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Autore: Theredcrest    07/01/2015    2 recensioni
Il Varco è aperto. L'Inquisizione, formata dalle menti più brillanti del Thedas, combatte per liberare il mondo da un nemico che potrebbe rivelarsi impossibile da sconfiggere. Eppure, la speranza è ancora viva, riposta nelle mani dell'Inquisitore, dei suoi compagni e consiglieri. Ognuno di loro con le proprie esperienze. Ognuno con le proprie ferite.
Il Comandante Cullen è uno di loro. Segnato dal passato e dagli errori che lo tormentano, si concentra sull'Inquisizione per porvi rimedio e ritrovare una pace che non conosce da molti anni. Ma potrà mai farlo?
Attenzione: il testo contiene spoiler sulla trama del videogioco.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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L'indomani, a pomeriggio inoltrato, l'Inquisitore tornò dalle terre centrali, cavalcando oltre i cancelli di Skyhold con i compagni al seguito. La voce del suo ritorno corse per tutto il castello, dove i lavoranti si muovevano frenetici qua e là per le ali dell'imponente struttura fin dalla mattina, ultimando i preparativi prima della partenza che sarebbe avvenuta la sera stessa, in direzione Orlais. Il fermento aveva reso tutti ansiosi: le spie preparavano l'equipaggiamento sotto le istruzioni di Leliana, munendosi di tutto il necessario a comporre una buona squadra che facesse da avanguardia in caso i soldati di Cullen non potessero, per qualche motivo, intervenire. L'Esploratrice Harding era ancora sulle tracce di Elmer e dell'Eroe e lei sarebbe stata impegnata al ballo in qualità di rappresentante dell'Inquisizione, quindi la Capospia aveva dovuto ovviare alla mancanza del suo Luogotenente migliore contattando un agente esterno, Hall, che si era subito mosso per raggiungerli. L'arciere non ci aveva messo molto, e adesso, dopo un breve briefing, stava parlando ai componenti del gruppo stabilendone ruoli e avanzata.
L'Ambasciatrice, nel frattempo, terminava le ultime lettere di ringraziamento ai nobili che si erano tanto gentilmente mossi per garantire la presenza del Re del Ferelden e dell'Inquisizione al Palazzo d'Inverno. Aldilà del fatto fossero stati invitati direttamente dall'Imperatrice, l'etichetta dell'Orlais era rigidamente legata alle diverse reti di favori in cui si intrattenevano i membri importanti della società, favori che sarebbero stati loro gentilmente ricordati al momento meno opportuno, in futuro. Ma Josephine, astuta, aveva già diverse altre carte nella manica da sfruttare e se ne preoccupava relativamente, lasciando l'eventualità alle sorti del ballo: se fossero riusciti a smascherare l'attentatore alla vita di Celene, accrescendo così la loro posizione in onore e prestigio, avrebbero avuto più di quanto servisse all'Inquisizione e senza dover nulla in cambio. Finì i ringraziamenti che affidò ai messaggeri, subito pronti al viaggio.
Cullen, dopo una lunga giornata di preparazione ai soldati con Fergus, stava terminando tutto ciò che era inerente al viaggio in sé: aveva radunato gli uomini sotto il comando di Emelia, più portata di Fergus alle operazioni militari meno in vista, accordato un segnale di richiesta di intervento e assegnato i rispettivi ruoli nell'operazione. Dopo aver organizzato le scorte di acqua e di cibo assieme al cuoco delle cucine, racchiuse in solide bisacce, le aveva portate alle scuderie e stava finendo di legarle saldamente ai cavalli già sellati e riposati, pronti a partire. Non avrebbero fatto molte fermate lungo il percorso verso la capitale, dato la tratta era relativamente breve per i due giorni di tempo a loro disposizione: avrebbero viaggiato per una mezza giornata fino alle coste di Montsimmard e aggirato l'unico affluente del Lago Celestine fino a Verchiel, e da lì si sarebbero diretti fino ad Halamshiral sfruttando la Via Imperiale, in tutto impiegandoci una giornata e mezza.
Aveva ormai finito con le scorte quando sentì l'Inquisitore arrivare, conducendo a passo d'uomo il suo cavallo stremato dalla corsa. Dorian e gli altri avevano lasciato i loro alli stallieri, probabilmente già sulla strada per raccogliere il necessario al viaggio. Assicurò le cinghie di un otre in pelle alla sella del destriero che stava curando e la salutò.
«Bentornata, Inquisitore.»
«Grazie. I preparativi per la partenza verso Halamshiral?» Gli rivolse un caloroso sorriso, sfregandosi la fronte sporca di terriccio. Cullen si sentì arrossire, e tossì imbarazzato prima di rispondere.
«Agli sgoccioli. Il ritrovo è tra trenta minuti, nel giardino interno. Leliana è già lì, assieme ai miei uomini.» Le porse una mano chiedendole le redini dell'animale, che lei gli passò volentieri. Lo condusse fino alla mangiatoia, dove lo legò, lasciandolo bere e mangiare tranquillamente. «Josephine ha fatto preparare le uniformi per il ballo, stamattina, con tutte le rimostranze del caso per non essere riuscita a procurarti qualcosa di più adatto e "femminile".» Le lanciò uno sguardo ironico, accarezzando il collo del destriero. «Ha fatto il giro delle nostra stanze, quindi probabilmente ha già lasciato la tua in camera.»
«Perfetto. Almeno avrò il tempo di darmi una pulita.» Kassandre si passò una mano tra i capelli, tirandoli indietro dalla fronte e liberando la vista ad un paio d'occhi vividi, ma segnati dalla stanchezza. Si poggiò mollemente ad un palo di sostegno facendo attenzione al bastone legato sulla schiena, le braccia conserte.
«Giornata pesante?» le chiese lui, notando il suo sguardo.
«Mai come le prossime. Almeno i banditi non ti costringono a rispettare l'etichetta, parlare senza essere mai diretti, eccetera, eccetera.» L'Inquisitrice sbuffò, evidentemente seccata. «Senza contare le maschere. Sai quanto può essere seccante discorrere con qualcuno senza poterlo guardare in faccia? E la chiamerebbero conversazione?» Cullen rise alla sua espressione esasperata, e le si avvicinò, puntellandosi con una mano alla trave poco sopra la sua testa.
