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Autore: Michelle Morrison    08/01/2015    2 recensioni
Questa storia parla di come io, Page e Flip abbiamo ucciso Gesù, un anno fa, durante un pigiama party a casa di Julie.
Detto in questo modo potrebbe sembrare una stupidaggine, ma vi assicuro che non è così. Lo giuro! Come potrei voler mentire su una questione seria come questa? Dico, se non fosse la verità, non lo avrei certo raccontato giusto per avere le spie del Vaticano alle calcagna o per essere inseguito da qualche sicario mandatomi dal Papa in persona. Cioè, se non fosse vero, non mi inventerei una balla simile solo per guadagnarmi l’inimicizia della Chiesa o una scomunica!

Ian, Page e Flip hanno ucciso Gesù. Ma come è successo?
Che cosa li ha portati all'omicidio?
Cosa ha spinto il Vaticano a scomunicarli e farli inseguire dalle loro spie?
Genere: Comico, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Disclaimer:

Non prendete questa storia per qualcosa di serio, davvero.

 

 

 

 

Capitolo I  - Quella volta in cui Flip è stato posseduto…

 

 

Quella mattina, verso mezzogiorno e mezzo, mi ero svegliato con un terribile mal di testa e un senso di nausea allucinante. Era come se qualcuno mi avesse danzato sullo stomaco per tutta la notte, mentre un giamaicano strafatto usava il mio cranio come un tamburo. Beh, era un po’ la sensazione che provavo generalmente ogni sabato mattina, dopo un’ordinaria sbronza del venerdì, su al Jack’s, dove offrivano un bicchiere di–non indovinerete mai- Jack Daniel’s ogni dieci shot bevuti in una serata. Io e Flip eravamo riusciti a battere il nostro record e avevamo dovuto farci accompagnare a casa da… Non so chi ci abbia accompagnato, in effetti. Sarebbe meglio non indagare, ve lo assicuro. Ricordo solo che, a un certo punto della serata, ci siamo ritrovati a cantare una canzone dei Pink Floyd con un uomo che puzzava di aglio e ragliava ogni parola. Da lì in poi, c’è un po’ di confusione…

Okay, non importa niente, comunque.

Dicevo che, quel sabato, ero particolarmente sotto tono e non vedevo l’ora che arrivassero le due e mezza per potermi permettere un sonnellino pomeridiano. Me l’ero meritato, visto che fino a giovedì, per tutta la settimana, dalle otto di sera alle tre di notte, avevo servito cheeseburger e patatine da una finestrella al fast-food. Ci lavoravo da un paio di mesi e, finalmente, mi avevano permesso di occuparmi del drive-in. Mi avevano dato microfono e auricolare, nonché un cappellino nuovo con sopra il logo dell’azienda (un orribile angioletto biondo seduto in cima a un panino). Beh, non è certo una gran carriera e nemmeno una vera e propria promozione, però almeno avevo uno stipendio con cui pagare l’affitto e, se devo essere sincero, ciò mi rendeva fiero. Mi sentivo adulto, responsabile e, quindi, libero di permettermi una sbronza con relativi postumi da smaltire nel mio giorno libero.

Quella mattina arrivai in cucina trascinando i piedi, dopo aver pisciato fuori anche l’anima, cercando di centrare la tazza –anche se devo precisare che qualche goccia ha fatto di testa sua-. In salotto c’era Flip, steso sul divano a pancia in giù, con le gambe lunghe e pelose che penzolavano sul bracciolo. Indossava dei calzini di spugna bianchi, sporchi di polvere e con dei pezzi di patatine appicciati sopra. Non era un bello spettacolo e, ci scommetto, se qualche ragazza l’avesse visto in quello stato non gli avrebbe più rivolto la parola.

Mi avvicinai a lui, alzando un sopracciglio quando mi accorsi che stava dormendo sbavando sul cuscino, poi decisi di superarlo e andare dritto al fornello per farmi due uova e un caffè. Essendo un trilocale, sala e cucina erano nella stessa minuscola stanza e l’odore dell’omelette si sparse per tutto il locale nel giro di pochi secondi, disturbando il sonno del mio coinquilino, che si svegliò. Me lo ritrovai alle spalle qualche minuto dopo, che spiava nella pentola e rantolava qualche parola incomprensibile. Ovviamente capii che voleva anche lui da mangiare, ma lo ignorai. Gli diedi in mano un uovo e andai a sedermi tranquillamente, sotto il suo sguardo scazzato.

