mio corpo bensì di quello
ben più debole di una sacerdotessa e imprecai sottovoce.
Marcus, vedendomi in
difficoltà, attaccò. Mi prese per la gola, stringendo forte abbastanza da farmi
annaspare in cerca d’aria. Non sapevo che fare, come reagire e liberarmi, eppure
in qualche modo dovevo…
Un odore familiare invase
le mie sensibili narici: petali di rose fresche il cui odore si espandeva a
flussi continui nell'aria.
«Amia.» mormorai,
felice, tendendo una mano verso di lei.
«Andras.» disse lei,
commossa, portandosi le mani giunte proprio dove stava il cuore.
I miei occhi si
arresero ai suoi, bellissimi e ammalianti. Ero certo che mai avrei visto nulla
di altrettanto perfetto per me da pensare di poter vivere un sentimento più
intensamente di così.
Adesso volevo soltanto
immergere il naso fra le ciocche rosse dei suoi capelli e sfiorare le nocche
delle sue pallide mani dalle dita affusolate.
In passato mi ero
negato l’amore: volevo essere lasciato libero di respirare. Poi, con
Amia accanto, avevo capito che se respiri perdi Amore perché amare ti toglie il
fiato. La svolta avvenne poco tempo dopo, quando mi dissi: in nome del proprio
amore verso una persona non è davvero toppo triste sacrificare proprio una vita
d'amore con quella stessa persona? Così eccomi qui, con gli occhi impazziti nel
tentativo di registrare velocemente, con animo vorace, ogni più piccolo
particolare della figura della mia bella Amia. Mi era mancata.
Il mio sguardo cadde
su Marcus, che ancora mi stringeva le dita attorno al collo. Corrugai la fronte
e digrignai i denti come una belva inferocita che sente la sua femmina
minacciata. Ero così disperatamente innamorato di Amia che avrei preso i calci
e i pugni di tutto il male del mondo pur di non veder quest'ultimo accanirsi su
di lei.
Sputai in faccia al
mio rivale, disgustato da tutto ciò che rappresentava ed era. Lui allentò la
presa giusto un attimo e io ne approfittai per rifilargli un calcio nel punto
debole di ogni uomo. A Marcus sfuggì un grugnito di profonda indignazione.
Rapido, corsi in
direzione di Amia; lei mi tendeva amorevolmente le braccia. Poi la sua faccia
venne deformata dal dolore e il secondo dopo la vidi cadere in ginocchio
davanti a me. Dietro di lei stava Rea con una lancia fra le mani. Guardai
quest’ultima con odio e feci per lanciarmi su di lei, quando delle braccia mi
trattennero. Era Marcus, tornato all’attacco. Scalciai e tentai di divincolarmi
dalla sua presa, ma il corpo della sacerdotessa che avevo posseduto era troppo
debole. Imprecai ad alta voce per la disperazione di veder Amia afferrata per i
capelli da Rea.
«Ho ricordato tutto,
Rea: lascia andare Amia e parla con me!» urlai.
Rea socchiuse gli
occhi e scosse il capo. «Amia non vuole collaborare con me. La tua ragazza è
tenace e ti è fedele, devo ammetterlo, ma questo l’ha solo condannata. Non avrò
pietà né di te né di lei, e anche i vostri amici pagheranno il conto che la mia
vendetta esige.» rispose.
«Rea, per favore… in
nome dei vecchi tempi. Quelli belli… della nostra amicizia.» tentai di farla
ragionare.
Rea scambiò
un’occhiata con Marcus. Io imprecai mentalmente perché sapevo che Marcus mi
detestava e non me l’avrebbe fatta passare liscia. Infatti Rea riprese a
guardarmi con odio. Merda, pensai.
All’improvviso Rea
scattò via da Amia come indemoniata, toccandosi le parti del corpo che poteva
raggiungere con le mani.
Inarcai un
sopracciglio, perplesso, poi vidi Amia sorridere vittoriosa e ghignai. Marcus,
visibilmente preoccupato per la sua amica, andò da lei e cercò di calmarla.