«Avanti, è solo per una serata. E non importuneranno solo te: anche il Re parteciperà al ballo.» Un'espressione meravigliata le apparve sul volto.
«Re Alistair verrà al ballo?»
«Ovviamente. E conoscendolo, probabilmente sarai la prima a cui vorrà parlare.»
«A-a me?» rispose lei, balbettando. «Non so se ne avrà molta voglia, dopo Redcliffe.»
«Non ti preoccupare» le sorrise lui, rassicurante. «Aldilà del suo allontanare i maghi dal paese, è sempre stato un tipo bonario. Si è solo lasciato trasportare dalla delusione di un attimo» le assicurò. «Chi non lo farebbe, se qualcuno invitasse un Magister a bere il tè direttamente sul trono di tuo zio?»
Lei rimase senza parole mordicchiandosi un labbro, probabilmente ancora combattuta a riguardo: nonostante Cassandra fosse stata largamente contraria, e inizialmente anche lui stesso, l'Inquisitrice non aveva esitato un attimo quando il Re aveva detto ai maghi di fare le valigie e andarsene entro l'indomani, consigliando di accettare qualsivoglia offerta dell'Inquisizione. Nemmeno il tempo di uno schiocco di dita, e aveva fatto di loro degli alleati, accolti e trattati come persone e non come maghi o peggio, mostri per lo sbaglio fatto. E adesso, sotto le sue istruzioni, una delle torri del giardino interno stava venendo ristrutturata per dar loro uno spazio privato in cui lavorare. In poche parole, pensò Cullen, stava creando loro un'accademia, una scuola al posto di una prigione, dove i maghi potessero controllare altri maghi, prevenendo incidenti senza l'ausilio dei templari.
Che ormai il loro compito fosse davvero esaurito?
Cullen osservò l'Inquisitrice con una vaga amarezza, ricordandosi che il suo posto non era più nell'ordine, rivelatosi un totale fallimento d'intenti. Kassandre non sembrò capire il motivo del suo rimurginare e cercò i suoi occhi piegando la testa, con un mezzo sorriso a rasserenarle il volto.
«Hai ragione» si sentì dire. Sorpreso, inarcò le sopracciglia prima lei continuasse. «I maghi hanno sbagliato, e neanch'io avrei fatto da meno al suo posto. In fondo, avrebbe potuto fare di peggio che allontanarli soltanto» ammise Kassandre, alzando le spalle. In lontananza sentirono una fanfara che indicava agli uomini di radunarsi.
«Non pensarci adesso, va bene?» le consigliò il Comandante. «Ora vai a prepararti, non deve mancare molto al viaggio.»
«"Vai"?» scherzò lei, facendogli per un secondo temere di aver detto qualcosa di sbagliato. «Vorrai dire "andiamo"!» lo corresse. «Non vorrai affrontare tutto il viaggio in quell'armatura, vero?»
«Fino a prova contraria, sarei ancora il capo delle forze armate, Inquisitore» la scherzò. Lei storse il naso a sentire il titolo, e afferrò un angolo della sua tunica, strattonandolo un paio di volte col cipiglio serio di una madre col figlio.
«Avanti. Abbiamo già abbastanza soldati a scortarci, e sai che non potrai portarla, al ballo. Inizia ad abituarti o almeno, se proprio non vuoi levare l'armatura, mettine una più leggera.»
«Va bene» Cullen fece finta di pensarci per davvero. «Vorrà dire che metterò anche l'elmo.»
Kassandre rise, scuotendo la testa e iniziando ad incamminarsi. Cullen la seguì.
«Sei cocciuto...»
«E tu sei testarda.»
«Se solo provi a presentarti a Palazzo con quella cosa addosso...» gli intimò lei.
«Ti assicuro, sarò il più elegante uomo che tu abbia mai vista sulla faccia del Thedas.»
Cullen fece finta di gonfiare il petto, impettito, e le sorrise. Lei scosse la testa, nascondendo l'ilarità dietro un'espressione volpina.
Insieme, fianco a fianco, salirono le scale continuando a parlottare. Poi ognuno si diresse nelle proprie stanze.

La prima tappa a Montsimmard fu effettuata a notte inoltrata, in anticipo rispetto a quanto previsto. L'intera compagnia si fermò e qualche semplice tenda venne messa in piedi per permettere a tutti di riposare per qualche ora, almeno fino all'arrivo dell'alba. Essendo una sosta veloce, chi doveva dormire finì a farlo in coppia: vedere Blackwall che si lamentava, mettendo il muso, di dover riposare proprio accanto a Dorian che intanto continuava a punzecchiarlo mise tutti di buon umore, assieme all'assenza di pericoli inattesi. Quando ripartirono, il sole stava sorgendo gettando la sua pallida luce sul suolo ghiacciato e sull'erba ricoperta da fragile brina, mentre i cavalli, correndo, esalavano la stessa densa nuvola di vapore che usciva dietro le loro sciarpe, e da sotto l'elmo foderato a guisa di leone di Cullen, che gli gettava sulla schiena una coltre di pelo nero striato di rosso. Prevedendo l'intenso freddo delle lande, temperato appena dalla vicinanza con uno dei più grandi laghi della regione, aveva sostituito la solita tunica con una versione più pesante della stessa, che invece di essere rossa, decorata d'oro ai bordi, era di un profondo blu notte con delicati ricami di foglie argentee. Nel buio che si andava dissipando, sembrava un leone nero in procinto di attaccare in sella al suo destriero, la mano pronta alla spada e sempre in testa al drappello di uomini.