«Grazie.»

Fece lui, sarcastico, mentre si destreggiava nella preparazione della propria colazione, con fare inesperto e goffo. Flip non era mai stato bravo in cucina, d’altronde. Penso che la volta in cui ha dato il meglio di sé, sia stata quella in cui è riuscito a far diventare neri dei cordon bleu surgelati. Erano talmente duri che, quando li abbiamo lanciati per scherzo dalla finestra, abbiamo rotto il parabrezza dell’auto del vicino. Questo, comunque, è rimasto un segreto; inoltre quel pelato del signor Weekes ha dato la colpa alla ex moglie, credendo che fosse un tentativo di rinfacciargli il fatto di non aver apprezzato la sua cucina durante il loro matrimonio. Anche quel giorno, come ogni altro, la frittatina di Flip bruciò e si attaccò al pentolino antiaderente, creando uno strato di crosta puzzolente, causando così uno scatto di rabbia da parte del cuoco, che esplose in divertenti manifestazioni di empietà. Gesù non ne sarebbe stato affatto contento, ma nessuno avrebbe gioito nel sentire chiamare la propria madre in quel modo.

«Amen!» Gli dissi io, ridendo, mentre mi alzavo per andare ad aprire la finestra. «Dovrebbero assumerti come paroliere per i Dimmu Borgir

«E te ti dovrebbero assumere come scassa-palle! Faresti un lavoro che manco mia madre…» Nel dirlo, sorrise e buttò la pentola nel lavandino. «Cazzo, andiamo a prendere qualcosa fuori. Ho voglia di una cheesecake ai frutti di bosco.»

«Che sei? Cappuccetto rosso? Non ho voglia di uscire adesso! Finisco il mio caffè e me ne torno a letto…»

Lui mi guardò sfoderando lo sguardo da cane bastonato e ci ritrovammo seduti al fast-food all’angolo, con tre fette di torta davanti (per Flip), due porzioni di patatine fritte (per entrambi) e tre grossi bicchieri, di cui uno di frappè al cioccolato e gli altri di cola. Normalmente, a quell’ora, la gente stava mangiando panini e noi due eravamo gli unici coglioni che erano passati direttamente al dolce. La cosa sembrò attirare l’attenzione di un paio di bambini sovrappeso, che pregarono la madre di avere anche loro cheesecake e patatine fritte a pranzo.

«Sai, stavo pensando…»

Se ne uscì il mio amico, all’improvviso, senza distogliere lo sguardo dal bicchiere di carta. Ora, mi sento in dovere di spiegare una cosa che, forse, non appare affatto chiara: quando Flip diceva che stava riflettendo, per una persona dotata di buon senso, la soluzione migliore sarebbe stata pagare il conto e volatilizzarsi. A volte capitava che s’inventasse qualche bravata per passare il tempo, come quando, al liceo, abbiamo provato a creare un esplosivo nel laboratorio di chimica; mentre a volte succedeva che s’inventasse un qualche lavoro con cui guadagnare soldi velocemente, come quando voleva sintetizzare metamfetamina –sempre nel laboratorio della scuola- e rivenderla ai nostri compagni e ai ragazzini al parco. Mi ricordo pure che, quando avevamo diciassette anni, si era fissato con il voler trasportare ovuli di cocaina in aereo e per prepararsi era andato a fare una colonscopia, così da assicurarsi che il suo retto fosse pronto. Ovviamente non ha mai fatto nulla di tutto questo, visto che nel momento in cui ha fatto una prova cercando di infilarsi su per il culo un palloncino pieno di borotalco, questo è esploso ancora prima di entrare. C’era il bagno pieno di polvere bianca, quel giorno, ma almeno non abbiamo dovuto usare il profumo spray per una settimana.

Beh, tutto questo era per specificare che Flip non aveva mai avuto una buona idea nella propria vita e che, quando diceva di aver pensato una cosa, si sarebbe rivelata la peggior cazzata dell’universo. Facciamo così: ora chiudete gli occhi, concentratevi, immaginate qualcosa di estremamente idiota, scrivetelo su un foglietto e poi dategli fuoco sussurrando una preghiera al dio dell’imbecillità. Ecco, ciò che avete pensato non è stupido quanto quel che stavo per sentire io.