Amia si posizionò al
mio fianco. «Le sto facendo vivere l’illusione di essere avvolta dalle fiamme.»
spiegò.
«Brava. Almeno la tua
fuga è servita a farti fare pratica come sacerdotessa.» volli pungolarla,
perché mi aveva ferito andando via senza prima consultarmi.
Amia sbuffò. «Siamo
di nuovo insieme.» disse. «Potresti essere più gentile con me.»
Alzai gli occhi al
cielo per mostrale quanto mi esasperava. Segretamente, invece, la felicità di
poterle finalmente parlare faccia a faccia mi stava infiammando il cuore. Mi è mancata, pensai per l’ennesima
volta.
Osservai attentamente
Rea e Marcus. Rea aveva infine sciolto l’illusione creata dalla mia ragazza e
ci stava guardando disgustata.
«Puoi ascoltarmi,
Rea, oppure fare a modo tuo e tentare invano di battermi.» dissi, serio, con
cipiglio severo.
Lei rise, beffarda. «Non
sono più la ragazzina inesperta di una volta. Sono molto, molto più forte! E ho
Marcus al mio fianco. Tu una sacerdotessa con capacità passabili.»
Incrociai le braccia
al petto. «Vuoi la guerra, dunque. Va bene.»
Amia sospirò e si
mise in posizione di difesa. Io scossi la testa e dissi: «No, Amia, tu devi
metterti al sicuro. Lascia fare a me.»
«Siamo una squadra,
ricordi?» mi rimbeccò lei, offesa. «Tu difendi me e io proteggo te.»
Prima di conoscere
Amia non trovavo il mio posto nel mondo. Ero come smarrito. Poi, trovando lei,
mi ero sentito capito. Stavo bene perché con lei vedevo a tutto tondo. Spalla a
spalla, coprendoci a vicenda, uno vedeva una metà del mondo e l'altro il pezzo
mancante per richiudere il cerchio visivo. Il mio posto felice era dove avevo lei
a guardarmi le spalle. Così sapevo com'era il mondo visto dalla sua prospettiva
e lei a sua volta sapeva com'era lo stesso mondo visto dalla mia. Quindi, Amia
aveva ragione: dovevamo combattere i nostri nemici insieme.
Annuii e lei sorrise,
contenta. Poi entrambi ci facemmo seri. Entrai nella sua testa mentre anche lei
invadeva la mia. Eravamo una cosa sola, adesso.
Rea scattò verso di
me mentre Amia dovette fronteggiare Marcus, un famoso ex membro dei Guardiani
dell’Occhio.
Scoppiò il caos.
La sala dove ci
trovavamo cadde letteralmente a pezzi.
Presto spuntarono i
soldati della CGE e le sacerdotesse seguaci di Rea, richiamati dai forti rumori
che lo scontro stava provocando. Rea intimò subito alle ragazze di procedere
col piano stabilito e di aiutare la CGE a fare la sua parte, così nell’edificio
restammo solo noi quattro a combattere.
Alla fine, com’era
prevedibile dato il debole corpo che stavo possedendo, mi ritrovai Rea sopra
con le sue mani a stringere il mio collo. Ero distrutto. Amia, invece, non era
messa male e si trovava dall’altra parte della stanza con le mani avvolte da
sfere di energia sacerdotale puntate con i palmi aperti contro il petto di
Marcus.
«Rea, o lasci il mio
ragazzo o io uccido il tuo amico.» minacciò Amia.
«Non ne saresti
capace.» rise Rea.
Amia poggiò le mani
sul torace di Marcus e a lui si rizzarono i capelli sulla testa. Marcus stava
soffrendo, era evidente da come serrava le palpebre degli occhi e si mordeva le
labbra a sangue nel tentativo di non urlare.
«Ferma! Ferma!» gridò
Rea, liberandomi dalla morsa delle sue mani e allontanandosi da me.