Più volte insieme ad Hall, l'arciere incappucciato che portava un vasto sfregio sul volto, avanzarono in avanscoperta cercando la via migliore per passare tra le rovine che punteggiavano qua e là la vastissima area. Paesaggi di case distrutte, macerie e muri senza più padrone ricordarono loro la minaccia sempre presente dei demoni e, anche se fortunatamente non ne incontrarono sulla loro strada, le scorribande di quelli che si facevano chiamare Uomini Liberi, stanchi dell'Impero e di una qualunque forma di governo che promettesse loro splendore, facendoli poi morire di fame. Come biasimarli, considerata l'opulenza della loro nobiltà?
Aggirate le coste del lago, il tempo iniziò a farsi più mite e il sole a splendere alto nel cielo punteggiato da nubi. Ciònonostante la rigida temperatura continuò ad assalirli ad ondate prima di raggiungere la Via Imperiale. L'Inquisitore, a cavalcioni sul suo cavallo designato, spesso si tirava sulle mani coperte dai guanti le spesse maniche di una giubba di pelle rossa, foderata di lana cotta, su cui rotondi bottoni dorati rilucevano. Sotto, un gilet la proteggeva ulteriormente, anche se i vigorosi colpi di tosse da dietro la stola di lana in cui si era avvolta il viso preoccupavano chi viaggiava con lei. Dorian, infagottato in una tunica, le cavalcava costantemente al fianco lamentandosi del freddo acuto («Ma mai come ad Emprise du Lion!») per distrarla, facendola ridere sommessamente. Blackwall, dietro di loro, intavolava discussioni sulle vecchie storie dei custodi incassato nel suo gambeson azzurro, con un Varric che lo ascoltava interessato nella sua giacca di un pacato color panna, insensibile, per il resto, al freddo.
Raggiunsero la Via Imperiale solo a mezzogiorno inoltrato, finalmente avendo un sentiero battuto da seguire fino a Verchiel. Trainati da muli e asini, diversi carri dei contadini passarono trasportato verdure, formaggi e carni ai mercati più vicini, tutti di diversissime qualità. Un mercante di tessuti li fermò ad un certo punto, un tale di nome Garrand, e chiese se si potesse unire a loro fino alla capitale.
Il mercante, ben vestito ma per nulla appariscente, si accaparrò subito le loro simpatie quando, nell'imbarazzo più totale, venne a scoprire a che compagnia si era unito. Poi intavolò una lunga discussione sulla qualità delle vesti delle altri regioni con Dorian e l'Inquisitore, a cui molti altri si unirono parlando delle grezzi pelli del Ferelden, della finezza dei velli delle Anderfels e della particolare grana della sete Tevinteriane, o del suo sartiame decadente, ammissione strappata allo stesso Dorian. Tra una sosta e l'altra, il gioviale mercante che mostrava poco più di cinquant'anni offrì tutto ciò che aveva a propria disposizione in loro aiuto, sebbene l'Inquisizione non fosse ancora ben vista dall'Orlais. Kassandre, meravigliata, gli chiese se avrebbe voluto stabilirsi con loro a Skyhold una volta finiti i commerci, e pieno di infinita gratitudine Garrand accettò. Leliana, nel frattempo, lo guardava silenziosa, sorridendo alle volte: quando l'Inquisitore le chiese il perchè, le disse che le avrebbe raccontato una vecchia storia, prima o poi. Una storia di bardi e ladri.
Da Verchel raggiunsero Lydes e poi Halamshiral, poco distante dal mare. Qui si fermarono qualche ora per i rifornimenti necessari, dopodichè si accamparono poco fuori dalla città, accendendo un nuovo falò per la notte ormai mite e priva della rigidità dell'entroterra delle Dales. Ognuno di loro, vestito più o meno come in precedenza ma con più comode e leggere vesti di cotone o lino, prese posto attorno al fuoco tranne Cullen che, seduto su uno sgabello raffazzonato poco lontano, affilava la spada. Il rumore metallico fendeva a ritmo regolare la notte, e le scintille illuminavano a tratti il suolo attorno e i volti già rischiarati dal fuoco, lasciando un lieve odore di zolfo.
«Sorella Usignolo» fece il Comandante ad un tratto, facendo attenzione a chiamarla col soprannome che meno rivelasse la reale provenienza di Leliana. «Non avevi una storia da raccontare?» La Capospia gli mostrò uno sguardo incuriosito, forse a causa delle sue orecchie acute, e annuì.
«Ho qualcosa, in effetti, ma non quella storia. Non ora, almeno.» Sorrise. «Prima di arrivare, è meglio che capiate come funzionano davvero le cose ad Orlais. Sapete cos'è il Grande Gioco?»
Molte teste vennero scosse, tranne quella di Josephine.
«Frequentare il Gioco e le mode degli Orlesiani è molto diffuso a Nevarra» si limitò a rispondere quest'ultima alzando le spalle, un leggero scialle azzurro a coprirla, guardando gli altri.
«È vero, Josephine» acconsentì Leliana in sua direzione. «Tua sorella ne è una seguace più che accanita, se non sbaglio.»
«Oh, povera Yvette. Non sa in che guai si sta cacciando...» sbuffò lei, con un velo di disapprovazione. «Ma meglio tu vada avanti a spiegare il Gioco, prima qualcuno caschi dritto nelle sue insidie.»
«Bene, allora.» La Capospia si rivolse a tutti, le mani intrecciate sulle ginocchia, osservandoli uno ad uno. «Il Gioco, in termini semplici, è la continua competizione tra i nobili Orlesiani per guadagnare influenza e fama. Ogni Orlesiano che sia nobile di nascita è soggetto al Gioco, che egli ne sia partecipe o pedina, tranne chi è affiliato ad un ordine particolare. I maghi, per esempio, o i templari, e chiunque appartenga alla Chiesa.» Compiaciuta dell'attenzione che i compagni le dedicavano, Leliana proseguì. «Chi sa padroneggiare il Gioco si assicura il prestigio e il rispetto di ogni famiglia, e per ottenere questi risultati ogni cosa è lecita: l'uso di abiti e gioielli che ricordino favori o particolari momenti, la decorazione delle maschere, la cura del proprio aspetto e comportamento e l'abilità di screditare una persona in qualsiasi situazione sono tutte cose apprezzate. Anche l'uso dell'assassinio e dei bardi è grandemente diffuso. Un bardo ben addestrato può essere affilato e utile quanto il migliore dei pugnali, quando le due cose non coincidono direttamente.»