«…forse dovrei prendere i Voti e farmi prete.»

«Tu?!» Mi ingozzai con le patatine fritte e cercai di mandare giù il boccone con un sorso di frappè. «Che cazzo ti passa per la testa?!»

«Abbiamo vissuto nel peccato abbastanza a lungo…»

«Fly, ti sei fumato il cervello?!»

Lui si alzò di scatto e appoggiò le mani sul tavolo, volgendo lo sguardo verso il soffitto, cercando probabilmente il volto di Dio. Metà dei presenti si girarono a osservarlo, mentre si estraniava dalla realtà, manco qualcuno lo avesse posseduto. Sembrava davvero fuori di testa, giuro, come se avesse preso qualche droga strana di cui nemmeno immaginavo l’esistenza. All’inizio pensai che stesse ancora smaltendo l’alcool, a dirla tutta. Flip non è mai stato del tutto a posto, aveva dei momenti di pura follia fin da quando lo avevo conosciuto, alle medie. Non sto dicendo che sia pazzo o che andrebbe fatto vedere da uno psicologo o gente simile, no, affatto. Beh, non avevo mai pensato di consigliargli di farsi vedere da un esperto fino a quel giorno…

«Non lo capisci, Ian?» Mi domandò, senza però distogliere lo sguardo dal lampadario al neon. «Dobbiamo disinfettare il nostro spirito ed espellere il demonio!»

«Forse volevi dire purificare, ma»

«Dobbiamo accogliere Cristo!» Urlò con gli occhi che schizzavano fuori dalle orbite, afferrando uno dei bicchieri sul tavolo. «Dobbiamo andare a iscriverci alla scuola per sacerdoti immediatamente e…»

«Io non mi farò prete proprio per un cazzo!!» Gli risposi prontamente, alzandomi a mia volta, mentre lui cercava di spargere cola come se fosse acqua santa. «Metti giù quella cosa! Sei ubriaco marcio!»

«Andremo in seminario e, un giorno, prenderemo i voti per servire il nostro Signore!!»

A quel punto, ignorando le famiglie spaventate attorno a noi e le stronzate di Flip, presi la Coca Cola che teneva in mano e cercai di strappargliela. Ci destreggiammo in un tiro alla fune che durò giusto trenta secondi, prima che il bicchiere si stropicciasse sotto la nostra presa e il contenuto esplodesse in una fontana marrone, innaffiandoci. Okay, forse lui non sarà stato del tutto dentro con la testa, ma io non sarò sembrato tanto più sano di mente. D’altronde, si sa: andando con lo zoppo…

Comunque a quel punto ci ritrovammo zuppi da capo a piedi, con la cola che gocciolava dai capelli, sul viso, fino al pavimento del fast-food. Un ragazzo dai lineamenti esotici iniziò a sbraitare alle spalle del mio amico, agitando uno spazzolone coi dreads e un secchio pieno d’acqua; tuttavia nessuno di noi lo degnò di un briciolo d’attenzione. Flip mi stava fissando come se fosse appena caduto dalle nuvole, non capendo che cosa ci facesse ricoperto di liquido zuccherato, mentre io respiravo come uno in procinto di una crisi di nervi. La Coca Cola mi entrava nelle narici e in bocca, costringendomi a tastare il tavolo in cerca dei tovaglioli, senza mai perdere il contatto visivo con il mio coinquilino. Non volevo certo essere benedetto con del frappè al cioccolato!

«Cosa… Cosa è successo?» Mi domandò lui, con un’espressione disorientata. «Perché mi hai versato addosso la Coca?!»

«Come?! Sei stato tu che volevi usarla per benedirmi e poi portarmi in convento!»

«Io?! Non può essere! Non…» Si guardò attorno, notando il tizio con il secchio e le madri che lo scrutavano spaventati. «Non mi ricordo!»

«Cosa vorrebbe dire che non te ne ricordi? Che cosa diavolo hai preso ieri sera?!»

«Nulla! Ho solo bevuto!» Dicendolo cercò di ricordare se si fosse calato qualche tipo di acido, ma sembrò non ricordarsene. Quindi si voltò verso il bancone e puntò il dito contro la cassiera. «Oddio!! Avete drogato la mia cheesecake!!!»

