Libri > Cronache del mondo emerso
Ricorda la storia  |       
Autore: TheDarkLightInsideMe    05/01/2015    2 recensioni
Da bambino il mezzelfo San, il nipote di Nihal e Sennar, ha passato del tempo a Zalenia insieme a Ido, venendo ospitato dalla contessa Ondine, per sfuggire alla Gilda degli Assassini. Ma questa è una storia che noi “Emersiani” conosciamo già, immagino.
Licia Troisi ci spiega bene quanto San fosse da subito portato per la magia, e quanto fosse attratto dai libri proibiti della biblioteca, a confermare la sua natura che poi la scrittrice rivelerà nella terza trilogia.
Ma se ci fosse altro che lega il mezzelfo al Mondo Sommerso? Se il rimanere chiuso in camera a provare gli incantesimi fosse solo una copertura? E se in realtà gli Assassini della Gilda incaricati di portarlo alla Casa gli avessero tolto anche qualcos’altro, qualcun altro?
La storia che non è stata narrata, quella che nessuno conosce. E quella promessa che tenne in vita San quando era ancora solo un ragazzo.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ido, Nuovo personaggio, Ondine, San
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Atto I

 

La ragazzina dai capelli e gli occhi di ghiaccio li vide arrivare, nascosta dietro una colonna. Erano due: lo gnomo Ido, una leggenda vivente anche lì sotto il mare, e un bambino dai curiosi occhi viola e capelli blu notte. Dalle orecchie leggermente a punta ogni dubbio si dissolse: quel ragazzino era un mezzelfo, l’ultimo evidentemente, il nipote dei mitici Nihal e Sennar.
Si acquattò dietro una colonna bianca mentre Ondine li accoglieva calorosamente e li accompagnava nelle proprie stanze.
Prima di entrare nella sua, il mezzelfo si voltò un attimo, guardandosi attorno, e poi soffermò il proprio sguardo sulla porta dietro cui lei era nascosta.
Senza sapere bene perché, la ragazza arrossì e si ritrasse a quello sguardo che, lei lo sapeva, celava molto dolore.
Quando il bambino –si chiamava San, se ben si ricordava –si fu chiuso la porta alle spalle, lei si allontanò tra i corridoi del palazzo.
Era tutto così bianco e monotono, laggiù, non era posto per lei. Lei amava l’azione, le missioni, i giochi, tutte cose che lì sotto non poteva permettersi. A scappare ci aveva provato, una volta, ma l’avevano riacciuffata prima che raggiungesse il tunnel sottomarino.
Così come era noioso fare sempre le stesse cose, così era noioso il fatto che nessuno di quelli di Sopra venisse mai laggiù. La ragazzina non sapeva quando aveva iniziato, e probabilmente non gliene importava nemmeno, ma da qualche anno si era messa in testa di spiare Ondine e di sapere qualcosa in più su di lei, sul Mondo Emerso, su quelli di Sopra. Poi Ondine aveva ricevuto quella lettera da parte di Ido che la avvisava del suo imminente arrivo, e le cose si erano fatte più interessanti.
Con l’agilità di un gatto riuscì ad intrufolarsi, come sempre, nella biblioteca. Andò nella sezione di mitologia e prese un grosso tomo che l’avrebbe tenuta occupata fino a sera inoltrata. Parlava degli elfi, dei loro dei, di storie e guerre accadute centinaia di anni prima, che nessuno ormai può sapere se sono avvenute per davvero o se sono frutto dell’immaginazione di qualcuno.
Come previsto, rimase seduta a terra a leggere fin quando gli occhi non le bruciarono per la scarsa presenza di luce. Quindi fece per uscire dall’abitazione della contessa, quando una mano le si poggiò su una spalla. Si voltò di scatto: c’era solo una persona di cui non riusciva a sentire i passi, e quella persona era Ido, il suo idolo, il suo faro di speranza.
<< Cosa ci fai qui a quest’ora? >> le chiese lo gnomo, ma lei farfugliò mille scuse e si liberò dalla sua presa, correndo a casa. Per la prima volta nelle sue varie “missioni”, qualcuno l’aveva scoperta.
 