Pochi sapevano del passato di Leliana, a parte il gruppo dell'Eroe che durante il Flagello ne era stato coinvolto in modo inconsapevole. Tutto ciò di cui Cullen era a conoscenza veniva direttamente dalle sparute missive che lui e l'Eroe si erano scambiati, quando per qualche motivo il Re non era stato in grado di farlo: qualcosa sulle sue abilità di bardo, confermate dal suo attuale rango nell'Inquisizione, ma nulla più. A quanto pare, intuì il Comandante in quel momento, la stessa parola aveva significati diversi in Ferelden e nell'Orlais: nel primo il bardo era il semplice cantore, astuto e in grado di difendersi, ma non certo un pericolo. Nella terra dei leoni invece sembrava fosse più sinonimo di ladro, o addirittura assassino. Le rivolse un lungo sguardo serio, poi riprese a ripassare la lama con l'acciaino mentre l'Inquisitore alzava la mano. Un gesto familiare che gli ricordò le lunghe lezioni dei maghi del circolo al quale presenziava di tanto in tanto, assicurandone l'incolumità: i maghi adulti sapevano controllare i propri incantesimi, ma non era raro che quelli più giovani, a volte addirittura bambini, finissero per darsi fuoco o folgorarsi inavvertitamente. Ricordava lui stesso d'aver gettato un secchio d'acqua addosso a qualcuno, molto tempo prima: a volte bastava quello. Ma quando il tutore non riusciva a intervenire in tempo o il catino non serviva, i templari erano lì, pronti a dissipare qualsiasi magia aspettando cure per il piccolo sfortunato... o di seppellirlo. Assieme a quelli che si gettavano dalle finestre, per questo motivo ridotte o sbarrate, o si suicidavano nei modi più incredibilmente assurdi.
«In che senso "quando le due cose non coincidono direttamente"? Qual'è il ruolo dei bardi?»
Sospirò, mentre Leliana ascoltava la domanda dell'Inquisitore e preparava la risposta. I segnali di disagio c'erano sempre stati, ma si erano illusi sarebbero semplicemente scomparsi. Tutti loro. Era... mostruoso. E loro si erano ridotti a mostri.
«I bardi non hanno un ruolo stabilito. Sono menestrelli addestrati nell'arte del Gioco, strumenti per qualunque nobile abbastanza ricco da pagare. Generalmente, usano la loro astuzia per introdurre malevoci e peggiorare la reputazione della loro vittima, ma non di rado rubano, scambiano e fanno trovare oggetti compromettenti alle autorità per affossare il malcapitato. Sono maestri dello spionaggio e sanno come non farsi trovare. E i più addestrati non si risparmiano l'omicidio.» Lanciò uno sguardo eloquente a Josephine, che fece finta di osservarsi attentamente la punta dei piedi. «Basta creare un piccolo incidente che, se politicamente guidato, tutti ignoreranno. Un buon esempio è Lady Vedova. È uno degli ambasciatori di corte più in vista, ma tutti quelli che la sposano muoiono poco dopo per le cause più assurde. Sicuramente opera di un bravo bardo.»
«Non dovrebbero evitare imprese così eclatanti?» le chiese Varric.
«Sarebbe buonsenso, Varric. Gli Orlesiani non lo coltivano» commentò Dorian, asciutto. La Capospia represse una lieve risata.
«I migliori sanno far parlare di sè, senza mai essere notati. Il loro lavoro è passare completamente inosservati, motivo per cui dovrete fare attenzione una volta a Palazzo: dubito vogliano attaccare direttamente l'Inquisitore, sarebbe troppo diretto. Ma il Creatore solo sa quanti cercheranno di strapparci delle informazioni.»
«Informazioni? Credo saranno tutti più impegnati a strappare i pantaloni al nostro bel Comandante in uniforme, piuttosto.» Il sarcasmo di Dorian, mai troppo poco per rendere la serata allegra, fece scoppiare molti in una fragorosa risata mentre Cullen arrossiva, sperando che il bagliore della fiamma avrebbe nascosto il colore. Leliana non perse un colpo, guardandolo con un sorrisetto definitivo.
«Quella potrebbe essere la nostra occasione di recuperare informazioni» commentò, compiaciuta.
«Oh, non oserai- non sono un'esca!» Cullen stava per aggiungere dell'altro puntandole un dito contro, quando venne interrotto dalla voce perfettamente cadenzata dell'Inquisitore che lo studiava con lo sguardo.
«Pensi a farsi carino, Comandante.»
Cullen ingoiò silenziosamente un groppo amaro, sentendo il silenzio calare attorno. E non per la prima, nè per l'ultima volta nella sua vita, si sentì decisamente in pericolo.

«Siete sposato, Comandante?»
«Non ancora, ma... sono già occupato.»
«Quindi siete ancora disponibile...»
«...»
Cercò di non rispondere, ma una vena pulsante faceva già la sua prima comparsa, esattamente a destra della sua fronte. Al suo fianco, un'altra vocina squittì.
«Dovete danzare con me, Comandante! Non potete starvene in piedi per tutta la serata!»
«Ho paura di si, invece. Grazie.»
Sentiva troppe attenzioni su di sé. Mantenne un comportamento altero e impeccabile, continuando a regalare occhiate gelide.
«Posso offrirvi un bicchiere, Comandante?»
«No, grazie.»
Aveva già il suo bicchiere di vino annaquato in mano. Potevano non essersene accorti? Quelle maschere dovevano fondere il cervello.
«Sorridete Comandante! Siete così carino quando lo fate!»
«Proprio come quando non sorride, in effetti» rispose una voce maschile interessata. Sbiancò, prima di sussultare voltandosi di scatto.
«Mi avete appena... afferrato il posteriore?» esclamò indignato.
«Non ho potuto farne a meno!» sorrise un altro nobilotto, con un ghigno troppo largo per i suoi gusti.
