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Autore: Dicembre    17/11/2008    3 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rieccoci qui. ^_^ Grazie mille per le bellissime recensioni, vi giuro che un pochino mi sono commossa *_*  Birra per tutti?

Dunque, per venire a noi. emerald, la struttura della storia è fatta per essere stressante. Figurati che quando la stavo scrivendo, ad un certo punto (esasperata io stessa), stavo lanciando baracca, burattini, aarone Nero fuori dalla finestra °_° A volte, quei due, ti tirano fuori gli insulti ._. Ti capisco benissimo
Cicoria (bellissimo nickname *_*) benvenuta! Sono felice che liberaci dal Male ti piaccia. 20 capitoli in una notte sono tantissimi °_° Ma come hai fatto? Ti ammiro per la perseveranza! L'atmosfera... L'atmosfera è ovattata, ma (piccolissimo spoiler) cambierà. Volevo dare la sensazione che "quel mondo" fosse in realtà lontano dallo spazio e dal tempo...Baci, spero di risentirti ^^
BiGi: Spero che questo capitolo ti piaccia, ci tengo proprio (anche se il mio preferito rimane il 19 XD)
Ayay: benvenuta(o?)! ah, l'intrigo della long-fic, ti capisco perchè anch'io le temo sempre. Le preferisco (le long-fic), ma poi ho paura che non finiscano/tardino ad uscire/mi prendano troppo tempo... Etc. Se può essere di consolazione, Liberaci dal male è sì una long fic, ma è già finita (l'ho scritta un paio di anni fa), perciò non c'è la possibilità che non finisca e gli aggiornamenti saranno (abbastanza) veloci. Dipende un po' dalla mia sorte che mi rema inevitabilmente contro (computer che si rompe, lavoro che mi chiama, il capo che impazzisce e cose varie °_°), ma ho tutti i capitoli con me. spero quindi di risentirti ^^
Stateira, cara *_* Che gioia risentirti. In quanto ad eresia, mi sa che andiamo a braccetto. del resto, nei capitoli successivi inizierò a sfogare le mie frustrazioni yoai-religio-sociali ahahaha un bacione

Capitolo Ventuno

- Mio -

 

 

Sapeva che era lì, ma non riusciva a scorgerlo. Ormai era così abituato a percepire la sua presenza, che non aveva dubbi sul fatto che fosse nella sua stessa stanza, però non lo vedeva.

Aveva lasciato i propri ospiti alla musica: l’aveva chiamato suo padre e lui era corso a vedere cosa fosse successo – suo padre che lo chiamava così poche volte…

Ma ora era in biblioteca, perché un falco gli aveva chiesto di andare… si sentiva un bambino agitato ad un appuntamento segreto. Aveva la bocca asciutta e percepiva il cuore nel petto, nonostante il battito non fosse accelerato.

Anche lui pareva in attesa.

 

“Siete fin troppo bravo a nascondervi per una persona come me che non sa cercare” sospirò poi arrendendosi all’evidenza che non l’avrebbe mai scovato guardandosi semplicemente intorno.

Nero sorrise. Sarebbe rimasto lì a guardarlo per ore, ma gli si avvicinò velocemente, prendendogli una mano:

“Dovevo farvi uscire di lì”

“E l’avete fatto piuttosto bene, mi pare…”

“Dispiaciuto?”
”Per niente” scosse i capelli biondi “per quanto mi piaccia ascoltare musica in compagnia, Davida ogni anno che la vedo diventa più invadente e fatico a non discutere con lei…”

“E dirvi cosa fare quando lei non è mai presente?”
”Già” sorrise Aaron “niente di nuovo, a quanto pare”.

Poi guardò la mano in quella di Nero: “Perché m’avete chiamato qui?” bisbigliò.

Tremò di paura al pensiero di quanto intenso fosse il suo desiderio di rimanere lì.

“Non sono certo un tipo coraggioso…” si schernì, imbarazzato

“Volevo ballare con voi”

Aaron aggrottò la fronte e Nero trattenne un sorriso misto fra l’imbarazzo e lo sfrontato. E quindi ripeté.

“Volevo ballare con voi. Da quando è iniziata la cena, non ho pensato ad altro”

 “Ballare…” a nessuno dei due sfuggiva quanto anche un semplice ballo volesse dire, in quella stanza. Si ballava con la propria compagna, si ballava con la propria moglie. Il ballo non poteva essere dedicato a nessun altro: aveva un significato preciso.