Le accuse non vennero prese affatto bene dal personale del fast-food, così ci ritrovammo nel parcheggio con una guardia muscolosa dallo sguardo minaccioso, che ci intimò di non farci più vedere in quel posto o avrebbero chiamato la polizia. Dalla vetrina, dei bambini ci osservavano ridacchiando con il mento sporco di ketchup e maionese, mentre i loro genitori scuotevano la testa con dissenso davanti alle scuse del povero inserviente, che non aveva alcuna colpa di ciò che era accaduto e, per di più, era costretto a pulire quel macello.

A quel punto, mentre la guardia finiva di rimproverarci e ci scattava una foto mentale per non dimenticarci, notai che dalla porta stava uscendo un tipo sulla trentina, con i capelli lunghi e scuri che gli accarezzavano la sciarpa e una giacca elegante. Non potrò mai scordare il sorriso che mi rivolse, con i suoi denti bianchi e perfetti bene in vista e gli occhi nascosti da un paio di Ray-Ban a specchio. Mi sentii rabbrividire… Ma solo mesi dopo riuscii a comprendere il perché di quella sensazione spiacevole e, soprattutto, la causa di ciò che era accaduto a Flip, là dentro. Era stata colpa di Gesù… Era stato lui a farci quel dispetto, a possedere Flip per fargli dire tutte quelle cose sul diventare preti. Non sapevo ancora perché ci avesse presi di mira e nemmeno perché ci stesse pedinando; inoltre, non sapevo che presto lo avremmo rivisto e avremmo scoperto la sua vera identità, nonché la vera natura di quegli eventi inspiegabili che ci stavano capitando.

Ci trascinammo al nostro appartamento e salimmo fino al terzo piano, finché arrivammo sul pianerottolo e vi trovammo Page, seduta vicino alla porta, con il cellulare in mano e le cuffie nelle orecchie. Non si accorse di noi finché non le arrivammo davanti e, allora, alzò gli occhi, spalancandoli immediatamente.

«…che vi è successo?!» Si drizzò in piedi con uno scatto, mentre gli auricolari le scivolavano via. «Che ci fate ridotti così?»

«Fidati, non hai mai sentito nulla del genere!» Le dissi io, girando la chiave nella serratura, mentre dietro di me il mio coinquilino misurava il respiro, cercando di riempire il vuoto di memoria. «Flip voleva che ci facessimo preti!»

«Non è vero! Non l’ho mai detto!»

«Oh, invece sì! Volevi andare in seminario e servire Gesù.» Dicendolo, invitai tutti a entrare e chiusi la porta alle loro spalle, accorgendomi che l’odore di uovo bruciato non se n’era ancora andato. «Però ora non si ricorda nulla! Dice che hanno messo della droga nella sua torta… Roba da matti, Page. Deve essere stato tutto il Jack Daniel’s di ieri sera. C’è rimasto!»

«Io reggo benissimo l’alcool!»

Flip agitò le braccia davanti alla faccia basita della nostra amica, che non sembrava credere alle proprie orecchie. Insomma, era abituata ad ascoltare storie bizzarre, dato che sia io che Flip ci eravamo sempre divertiti a spararle grosse, soprattutto se si trattava di esperienze sessuali o avventure notturne. Tuttavia, non ci aveva mai visto così sconvolti e coperti di Coca Cola dalla testa ai piedi. Non dovevamo affatto essere un bello spettacolo e avremmo dovuto comprenderlo quando un gruppo di adolescenti, per strada, si era messo a scimmiottarci.

«Se vuoi qualcosa da bere, prendilo…» Consigliai alla ragazza, che annuì e andò verso il frigorifero, mentre io aprivo la finestra per fare uscire quella puzza assurda. «Io vado a cambiare i vestiti! Cazzo, appiccicano tutti!»

«Avresti dovuto pensarci due volte, prima di fare esplodere la Coca!» Le urla di Flip arrivarono fin dalla sua stanza, dove era andato a cercare un ricambio. «Il mio cellulare è zuppo!»

«Ma se è un modello del 1940! È anche ora di cambiarlo!» Gli risposi io, cercando una maglia pulita dalla montagna di vestiti accatastati sulla seggiola, scegliendo quella che puzzava di meno. «E poi sei stato tu a iniziare!»