«Oh, per il Creatore. Vado... vado a riempirmi il bicchiere.»
Si svicolò dai nobili con un'agilità che trovarono deliziosa, almeno a starli a sentire, e si diresse verso la tavolata delle vivande per far sembrare la scusa più credibile. Attese che i suoi inseguitori si fossero persi abbastanza in chiacchiere, pensandolo di ritorno a breve, e poi fuggì in maniera disinvolta sulla balconata, esalando un sospiro di sollievo.
L'inferno non era la Città Buia, non erano i maghi e neanche gli abomini. L'inferno era avere alle calcagna dieci nobili orlesiani interessati solo al suo cognome, ed era iniziato dalle presentazioni dell'Inquisitore all'Imperatrice Celene. Un momento che gli sarebbe rimasto impresso nella memoria per il terrore più puro in scala da uno a dieci, subito dopo i demoni e il lyrium rosso.
«Ecco a voi Lady Travelyan, Araldo di Andraste, guida dell'Inquisizione!» aveva tuonato il cerimoniere, lasciando che l'Inquisitore per prima si incamminasse dall'altra parte dell'immenso salone, direttamente sotto il naso dell'Imperatrice.
«I Consiglieri: Josephine Montilyet, Ambasciatrice e capo diplomatico dell'Inquisizione!» E anche Josephine si era incamminata, raggiungendo l'altro lato e sistemandosi accanto a Kassandre.
«Sorella Usignolo, Mano Sinistra della Divina Justinia, siniscalco dell'Inquisizione!» Leliana l'aveva squadrato con aria di approvazione, prima di raggiungere gli altri.
«Cullen Stanton Rutheford di Honnleath, Comandante delle forze militari dell'Inquisizione!»
Una fila di "oh" e "ah" si era sollevata al suo passaggio, mentre pensava solo a guardare dritto davanti a sè. Aveva raggiunto il fianco dell'Inquisitore, il mento e la schiena ben dritti come se fosse in parata, e osservato i presenti con finta aria di sfida.
«Stanton?» gli era stato chiesto a mezza voce Kassandre. «Sul serio?»
«Lascia stare.» Aveva risposto in un sussurro truce. «Odio quel nome.»
Josephine si era lasciata scappare una risatina soffocata, e Cullen si era ridotto a mordersi disperatamente l'interno della guancia cercando di pensare ad altro che non fosse il cavallo dei pantaloni particolarmente stretto: «Come va di moda a corte in questa stagione» gli aveva detto lei, con l'espressione di chi la sapeva lunga. Avesse aggiunto che agli uomini Orlesiani piaceva evirarsi dopo innumerevoli sofferenze, o che in realtà avevano sbagliato taglia dandogliene una femminile, sarebbe stata più convincente sulla sua uniforme. Fortunatamente l'arrivo di Dorian, Blackwall e Varric, rispettivamente nelle vesti del Tevinteriano cattivo e carismatico, del custode burbero pluridecorato e del nano scrittore di successo erano riusciti a distoglierlo per un po' da quel particolare. Fossero riusciti anche a distogliere l'attenzione di molte donne e uomini della sala dal suo cognome, avrebbe pianto e pregato nudo in nome del Creatore, anche se probabilmente sarebbe stato considerabile come bestemmia più che atto di ringraziamento.
Almeno ora, nella placida calma della balconata, poteva respirare un attimo prima i nobili lo trovassero di nuovo e lo costringessero ad una maratona via dalle loro grinfie. Cullen odiava ballare e tutte le richieste della serata, condite da carinerie, non facevano altro che fargli detestare ancora di più il pensiero di danzare con una sconosciuta (o uno sconosciuto, non sembrava avere molta importanza) in mezzo a mille altre persone che l'avrebbero giudicato come il pessimo ballerino che era. A quel proposito, stava facendo di tutto per evitare ulteriori attenzioni su di sè e mantenere un profilo basso, ma l'Inquisitore non doveva essere del suo stesso parere, perchè non aveva esitato un attimo nel venire a chiedergli un ballo: colpa dell'imbarazzo e di tutti i dinieghi precedenti, aveva detto di no anche a lei, non senza qualche rimorso.
Nonostante l'uniforme dal deciso taglio maschile, Kassandre risaltava come una mosca bianca nella folla: ai capelli corvini estremamente comuni si contrapponeva una carnagione pallida pari solo a quella dell'Imperatrice, che in molti avevano notato lanciandole occhiate desiderose. La cosa l'aveva infastidito a tal punto che ben più di una volta Cullen aveva pensato di prenderle la mano e farle strada al centro del salone, deludendo tutti gli spasimanti. Solo il timore di pestarle un piede nel bel mezzo della calca lo tratteneva, oltre che una sana dose di timidezza.
Mentre sorseggiava dal suo calice, il Comandante sentì una mano posarglisi sulla spalla. Sussultò pensando l'avessero già trovato, e fece per dire qualcosa quando si accorse del familiare viso che la accompagnava.
«Alistair!» esclamò con un largo sorriso. Si voltò in sua direzione, inchinandosi lievemente, mentre quello gli rifilava un paio di vigorose pacche sul braccio. «Non mi aspettavo di vederti arrivare. Non dovresti essere dall'Imperatrice a parlare di politica?»
«Celene ha di meglio da fare al momento, come far roteare la sua grande gonna per ingraziarsi i nobili più petulanti.» Il Re ridacchiò sommessamente. «Non che le stia venendo bene: il tuo Inquisitore sembra essersi attirata l'attenzione di tutta la sala.»
«Inizio a capire perché Josephine si lamentava delle uniformi...» sussurrò, ridendo a sua volta. «Se l'Inquisitore sta già facendo capitombolare mezza corte ai suoi piedi in giacca e pantaloni, figuriamoci con un abito da sera.»