In quel momento dalle
macerie dell’edificio spuntò Raina. Vedendo il mio corpo nel carretto che stava
tirando, mi catapultai a riprendermelo. Una volta tornato me stesso, pieno di
gratitudine, diedi una pacca sulla spalla della ragazza del mio migliore amico
e le indicai dove lo avevo lasciato, ma vidi che lui non era più lì. Preso
dalla battaglia, non mi ero reso conto della sua scomparsa. Allora, dissi a
Raina di scendere nei sotterranei, perché era il posto più ovvio da dove
cominciare le ricerche. Lei annuì e corse via subito dopo aver sorriso ad Amia.
Raggiunsi in fretta
Amia. Entrambi guardavamo con severità Marcus, che nel frattempo era stato
liberato dalla mia ragazza, e Rea, più furiosa che mai. Improvvisamente, Marcus
si voltò e corse via: nonostante avessi notato che si fosse gettato
all’inseguimento di Raina, non potei fermarlo poiché Rea gli fece da scudo umano.
Amia mi prese per
mano come a volermi rassicurare che i nostri amici se la sarebbero cavata.
«Rea…» iniziai.
«Ci rivedremo molto
presto, ve lo assicuro.» disse lei, interrompendo il mio discorso sul nascere.
Aprì un portale e vi scomparve per ricomparire chissà dove.
Avrei voluto
parlarle, ma era andata così e in ogni caso mi stava bene perché Amia non
riportava gravi ferite e io potevo ricondurla a palazzo.
Sorrisi. Amia era
dolce e forte insieme, una creatura meravigliosa che sembrava uscita da una
squisita poesia d’arme e d’amori. Era quell’unica donna speciale ingarbugliata
fra i miei pensieri, e non potevo più tenerla lontana dal mio cuore. Nel futuro
a cui aspiravo lei era l’unica costante.
Io… io…
Impaziente, la presi
sotto le ascelle e la feci volteggiare per uno, due, tre giri di seguito.
Il petto mi si infiammò
e le lingue di fuoco mi fecero ardere il cuore e fomentarono quel sentimento
segreto che vi custodivo gelosamente senza mai riuscire a trovar riposo per via
della sua crescente intensità scottante.
Pov. Damien
Sputai due volte a
terra non appena ripresi conoscenza, scuotendo poi il capo per risvegliare i
cinque sensi intorpiditi e tossendo un paio di volte a causa della gola secca.
Quando, un minuto
dopo, riuscii a mettere a fuoco il luogo dove mi trovavo, sbattei ripetutamente
le palpebre per l’incredulità. Una cella… Ero probabilmente in una cella dei
sotterranei. Ed ero solo, ma soprattutto all’oscuro di cosa fosse successo dopo
che ero svenuto e di dove fosse adesso il mio migliore amico. E poi Marcus
dov’era finito? Non mi sentivo tranquillo a pensare Andras ancora con lui, il
fidato alleato di Rea. Era forse stato Marcus a portarmi qui? Non ne ero certo,
ma se non era stato lui, allora chi altri…? In questo più probabile caso potevo
soltanto supporre che quest’altro uomo mi avesse rapito mentre Marcus teneva
occupato Andras. Perché era impossibile credere che il mio amico fosse stato
sconfitto e Marcus fosse stato ancora abbastanza in forze per occuparsi anche
di me.
Con non poca fatica,
e appoggiandomi con la schiena e con entrambe le mani a una parete di acciaio,
mi rialzai.
Inspirai ed espirai
profondamente. Andras è vivo… deve essere
così!
Dopo circa cinque
minuti, sentii dei passi veloci in lontananza.
Damien! Damien, amore mio?!
Raina… Amore, vattene… o cattureranno anche
te.
Indicami la tua posizione, stupido! È quasi
un’ora che vago senza meta.
Cosa? E non hai incontrato nessuno? Non hai
visto guardie della CGE o sacerdotesse al servizio di Rea?
No, non so dove siano finiti tutti. Ora,
Damien, dimmi dove diavolo sei!
Mi avvicinai alle
sbarre senza però toccarne una (la cautela non era mai troppa). Non riesco a capirlo, Raina.
Merda… Sei da solo?
Sì.
Okay, allora urla così seguo la tua voce.
