Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Lalla_xx    07/01/2015    2 recensioni
Sta per iniziare l'ultimo anno di liceo. Hope e Jessie sono disperate. Piantate in asso dai rispettivi ragazzi non hanno nemmeno il coraggio di entrare a scuola. Non sanno che dietro l'angolo ci sono due nuovi iscritti che potrebbero cambiare la loro vita. Harry e Liam le incontrano, le trovano simpatiche, accettano di trasformarle in ragazze cool, e di far ingelosire gli ex, in cambio di qualche lezione di matematica. Le cose, all'inizio, vanno bene. Poi arriva un imprevisto...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi sembrava passata un'infinità dal momento in cui ci eravamo frettolosamente salutati all'aeroporto di Heathrow. E invece erano appena 9 ore che ero rientrata a casa. Sentivo già la nostalgia dell'Irlanda, della vita all'aria aperta, dell'aria fresca..."Ma quale aria fresca?” sussurrava una voce malignetta dentro di me. "A te manca l'ossigeno, quello che ti riempie i polmoni di felicità ogni volta che intravedi i suoi occhi, ogni volta che avverti nell'aria il suo profumo, ogni volta che riconosci i suoi passi e il tuo cuore accelera". "Oh, povera te", continuava a canzonarmi la meschina, "ci sei cascata di nuovo... e stavolta la delusione sarà ancora più cocente di quella vissuta con Jordan".
Già, Jordan. Era proprio a lui che dovevo dire grazie se avevo avuto l'opportunità di incontrare Harry. E per quegli strani misteri della vita, Jordan si era improvvisamente rifatto vivo. Quando Tony si era gentilmente offerto di riaccompagnarmi a casa con il taxi, insieme ad Harry, appena eravamo giunti sotto casa, mia sorella ci era venuta incontro con un sorriso (che aveva riempito di beatitudine il volto di Tony...) e, dopo i saluti di rito, mi aveva abbracciata. Poi, con un altro sorriso ancora più stranamente candido, guardando Harry di sottecchi, mi aveva comunicato che Jordan mi aveva cercato con insistenza, chiamando a casa praticamente ogni giorno nell'ultima settimana per informarsi sui tempi del mio rientro. Aveva buttato lì la notizia con aria innocente, ma l'argomento sembrò lasciare del tutto indifferente Harry - che non mostrò alcun cenno di reazione - e ancor di più, Tony, che sembrava preoccupato solo di assicurarsi la presenza di mia sorella alla festa prevista per l'indomani da Nando's, vicino Oxford Street.

"Dobbiamo festeggiare la vittoria dei miei ragazzi" Continuava a ripetere con malcelato orgoglio il manager.

Il suo orgoglio raggiunse l'apice quando Faith, osservandolo meglio, gli disse: "La trovo in splendida forma, Tony. E' molto dimagrito, l'aria dell'Irlanda le ha fatto davvero bene". Questo fu sufficiente per mandare Tony in uno stato di euforia totale. Senza riuscire a staccare gli occhi di dosso a Faith, continuava a raccontarle con entusiasmo tutti i dettagli del suo programma di ‘rinascita’.

"Niente più sigarette, niente più alcool, niente più vita sregolata. E solo cibi sani".