Aaron esitò, guardando la mano che sorreggeva il bastone, ma Nero non gli diede il tempo di pensare, perché la prese, sollevandola verso la sua spalla e lasciando che il bastone cadesse per terra.

“Sorreggetevi a me”.

Il rumore del bastone caduto non venne sentito.

Il respiro pesante di entrambi non venne sentito.

Solo la musica flebile attraverso le mura, attenuata dalla distanza, risuonava in quella stanza.

Per un attimo Aaron provò un enorme imbarazzo, per non essere in grado di reggersi saldamente in piedi da solo, ma poi Nero gli passò una braccio intorno alla vita , permettendogli di appoggiarsi meglio alla sua spalla e l’imbarazzo fu dimenticato. Era una posizione insolita per una danza, sebbene Aaron non ballasse quasi mai era stato educato, lui come Nero, a condurre. Ma quella posizione non permetteva a nessuno dei due di farlo.

Nero trovò irresistibile l’imbarazzo di Aaron che lo strinse ulteriormente, con un sorriso malizioso.

“Vi diverte molto il mio imbarazzo, vero?”
”Moltissimo, devo ammetterlo”
Ma nello sguardo di Nero, Aaron non vide scherno né derisione Lo guardava, invece, quasi fosse bellissimo, con quegli occhi scuri che, nella penombra, un po’ lo dominavano e un po’ gli chiedevano di non allontanarlo da sé.

E allora lasciò andare l’imbarazzo, la paura e pensò che l’unica cosa che voleva fare in quel momento era ballare fra le braccia di Nero che lo sorreggevano.

Accostò il viso alla sua spalla e chiuse gli occhi, permettendo a Nero di cominciare.

Non poteva guardarlo in faccia perché altrimenti sarebbe andato in confusione, si sarebbe fermato e gli avrebbe chiesto di stringerlo più forte, di non badare a ciò che sapeva essere giusto, ma di accettarlo per come era. Gli avrebbe chiesto di amarlo, così come lui lo amava, nonostante fosse un prescelto di Dio. Nonostante fosse un uomo.

Preferì quindi non guardarlo negli occhi e nascose il viso nella sua spalla, lasciando che i suoi capelli scorressero sopra di essa e l’accarezzassero.

Erano stretti l’uno all’altro, ma erano circondati da un mondo di cristallo che, appena qualcuno di loro si fosse mosso, si sarebbe inevitabilmente rotto. C’era solo un abbraccio, non poteva esserci di più.

Ma Nero non  poteva lasciar scorrere via il momento, era troppo importante per permettersi di guardarlo allontanarsi. E quella persona fra le sue braccia era così perfetta e così penetrata nel suo profondo, che ormai non aveva senso cercare di negarlo.

“Volete…” ma non riuscì a tenere la voce ferma come avrebbe voluto, e si corresse “Vuoi che non dica niente?”

Il tono così confidenziale e le voce sussurrata vicino all’orecchie  bruciavano sulla pelle di Aaron, il suo viso andò in fiamme, ma non si spostò dal suo nascondiglio sicuro.

“Che cosa vuoi dire?”

“Qualunque cosa. Vorrei chiederti e sapere…vorrei tacere e…”
Esitò.

“E?”

 “Ti vorrei per me” gli disse affondando le mani nei suoi capelli morbidissimi e lasciandoseli scorrere fra le dita.

“Ti vorrei mio. Ma …” e di nuovo esitò, giocando coi fili d’oro dell’altro e cercando lì le parole “…ma ho paura. E no…” sorrise anticipando la domanda di Aaron “non ho la tua stessa paura…” temeva che la voce lo abbandonasse, che perdesse completamente il controllo dei suoi sensi.

Era stato lui a volere Aaron lì, fra le sue braccia, e ora era terrorizzato che le sue mani fossero vetro opaco e che offuscassero la luce dell’altro.

“Se tu potessi vederti” gli sussurrò quasi esasperato “Se solo potessi vederti coi miei occhi, capiresti il vero perché del mio tentennare. La gloria in cui cammini è così luminosa che il solo pensiero di poterla intaccare mi fa esitare: la offuscherei.

Al contempo, però, vorrei impedire al mondo di vederla perché dev’essere solo mia.

Con le mie mani rischierei di privartene….eppure è così bella su di te! Forse è davvero la luce di Dio. Ciononostante, io ti voglio per me”

Aaron si strinse ancora di più e non rispose.

 Nero non s’aspettava nessun tipo di risposta, ma l’aver messo in parole il suo pensiero non aveva fatto altro che fomentare il suo desiderio. Voleva quel sorriso, voleva quell’odore, voleva quella voce, voleva quelle mani.