Alistair si produsse in un breve fischio, brandendo il proprio bicchiere in alto per proporre un breve brindisi a cui Cullen acconsentì con piacere. Se fosse stato un Re diverso, con una storia diversa e magari di sangue completamente blu, il Comandante avrebbe dovuto piegare la testa, esporre i propri saluti e sentirsi fortunato per averlo anche solo incontrato, o incrociato. Fortunatamente il Re confermava il buon carattere della sua famiglia e proprio come il suo mezzo-fratello Calain, al trono prima di lui, detestava quelle formalità con tutto il proprio ardore: in Alistair batteva ancora forte il cuore da Custode, rendendolo incapace di dimenticare il cameratismo che aveva vissuto per anni tra gli altri suoi compari ed i templari. L'unica cosa che era cambiata da allora era il suo grado di importanza, a cui non sembrava dare peso, ed un paio di occhiaie violacee appena accennate sul viso appena scavato dagli anni. Cullen si chiese se fossero causate dalla difficoltà di gestire al meglio un regno, o dai pensieri che sicuramente aveva rivolto a Rachel dal momento della sua scomparsa.
Bevvero dai propri bicchieri, ed Alistair storse il naso.
«Da queste parti hanno solo il formaggio, di buono» commentò con una vena ironica, mentre Cullen si guardava attorno, incuriosito dalla mancanza del suo seguito.
«Dove sono le tue guardie?»
«Esattamente dove hai lasciato i tuoi ammiratori: ad aspettarmi al tavolo delle vivande.»
Dopo un momento di silenzio, scoppiarono a ridere insieme per aver avuto la stessa identica idea, e si incamminarono verso il bordo del balcone cinto da grandi vasi in fiore, lontano dalla porta dove orecchie indiscrete potevano ascoltarli. Cullen si poggiò alla ringhiera in pietra, curvandosi, i gomiti puntati e le mani intrecciate. Alistair gli si mise accanto quasi allo stesso modo, intento ad osservare il cielo terso e lo splendido scorcio di Halamshiral che si poteva intravedere da lì.
«Allora, come vanno le cose?» gli chiese.
Alistair esitò per lunghi istanti, gli occhi puntati al paesaggio illuminato dalla luce lunare. Sembrava quasi che ogni edificio fosse stato dipinto d'argento e di blu, da quella distanza.
«Meglio» sospirò pesantemente il sovrano, stringendo nervosamente le nocche di una mano nell'altra. «Meglio, ora che so che almeno lei è...» Prese un profondo respiro, con lo sguardo più tetro gli avesse mai visto in faccia. Cullen gli posò una mano sul braccio, cercando di rassicurarlo.
«La troveremo, Alistair, dovesse essere la mia ultima promessa. Siamo già vicini. La riporteremo a casa.» Il Re sembrò confortato dalla notizia, eppure annuì senza troppa convinzione.
«Non voglio farmi illusioni. Sai quanto è abile nel non farsi trovare, se non vuole. Non credo che gli uomini dell'Inquisizione...»
«Li sta guidando Leliana» intervenne il Comandante. «È stata lei ad averle insegnato come sparire dalla circolazione, non esiste che non riesca a trovarla. Ha mandato solo uomini scelti, e anch'io ho dato il mio contributo. La troveremo.» Ripeté con fermezza. Alistair gli rivolse un'espressione amara.
«Ne sei così sicuro...» scosse la testa, socchiudendo appena gli occhi. «Grazie. Quello che stai, state facendo... non sono sicuro di poterlo ricambiare.»
«Sei il Re del Ferelden, non credo tu debba ricambiare proprio nulla.» Cullen gli sorrise, divertito. «Piuttosto, se vuoi fare un favore all'Inquisizione inizia a risolvere con l'Imperatrice. Sono sicuro che un po' di stabilità non farà del male al Ferelden.»
«Sempre che rimanga al trono dopo stasera» rispose il Re, indispettito. «Se i nobili appoggiassero suo cugino Gaspard, sarebbe la fine per ogni trattativa. Sai come ha chiamato zio Teagan? "Signore dei cani"!» disse con malcelato disprezzo. «Ecco cosa siamo per lui: bifolchi, barbari e senza sapone. Posso anche capire l'ultima parte dato il Ferelden puzza di cane bagnato, ma il resto!» Cullen ridacchiò davanti alla sua espressione indignata.
«Per tua fortuna, credo l'Imperatrice voglia tenersi ben attaccata al suo trono. È la donna politicamente più abile che abbia mai visto dopo Josephine» constatò con sincera ammirazione. «L'unico pericolo che corriamo stasera è dovuto a Corypheus.»
«Che cosa intendi dire?» gli chiese Alistair. «Dubito uno del suo aspetto indossi un bel vestito da ballo e venga a fare quattro volteggi con gli invitati del salone.»
«Nessun dubbio» sorrise Cullen, tornando subito serio. «Ma abbiamo un certo anticipo sulle sue mosse. Abbiamo ragione di pensare voglia sbarazzarsi di Celene» aggiunse in un sussurro.
«E in tutto questo, l'Inquisitore cosa intende fare?»
«Prevenire il disastro. Per il momento sta solo raccogliendo informazioni utili in giro, ma allo scoccare dell'ora dovrebbe essere di ritorno per informarci. So che prima stava parlando con la contessa Florianne, la sorella di Gaspard.»
«Io non mi fiderei» Il Re storse il naso.
«Ha organizzato lei il ballo per mettere in pace Celene e suo fratello...»
«Sarà, ma non mi fiderei comunque.»
Cullen evitò di mediare, sapendo che quando un'idea entrava in quella testa difficilmente ne veniva fuori, come ad esempio quella - pessima - di leccare i lampioni d'inverno. Inutile dire come l'ex-templare ci avesse provato a suo spese, nonostante le sue raccomandazioni.
«E... come va con l'Inquisitore?» Alistair lo distolse dai suoi pensieri.
«In che senso?»
«Tu e lei!»
«Io e lei cosa?»
Il Re alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
«Sei sempre stato tonto, ma così tonto...» mormorò più a sé stesso che a lui.
«Senti un po' chi parla!» esclamò il Comandante.
«Ma è vero!» Alistair si sollevò, guardandolo con le braccia incrociate. «Tutti nel salone hanno visto come ti chiedeva di ballare. È ovvio che le piaci, e tu hai anche avuto il coraggio di rifiutare?» Cullen sospirò, grattandosi il collo ed evitando accuratamente lo sguardo.