I giorni successivi si susseguirono monotoni: San usciva raramente dalla sua camera, Ido e Ondine si rintanavano nello studio di lei, dove la ragazzina non poteva ascoltare i loro discorsi.
Poi, dopo circa dieci giorni, la ragazza decise che sarebbe stato più divertente rimanere in biblioteca tutta la giornata, piuttosto che tentare di capire quello che lo gnomo e la contessa si dicevano.
Rapida e silenziosa, a notte fonda entrò nella biblioteca e si chiuse il pesante portone alle spalle. Si avviò verso la sezione che le interessava, quando lo vide.
Seduto per terra, con in mano un tomo enorme color nero pece. San.
La ragazza sussultò alla vista del libro proibito tra le mani del mezzelfo, mentre lui continuava a leggere assorto.
<< S-San?! >>
Solo sentendo il proprio nome il ragazzino alzò la testa e, quando si ritrovò davanti ad una sua coetanea che lo osservava sbigottito, si rimmerse nella lettura.
Lei continuò a guardarlo a bocca aperta e occhi sgranati per un po’, chiedendosi se il bambino che aveva davanti sapesse davvero leggere i libri in elfico o se si divertiva ad osservare quella rune così particolari. Sperò la seconda.
<< È perché sono un mezzelfo? >>
La domanda spiazzò la ragazza. << Come, scusa? >>
<< È perché sono un mezzelfo che continui a fissarmi? >>
<< San, ti rendi anche solo minimamente conto di quello che stai facendo? >>
Lui le fissò addosso gli occhi curiosi. << Sto leggendo. E dunque? >>
<< Stai leggendo un libro proibito! Non avresti dovuto neppure tirarlo fuori dallo scaffale! >>
<< Vorrei sapere il nome di colei che mi sta facendo la predica, prima di prestare attenzione a ciò che dice. >>
Diplomatico, pensò la ragazza, acido ma diplomatico. E come biasimarlo dopo tutto quello che ha passato?
<< Mi chiamo Chara. Ora posso intimarti di posare immediatamente quel libro? >>
Il mezzelfo sospirò, chiudendo finalmente il tomo che aveva in mano e posandolo sullo scaffale da cui l’aveva preso.
Chara lo osservò compiere quei gesti con naturalezza, fu quasi affascinata dai movimenti fluidi del mezzelfo. Poi strizzò gli occhi, colta in fallo da se stessa.
<< Sei un mago, vero? >>
A quella domanda San si irrigidì << U-un mago, dici? No, non mi reputo un mago, io… >>
<< Eppure sai fare degli incantesimi, no? E sei bravo con gli incantesimi di guarigione! >>
Il mezzelfo distolse lo sguardo, rivolgendolo agli scaffali accanto a sé. << Come fai a sapere tutto questo? >>
<< Ho origliato le conversazioni di Ido e Ondine, prima che si rintanassero nello studio della contessa. >> affermò Chara, con una punta di orgoglio nella voce.
<< Quindi sei una spia?! >> un tremolio di preoccupazione attraversò la voce di San, ripensando alle spie della Gilda.
<< Calma, calma: c’è differenza tra lo spiare e l’essere una spia. Io lo faccio perché mi sento portata per questi lavori di segretezza, ma ti assicuro che non ho cattive intenzioni! >> spiegò la ragazzina, tentando di rendere il discorso il più semplice possibile.
Un brivido percorse lo stesso la schiena del mezzelfo. << E come faccio a sapere di potermi fidare di te? Non potresti essere un sicario della Gilda? >>
Chara sorrise leggermente ma con sincerità, e quelle parole le sfuggirono rapide dalle labbra: << È questa la cosa bella dei legami, no? Non puoi mai sapere se una persona di cui ti fidavi ti tradirà. Però se lo fa, imparerai una grande lezione dalla vita. >>
San ci mise qualche istante a metabolizzare il discorso e a capirne il significato, però poi alla fine si voltò di nuovo a guardare la ragazza, lasciandosi scappare un sorrisino.
<< Ah, e comunque anch’io so usare la magia, e anche discretamente bene. Potrei aiutarti. >>
Gli occhi di San si illuminarono << Sì, te ne prego! Con Quar non mi trovo per niente: è noioso, pesante e non mi fa provare gli incantesimi! >>
<< Va bene, va bene. Verrò di notte a bussare alla tua camera, e ripeterò il suono tre volte. >>
<< Perfetto! Grazie, Chara! >>
Quel “grazie” a Chara non occorreva, dato che già il fatto che San le destinasse quello sguardo ammirato la riempiva d’orgoglio.
Andarono avanti così per diversi giorni, quasi una settimana dal loro primo incontro.
Poi San iniziò a farsi sempre più cupo e silenzioso, e a passare sempre più tempo in biblioteca a leggere quei grossi volumi neri che l’attiravano così tanto. Dopo quattro giorni, Chara ruppe il ghiaccio:
<< Oh, dannazione! Questo che sto tentando di insegnarti è un incantesimo che ha bisogno di concentrazione, tu non puoi startene con la testa fra le nuvole! Non conosco le storie che leggi, e forse è meglio così, ma se è a quello che pensi durante le mie lezioni, allora devi dimenticartele! >>
La ramanzina, anche se fatta a bassa voce, colpì nel segno, e San fu costretto a parlare:
<< È che oggi ho litigato con Ido. Tu non ritieni che sia inutile rimanere qui sotto con le mano in mano? Che dovremmo andare di Sopra e combattere ancora? >>
La ragazza dagli occhi di ghiaccio lo trafisse con lo sguardo. << Non provarci nemmeno a tornare da solo di Sopra, San! Ti conosco, anche se relativamente poco, e so che è una cosa che tu faresti. Quindi toglitelo dalla testa, mezzelfo! >>
<< Ma che cosa avete tutti, dannazione! >> esplose San, e neppure Ido sarebbe riuscito a fermare il fiume di parole che gli scorreva fra le labbra pallide. << Vi siete coalizzati contro di me? Avete deciso che non sono abbastanza e che devo essere sacrificato? Perché mi fate questo? Perché mi negate la ragione che ho? Solo perché è pericoloso, non vuol dire che non vale la pena provarci! Io ho steso un drago, un maledettissimo drago, con la mia stramaledetta magia! E allora perché non mi lasciate libero di andare a distruggere la Gilda!? >>
<< Coalizzati contro di te?! Che devi essere sacrificato?! Negare che tu abbia ragione?! Ma in che razza di mondo vivi tu, in quello delle tue amate storie proibite? Tutto ciò che è successo negli ultimi tempi, compreso il tuo arrivo qui, è stato per proteggere te e la tua vita, lo capisci o no? >> lacrime di rabbia scesero lungo le guance della ragazza. << E per la cronaca, se io credessi che tu non sia abbastanza, credi che ti aiuterei con la magia? Che fuggirei da mio padre e dalle sue stupidissime regole per venire qui ogni santa notte per aiutarti? Tu di me sai solo il nome, San, io invece di te so molto più di quanto immagini. Forse un giorno ti spiegherò la mia storia, forse un giorno verrò di Sopra, ma per ora non posso fare né l’uno e né l’altro. Così come io devo aspettare per seguire i miei sogni, così tu devi aspettare prima di aprire bocca! >>
<< Cosa puoi saperne tu di me? >> le urla del mezzelfo si facevano sempre più forti, tentavano di sovrastare la voce della ragazza fregandosene di poter svegliare altre persone o di attirare le guardie che giravano per il corridoio. << Conosci il mio dolore? Hai mai vissuto con la consapevolezza di tutto ciò che è successo alla tua famiglia è colpa tua? Hai mai avuto la sensazione di essere ritenuto da tutti inutile e di non poter fare nulla nelle circostanze in cui ti trovi? E allora stai zitta, maledizione! >>
Chara si limitò a stringere i pugni per non farsi prendere dall’ira accecante cui aveva sempre cercato di sfuggire, e forse anche perché non c’era nulla con cui controbattere le parole taglienti del mezzelfo se non con un “e invece lo so” che non le uscì dalle labbra.
Quindi si avviò verso l’uscio della camera, nascondendo il viso tra i capelli bianco-argentati.
<< Non lo fare, San, ti prego… >> sussurrò, prima di aprire la porta e scomparire nel buio dei corridoi del palazzo.
 
