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Autore: yourkittyness    03/01/2015    3 recensioni
ovvero:
Come innamorarsi del proprio vicino di casa.
Le storie di sei ragazzi universitari alle prese con il loro primo amore.
{Aokise - Kagakuro - Midotaka}
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il destino ha molta più fantasia di noi
ovvero:
Come innamorarsi del proprio vicino di casa.
(2)

 
Quella mattina, Aomine si era svegliato prima del solito, mancava più di un’ora all’inizio delle lezioni e, grazie a dio, l’università di letteratura era a poco meno di quindici minuti dall’appartamento. Più volte aveva contemplato l’idea di rimettersi a dormire ma i suoi occhi non avevano la minima intenzione di assecondarlo.
Dopo che qualche giorno prima aveva cacciato via il suo vicino di casa, Kise Ryouta, in malo modo, non era riuscito a scacciarsi via dalla testa la possibilità di andare a scusarsi. Da quando si era alzato quella mattina, stava avendo un arduo dibattito con se stesso: una parte di sé gli diceva di andare a scusarsi, l’altra cercava di convincerlo a stare fermo sulla sedia, a bersi un caffè e a ripassare qualcosa. Non aveva nessun motivo per scusarsi – a parte averlo cacciato, conseguenza più che naturale dopo che il biondo l’aveva infastidito per tutta una mattinata.
Si passò una mano tra i capelli, sospirando, e appoggiò la tazza di caffè sul tavolo. Possibile che si stesse creando così tanti problemi per uno sconosciuto?
Quando l’aveva cacciato via, aveva visto quel luccichio nei suoi occhi, come se in quell’attimo fosse riuscito a scavare via tutta l’ansia, oltre il suo viso falso, e fosse riuscito a penetrare dentro di lui, fino a raggiungere il se stesso che si nascondeva in una parte che aveva paura di esplorare.
Kise Ryouta era una persona certamente singolare; Daiki era riuscito a capire il modo in cui si comportava con gli altri, ma non era sicuro che quello fosse il vero Ryouta.
«Un viso falso per nascondere i segreti di un falso cuore» mormorò a memoria la frase di Shakespeare e si chiese se non fosse adatta sia a lui che al suo vicino di casa.
-
Le lezioni erano state pesanti e, quando Daiki si sedette sul divano, sperò di poter passare un pomeriggio con se stesso, un libro e magari dei pop-corn, giusto per chiarirsi le idee. Le lezioni di quella mattina erano riuscite solo a farlo confondere e ad ogni citazione, inspiegabilmente, gli veniva in mente Kise Ryouta. Il fatto che non fosse riuscito a capire il suo vero carattere gli faceva ipotizzare i mille volti che poteva avere il biondo. Non riusciva a darsi pace ma sperava che la sua curiosità sarebbe andata a morire presto, prima di avvicinarsi troppo a Kise; quel ragazzo lo metteva a disagio e non voleva averci nulla a che fare.
Aveva appena tirato fuori dal microonde i popcorn quando sentì il campanello della porta suonare – e nessuno suonava mai a casa sua. Nessuno dei suoi amici dell’università potevano essere passati di lì, dato che erano quasi tutti impegnati con gli esami; non poteva neanche essere il corriere, non aveva ordinato nessun pacco online. “Allora...?”
Il viso del suo vicino di casa gli balenò in mente. Il solo pensiero lo faceva rabbrividire dal terrore. Voleva delle bustine da the? Dello zucchero? Sperò che potessero essere le solite richieste, o che fosse venuto perlomeno a scusarsi. Si massaggiò la radice del naso mentre si dirigeva verso la porta. Sbirciò un attimo dallo spioncino e capì che le sue peggiori fantasie si erano avverate. “Questo è dio, o è il karma, o è solo uno stronzo che si diverte ad augurarmi l’inferno.”
«Aominecchi! Menomale che mi hai aperto, pensavo fossi fuori!» Aomine credeva di non aver sentito bene. Le sue orecchie si stavano prendendo gioco di lui. Aveva davvero osato chiamarlo “Aominecchi”?