«Ti ho detto che mi hanno drogato! C’era dell’allucinogeno, in quella cheesecake!» Ormai era la centesima volta che lo ripeteva e, di sicuro, il vicinato lo avrebbe saputo nel giro di un paio d’ore. «Farò causa a quella catena di fast-food! Gli farò spillare milioni di dollari per avermi alterato il sistema cognitivo!»

«E dire che di solito sei tu a pagare per cercare di alterarlo…»

Il mio mormorio non arrivò fino a lui e me ne compiacqui in solitaria, prima di tornare da Page, che era seduta sul divano, lontana dall’angolo sporco di patatine e salsa barbecue. Aveva appoggiato le Vans al tavolino, cercando di evitare joypad, videogiochi, posacenere, pacchetti di patatine pieni, cartoni di pizza e hamburger vuoti e vari bicchieri e bottiglie. Non era per nulla femminile, lei, non lo era mai stata in vita sua. Aveva sempre indosso camicie da boscaiolo e jeans scoloriti, felpe da skater e guantini senza dita; inoltre portava i capelli a caschetto quasi sempre spettinati, perlomeno quando non erano coperti da un berretto di lana. Non che fosse il vestiario, a renderla un maschiaccio, anzi, era il suo atteggiamento strafottente a renderla tale. Devo ammetterlo: per qualche tempo, al liceo, ho avuto una cotta per lei. Aveva carattere ed era intelligente e, si sa, a quell’età è difficile trovarsi una ragazza con le palle. Però a lei non piacevo affatto, così sono stato friendzonato senza tanti complimenti e mi sono accontentato di esserle amico. Flip, invece, non era mai stato attratto da lei, la riteneva troppo sciatta per lui e, soprattutto, troppo piatta e magra. Non che possa permettersi questo gran pezzo di gnocca, idiota com’è… Anche se, è dura ammetterlo, finora era stato con delle tipe niente male. Fortunatamente, comunque, erano scappate prima che lui proponesse loro di passare la frontiera, al posto suo, con ovuli di cocaina in corpo …

Dicevo, andai a sedermi sul bracciolo, sull’altro lato del divano rispetto a Page e vidi i suoi occhi marroni correre a osservare la mia maglia rosa di Spyro, prima che cercasse i miei. Capii benissimo che stava aspettando di conoscere i dettagli, così le riferii l’intera faccenda, specificando che non poteva affatto esserci droga nella cheesecake, altrimenti la maggior parte dei clienti avrebbero iniziato a vaneggiare e avrebbero trasformato il locale in una bolgia infernale. Lei mi ascoltò in silenzio, sorseggiando una birra dalla bottiglia in vetro, ridacchiando qua e là, soprattutto quando descrissi il momento in cui Flip voleva benedirmi con la Coca Cola.

«…fortunatamente la bibita fredda che l’ha colpito deve avergli fatto ritrovare la ragione!» Conclusi, mentre l’oggetto del discorso si stava accomodando -al contrario- su una sedia che aveva trascinato davanti a noi, appoggiando gomiti e mento allo schienale. «Sembrava posseduto! Davvero!»

«Ti ripeto che mi hanno drogato. Quante volte devo dirtelo?!» S’infiammò, passandomi una delle due birre che aveva preso dal frigorifero. «Stanno sperimentando un nuovo allucinogeno per fare impazzire la gente! È colpa delle lobby e delle cospirazioni delle multinazionali! Vogliono spappolarci il cervello mettendoci sostanze stupefacenti nel cibo!»

«Andiamo, non iniziare con ‘ste cazzate!» Lo ammonii, stufo di ascoltare le sue manie di persecuzione. «Ti sarai preso qualcosa ieri sera, da quel vecchio fan dei Pink Floyd, e te lo sei scordato!»

«Insomma… A me sembra abbastanza lucido.» Se ne uscì Page, a quel punto, con una smorfia strana. «Secondo me ha solo voglia di fare il coglione!»

«No! Se fosse stato uno scherzo ve lo direi!» Lui si portò una mano sul petto, facendoci una croce sopra. «Lo giuro! Non mi ricordo nulla di quel che è successo! Non ero in me!»