E se qualcuno mi sentisse? Raina, tu
dovresti…
Ti ho già detto che non c’è più nessuno
nell’edificio. Saranno sicuramente fuggiti via con la coda tra le gambe dopo il
putiferio che hanno scatenato Andras e Amia!
Eh?!
Andras è stato pazzesco! E Amia non è stata
da meno: dovevi vedere come le dava di santa ragione a Marcus! Se non hai
sentito nulla è solo perché i sotterranei sono molto al di sotto del suolo.
Sopra, dove prima c’era l’edificio, non c’è più muro che tenga! Dai, urla, così
ti raggiungo!
Urlai a squarciagola
per farmi sentire dalla mia ragazza. E poi ancora e ancora, fino a che non me
la ritrovai davanti con il fiato corto e il petto ansante. Gli occhi verdi di
Raina brillavano per il sollievo di vedermi ancora vivo.
Stavo per
raccomandarle di non toccare le sbarre, nel caso in cui fossero elettrificate,
quando un’ombra si mise rapida dietro Raina e le puntò la lama affilata di un
coltello alla gola. Raina si immobilizzò mentre nei suoi occhi da cerbiatta si
affacciava la paura. A me mancò un battito non appena riconobbi il volto di
Marcus.
«Credevo che Amia ti
avesse tolto di mezzo.» disse coraggiosamente Raina.
«Taci, puttana.» la
liquidò Marcus, aspro.
Lanciai un’occhiata
di ammonimento a Raina, quindi rivolsi la mia attenzione a Marcus. «Un cane
fedele alla sua padrona non dovrebbe essere con lei in questo momento?»
«Rea e io siamo
amici, alleati da sempre. Non ci diamo ordini a vicenda, ragazzo, ma consigli,
e alla fine decidiamo con la nostra testa per un bene comune a ciascuno. Se
così non fosse stato, Amia non sarebbe qui adesso per come la conosci tu.»
Mi chiesi cosa
intendesse dire con ciò e stavo quasi per domandarglielo, quando un altro
quesito premette sulla punta della mia lingua per esprimersi ad alta voce.
«Perché sono qui? E
chi mi ci ha portato?»
«Non io. I vostri
amici mi hanno trattenuto.» grugnì, arrabbiato. «Ma sono stato io a ordinare al
mio complice di farlo. Sai, perdere una buona pedina come te non sarebbe
produttivo… anzi, a me e a Rea, oltre che alla CGE, verrebbe meno un’utile
risorsa.»
«Damien,» fece Raina,
triste, con gli occhi lucidi «la verità è che sei controllato da Rea… e non so
se senza un suo diretto intervento c’è rimedio.»
Mi si mozzò il
respiro. I miei occhi cercarono disperatamente di rubare una risposta chiarificatrice
ai suoi; presto si annebbiarono quasi del tutto per il forte shock. Mi prese
una forte nausea. «Spiegati… spiegati meglio, Raina.» balbettai con il labbro
inferiore che tremava.
«Non c’è alcun punto
da chiarire» riprese la parola Marcus. «Detto in due parole… morirai, ragazzo!
Rea non sta in nessun modo frenando quei flussi di energia negativa che sono le
dovute conseguenze del suo comportamento non conforme a quello di una
sacerdotessa. Sono scarti mortali, capisci? Se non li desse a qualcuno, a te
per tua sfortuna, sarebbe lei a morire… invece toccherà a te! A meno che la tua
prescelta rinunci ad essere tale come tributo ai Guardiani dell’Occhio, gli
unici a poter fare qualcosa oltre a Rea stessa» rise con grande malvagità
Marcus, lasciandosi sfuggire un particolare decisamente degno d’importanza.
Quando l’uomo finì di
parlare mi sentii mancare le forze, ma con uno sforzo riuscii a restare fermo
in piedi al mio posto. Non intendevo mostrarmi debole nemmeno quella volta che
avrei anche potuto permettermelo poiché non avevo davvero più nulla da perdere.
