Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: barb_s91    04/01/2015    0 recensioni
A volte ritornano.. Ma sarà davvero sempre così? Gli amori, quelli veri, sono destinati a ritornare o è solo un'illusione?
Beatrice ritorna a New York dopo tre anni, in vista del matrimonio di sua cugina. Sapeva in cuor suo che avrebbe dovuto rivivere il suo passato, o quantomeno doveva farne i conti.
Cosa succederà quando si troverà di fronte al suo passato? riuscirà a lottare per il vero amore, o scapperà come è abituata a fare?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

1 AGOSTO 2013

 

«Tesoro mi raccomando, stai attenta! New York è una grande città ed è risaputo che è piena di pericoli. Sei sicura di voler affrontare tutto questo da sola?». 

Il suo sguardo era contrito e pieno di preoccupazione; aveva quasi le lacrime agli occhi.

«Mamma starò bene, non preoccuparti- dissi lanciandole un’occhiata alla stai tranquilla sopravvivrò- ci saranno zia Mara ed Elisabeth con me, me la caverò, stai tranquilla».

«Lo so tesoro. Non so se io riuscirò a stare senza di te. So che la nostra vita non è stata perfetta, non è stata come la desideravamo, ma mi sono impegnata tanto per renderti la donna che sei diventata; lasciarti andare via è difficile per me. Mi dispiace averti creato tanti problemi e preoccupazioni» le lacrime le rigarono il viso.

«Mamma, non mi hai mai fato mancare niente, sei stata la madre migliore del mondo; è solo che inizio a sentirmi stretta in questa città. Tutto qui».

«Lo so tesoro mio» disse a capo chino.

Mi lanciai verso di lei, stringendola forte a me, consapevole di non rivederla almeno per i prossimi sei mesi; Mi si strinse il cuore vedendola così, sapendo di lasciarla sola, abbandonarla. Mio padre, una decina di anni fa, decise di andarsene con la segretaria del suo ufficio stampa e riscrivere la sua vita, cancellando quella precedente. 

So quanto difficile fosse questo momento per lei.

«Ci sentiremo ogni giorno mamma, non preoccuparti».

«Ok, tesoro».

«Ora devo andare» dissi con la voce rotta, mentre una lacrima scendeva sul mio pallido viso. 

Mi girai di scatto e m’incamminai, senza voltarmi indietro, iniziando così un nuovo capitolo della mia vita.

E così eccomi lì: all’aeroporto di Linate ad aspettare l’apertura dell’imbarco per un volo di sola andata. Destinazione New York. 

Il sogno di una vita si stava per realizzare. A ventidue anni, dopo essermi laureata, potevo permettermi di viaggiare e costruirmi una mia vita, la vita che desideravo.

«L’imbarco del volo diretto a New York è ora aperto». 

Una voce dall’alto mi distolse dalle fantasticherie.

Dopo poco più di mezz’ora ero già al mio posto. Quando ero piccola, io e mamma andavamo ogni anno a trovare la zia. Ricordo che io e mia cugina Elis eravamo molto unite e ogni volta, arrivata la partenza, ci dovevano staccare con la forza, perché eravamo strette in un abbraccio ‘stritolante’. Dopo l’abbandono di mio padre, però, mia mamma non poteva più prendersi le ferie desiderate, per tentare di far quadrare i conti e riuscire ad arrivare a fine mese. L’ultima volta che ero stata a New York avevo tredici anni; quella era stata un’estate indimenticabile. 

Quell’estate avevo dato il mio primo bacio ad un amico d’infanzia di mia cugina per cui avevo sempre avuto una cotta. Era un bambino formidabile; quando era piccolo, e io andavo a trovarli, stavamo sempre insieme e lui accontentava ogni mio capriccio. Con l’età era cambiato: era diventato più borioso, ma con me non era cambiato di una virgola. Dopo il nostro primo bacio, avvenuto dentro un armadio mentre giocavamo a nascondino, c’eravamo dovuti separare. Ero rimasta cotta di lui per anni, fino a quando il tempo guarì le piccole ferite di un’adolescente. La mia vita da quel momento aveva preso il volo; non ero più quella bambina incosciente e immatura. L’abbandono di mio padre mi aveva fatto crescere e maturare, forse un po’ troppo, vista la mia giovane età. Nonostante il grande dolore che provavo, non lo facevo vedere a nessuno, soprattutto a mia madre, che già soffriva abbastanza. 