«Ti serve qualcosa?» chiese, ignorando il nomignolo, e appoggiandosi allo stipide della porta.
«Volevo scusarmi per ieri! Non pensavo che te la saresti presa così tanto!» stava gesticolando un po’ troppo con le mani e parlava davvero troppo velocemente. «Spesso mi dicono che sono inopportuno, ma davvero, non è colpa mia!»
«Arriva al punto» disse Daiki seccato, aveva dei pop-corn da finire e un libro da leggere.
«Sbaglio o c’è odore di cibo?» esclamò il biondo entrando in casa. Aomine non sapeva se quello fosse il suo senso dell’umorismo, ma sarebbe mancato poco perché lo prendesse a sberle.
«Non so perché tu ti stia prendendo così tante libertà» disse, seguendo il biondo in cucina – il quale non aveva certamente perso tempo a mettere le mani sui suoi pop-corn. «Ma vorrei sapere perché hai suonato a casa mia, così te ne puoi andare.»
«Mh! Hai ragione» disse con la bocca piena. Si avvicinò ad Aomine e gli prese le mani. «Per favore vieni a cena con me, Aominecchi!»
-
Daiki era seduto ad uno dei tavoli più appartati del ristorante dove Kise lo aveva trascinato. Il motivo? Voleva scusarsi.
Quel pomeriggio, il biondo non gli aveva neanche dato il tempo di rifiutare che gli aveva dato appuntamento alle otto sul pianerottolo e se n’era andato tanto velocemente quanto si era finito i suoi pop-corn. Nella prima mezz’ora, Aomine si era messo a camminare in tondo per la casa, indice sul mento, cercando una buona scusa per rifiutare. Una piccola parte di sé (non l’avrebbe mai ammesso) aveva pensato “perché non accettare? In fondo è stato carino”. Dopo di ciò, aveva passato la conseguente mezz’ora a chiedersi da dove quel “carino” fosse uscito.
Alla fine aveva deciso di continuare a leggere: aveva riletto per sei volte la stessa frase cercando di dargli un significato. L’unica cosa che riusciva a pensare era che quell’uscita sembrava decisamente un appuntamento. Sia il modo in cui l’aveva chiesto, sia il fatto che non era una cena a base di ramen istantaneo, magari a casa sua. No, era proprio una cena in un ristorante e Kise aveva tenuto anche a precisarlo.
Nell’attesa dell’arrivo del cameriere, Kise aveva cominciato a picchiettare le dita sul tavolo. Daiki diede di nuovo uno sguardo al suo abbigliamento e poi guardò quello del biondo. Nonostante avesse inesplicabilmente passato più di mezz’ora a cercare qualcosa di decente da mettersi (non avrebbe ammesso neanche questo), a confronto di Ryouta, sembrava lo stesso un barbone ubriaco appena uscito dal carcere. Era vestito assurdamente bene, “o forse è lui assurdamente bello e tutto quel che indossa sembra automaticamente figo… Aspetta. Cosa?”. Se non fosse stato in un luogo pubblico si sarebbe preso a sberle.
«Non capisco perché ci stia mettendo così tanto» disse Ryouta appoggiando il viso sul palmo della mano.
«Non c’è problema.»
«Stai bene vestito così» disse sorridendo e Aomine arrossì.
«Erano le prime cose che ho trovato» “Bugiardo”.
In quel locale c’era davvero troppo caldo.
-
Aveva un mal di testa terribile, quella mattina aveva provato ad alzarsi dal letto ma un forte senso di nausea lo aveva spinto a sdraiarsi nuovamente. Aveva la memoria totalmente annebbiata, l’ultima cosa che ricordava era il quinto Angelo Azzurro che aveva bevuto. Si portò una mano sulla faccia.
«Mi sento morire» mormorò. Il mal di testa era martellante ma doveva necessariamente alzarsi per prendere  qualcosa per farlo passare. Molto lentamente si alzò, aveva uno strano dolore al fondoschiena.
Aperta la porta della stanza da letto, si ritrovò il suo maledettissimo vicino di casa in boxer sul suo divano.