Era un dialogo a due, in cui io ad Harry iniziavamo veramente a sentirci di ‘troppo’. D'altronde tra di noi era calata una strana atmosfera, quasi di imbarazzo, come se le nostre conversazioni, prima spensierate e ininterrotte, fossero diventata meno spontanee. Io continuavo a pensare a quello che era successo tra di noi meno di 48 ore prima, ma lui sembrava essersi dimenticato di tutto. Nelle ore successive, le ultime della nostra permanenza in Irlanda, ci eravamo visti pochissimo, e quasi mai da soli, e non avevo avuto modo di capire che significato avesse dato lui alla ‘cosa’.
"La cosa era un bacio. Nulla di più. Tutto qui. Niente di impegnativo" riprendeva a tormentarmi la vocina maligna. Avrei voluto soffocarla. Ma sapevo bene che non era possibile. In tutta la mia vita, ogni volta che mi trovavo di fronte a cose alle quali tenevo davvero, non riuscivo mai a sopprimere il mio pessimismo. Quando, invece, affrontavo situazioni nelle quali non ero coinvolta, la forza, l'entusiasmo, la determinazione e l'ottimismo trionfavano e mi trovavo a mietere inattese vittorie in campi nei quali non avevo alcun reale interesse. Forse proprio per questo motivo, anche adesso, Whatsapp mi segnalava che c'erano 25 messaggi di Jordan. L'ultimo diceva: "Ti ricordi che domani c'è la festa per i miei diciotto anni? Non posso festeggiare senza averti al mio fianco". Ecco qui. Ce l'avevo fatta. Il bastardello tornava da me come un cagnolino scodinzolante, eppure la cosa non mi dava quella sensazione di felicità che solo pochi mesi prima immaginavo di poter provare. In-dif-fe-ren-za. Per quanto mi sforzassi, era l'unico sentimento che riuscivo a provare adesso nei confronti di Jordan. Né amore, né odio. Tutti i sentimenti "forti" del mio cuore erano ormai polarizzati, in positivo, su di un'unica persona. Lo guardai ancora una volta: seduto nel taxi, apparentemente distratto, continuava a giocherellare con un mazzo di chiavi. Avrei voluto passargli la mano tra i capelli, avrei voluto ritrovare l'armonia complice che ci avvolgeva, ma il suo sguardo sembrava serio e distante. Fortunatamente il taxista interruppe i miei tormenti perché, con aria brusca, rivolgendosi a Tony, gli ricordò: "Signore, posso restare qui fin quando vuole, ma il tassametro gira, e siamo già a 128 sterline...". Tony sorrise con timida dolcezza a Faith e, dopo averle chiesto sommessamente: "Possiamo darci del tu?", la salutò con cordialità, accennando una sorta di baciamano, che a me provocò un moto di stizza. Evidentemente Faith non condivideva questa mia sensazione, perché, quando il taxi si fu allontanato, affermò con convinzione: "E' davvero una persona piacevole, un uomo di altri tempi. Un vero cavaliere". Stentai a riconoscere mia sorella. Pensai che il suo cambiamento fosse dovuto a quello stato di rincoglionimento tipico di tutte le donne che superano i trent'anni e, avvicinandosi alla quarantina, sentono il richiamo solenne dell'orologio biologico. Sì, tutto vero, ma mia sorella in fondo aveva appena 32 anni...La "vecchia" Faith, come ogni tanto la chiamavo per tormentarla, interruppe i miei pensieri, canzonandomi con dolcezza: "Hei sorellina, bentornata. Mi sembri un po' triste, però. Cos'è? Nostalgia dell'Irlanda?. Dai, su, che ti ho preparato un pranzetto squisito. C'è anche il gelato al cioccolato di cui vai matta".

Alla seconda coppa di gelato, mi sciolsi e iniziai a spifferare tutto a mia sorella: le raccontai dei momenti vissuti, degli attimi di felicità assoluta vissuti quella sera davanti al camper, dei miei dubbi, dei miei incubi e delle mie paure, Jessica Rabbit inclusa. La vecchia saggia mi rincuorò e mi coccolò, poi mi spronò con fermezza: "E' lui che vuoi? Allora fa vedere a tutti chi sei. Non c'è nessuna migliore di te, anche se ha la quinta di reggiseno. E' solo la tua insicurezza cronica che può fermarti. Nessun altro può farlo. Non ti arrendere alle prime difficoltà. Credi fermamente nella tua capacità di realizzare i tuoi sogni".

Ripetevo con convinzione il mantra di Faith: "Puoi realizzare i tuoi sogni" e mi preparavo con animo leggero per la serata di festeggiamenti da Nando's. Avevo appuntamento con Jessie, Liam ad Harry che mi sarebbero venuti a prendere alle sette. Faith si era invece già avviata con il suo ‘cavaliere’. Il citofono risuonò con dieci minuti di anticipo e, senza pensarci su, scesi di corsa le scale. Non vedevo l'ora di re-incontrarlo. Camminavo svelta e con passo sicuro: niente tacchi 12; avevo scelto scarpe basse e look disinvolto. Dovevo essere me stessa per affrontare la battaglia e vincerla. Uscii dal portone quasi volando e mi ritrovai faccia a faccia con Jordan che mi apostrofò, con aria di finta rimprovero: “Hei, scimmietta, avresti almeno potuto rispondere ai miei messaggi. Ma, fa niente, ti perdono, visto che sei già pronta. E poi sei davvero figa, stasera. Hai una luce nuova negli occhi. Saremo una coppia magnifica".

"Ti ricordo che noi N-O-N siamo una coppia", ringhiai con aria infastidita.

"Mi piaci molto di più quando sei arrabbiata. Sai perché ti ho lasciata?" mi rispose con aria divertita.