Avevo il massimo dei voti a scuola, ero la prima della classe e una figlia modello; quando andai all’università le cose non cambiarono. Ero in pari con gli esami, tutti presi con il massimo dei voti; in più il penultimo anno avevo conosciuto un ragazzo, Enrico, di cui m’innamorai. Era il mio primo vero amore, ma c’era qualcosa che mi frenava dal lasciarmi andare. Avevo sempre pensato che la persona a cui avrei donato anima e corpo sarebbe stata poi l’unica per me; invece con lui non riuscivo a lasciarmi andare. Dopo i primi mesi, lui iniziò a tirare la corda, sembrava che volesse stare con me solo per portarmi a letto. Era diventato scontroso e irritabile, tutto il contrario del dolce e sensibile ragazzo di cui mi ero innamorata. Purtroppo l’amore spesso ti rende cieche, così una sera mi lasciai convincere. Fu la notte più brutta della mia esistenza; in tutto quello che faceva non c’era amore o passione, era rude e volgare, senza un briciolo di sentimento. Non fu minimamente delicato, nonostante sapesse di essere il primo per me, e nonostante gridassi dal dolore, lui non si scompose e continuò imperterrito. Non si curò nemmeno di darmi alcun piacere, quando finì di godere si alzò, senza neanche degnarmi di uno sguardo, e si andò a fumare una sigaretta. 

Dopo quella notte non riuscì più nemmeno a baciarlo, il nostro rapporto stava lentamente cadendo a pezzi, fino a quando un giorno non lo beccai a letto con una nostra amica. Quel giorno decisi sarei partita dopo essermi laureata; ormai mancava solo qualche mese. In quel periodo mi dedicai solamente allo studio, la mia vita sociale si era estinta; nonostante la batosta presa riuscii a laurearmi con il massimo dei voti e il giorno stesso preparai la mia valigia. Ed ora eccomi qui, a cercare di ricominciare, a cercare un’ispirazione, a cercare di costruirmi la mia vita.

 

Più di dieci ore dopo ero finalmente arrivata. Non ne potevo più di stare rinchiusa in quel velivolo, a non so quanti piedi da terra, con le hostess che ti svegliano ogni ora per sapere se era tutto apposto. Mi sentii come un ago in un pagliaio, troppo piccola in confronto a tutta questa magnificenza. 

L’aeroporto di New York era enorme, molto più di quello che mi aspettavo; dovetti seguire i miei “compagni di viaggio sconosciuti” per trovare il ritiro bagagli. La prima cosa che notai guardandomi intorno era che qui la gente andava di fretta, era indipendente e sicura di sé. Riuscirò un giorno a non sentirmi fuori luogo ovunque vada?

Il tempo mi avrebbe dato le risposte che cercavo.

Ad aspettarmi al terminal c’erano la mia cara e svampita zia e la mia esuberante cugina. Mia zia aveva lasciato l’Italia quando ero ancora una bambina in fasce. Era una ragazza madre, infatti, Elisabeth ed io abbiamo la stessa età; quando aveva diciotto anni ha fatto un errore che, come dice lei, è stato il miglior errore della sua vita. Era una quarantenne tuttofare, alta e snella con dei lunghissimi capelli biondi e due grandi occhi blu, come il mare; sua figlia era la sua fotocopia. Anche mia madre aveva la loro stessa fisionomia, solo io ero uscita dalla famiglia, prendendo tutto dal mio scomparso padre: capelli castani e occhi verdi, con un fisico informe, senza un pizzico d’eleganza. 

Ed ecco che le vidi in lontananza con i loro vestitini succinti, occhialoni e sneakers. Mi salutarono saltellanti nonostante non avessi ancora varcato la soglia degli arrivi. A grandi falcate mi avvicinai a loro e, senza nemmeno il tempo di aprir bocca, loro mi avvolsero in un abbraccio di gruppo, sorridenti e spensierate. 

«Benvenuta Bea! Non vedevamo l’ora di vederti. Com’è andato il viaggio? Sarai molto stanca. Dai andiamo!». 

Mia zia era così vulcanica!

Prese velocemente la mia valigia e buttò addosso a mia cugina il mio zaino da campeggio, facendola quasi cadere.

«Caspita Bea! Non ti sei risparmiata con i vestiti» disse Elisabeth a mezza voce.

Scoppiai in una fragorosa risata, dovuta sia alla situazione sia al fatto che mia cugina avesse rimosso la mia risaputa repulsione verso la moda; era ancora ignara del fatto che dentro il mio zaino ci fossero solo libri. 