Come al solito, la ragazza tornò a casa di soppiatto e riuscì a non farsi vedere dal padre.
Silenziosamente, strisciò lungo le pareti fino alla sua camera e aprì la porta cercando di fare il minor rumore possibile.
Ma quando imparerai a farti i fattacci tuoi, eh, Chara? Quando imparerai che aiutare gli altri non è un tuo problema? Si ripeté, svestendosi e mettendosi a letto.
Una parte di lei voleva addormentarsi e possibilmente non svegliarsi mai più, un’altra era furente di rabbia verso San e un’altra ancora disprezzava se stessa per il modo in cui si stava comportando da quando lo aveva incontrato: le lezioni di notte, il disubbidire a suo padre, il fare tutto di nascosto.
Alla fine, combattuta fra quale parte di sé stare a sentire, Chara rimase sveglia fino alle prime luci dell’alba, quando realizzò che non sarebbe mai riuscita a chiudere occhio.
Aveva bisogno di sapere, aveva bisogno di capire perché il suo cuore pulsasse così tanto alla sola vista o al solo pensiero di quegli occhi viola ametista, e perché aveva pianto più dopo aver litigato col mezzelfo che dopo i litigi con suo padre.
La risposta le arrivò quando si alzò dal letto, come una folgorante rivelazione cui ormai aveva iniziato a credere:
Perché noi siamo due esseri identici, ecco perché. Perché, nonostante tutto, lui è l’unico amico che io abbia. Perché anche io, come lui, all’inizio andavo in biblioteca solo per leggere i libri proibiti.
Si rinfilò i suoi amati abiti maschili, che non la impacciavano nei movimenti e la aiutavano ad essere silenziosa, e si diresse verso il palazzo della contessa, come ogni mattina. Ma stavolta non aveva intenzione di origliare nessuna conversazione.
 