«Non è che non volessi, è solo che...»
«Non ti piace?»
Sorpreso, il Comandante si voltò con un velo di panico.
«Cosa? Io- no! Mi piace...» la sua voce si affievolì, e Alistair prese la palla al balzo.
«E allora, chiedile di ballare.»
«Non sarebbe il momento. Dobbiamo pensare a-»
«Appunto.» Lo interruppe con l'aria di chi non voleva sentire repliche. «Adesso avete del tempo, approfittane. Dopo, non lo puoi sapere.»
Cullen rimase a lungo in silenzio.
«Se vogliamo sventare i piani ai danni di Celene, non posso permettermi certe... debolezze.» Alistair lo osservò, comprensivo.
«Cullen, quando ho conosciuto Rachel il Ferelden era sommerso da un Flagello ed eravamo gli unici Custodi rimasti, eppure il dovere non ci ha impedito di avvicinarci.» Gli mise una mano sulla spalla, tornando a curvarsi sulla ringhiera. «Certo, non abbiamo potuto fare i salti mortali tra un viaggio e l'altro, ma in mezzo a tutta quella paura e quel caos... un solo gesto, come regalarle una rosa, ha potuto illuminare quel buio insopportabile. Avere qualcuno vicino ci dà forza. Lo sai.»
«Ma ci rende anche vulnerabili.» Il Comandante scosse la testa e lo guardò supplichevole. «Ci sono già passato e...» si girò, poggiandosi alla ringhiera di spalle. «Alistair, se dovesse succederle qualcosa...»
«Ho avuto i tuoi stessi pensieri. Le tue stesse paure, ma sapevo anche che Rachel era una ragazza forte.» Il Re gli sorrise, seguendolo con la coda dell'occhio. «E che aveva me al suo fianco. Ho... abbiamo fatto tutto il possibile perché nessuno si dovesse sacrificare. Sono state scelte sofferte.» Un velo di tristezza gli appannò gli occhi. «Anche il tuo Inquisitore è forte. Fidati di me, vai da lei e chiedile di ballare.»
«E se rifiutasse?»
«Come puoi saperlo se non ci hai nemmeno provato?» disse con semplicità Alistair, alzando le spalle. «Male che vada, resterai comunque il suo consigliere, e un buon amico. E se andrà bene, e sono sicuro che andrà bene... Cory-coso dovrà solo sperare di non incontrarvi mai sulla sua strada.»
Cullen prese un lungo respiro, riflettendo. Poi annuì debolmente.
«Ci proverò» dichiarò, una mano al collo. La cosa lo metteva evidentemente a disagio, ma per quanto il suo buonsenso gli chiedesse di lasciare stare, di rimandare al poi, non poteva non fidarsi delle parole del Re. Lui c'era passato e in modo anche peggiore. In fondo, poteva anche prendersi una piccolissima pausa dalle preoccupazioni che durasse solo il tempo di un ballo. Poi sarebbe tornato subito ai suoi doveri. «A proposito di Corypheus, hai scoperto nulla?» domandò ad Alistair, che nel frattempo era tornato dritto, le mani alla cintura dell'uniforme.
«Parecchie cose, a dire il vero. Ma... credo sia meglio parlarne direttamente a Skyhold, davanti all'Inquisitore. A fine serata partiremo con voi, se non vi dispiace.»
«Immagino che sia una cosa importante per avere tutta questa fretta di raggiungerci» commentò con lieve sarcasmo il Comandante. Alistair gli rivolse un'occhiata preoccupata.
«Dopo i templari, anche i Custodi potrebbero essere in pericolo.»
«Basta così.» Cullen comprese la gravità della situazione e lo fermò prima dicesse altro. «Hai ragione. Ne parleremo non appena tornati a Skyhold» concluse, chiudendo così la discussione.
Rimasero per un po' in silenzio, poi passarono a parlare e borbottare dei vecchi tempi, aiutati da un ulteriore bicchiere di vino annacquato preso da un cameriere di passaggio. Tornarono sulla soglia dell'entrata al salone, ben attenti a non mostrarsi troppo, e continuarono tranquilli la chiacchierata ridendo di certe indiscrezioni che fecero arrossire persino le orecchie di Cullen, che nel frattempo cercava di reggere la facciata impassibile ai passanti incuriositi. Qualche tempo dopo, l'Inquisitore li raggiunse attraversando la sala a grandi passi.
«Cullen?»
Alistair lo fulminò con uno sguardo che probabilmente significava "siete già passati ai nomi propri?", ma il Comandante non colse, o fece finta di non farlo.
«Inquisitore» rispose con un leggero inchino.
«Ti posso disturbare un attimo?» Kassandre si voltò per scusarsi in modo educato con l'interlocutore, e restò interdetta, trattenendo le parole davanti alla visione del regnante. Il Comandante intervenì mezzo secondo dopo.
«Certamente, ma prima... non volevi che ti presentassi il Re del Ferelden?» Alistair sorrise, ma con gli occhi gli lanciò un'altra occhiata molto eloquente. «Avresti fatto carriera nella vendita delle pentole, sai?» gli sussurrò. Poi tossì e si presentò, chinando la testa.
«Alistair Theirin, Re del Ferelden, Custode Grigio e... si può dire "incantato dalla vostra bellezza" o sembrerebbe troppo di parte?» Si sistemò il colletto della giacca con una breve risata. «Inquisitore Travelyan, è un piacere conoscerla. Il Comandante mi ha raccontato così tanto di lei!»
«Davvero?» Lo sguardo incuriosito dell'Inquisitore finì su Cullen. «E che cosa vi avrebbe detto, Re Theirin?»
«Solo Alistair, sul serio» assicurò il Re, prima di risponderle. «Ha elogiato la vostra determinazione e la bontà dei vostri intenti, e ovviamente il vostro splendore, che domande!»