«Che cazz..?» Ryouta si girò verso di lui, sorridendo.
«Buongiorno, dormito bene?» sbatté un po’ le palpebre e poi guardò le gambe di Aomine, o quasi. «Pensavo che ti fossi rivestito dopo ieri sera.»
Daiki guardò in basso.
“Perché cazzo sono nudo?”
Nonostante fossero passati tre giorni da quando Kagami Taiga si era scontrato con lui, Kuroko non riusciva a frenare la sua euforia. Pensava fosse un miracolo, o qualche strana congiunzione astrale aveva proiettato un briciolo di fortuna su di lui, la causa era ancora incerta ma, al momento, l’unica cosa che gli importava era che Taiga l’avesse notato. Non pensava che qualcosa di simile sarebbe mai potuto accadere. Sentiva come se la gioia potesse farlo esplodere da un momento all’altro.
Stava rotolando sul letto, stringendo un cuscino. Si sentiva uno stupido, ma ogni volta che ci pensava non poteva far altro che sorridere. Inizialmente non aveva ben capito perché una tale reazione, pensava di avere la febbre ma la sua temperatura era normalissima. Solo un’ora prima, mentre rimuginava sull’accaduto, incapace di prendere sonno, era arrivato ad una conclusione, se non logica, sensata: forse il suo vicino di casa gli piaceva, anche parecchio.
In quei tre giorni aveva smesso di seguirlo o di appostarsi come un maniaco sotto casa. Si era reso conto (in realtà lo sapeva da molto tempo) che non era una cosa da fare e che, se qualcuno lo avesse notato – non escludeva certamente la possibilità –, non avrebbe certo perso tempo a dirlo alla povera vittima. Presa questa drastica decisione, aveva capito che l’unico modo per avvicinarsi, così, a Kagami era quella di trovare non tanto degli interessi in comune, ma qualcosa con cui attaccare bottone. Fino a qui era tutto molto semplice, escludendo il fatto che Kuroko aveva una dannatissima paura di suonare a casa sua e di fare scena muta.
Si alzò dal letto, con ancora il cuscino tra le braccia. “Ok, adesso vado e gli chiedo se ha dello zucchero”. Fece qualche passo vicino alla porta, poi tornò indietro e si ributtò sul letto. “No, non ce la posso fare, oddio”. Si alzò di nuovo dal letto, fece qualche passo, poi si bloccò di fronte allo specchio. “Kuroko, ce la puoi fare, ce la devi fare”. Questa volta arrivò fino alla porta, poi tornò indietro, si era scordato di pettinarsi i capelli e di lasciare il cuscino sul letto.
-
Quella mattina aveva rinunciato ai propri propositi e aveva rimandato la sua missione al giorno dopo; aveva davvero troppa fifa e doveva prepararsi psicologicamente.
Era sulla metro, la sciarpa che gli copriva metà viso e la felpa che non lasciava intravedere le mani; quella mattina c’era molto freddo. Era stato fortunato e aveva trovato un posto – sperò che nessuno, non notandolo , si sarebbe seduto addosso a lui. Stava armeggiando con il suo nuovo smartphone, doveva ancora capire bene come mandare gli sms e tutte quelle app per lui erano davvero un mistero; si sentiva un vecchietto. Era la sesta volta che cercava di scrivere correttamente “meteo” senza che il t9 lo cambiasse con “meteorite”. Sospirando si rimise il cellulare in tasca e alzò lo sguardo, trovandosi Kagami Taiga davanti. Era totalmente concentrato sul suo libro di letteratura inglese e Kuroko era totalmente concentrato a guardarlo.
Era davvero spaesato, in quei giorni aveva scoperto che frequentava i corsi universitari il pomeriggio, perché era in metro a quell’ora del mattino? La sciarpa gialla gli arrivava poco più in basso del naso, le sopracciglia erano corrugate. “È davvero troppo bello per essere un essere umano”. Sentiva il cuore battere a mille e una stretta alla bocca dello stomaco. Qualcosa dentro di lui urlava “girati verso di me, guardami”. Come poteva aspettarsi che lo notasse? Lui, che non veniva notato neanche da persone con cui era stato in contatto per più di un anno. Kuroko si tirò su la sciarpa fino a coprire il naso e ci affondò dentro. Era stanco di essere invisibile.