Intontito, guardai il
corpo di Marcus iniziare a sbiadire, presto la sua figura si fece traballante, un
secondo c’era e il seguente no. Raina venne liberata; tossì un paio di volte
prima di lanciarmi un’occhiata perplessa. Un minuto dopo di Marcus non restava
più niente. Ipotizzai che Rea avesse richiamato a sé il suo fedele servitore. Non
c’era più nulla da temere per me e la mia ragazza, la quale corse veloce fra le
mie braccia. Decisi che della rivelazione sfuggita a Marcus ne avremmo discusso
più in là con Andras e Amia presenti a darci consiglio.
Io e Raina decidemmo
di raggiungere Andras e Amia per fuggire insieme a loro prima che qualcosa ce
lo impedisse. Innanzitutto ripresi possesso del mio corpo, diligentemente
portatomi dalla mia ragazza, poi partimmo.
Svoltammo l’ultimo
angolo subito dopo aver sceso di corsa l’ennesima rampa di scale, qualche
minuto dopo cioè, poi sia io che Raina ci bloccammo in mezzo al corridoio,
piacevolmente sorpresi. Lì, infatti, le anime dei nostri amici stavano facendo
l’amore.
Andras stava
strofinando il naso contro quello di Amia con una dolcezza per lui un tempo
inaudita. Le stava ricordando che lei, per lui, era la persona più importante
della sua vita e che per questo mai l’avrebbe
persa di nuovo. Amia arrossì e si alzò sulle punte delle scarpe per dare ad
Andras un veloce bacio a stampo, una carezza di velluto che gli prometteva che
anche lei si sarebbe presa più cura di lui d’ora in avanti. Entrambi si erano
fatti carico dell’importante impegno di non scordarsi più tanto facilmente di
amarsi così tanto.
Amia attirò a sé
Andras, possessiva; a sua volta, lui la strinse forte tra le sue braccia. Amia
disse: «Ti ho visto, ho incrociato i miei occhi con i tuoi. Ti ho conosciuto,
ho intrecciato le fibre della traccia della mia vita con le tue. Ti ho guardato
dentro, ho voluto te nella mia storia e me nella tua. Ti ho amato, ho
combattuto, mi sto battendo, ci sto difendendo per farti restare lungo il mio
percorso, ma mai ai suoi confini perché lì c'è solo dolore. Ti ho visto, ti ho
conosciuto, ti ho guardato dentro, ti ho amato. Ti vedo e ti vedrò ogni giorno
chiaramente, ti conoscerò sempre di più, ti affonderò ancora dentro, ti amo e sarò innamorata di te in
eterno.»
Ora che Amia e Andras si sono silenziosamente
perdonati per quegli errori che li hanno fino ad ora divisi, pensai con un sorriso, va tutto bene.
Amia e Andras si
erano aspettati e adesso si erano ritrovati. La ricerca dei loro cuori era
finalmente conclusa: potevamo tornarcene tutti e quattro a casa.
Inaspettatamente, Andras
poggiò la fronte contro quella di Amia e, sorridendo come un monello di strada
che aveva appena fregato la pistola sotto al naso del poliziotto da cui
scappava, disse: «Per valere qualcosa si deve avere la capacità di dare amore.
Non si ci può limitare a riceverlo più o meno passivamente. Non è giusto nei
confronti di chi ti ama e ti rispetta. Quindi, adesso, ti confesso che senza
ragione né controllo ti penso, e sorrido così come tu prima hai sorriso a me
nel rivedermi, con la felicità di un innamorato che ha accanto il suo vero amore
ricambiato. Ti guardo, e da un po’ nei miei occhi si riflette il tuo amore
sincero, ma d’ora in poi voglio che ai tuoi arrivi anche il mio. Per me tenerti
la mano è come abbracciare la tua anima con la mia. Le nostre dita si sono
prima sfiorate e poi strette tante di quelle volte… ho sempre sentito lo
sprigionarsi del loro calore come espressione del tuo amore verso di me, e te
ne sono immensamente grato. Sappi che mai una volta è stato facile contenere
questo grande sentimento senza dartene qualche esplicita goccia del mio. Questi
giorni senza di te mi hanno schiaffeggiato, sono stati una dolorosa punizione
per non averti mai detto in tempo quanto io ti ricambi, amore mio. L’ho capito
e accettato tempo fa, sai… ma mi dicevo che non serviva dirtelo apertamente,
che tanto mi capissi e lo sapessi già nonostante io non lo dimostrassi nei modi
più romantici. Invece è importante che tu senta le parole che marcano il mio
cuore come tuo affinché nulla più faccia pensare che non è così. E anche se
tutto intorno a noi emana odio, voglia di far del male e desiderio di vendetta
e quelle persone sono cattive e piene di disprezzo per noi… Ti amo, Amia!»