No, non lo sapevo, me l'ero chiesto per giorni. Avevo pianto e mi ero disperata, continuando a ripetermi che ero "la donna giusta per lui" e che avrei "potuto cambiarlo", riducendo le sue intemperanze, la sua ruvidità, la sua arroganza, che talvolta sconfinava nella maleducazione. Ero stata certa di poterlo trasformare facendolo diventare in tutto e per tutto l'uomo dei miei sogni. Ora lo guardavo con un'altra luce: i suoi vestiti firmati, la sua aria impettita, i suoi capelli curati, i suoi zigomi marcati e il ghigno sempre dipinto sul viso (che in passato consideravo sintomatici di un uomo sicuro di sé), lo facevano apparire ormai lontano anni-luce dall'ideale di uomo perfetto. Mi domandai come avevo potuto essere così cieca e così folle, tuttavia non riuscii a resistere alla mia curiosità.

"No, non so perché mi hai lasciato. Immagino perché ero troppo perbene per un troglodita come te".

La sua superficialità gli impedì di cogliere il tono della mia voce e lo indusse a scambiare il mio disprezzo con l'ironia.

"Sai che sei veramente divertente?” mi sussurrò grattandosi la testa “Ti ho lasciata perché eri quello che adesso non sei: ora sei misteriosa e combattiva. Prima eri svenevole e remissiva, praticamente un libro aperto. Nessuna sorpresa, nessuna suspence, con te"

"Scusa, non sapevo che per stare con te avrei dovuto ispirarmi ai racconti di Agata Christie. Poi i tuoi gusti non mi sembrano ispirati ad alcun mistero: tette grosse, occhi di cerbiatto e capelli lunghi fino al sedere" ribattei con feroce divertimento.

Accusò il colpo con classe ma le mie risposte piccate, invece di scoraggiarlo, lo rafforzarono nei suoi convincimenti: "Vedi, la tua gelosia mi dice chiaramente che non hai mai smesso di amarmi".

Nel pronunciare queste parole si era avvicinato impercettibilmente a me e mi aveva poggiato con insolita delicatezza una mano sulla guancia, accarezzandomi con tenerezza. Sorpresa da questo gesto, sobbalzai e cercai di spiegargli come stavano le cose.

"No, Jordan, c'è un equivoco. Io non ti amo più. Ho creduto di amarti. Ma adesso capisco che era una follia" Mentre pronunciavo queste parole, un taxi si accostò al marciapiede e sentii la voce allegra di Jessie che mi chiamava. Salutai bruscamente Jordan e corsi verso la vettura. Gli altri mi accolsero con allegria, tutti tranne Harry che, dopo avermi rivolto un rapido sorriso, si mostrò per tutto il tragitto impegnato con il suo smartphone. "Che zotico", pensai.

La serata trascorse veloce in un clima sereno ed euforico. Io ed Harry sembravamo ignorarci del tutto o, meglio, continuavamo a fare senza sosta il ‘gioco degli sguardi’, uno sfinimento continuo, del tipo: "Io ti guardo quando tu non mi vedi". A un certo punto, però, Harry fu costretto a guardarmi in maniera evidente e a rivolgermi la parola.
Avevo sbagliato la scelta della salsa di condimento per il mio pollo alla brace. Avevo scambiato la Peri-peri sauce (una salsa molto piccante che era la specialità del locale) per barbecue sauce, di cui ero golosissima. Dopo aver generosamente cosparso il mio pollo con la salsa rossastra mi ero sentita improvvisamente soffocare dopo il primo boccone: mi ero istintivamente piegata verso il basso e poi mi ero rialzata senza respiro e con il viso in fiamme. La lingua sembrava ingrossarsi in bocca mentre gli occhi mi iniziavano a lacrimare. Con la vista appannata, vidi Harry che mi porgeva un bicchiere di Coca con limone e ghiaccio. Bevvi due sorsate avide e poi lasciai la lingua in ammollo, penzoloni dalla bocca. Dovevo offrire davvero uno spettacolo nauseante. Ripensavo con tristezza alle parole di mia sorella: "Devi essere te stessa...".
"Vedi, è questo che succede quando sei te stessa. E' meglio se fingi di essere un'altra" mi ripeteva con insistenza la vocina maligna, che si era risvegliata per l'occasione.
Harry mi condusse fuori dal locale. Respirai a pieni polmoni e, senza che me ne accorgessi, le lacrime iniziarono a scendere sulle mie guance.

"Cosa c'è, principessa?" mi chiese con una ritrovata dolcezza nella voce. "Avresti preferito andare alla festa di Jordan?"

"Ma quale Jordan" pensai, prima di iniziare a blaterare parole senza senso, incapace di esternare i miei pensieri e i miei sentimenti: "No è che io vincerò… sarò me stessa... se combatterò per i miei sogni... vincerò su tutto e su tutte, anche su Jessica Rabbit". Harry mi scrutava con tenerezza, nonostante i miei discorsi insensati. E, così, dalla nebbia della mia confusione, trovai il coraggio per sparare a raffica alcune domande: "Tu che ne sai della festa di Jordan? E poi che ti importa di Jordan? E, soprattutto, che ti importa di me?"