Si strinse la borsa al petto, non era neanche arrivato all’università e già voleva tornare a casa. Voleva solo stare al caldo sotto le coperte e rimanere lì per sempre fino a quando Kagami Taiga se ne sarebbe andato e lui avrebbe smesso di provare emozioni, come prima.
Uno scossone fece scivolare il libro dalle mani di Kagami, che aveva cercato di tenersi a qualcosa per non cadere a terra. Istintivamente Kuroko allungò la mano e lo raccolse. Gli occhi di Taiga si spalancarono.
 «Ehi, ma tu sei il ragazzo di ieri» Kuroko perse un battino, se non due. Si ricordava di lui? «Non ti avevo notato.»
«Uhm, sì, mi dispiace per ieri» la voce di Kuroko era tremolante, la trovò tremendamente sgradevole e sperò che Kagami non ci avesse fatto caso. La metro si fermò ad una fermata e il signore accanto a Kuroko si alzò. Kagami non perse tempo e si sedette accanto a lui. “Sto sognando?”
«Figurati» rise. «La colpa è stata mia, ero di fretta e non guardo mai dove metto i piedi.»
«È che-» non gli diede il tempo di finire la frase che continuò a parlare.
«Sei uno studente delle superiori? Come mai vivi da solo?» Kuroko pensò di non aver sentito bene.
«Veramente sto andando all’università» Kagami si bloccò per un istante a guardarlo, poi spostò lo sguardo dritto davanti a sé.
«Ok, figura di merda, mi dispiace anche per questo.»
«Figurati» Kuroko si sentiva un idiota. Il ragazzo che aveva osservato per tutto quel tempo era accanto a lui e non stava facendo nulla per rendere la conversazione più interessante; tra due fermate sarebbe dovuto scendere e non voleva che la conversazione finisse lì.
«Oi» lo richiamò. «Tu che università fai?»
«Studio letteratura, tu?»
«Lingue e Letterature Straniere» gli regalò un sorriso a trentadue denti. «Non sono poi tanto diverse, no?» Kuroko si sentiva male, cominciava a fare decisamente caldo, la sciarpa lo stava soffocando. O forse era il sorriso di Kagami a fargli mancare l’aria?
«Oh, questa è la mia fermata» esclamò il rosso alzandosi di scatto. «Ci vediamo in giro! Ah, e se hai bisogno di qualcosa puoi tranquillamente suonare a casa mia» sventolando la mano scese dalla metro. Kuroko era a dir poco scioccato.
“Ho dimenticato come si respira.”
Midorima era seduto sul divano con le braccia incrociate, la lezione era saltata (“perché il professore è un incompetente”) e non sapeva come occupare il suo tempo.
Dopo che aveva provato a baciare Takao (secondo lui, aveva ingerito qualche tipo di veleno che non gli aveva permesso di controllare i suoi muscoli), il suo vicino di casa l’aveva cacciato via urlano “sei un pervertito e io sono già fidanzato”. Si era anche tenuto il gatto. Non che a Midorima dispiacesse, gli aveva tolto un grande impiccio, ma non poteva rubare i gatti alle persone.
Erano passati circa tre giorni e ogni mattina, quando Takao si accorgeva che anche Midorima era in balcone, arrossiva violentemente e tornava subito dentro. Midorima non era arrabbiato con  Takao perché l’aveva mandato via insultandolo e prendendosi il suo gatto, più che altro ce l’aveva con se stesso. “Da quando ti fai trascinare dall’istinto?”
Si tirò su gli occhiali con le dita fasciate; l’oroscopo diceva che il Cancro era uno dei segni più fortunato del giorno e il lucky item – del nastro adesivo  – ce l’aveva. Era decisamente il giorno migliore per andare da Kazunari a riprendersi il gatto.