Voleva tutto, solo per sé.

Aaron sollevò il viso e guardò finalmente negli occhi Nero.

“Io ti proteggerei”
Nero sorrise “Io, tu, non cambierebbe nulla”
”Ma…” Aaron cercò di obiettare, ma Nero lo interruppe, dolcemente.

“Sarei perduto anch’io, ma non m’importa”.
Nero sorrise e scosse la testa. I suoi capelli ondeggiarono con lui, quasi ad enfatizzare il suo gesto e Aaron gli accarezzò il viso cercando di capire.

“Perché non esiste modo per sottrarmi a me stesso. Né adesso né in passato”

“In passato?”
Nero annuì: “Per oppormi a ciò che mi circondava, l’unica soluzione che allora trovai fu quella di andarmene.” Sospirò “Ma non voglio fare lo stesso con te. Un nome posso perderlo,”gli spiegò sistemandogli i capelli dietro l’orecchio “non posso perdere te”.

 “Tu hai un nome” Aaron gli sorrise dolcemente “è diventato tuo nel momento in cui ti è stato dato”.

“Vorrei che fosse così facile…Ma …Non riesco…” rispose Nero con voce strozzata.
Aaron gli accarezzò la guancia con un dito, percependo un leggero tremore. “Non importa, qualunque nome tu voglia, va bene. E se pensi che lasciarti alle spalle il tuo sia la cosa giusta da fare, allora lo è”

Quel tono era così rassicurante che Nero gli credette e, per la prima volta dopo anni, non provò astio per il suo nome.

 

La musica suonava ancora fra le pareti, e per un instante ritornò padrona di quelle mura.

“Ma perché Nero?” In quell’abbraccio avvolgente, Aaron si sentiva così bene da osare una domanda così.

Nero rise, prendendo una ciocca di capelli di Aaron fra le mani e portandosela al viso

“Sanno di acqua di sorgente” sussurrò

Aaron lo guardò incredulo “L’acqua di sorgente non ha un odore…” e rise, per l’ovvietà appena detta.

“Cielo, adoro farvi ridere” disse Nero con slancio, dopo che il corso dei suoi pensieri era stato interrotto da quel gesto fin troppo bello per non rimanerne incantato.

Aaron avvampò e si morse le labbra, per non sorridere ulteriormente per la felicità.

“ …e anche farvi arrossire”

Aaron cercò rifugio ancora fra la spalla e il collo di Nero, per nascondere  il suo volto che, ormai ne era certo, era in fiamme per l’imbarazzo. O forse per la gioia. O forse per quell’uomo che lo stava facendo impazzire ma che lo teneva stretto vicino a sé.

“Ho scelto Nero” spiegò il cavaliere “in realtà per un motivo piuttosto banale. La cuoca del castello di Chiaro era solita raccontarmi una leggenda, quand’ero piccolo. Mi raccontava che dalle sue parti, nel nord dell’Inghilterra, vicino a dove abitava quand’era piccola, c’era un bosco così fitto che mai nessun umano era riuscito ad attraversarlo. Si diceva che chiunque avesse tentato di camminare fra quegli alberi, sarebbe stato aggredito da un’ombra nera che divorava le anime e non le consegnava a Dio, quando il corpo moriva. Quand’ero piccolo ero un bambino molto impressionabile, e ho sempre avuto il terrore che quest’ombra nera potesse voler la mia anima…” Rise “Non importa quante volte mi sia stato detto che non poteva né raggiungermi, né trovarmi, io m’ero convinto che prima o poi me la sarei trovata di fronte.”

Aaron annuì “E’ una leggenda pagana del nord. Molti frati hanno tentato di estirpare le antiche credenze, ma alcune rimangono più a lungo”

“Questa poi “aggiunse Nero “Implicava che Dio non potesse prendere ciò che gli appartiene, dopo la morte…” scosse la testa, ricordando “Quando vennero a sapere che credevo davvero che l’ombra m’avrebbe mangiato l’anima, m’hanno rinchiuso nelle segrete del castello a pregare, senza né acqua e né cibo per quattro giorni. E con la sola compagnia di un frate che pregava con me e mangiava di fronte ai miei occhi”.

Aaron si scostò bruscamente “Rinchiuso a digiuno e senza acqua? “
Nero alzò le sopracciglia “Per purgare la mia anima”

“Quanti anni avevi?”