L'Inquisitore arrossì lievemente, mutando l'espressione dalla curiosità alla sorpresa. «E non aveva alcun torto, Lady Travelyan.»
«Kassandre, vi prego. Niente titoli assurdi.»
Alistair rise, dando una gomitatina all'amico. «Già mi piace!» Il Comandante per contro era di un'espressione scornata, accentuata ancora di più dall'aver incrociato le braccia.
«Se volete anche parlare in privato basta dirmelo, vi affitto una stanza per due.»
L'Inquisitore rimase sconcertata, per un momento pensando di aver capito male.
«Sei geloso?» ribattè Alistair.
«Ti ricordo che sei già sposato.»
«Lo so!» esclamò l'altro, divertito. «La mia vecchia palla al piede me la farebbe pagare cara, altrimenti.»
«Palla... al... piede?» L'espressione di Kassandre si faceva sempre più attonita davanti ai loro scambi.
«L'Eroe» precisò Cullen, sbuffando. «È da anni che la chiama a quel modo. Se lo scoprisse...»
«Diventerei io la palla, probabilmente» sorrise il Re. Si rivolse a Kassandre.
«È vero che siete una maga?» La ragazza, non aspettandosi una domanda così sfacciata, si mise subito sulla difensiva.
«È vero, si.» Aggrottò le sopracciglia. «E voi siete un ex-templare, se non sbaglio. Avete qualcosa in contrario?»
«Oh, no, anzi. Sono passati i tempi del mio addestramento, e ormai mi ritengo più un custode che altro.» Alistair guardò Cullen con un sorrisetto. «Bei tempi quelli. Nessun regno, solo dare la caccia agli ere-»
«Ah-ehm.» Cullen tossì fragorosamente.
«... dicevo, mi fa piacere vedere una persona come voi a capo dell'Inquisizione, chiunque vi abbia scelta.»
«Scelta? Pensate anche voi che io sia l'Araldo di Andraste?» chiese lei, con una nota di contrarietà nella voce.
«Che importa? Andraste, il Creatore o il destino, non fa molta differenza. Siete voi, e personalmente mi fa piacere sapervi il mago più assennato del Ferelden, dopo Wynne naturalmente.»
Wynne era diventata una leggenda, dopo il Flagello. Era stata la curatrice del gruppo dell'Eroe e con le sue doti, nonchè il prestigio guadagnato al ritorno nel circolo, aveva saputo mantenere una coesione ammirevole tra i maghi... fino a quando non era scattata ovunque la devastante ribellione che li aveva portati al conflitto. Al momento era, come molti altri, data per dispersa, ma il complimento non mancò di meravigliare Kassandre.
«Date sempre giudizi così affrettati?» chiese lei di rimando, ironica. Poi, con un certo dispiacere, aggiunse dell'altro. «Re Alistair, vorrei proseguire la conversazione ma avrei davvero bisogno di parlare col Comandante, adesso.»
«Riguarda l'Imperatrice?» le chiese Cullen. Lei annuì. «Allora credo Alistair possa restare con noi.»
Kassandre corrugò la fronte.
«Sei sicuro? Non credo Leliana e Josephine ne saranno entusiaste.»
«Il Re è già informato di alcune cose, e ci seguirà nel ritorno a Skyhold» le assicurò Cullen. «Meglio che sappia la storia al completo, se vogliamo che ci aiuti.»
«Ma sarà sicuro?» Kassandre lo guardò, dubbiosa.
«Poche persone possono far pressione su un Re per sapere qualcosa, e ancora meno su Alistair» rispose lui.
«Non vorrei dire, ma, hei, io sarei ancora qui se non vi dispiace!» li interruppe il Re. Sia il Comandante che l'Inquisitore si lanciarono un'occhiata, trattenendo una risata.
«Hai ragione, perdonaci» si scusò Cullen. «Andiamo a parlare in un posto più appartato?»
 

E siamo all'ottavo capitolo tra guai vari e il lavoro che ricomincia °-° che bolle! Devo ammettere che al contrario di molti altri, ho apprezzato particolarmente il pezzo del Palazzo d'Inverno in Inquisition: molti si lamentano che è lungo e noiosamente politico ma per me è stata una simpatica (e meravigliosamente educativa, dal momento l'unico palazzo che ci viene dato di ammirare propriamente in tre giochi è quello del Visconte di DA2) interruzione dal ripetitivo "trova i varchi-sconfiggi i demoni-chiudi i varchi-cerca di fare tutte le missioni secondarie fino a quando non impazzisci". Anzi, mi esporrò un po' di più: mi è piaciuto proprio! Gli abiti, il comportamento della nobiltà Orlesiana e il Gioco... non fatico a credere perchè Leliana fosse tanto coinvolta da giovane! Questo a parte, leggere l'Impero delle maschere mi ha anche aiutato molto da questo punto di vista, vi si trovano molti risvolti e particolari che per ovvi motivi non potevano stare nel gioco, ma che sono tremendamente interessanti. Nel frattempo mi sono data anche agli altri libri: ho finito il primo e ho iniziato la Chiamata ma cosa devo dire? La traduzione è mostruosa °__° per fortuna che mi lamentavo della mia...
Come promesso, c'è più Alistair per tutti, e anche più Morrigan e più Cullen-in-action in fuga dalla branca di nobili assatanati :D sono riuscita a stento a trattenere le risate davanti a quella parte nel gioco! Sarei andata anche avanti all'infinito ma... beh, immagino non si possa avere tutto dalla vita xD in ogni caso spero vi piacerà questo insolita reinterpretazione.
Come sempre, le uscite sono qui, qui, qui, lì e qui, se volete raggiungermi vi basterà nuotare oltre la sponda di un simpaticissimo fossato pieno di coccodrilli del bengala (esistono?) o, nel caso veniate in pace, dite Mellon e passate sotto alle miniere di Moria, eventualmente cercando di fuggire al Balrog e a tutta la folla di orchetti xD se dopo aver affrontato tutta questa follia vorrete abbracciarmi o riempirmi di mazzate, o lasciarmi un commento, siete giustificati xD
A presto col prossimo capitolo!

 
  
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