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Autore: Starishadow    05/01/2015    1 recensioni
Lucy era disposta a raccontare questa storia a chiunque avesse voglia di ascoltarla, nonostante il dolore che le causava, ma nessuno trovava il tempo, e fu così che la donna scelse di alzarsi, entrare in casa e prendere un foglio bianco ed una penna nera.
Se nessuno voleva più ascoltare, forse qualcuno avrebbe voluto leggere.

Prima classficata al contest "Letteratura: un’emozione per sempre" indetto da Corrienonfermarti sul forum di EFP
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 1
 
La rissa terminò quando le sirene della polizia cominciarono a sentirsi sempre più vicine, e tutti i ragazzi si diedero alla fuga. Benedict correva come un forsennato quando una macchina scura gli parcheggiò vicino e il finestrino del guidatore si aprì, rivelando il viso rugoso e preoccupato di suo zio, Edmund Monar:
«Benedict!» esclamò sorpreso, aprendogli lo sportello posteriore e aspettando che il nipote fosse entrato prima di ripartire, sua moglie accanto a lui si voltò verso il ragazzo e gli rivolse un sorriso tirato «Ho visto che c’è stata un’altra rissa»
Il ragazzo sospirò:
«Theodore Captes ci ha lanciato la sfida stamattina» mormorò.
«Ryan era con voi?» chiese preoccupata la donna, torturandosi le mani che teneva in grembo.
Benedict scosse la testa, guardando sua zia:
«Non l’ho visto nemmeno una volta, credo si sia tenuto lontano dalla rissa… come sempre»
«Bene. Almeno in questo quel ragazzo non mi dà pensiero» sospirò lei, rilassandosi sul sedile «sta sempre per i fatti suoi, parla poco, si chiude in camera al buio… ho paura che si droghi, o peggio» ammise, Benedict si trattenne a stento dal sogghignare. Sapeva lui che faceva suo cugino tutto quel tempo in camera al buio.
«Perché sorridi, Benedict? Sai forse qualcosa su Ryan che noi non sappiamo? Hai idea di dove sia?»
Il ragazzo sospirò e si passò le mani sul viso:
«In effetti l’ho visto nei dintorni della spiaggia. Volete che provi a parlargli?»
E fu così che, poco dopo, si trovava sulla spiaggia inondata dalla luce del tramonto ad avvicinarsi al cugino seduto sulla riva che tirava sassi contro il mare.
«Buonasera, cugino» iniziò, sogghignando, mentre vedeva le spalle dell’altro ragazzo sussultare, e quello si voltò verso di lui, con i capelli castani mossi dal vento che gli finivano davanti ai grandi occhi verdi dall’aria triste:
«È ancora sera?» chiese, sconsolato.
«No guarda, è l’alba… risparmiami le citazioni Shakespeariane, Ryan. I tuoi sono preoccupati per te»
«Per me?» il giovane sembrava realmente stupito «E perché mai?»
«Per me? E perché mai?» gli fece il verso Benedict «Forse perché ti comporti come un depresso che si chiude in camera e non si fa mai vedere? Sei forse diventato un vampiro e non vuoi dircelo?»
Ryan gli rivolse un sorrisetto, prima di tornare a lanciare sassi al mare, il cugino sospirò e si sedette accanto a lui:
«Seriamente, sei ancora in fissa con quella… come si chama? Victoria? Vanessa?»
«Valerie, Benedict… Valerie, Val… ho solo lei in mente, e lei invece? Lei ama un altro!» il tono di Ryan passò da ammirato ad irritato, e un altro sasso trafisse la superficie dell’acqua.
«Beh, è la storia più antica del mondo, Ry… non starci troppo male. Per esempio, perché non ti unisci a me e Mikael stasera? Andiamo a caccia di pollastrelle» gli diede una gomitata, ma in cambio ricevette solo uno sguardo di puro disgusto:
«Come se potessi farmene piacere un’altra così, a comando! Io voglio Valerie!»
Benedict gli fece di nuovo il verso e si alzò, pulendosi i calzoni:
«Come ti pare, piccolo Romeo innamorato… io e Mik oggi ci incontriamo alle nove a casa sua, poi partiamo… se vuoi venire, sai dove trovarci»
Il cugino non gli rispose nemmeno, e lui lo lasciò a cuocere nel suo brodo.
 
«Un’altra rissa? Oh, Theodore! Ma come fate ad essere così… così…»
«Così come? Dai dillo, principessina!»
Theodore si stava facendo curare una ferita sul braccio da sua cugina, Julie, una ragazza esile, dai lunghi capelli dorati e grandi occhi grigi che le davano un’espressione seria. In quel momento, le sue labbra rosee e carnose erano incurvate in un broncio disgustato, la fronte candida attraversata da una ruga sottile mentre tamponava il sangue che usciva dalla ferita con un asciugamano.
«Così deficienti! Ma perché non vi lasciate in pace? Che problema vi dà se quei ragazzi frequentano la vostra stessa scuola?!» sbuffò la ragazza, cacciandosi indietro i capelli con un gesto irritato della mano.
Theodore rise:
«Ma sentiti, parli proprio come una di quelle femminucce contrarie alla violenza! Eppure una volta ti piaceva rotolarti a terra avvinghiata ad altri ragazzini tirando pugni e pizzicotti, se non sbaglio»
Gli occhi della ragazza mandarono un bagliore minaccioso mentre si alzava e si puliva le mani:
«Ero una bambina che giocava alla lotta con te, non conta. Quello che fate voi adesso è… è pura follia!» gli tirò l’asciugamano in faccia e se ne andò, gli stivali col tacco a stiletto che colpivano rabbiosamente il parquet bianco.
«Hey, Julie!» la richiamò Theodore, come sempre divertito dal suo atteggiamento, lei alzò gli occhi al cielo e si voltò, spostando il peso sulla gamba destra e posandosi un pugno sull’anca «Ci vieni al pub stasera?»
Julie si spostò i capelli con un gesto del capo, poi gli sorrise:
«Puoi scommetterci» disse, girando i tacchi e uscendo dalla stanza, andando verso la sua camera.
Theodore rimase sulla sua poltrona ad osservare la sua silhouette longilinea che si allontanava, ridacchiando fra sé e sé.
   
 
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