Grazie,
Pan_di_Stelle. Grazie, StellaChiara. Questo capitolo è dedicato a voi due.
Mi
avete incoraggiata a continuare questa storia con i vostri due messaggi... Di
questo non ve ne sarò mai grata abbastanza.
ANGOLO AUTRICE
Buonasera e ben ritrovate, care ragazze! ^__^
Chi non muore si rivede…
Sono sparita dalla circolazione per un bel po’ di tempo, forse troppo.
Sì, devo aver esagerato stavolta. Ho delle spiegazioni, però! Sono successe
tante di quelle cose impegnative che se erano belle non avevo tempo per
scrivere e se erano brutte non ne avevo la voglia. Mi scuso con voi tutte e
spero che mi potrete perdonare presto o tardi che sia. Vi chiedo umilmente di
credermi: sono davvero mortificata! D:
Detto questo…
Sarà stato un caso che Marcus non si sia portato dietro Damien? Mmh, io
credo di no. XD Per il povero demone biondo le brutte sorprese non sono ancora
finite (ho in serbo per lui grandi cose!).
In ogni caso… Damien x Raina 4 ever. Non sono pucciosi pucciosissimi?!
<3
Ah, vi sono piaciute le informazioni sui Guardiani dell’Occhio (citati,
se ricordate, nello scorso capitolo da Rea)? Perché li rivedrete nel prossimo
capitolo (e anche negli ultimi inerenti alla battaglia finale) più cattivi che
mai!
A proposito di Rea: chi la sta tradendo? Domanda domandona del momento
la cui risposta la so solo io (forse, perché degli indizi su questo tizio ve li
ho dati). u.u
Di cos’altro avranno parlato Amia e Rea prima che Amia riuscisse a
raggiungere Andras, venuto per salvarla? Altra bella domandina, eh eh.
Ehm, ehm… Giusto giusto… in questo capitolo Andras si è dichiarato ad
Amia! TA TA TA TA!!! :D Non è stato meraviglioso?! *^* Io l’ho amato tantissimo
perché non solo ha detto quelle due paroline speciali ma l’ha fatto con stile e
grande romanticismo! *__*
Ma questo significa grossi grassi guai in arrivo per la coppia…
Ora, come sapete, il famoso demone leggendario voluto da Rea può essere
generato… ma non è questo il punto! XD
La seconda leggenda inerente alle prescelte (“il potere di scambio”) si
farà presto viva!!!
Infine, vi dico che nel prossimo capitolo potete aspettarvi dell’intenso
romanticismo fra le due coppie della storia… ;)
Anche perché poi ci sarà una calata di combattimenti e sofferenze varie…
Andras (proprio lui? XD), fra l’altro, userà il potere liquido contenuto nella
fiala che gli hanno dato i Guardiani dell’Occhio e che nel salvare Amia in
questo capitolo non ha avuto occasione di usare.
GRAZIE di cuore alle 64 persone che hanno inserito la storia fra le preferite.
GRAZIE mille alle 20 che l'hanno
messa fra le ricordate. Un GRAZIE
enorme va anche alle ben 106 ragazze che hanno messo Il Dominatore del Mondo fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 14 ragazze che mi hanno inserita fra i loro
autori preferiti… Vi voglio tutte bene, care ragazze! Spero davvero di non
deludere mai le vostre aspettative!
Se volete qualche spiegazione in più o avete altro da dirmi, lasciate
pure una recensione. J
Bacioni,
la vostra Ashwini. :*