Dopo circa mezz’ora eravamo arrivate. Mia zia, grazie al nuovo impiego presso un famoso architetto newyorkese, si era potuta comprare un grande appartamento a Manhattan. Era un appartamento di lusso: una cucina più che abitabile laccata bianca, con al centro una grande penisola; un salotto con un divano a L beige e una parete attrezzata in tinta; due camere e una per gli ospiti, ognuna con un suo bagno personale; infine un enorme bagno di servizio con addirittura una vasca idromassaggio completava la magnificenza di quell’appartamento. 

Elisabeth mi prese con forza per mano e mi portò di fronte una porta in legno bianco.

«Vieni Bea, abbiamo cercato di rendere la tua stanza il più accogliente possibile- fece una pausa e aprì la porta- tadà!!» esclamò.

Restai a bocca aperta quando vidi la stanza. Era magnifica, proprio come l’avevo sempre sognata. Le pareti erano tappezzate da cartelloni cinematografici dei miei film preferiti – Titanic, Le pagine della nostra vita, I passi dell’amore. Al centro della stanza si ergeva un enorme letto a baldacchino in stile moderno a due piazze; tutta la stanza era illuminata da una grande lampada a parete dalla quale usciva una luce soffusa.

«E’ magnifica Elis! Grazie, non so cosa dire, davvero» la abbracciai con affetto.

«E’ il minimo Bea. Sono felicissima di averti qui, e questo è uno dei modi che ho per dimostratelo. Mi sei mancata tanto».

«Mi sei mancata tanto anche tu, Elis. Ma ora basta con le smancerie. Che facciamo?» scoppiammo entrambe in una risata.

«Allora, sono le cinque, mamma è dovuta scappare in ufficio, quindi siamo sole. Che ne dici di andare a fare un po’ di sano shopping? E naturalmente nel frattempo spettegoliamo un po’?!».

«Perfetto, ci sto! Andiamo allora». 

Mi diressi verso l’ingresso, ma mi accorsi che Elis si era fermata.

«Bea, tesoro, da buona stylist quale sono, non posso farti uscire conciata così. Vieni, andiamo nella mia cabina armadio».

Scioccata, ma anche assolutamente consapevole del mio stato, l’assecondai. La sua stanza era tutta rosa confetto e delle coroncine erano sparse ovunque sulle infinite mensole. Fissai nell’enorme specchio rettangolare della sua stanza la mia figura, e, in effetti, ero proprio in uno stato pessimo; purtroppo ero fatta così, non impiegavo molto tempo a curarmi e a cercare il vestito perfetto, diciamo che prendevo quello che mi capitava prima sotto mano. Riflessa allo specchio vedevo una mediocre ragazza, senza un filo di trucco, con un magliettone, un jeans stracciato e in paio di converse vecchio modello; niente di più, niente di speciale. Non me ne facevo una colpa, questa ero io, e vestita così mi ero sempre sentita a mio agio, soprattutto perché amavo non dare nell’occhio, non farmi notare. Ma, per rendere Elis soddisfatta, feci uno sforzo. 

Mezz’ora dopo non riconoscevo più la ragazza riflessa davanti a me: trucco, vestitino succinto e ceretta possono davvero fare miracoli. Alle sei eravamo già fuori di casa. 

New York era magnifica: grattacieli e cielo limpido si sposavano alla perfezione. Amavo trovarmi lì, avrei amato anche il caos del traffico, e la sua vita frenetica e caotica. 

Elisabeth cercò di attirare la mia attenzione, distogliendomi dalle mie affascinanti fantasticherie. «Allora Bea. Come sei messa con i ragazzi? Dopo quella cottarella che hai avuto sei anni fa per quell’Alberto, non ho saputo più niente dei tuoi flirt». 

Non avevo raccontato a nessuno la mia avventura con Enrico; nessuno sapeva che stavo con un ragazzo, e nessuno sapeva cosa mi era successo. Solo mia madre sapeva ogni piccolo passo della mia vita.

«Oh, Elis, la mia vita, soprattutto quella amorosa, credo che sia molto più noiosa di quella che ti aspetti. Dopo Alberto, che mi ha mollato dopo due settimane, sono stata solo con un altro ragazzo, ma non è il caso di parlarne ora; non è una storia felice, quindi godiamoci questa giornata insieme. Avremo modo di parlarne. E comunque non ho trovato più nessuno che mi facesse battere il cuore dopo l’ultimo. Trovo tutti molto noiosi, o molto stronzi, dipende dai casi».