Lentamente si alzò dal divano, in realtà non voleva proprio andarci, sapeva che sarebbe stato imbarazzante. Si fece coraggio pensando che sarebbe stato ancora più sgradevole doversi incontrare ogni giorno senza aver chiarito la situazione (senza avergli detto che non era stata colpa sua ma del suddetto veleno). Sperava solo che, una volta chiarito il malinteso, Takao non avrebbe smesso di arrossire ogni volta che incrociava il suo sguardo.
Suonò alla porta di Takao, non si era preparato un discorso; poco male, un “ridammi il gatto” sarebbe anche bastato. Dall’interno dell’appartamento sentiva una voce a lui sconosciuta. “Possibile che..?”
Un ragazzo, almeno dieci centimetri più basso di lui, lo stava fissando con i suoi occhi sottili.
 «Posso aiutarti?» disse, dato che Midorima era rimasto in silenzio.
«Chi-? Ah, sei tu» Takao sembrava scocciato ma le sue guance si erano arrossate.
«Sono venuto a riprendermi il gatto» lo sconosciuto si girò verso Takao che gli lanciò un’occhiata che voleva dire “ti spiego dopo”.
«Pensavo non te lo saresti ripreso» disse il moro mentre si dirigeva verso la sua camera. Midorima scansò l’altro ragazzo, che sembrava riluttante e farlo entrare, e seguì Takao fin dentro la sua camera da letto. Era una stanza normalissima ma delle foto attirarono la sua attenzione: nella maggior parte c’erano lui e quel ragazzo alla porta, sembravano molto intimi. Midorima non riusciva a togliersi dalla mente il fatto che potessero essere fidanzati.
Takao si abbassò e guardò sotto al letto. «È qui sotto, aiutami a tirarlo che non arrivo a prenderlo.»
Midorima sbuffò, perché doveva sdraiarsi a prendere quel gatto? Avrebbe fatto prima a rimanere a casa a leggere un libro. Riluttante, si mise in ginocchio e sbirciò sotto il letto. Non riusciva a capire se il gatto fosse terrorizzato o no.
«Non va molto d’accordo con Shintaro» dopo qualche secondo si ricordò che il gatto ciccione aveva il suo stesso nome. «Forse mentre ero fuori gli avrà fatto qualcosa, non so» Midorima si tirò su gli occhiali e allungò il braccio verso il gatto, il quale gli corse incontro e gli leccò la faccia. Midorima si ritrasse di colpo.
«Non erano i cani quelli che leccano le faccia?» era decisamente disgustato.
«Se ti ha leccato, vuol dire che ti vuole bene» Takao gli porse il gatto con un sorriso a trentadue denti. A Midorima mancava decisamente il fiato.
Tossicchiò un attimo prendendo il gatto in braccio, aveva cominciato a fare le fusa.
«Dovresti portarlo dal veterinario» aggiunse il moro. Sentirono qualcuno tossire accanto alla porta. Midorima si girò e, scocciato, si rese conto che c’era quel tipo di prima poco lontano da loro.
«Sei entrato in casa del mio ragazzo e non ti sei nemmeno presentato» “ah, quindi è davvero  il suo ragazzo”.
«Non vedo perché dovrei presentarmi» disse alzandosi e sistemandosi gli occhiali sul naso.
«La parola “educazione” ti dice qualcosa?»
«Non mi sembra che tu ti sia presentato, quindi forse la parola “educazione” per te è un vocabolo nuovo e non sai ancora come e quando utilizzarlo» Takao si massaggiò la radice del naso.
«Non mi sembra il caso di litigare, la colpa è mia perché non vi ho presentato prima» Midorima stava per dire “veramente a me non interessa sapere il suo nome” quando Takao gli tappò la bocca con un’occhiataccia.
«Yoshitaka, lui è Shintaro Midorima; Midorima, lui è Yoshitaka Moriyama. Ora che le presentazioni sono fatte, Midorima puoi andarte-»
«Potresti accompagnarmi dal veterinario?»
«Cosa?» disse Moriyama. «Il mio ragazzo non va da nessuna parte» Takao alzò gli occhi al cielo e lo ignorò.
«Perché dovrei?»