Il suo viso dolcissimo si incupì leggermente.

"Dunque, proviamo a mettere un po' d'ordine in questa vicenda e nei tuoi pensieri, perché in questo momento la tua mente mi sembra un po' confusa. So che oggi è il compleanno di Jordan perché me l'ha detto Tony, al quale l'ha confidato tua sorella. Di quel viscido di Jordan non mi importa alcunché e, comunque vadano le cose, farà bene a tenersi a distanza da te d'ora in avanti..."

Mentre riflettevo sul senso delle sue parole, sentivo il cuore battermi all'impazzata. Il respiro si accorciò ulteriormente quando lo sentii dire, con tono risentito: "La risposta alla terza domanda è contenuta nel messaggio che ti ho scritto stasera. Potevi almeno degnarti di rispondere. Ma forse eri troppo impegnata a pensare al tuo ex... D'altronde, hai pienamente ragione. Il nostro patto è basato su una reciproca promessa: io sono al tuo fianco solo per aiutarti a riprenderti Jordan e tu per darmi una mano con la matematica. Adesso che il tuo obiettivo è raggiunto non ha più senso vederci. Credo che le nostre strade possano dividersi qua".

Si voltò bruscamente e rientrò nel locale, lasciandomi confusa e infelice. Rientrai nel locale giusto in tempo per sentire Liam che presentava pubblicamente Jessie come la sua fidanzata.
Fu solo a quel punto che, riavvolgendo il nastro della nostra conversazione animata, mi ricordai delle parole pronunciate da Harry: “Potevi almeno degnarti di rispondere al mio messaggio”. Cercai il cellulare che avevo dimenticato nel cappotto. Corsi al guardaroba e recuperai il mio smartphone che, ormai scarico, si era spento. Allungai 5 sterline al barista in cambio di 15 minuti di ricarica. Mi sedetti dinanzi al bancone del bar, mentre aspettavo che il mio telefonino recuperasse la sua preziosa carica di energia. Io ero già carica, anzi stra-carica come una pila, visto che continuavo a muovere le gambe e a tamburellare con i piedi sul pavimento, facendo oscillando lo sgabello su cui ero seduta. Dopo un tempo infinito di attesa (3 minuti e 47 secondi), la mia ansia era ormai giunta al limite. Incapace di tollerare oltre l’attesa, saltai dietro al bancone, approfittando dell’assenza del barista, mi acquattai per non farmi vedere e, tenendo, il cellulare ancora inserito in carica, pigiai con insistenza il tasto di accensione. Dopo un altro tempo infinito, finalmente riuscii a visualizzare i messaggi in arrivo. L’ultimo era di Jordan, lo ignorai. Il penultimo era di Harry e risultava inviato alle 19.15, mentre eravamo ancora in taxi… Col cuore in gola, lo aprii e iniziai a leggere. Poi lo lessi e lo rilessi ancora e ancora, prima di realizzare che non stavo sognando: “Principessa, vorresti davvero lasciarmi per quell’orango-tango”? Non c’era altro, ma i miei occhi continuavano a posarsi su quell’unica parola “Lasciarmi” che sottintendeva che il mio sogno si stava davvero realizzando, che lui non considerava quella serata, la nostra serata, come un episodio isolato, ma come l’inizio di una storia.
Inebriata di gioia, mi alzai di scatto dalla mia posizione nascosta, tirando bruscamente il cellulare con tutto il caricatore e, alzando le mani in segno di vittoria, mi trovai ad urlare: “Non ci penso proprio a lasciarti”. Il rumore di sottofondo coprì la mia voce ma, nell’enfasi del mio slancio, colpii inavvertitamente un boccale di birra che era stato piazzato sul balcone. Il liquido biondo si rovesciò sulla mia maglietta ma anche quel disastro non affievolì il mio entusiasmo. Continuavo a ridere inebriata. In quel momento sopraggiunse il barman che mi rivolse uno sguardo severo e borbottò: “L’avevo pensato che era una scusa quella del cellulare. Certe persone non riescono proprio a staccarsi dall’alcool”. E poi mi intimò: “Si accomodi oltre il bancone, signorina”.

Saltai oltre il bancone e corsi a cercare Harry. Lo trovai che parlava animatamente con Zayn. Mi avvicinai di impulso e lo abbracciai con slancio.



Heilà
Liam ed Harry stanno affrontando l’inizio delle loro storie d’amore in modo diverso.
Che ne pensate? Chi vi sta piacendo di più?
Ed è tornato anche Jordan! Vi aspettate problemi per Hope ed Harry?
Aspetto vostri commenti.


Lalla xx


  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Lalla_xx