«…l’antico spirito indiano dell’hamburger l’ha posseduto.»

Mormorai, facendo un lungo sorso dalla bottiglia, mentre ripensavo all’espressione da folle che aveva mentre eravamo al fast-food. Con il senno di poi, ora posso confermare che non fosse davvero in lui, anzi, so per certo che era manovrato da qualcuno. I segni erano evidenti: gli occhi fuori dalle orbite, la forte salivazione, i deliri e i movimenti isterici. A quel tempo, ovviamente, non potevo credere che fosse stato posseduto. Andiamo! Chi mai penserebbe che possa essere possibile?! Eppure, se fossimo stati meno scettici, avremmo potuto trovare un collegamento tra ciò che era accaduto mentre giocavamo a Metal Slug e quell’ultimo improbabile episodio. Solo Page presentò una teoria, che presi per una stronzata inverosimile.

«Tu andavi a messa, quando eri piccolo? Ti sei mai confessato?» Domandò a Flip, che annuì. «Forse un prete ti ha ipnotizzato e, in qualche modo, qualcuno all’interno del fast-food ha emesso un segnale per farti entrare in trance. Tuttavia, la doccia di Coca Cola ti ha risvegliato e…»

«Oddio! Potrebbe essere successo proprio questo!!» Squittì lui, spalancando la bocca, tanto da poterci permettere di visitargli le tonsille. «Ho sentito un rumore strano, prima di cadere in trance! Te ne rendi conto, Ian?! La Chiesa vuole reclutarci con l’ipnosi e i messaggi subliminali!»

«Smettiamola!! Mi sembrate tutti degli squilibrati!!» Urlai, alzandomi in piedi e sventolando le braccia come a disegnare un angelo nella neve. «Non è mica un film, questo! Lui era fuori come un balcone, Page, lo conosci! Ha solo dato di matto… Non è colpa delle lobby, del Governo, delle multinazionali, della Chiesa o di chissà che altro se lui è un coglione alcolizzato!»

«…lo so.» Sorrise lei, prima di scoppiare in una risata. «Però è stato bello vederlo sostenere a spada tratta la mia teoria!»

«Cosa? Non era vero?» Domandò il mio coinquilino, sempre più sconvolto. «Ma non capite?! Ne va della mia salute!»

«Bevi meno Jack Daniel’s, la prossima volta, e vedrai che non ti capiterà più!»

Ovviamente mi misi a ridere anche io, trovando sempre spassoso il modo in cui si poteva influenzare quel povero idiota di Flip. Valutammo molte altre opzioni, tra cui quella che fosse colpa del Professor X, ma io e Page eravamo certi che fosse solo la conseguenza della sbornia, o qualcosa del genere. Non potevamo essere più lontani dalla verità… Non potevamo sapere che c’era qualcuno peggiore di Charles Xavier dietro tutto questo, qualcuno molto più potente.

Non potevamo ancora sapere che ci trovavamo nel mirino di Gesù.

 

 

___________________________________________

 

Ri-ciao a tutti!!!

 

Scusate la luuuunga assenza!

Purtroppo (o per fortuna??) la mia priorità rimane scrivere il secondo volume del romanzo che vorrei pubblicare, mentre aspetto una risposta dalla casa editrice per il primo della saga! Quindi mi dedico a questi racconti quando sono in pari con la mia scaletta e posso lasciare da parte quella storia :P

Come se non bastasse, ci sono state le feste di mezzo a togliere tempo alla scrittura e facendomi ritardare con le pubblicazioni.

 

Detto questo, alla fine ce l’ho fatta a finire questo capitolo e spero in un vostro perdono!

Gesù è tornato a disturbare i protagonisti, anche se non si sa bene perché! Siamo ancora lontani dal capire come verrà ucciso e come i protagonisti si ritroveranno alle calcagna spie vaticane e sicari!

Non preoccupatevi, lo saprete prima o poi! :D

 

Nel frattempo accontentatevi di aver scoperto che i protagonisti sono dei poveri falliti!

 

Comunque, io lo ricordo sempre, questa è la mia pagina facebook! Lì troverete aggiornamenti e roba varia…

https://www.facebook.com/pages/Michelle-Morrison/390257021129034

 

Ps. grazie a chi mi ha messo fra le seguite, e le preferite!

 

M.M.

   
 
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