Elisabeth, ripresasi dallo sgomento iniziale, sorrise: «Beh, ok. Vedremo cosa si può fare a riguardo. Magari qui troverai il tuo principe azzurro, chi lo sa?!».

Scoppiai in una sonora risata, mia cugina avrebbe dovuto proprio fare dei provini per qualche programma di cabaret.

«Si, Elis. Magari nei sogni. Partendo dal fatto che i principi azzurri non esistono, se non nelle favole, e per di più sono stati creati per far crescere a dismisura le aspettative femminili sull’uomo. E poi Elis, guardami; non sono per niente un bocconcino delizioso».

«Tesoro, guarda che tu sei davvero bellissima; è solo che non ti curi molto e hai un grande difetto: non sei per niente sicura di te. Ecco tutto. Ma qual è il compito di una perfetta cugina, se non quello di aiutare la sua disperata cugina in cerca d’amore e affetto?».

Dopo un attimo di assoluto silenzio, forse dovuto alla disperazione o alla sua pseudo battuta, scoppiammo a ridere e ci buttammo l’una nelle braccia dell’altra.

 

«Hei mamma! Sono arrivata; qui è tutto bellissimo, ma già mi manchi».

«Amore mi manchi anche tu. Divertiti, mi raccomando. Tienimi aggiornata!».

«Certo mamma. Ora vado a mangiare; la zia si è dilettata in cucina oggi. Chissà cosa mi aspetta»dissi sorridendo.

«Oh, tesoro. Allora ti mando un grosso in bocca al lupo» disse, scoppiando in una fragorosa risata.

«Crepi! Ora vado».

«Notte piccola».

Era risaputo che mia zia Mara non era una cuoca provetta. L’odore del pollo in agrodolce raggiunse la mia stanza, accompagnato dallo strillo di mia zia, che dalla cucina annunciava l’inizio della cena. Quando arrivai in cucina, mia cugina era già seduta, con stampato in volto un sorriso d’incoraggiamento. 

Mi aspettavo di peggio, la cucina di zia Mara stava notevolmente migliorando. 

«Bea, ti andrebbe di lavorare un po’ mentre sei qui?» mi chiese Elis.

«Si, certo. Solo che non sarà tanto facile trovarmi un impiego; sai che sono un vero disastro».

«Oh, Bea. No, non sarà facile- disse con il broncio, ma cambiò improvvisamente espressione- sarà facilissimo- urlò – vedi, alla gelateria dove lavoro si liberato un posto, perché il bellissimo, ma stronzo, ragazzo che ci lavorava ha avuto una discussione con il capo, perché tutte le sue innumerevoli conquiste venivano a fare scenate alla gelateria, facendo scappare la clientela».

Non potevo trovare soluzione migliore per il mio soggiorno.

«Mi piacerebbe molto» dissi soddisfatta.

«Ottimo, inizierai lunedì».

«Non vedo l’ora, Elis» e un enorme sorriso mi si stampò in volto.

Finita la cena, andai nella mia nuova e lussuosa stanza. Dopo qualche minuto bussarono alla porta. Elis entrò e si adagiò dolcemente accanto a me, nel mio nuovo, enorme letto.

«Bea, domani è sabato, perciò di sera usciremo, così conoscerai i miei amici. C’è una festa a casa di un ragazzo che organizza a casa sua quasi ogni mese; è una festa in maschera, quindi domani andremo a comprare un bel vestito adatto alla situazione e una maschera estremamente sexy, che ne dici?».

Odiavo le maschere, ma, pur di far contenta mia cugina e pur di non essere un peso, o una limitazione per lei, sarei stata costretta a portarla; quindi mi stampai un sorriso in faccia e annuii con finto entusiasmo a mia cugina, che invece non riusciva minimamente a contenere il suo entusiasmo.

«Siamo d’accordo allora. Vado a letto, e dovresti farlo anche tu. Sarai sfinita e ti voglio carica per domani» disse facendomi l’occhiolino.

«Ok Elis. Buonanotte».

 

«Notte, Bea».

 

ANGOLO DELL'AUTRICE:

 

Buona Doenica a tutti!

Qui abbiamo un salto del passato, per capire come è iniziata la storia dei Barry <3 (Bea e Harry).... Sarà così per molti capitoli, perchè la storia si svolge prima nel presente, ppoi nel passato, per capire appunto la loro storia, e poi si tornerà al presente.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della storia, e ringrazio tutti quelli che hanno commentato, o anche solo letto la storia e l'abbiano apprezzata!

 

Buona giornata!

 

Con amore, Barb <3

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: barb_s91