«Perché tre giorni fa mi hai rubato il gatto e per colpa tua non ho potuto vaccinarlo» Kazunari aprì la bocca per poi richiuderla.
«Hai ragione.»
«Che significa che ha ragione? Mi stai ascoltando?»
«Yoshitaka, santo dio, chiudi quella bocca per un secondo» gli lanciò un’occhiataccia. Shintaro riusciva a percepire la brutta atmosfera che si era creata. «Ci vediamo tra dieci minuti sul pianerottolo, ok?»
-
Kazunari aveva cercato di cacciarlo via di casa e il ragazzo dai capelli verdi non aveva opposto resistenza. Non era un grande esperto, ma da quando era entrato in quella casa aveva percepito una brutta atmosfera (la quale era peggiorata qualche minuto prima che se ne andasse). Probabilmente stavano passando un momento di crisi, sicuramente Takao non aveva controllato l’oroscopo e questo era quello che gli era accaduto. Per strada gli avrebbe chiesto quali erano i loro segni zodiacali, chissà, potevano non essere stati compatibili sin dall’inizio.
Era sul pianerottolo, ad aspettare il suo vicino di casa, ma l’unica cosa che riusciva a sentire era del baccano che veniva dall’interno del suo appartamento. Voci sovrapposte e insulti che non riusciva a distinguere. Non sembrava stessero volando piatti o posate ma si sentiva lo stesso inquieto. Dopo vari attimi di silenzio sentì scattare la serratura, Takao spinse fuori il suo ragazzo e chiuse di colpo la porta.
Moriyama gli lanciò un’occhiataccia e se ne andò, con le mani nella tasche dei jeans. Shintaro pensò che se non fosse stato dieci centimetri più alto di lui, quel tipo lo avrebbe picchiato anche molto volentieri.
-
Si appoggiò al muro, erano passati dieci minuti da quando il tizio se ne era andato e non sentiva provenire neanche un suono dall’appartamento di Kazunari.  Scocciato e con il gatto il mano, suonò il campanello. Sentì dei passi farsi pià vicini.
«Chi è?» chiese, senza aprire la porta.
«Sono dieci minuti che ti aspetto.»
«Non vengo.»
«Perché?» non era davvero interessato, ma, forse, se si fosse dimostrato gentile e un po’ interessato lo avrebbe convinto.
«Non sono affari tuoi.»
«Direi di sì, dato che devo vaccinare il mio gatto» nonostante ci fosse una porta a dividerli, sentì comunque il sospiro pesante di Takao.
Aprì poco la porta, mostrando solo una parte del viso.
«Ti prego» aveva la voce tremante. «Per oggi lasciami in pace.»
Quando Kazunari gli chiuse la porta in faccia, Shinataro sentì una strana fitta al petto. Che avesse preso freddo?

 

Salve carissi lettori \( ゚ヮ゚)/
So che mi odiate ma, vi prego, fate finta di volermi tanto bene.

Mi sembra doveroso, in questa sottospecie di Angolo Autrice, scusarmi con tutti voi: prima vi ricatto dicendovi che forse cancellerò la fic e poi non la continuo. Avete tutto il diritto di prendermi a sberle fino a farmi diventare una principessa come Himuro ༼•͟ ͜ •༽ (se vi può consolare quest'ultima emoji si chiama "feeling like crap", k bll).

Purtroppo ho avuto tanti impegni tra cui scuola, manga, anime, gli eventi di love live, scuola, love live, scuola, love live, love live, love live.
MA DATO CHE TRA POCO INIZIA LA TERZA STAGIONE (e non so se avete visto le prime scan di Extra Game (ノಥ益ಥ)ノ ┻━┻) ho deciso di fare la brava ragazza e di aggiornare!
HIP HIP HURRA ヾ(⌐■_■)ノ♪

Spero sia rimasto ancora qualche lettore o mi ucciderò definitivamente ᕕ( ᐛ )ᕗ
Love you all ᶘ ᵒᴥᵒᶅ


(°ロ°)☝
Metto i banner col cibo perché ho sempre fame e sono bellissimi ლ(o◡oლ)
  
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