San si era appena svegliato, che qualcuno bussò alla porta della sua camera.
Era stato sveglio quasi fino all’alba, tra i singhiozzi che seguivano le lacrime che lui aveva definito di rabbia, e non era riuscito neppure ad avere sogni tranquilli.
La persona che era fuori la porta dovette bussare altre tre volte prima che il mezzelfo si decidesse a rispondere e ad invitarlo, chiunque fosse, ad entrare.
<< Mi dispiace per stanotte. >>
San sentì quelle parole prima di riuscire a mettere a fuoco il viso di chi parlava e si alzò in piedi.
<< Chara… >>
<< Sono stata un’idiota. >> lo interruppe lei. << Una grande, grandissima idiota. Quello che succede a te non sono affari miei, non dovrei neppure conoscerti, in realtà. Eppure sono qui e ti sto chiedendo di perdonarmi. E di perdonare te stesso, principalmente. San, tutto quello che è accaduto non è colpa tua, tu non hai fatto niente di sbagliato per meritarti tutto ciò. Sei solo… sei solo stato un po’ sfortunato, tutto qui. E sappi che se vuoi parlare con qualcuno, beh, credo di essere la persona adatta. Anche se probabilmente tu adesso mi odi, e dopo quella ramanzina è comprensibile, e magari adesso userai l’incantesimo del volare per farmi tornare a casa, nella mia camera, oppure mi farai comparire nell’oceano pur di allontanarmi, o ancora… >>
Il mezzelfo la strinse a sé, facendola rabbrividire per un attimo. Da quanto tempo non la abbracciavano? Tanto, troppo, e se ne accorse solo allora. Il cuore le cominciò a battere più veloce nel petto.
<< L’unico stupido qui sono io, e lo sai. Ho parlato senza pensarci, ho accusato te e gli altri di cose che ovviamente non avete fatto, e non sai quanto ho pianto stanotte per questo. E, Chara, >> San chiuse gli occhi umidi, mentre le sue guance prendevano colore. << io non voglio che tu ti allontani da me, capito? >>
<< Tranquillo, mezzelfo, non me ne vado. >> gli rispose la ragazza, scompigliandogli i capelli più di quanto non lo fossero già.
In quel momento Ido entrò nella stanza, per controllare se San stesse bene, e richiuse subito la porta, sorridendo: al ragazzo un po’ di vicinanza da parte di una sua coetanea non avrebbe potuto che giovare.






Angolo autrice:
Ebbene, rieccomi qui con questa fanfic piuttosto breve (e no, non è finita qui). È impossibile, non riesco davvero a restare lontana da questo fandom per più di qualche giorno (o ora).
Coomunque, ho letteralmente sognato questa fanfiction, quindi mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :D e sì, San è ovunque e dovunque XD Spero di non averlo fatto troppo OOC; se sì ditemelo, per favore.
Aspetto anche qualche recensione, positiva o negativa che sia. :)
Allora a presto, "MondoEmersiani",

DarkLi
ght
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Cronache del mondo emerso / Vai alla pagina dell'autore: TheDarkLightInsideMe