“Sei”

“E porti il nome di colui che ti ha chiuso lì” Il tono che Aaron utilizzò non era interrogativo, sapeva già che la risposta sarebbe stata affermativa.

Infatti Nero annuì.

“Così quando me ne sono andato ho pensato che Ombra Nera fosse un gran bel nome da bandito” rise imbarazzato dal proprio infantilismo “ma quando al porto m’hanno chiesto il nome, ho sinceramente provato impaccio per la mia idea. Nero semplicemente, m’è sembrato più appropriato”
Aaron rise di gusto.

“Non ti ho raccontato questa storia per prenderti gioco di me”disse Nero fingendo di arrabbiarsi col biondo che appariva sinceramente divertito.

“E’ un bel nome” cercò di schernirsi Aaron

Nero ebbe un sussulto che Aaron notò, ma non capì a cosa fosse dovuto

“Dillo” disse il cavaliere, d’improvviso, con voce distante.

Il biondo non capì subito, ma guardò negli occhi Nero per cercare di trovare il motivo di quel cambiamento d’umore improvviso.

“Di’ il mio nome” ripeté Nero scandendo perfettamente ogni parola.

“Nero?” bisbigliò Aaron confuso, ma il cavaliere scosse la testa.
”Dillo semplicemente”

Aaron obbedì, ripetendo quel nome sussurrato e nascosto “Nathaniel”.

E Nero sorrise come fosse il primo sorriso di una vita, con gli occhi commossi di chi, finalmente, è stato salvato.

“Tu doni armonia a ciò che non l’ha mai avuta…” E con naturalezza appoggiò le proprie labbra su quelle dell’altro “Sulle tue labbra io acquisto senso”

Aaron tentò di rispondere, ma le sue labbra tremarono, orfane.

Non era più importante cosa dovesse fare.

Non esisteva più nulla se non quel respiro su di sé.

Non esisteva più nulla se non quel tocco appena ricevuto.

Non esisteva più nulla.

Sussurrò di nuovo quel nome che si dissolse in un nuovo bacio.

Con le proprie labbra, persuase Nero ad osare di più, a richiedere quella bocca che era già sua.

I sensi di Nero furono investiti dal suo odore che conosceva così bene, forse davvero acqua di sorgente, ma solo suo. Furono investiti da quel sapore disciolto nella sua saliva, da quelle braccia intorno a lui. Investiti e persi in quel bacio infinito.

Si staccò solo un istante per riprendere fiato e per guardarlo negli occhi e per guardare quella pelle che gridava attenzione. Gli baciò la guancia e poi l’orecchio, accarezzandoglielo con la lingua e mordicchiandone il lobo.

Aaron gemette e quella voce gli impose di ritornare su quelle labbra e reclamarle di nuovo come proprie.

Solo quando Aaron lo spinse si accorse che si erano avvicinati al divano e che l’altro lo voleva sopra di sé.

Con una mano Nero spostò i capelli d Aaron baciandogli il mento e la linea immaginaria che scorre  sul collo ed arriva alla spalla.

Aaron pensò di perdere il senno, quelle labbra e quel peso sopra di sé lo stavano facendo impazzire. Quando sentì l’altro mordicchiargli la pelle, gemette ed istintivamente gli circondò la vita con una gamba per averlo il più possibile vicino.

Nero tremò a quella nuova pressione  e nascose ulteriormente il viso in quel collo, afferrando la nuca dell’altro per stringerlo a sé. Sentì una fitta alla mano a contatto con la macchia data da Dio.

“Se continuassi… Se …” Tremò e quasi gridò, per non assecondare il suo corpo.

Ma Aaron gli prese il viso e lo portò di fronte al suo, per guardare quegli occhi a cui avrebbe permesso tutto.

“Se continuassi, saresti perduto” aggiunse Nero con voce rotta. Il dolore alla mano ne era stata la prova.

Cielo, non voleva altro. Voleva quell’uomo, il suo corpo e la sua anima, ma sapeva che li avrebbe corrotti, che avrebbe affievolito quella luce che invece non avrebbe dovuto toccare. Non avrebbe potuto perdonarselo.

Aaron non disse niente: amava quell’uomo così tanto che avrebbe fatto persino qualcosa di così sbagliato. Ma sapeva che Nero avrebbe biasimato solo se stesso.

Guardò quegli occhi neri e poi lo baciò ancora, ma questa volta per suggellare una promessa di devozione.

La nostalgia di quel bacio si nascose in un abbracciò e permeò l’aria.

(continua...)

  
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