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Autore: Inside_My_Mind    09/01/2015    5 recensioni
Il pomello della porta era decorato da un grazioso cartello "Do Not Disturb" e dall'interno della stanza provenivano suoni irripetibili.
Zayn sorrise amabilmente e, dopo aver augurato mentalmente "buona fortuna" all'amico, si allontanò fischiettando.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14

 
Qualcosa ronzò nell’aria e Luna per un attimo pensò che fosse una zanzara. Invece no: era il suo cellulare, lo prese e tentò di vedere di chi fosse la chiamata ma aveva gli occhi così pieni di pianto che non vide niente.
“Fanculo” meditò Saccente solidale “Mica sei obbligata a rispondere, no? Chiameranno più tardi.”

Il telefono smise di ronzare e Luna riprese a piangere, con costanza e dedizione.
Il telefonino pigolò di nuovo, insistente. Luna provò ad ignorarlo per un po’, ma non fare la cosa giusta non era nella sua indole e così, con un liquido sbuffo frustrato, attivò la comunicazione.

“Sto lavorando.” gorgogliò aggressiva.

“Sono io!” le strillò nell’orecchio una voce di tre ottave sopra la media: per reazione Luna fece un salto che le fece cozzare la testa contro la scrivania.

“Louis!” gridò lei con voce altrettanto acuta. “Che gridi a fare?”

“Scusa! Allora non gridare neanche tu!”

“Io non grido! Mi hai spaventata!”

Tacquero entrambi di colpo, il cuore di ognuno di loro che batteva con un forsennato ritmo caraibico.

“Bè… ciao” mormorò alla fine Luna, la voce ancora tremante di emozione “Come… ehm, come stai, Louis?”

“Oh, io bene, sì…” anche Louis sembrava parecchio impacciato o era una sua impressione? “Bè, ho un brutto un colorito stamattina, e devo ammettere che un po’ la colpa la do a te, visto quanto mi hai fatto urlare ed agitare stanotte al telefono…E tu come stai?”

“Più di merda di così si muore.” pensò Saccente lugubre.

“Alla grande.” ripose pulendosi le lacrime con un angolo del grembiule.

Era senza parole. Con quella telefonata la voce di Louis le aveva invaso le vene, come una droga per un tossicodipendente in crisi di astinenza e ora il suo corpo tremava di sollievo. Non voleva lasciarlo andare: si affannò alla ricerca di qualcosa da dirgli, qualsiasi cosa per sentire di nuovo quella parlata fluida e svagata… qualsiasi cosa per prolungare quel momento all’infinito.

“Ti chiederai perché ti ho telefonato.” continuò Louis incerto.

“No, imbecille!” pensò Luna allarmata. “Parla di qualcos’altro, qualsiasi cosa…”

Esaurita la risposta, esaurita la telefonata: non poteva permetterlo! Piuttosto si sarebbe staccata un piede a morsi.

“No, non voglio saperlo” buttò fuori d’un fiato “Però ho sentito che la Borsa va alla grande stamattina. Il Nasdaq è salito… o forse è il prodotto interno lordo, non ricordo bene.”

“Il Nasdaq” sospirò Louis estasiato “Che cosa interessante. E il petrolio?”

“Credo che bruci, se opportunamente raffinato. Di sicuro inquina.”

“Comunque ho sentito che il buco nell’ozono si è formato per i gas emessi dalle pecore australiane. Non a causa della combustione del petrolio.”

“Davvero? Parliamone, su: apriamo un dibattito.”

“Ma tu non hai detto che stai lavorando?”

“Non per te.” buttò fuori in un fiato Luna.

“Perfetto” berciò Saccente “Ci manca solo che gli fai una dichiarazione d’amore telefonica e poi ci penso io a ficcarti il telefono su per lo sfintere!”

“Oh.” rispose Louis: dalla voce sembrava che sorridesse. Luna si sentì morire di vergogna.

“Cioè, v- voglio dire… mi p-piace parlare con te… dici delle cose assurde e sei logorroico e inconcludente e il più delle volte sembri un pazzo uscito di nascosto da una casa di cura, ma quello che dici è così…”

“Tenero!”

 “Con quella tua zeppola che mi fa venire i brividini sulla schiena…” Pensò

“…è divertente! Insomma, se vuoi… parlare, io volevo dirti che, ecco, che, ehm…”

Si era persa. Inorridita sentì Louis dall’altro capo del telefono che rideva deliziato.
“Cavolo, questa cosa della logorrea inconcludente deve essere contagiosa!”

“Scusami” mormorò Luna affranta mentre gli occhi le si riempivano di nuovo di lacrime “E’ tutto così difficile. Spero sempre che sia per colpa dei Martini, anche se ormai dovrei averli metabolizzati…”

“Non ti scusare” rispose Louis con voce tenera “Mi piace sentirti parlare. Hai sempre la risposta pronta, anche se il più delle volte è una risposta surreale. E poi il tuo accento italiano è delizioso.”

Luna chiuse gli occhi, assaporando le sue parole golosamente.

“Se adesso mi dici un’altra volta che sono carina, vengo lì e ti strozzo.” mormorò sottovoce.

“Acc, appena in tempo… è sempre per il senso biblico?”

Stavano mettendo piede in un terreno minato o no?

“Oh, bè, tanto ormai…”

“Non mi piace sentirti dire che sono carina come lo diresti a Shirley Temple. Io non sono una bamboletta coi boccoli, la gonna di pizzo e le scarpe di vernice.”

“Lo so” sogghignò Louis esilarato “L’ho visto il tuo ultimo vestito. Molto poco da Shirley Temple, devo ammetterlo. Credo gli siano rimasti incastrati addosso qualche centinaio di occhi, ieri sera.”

“Ma non i tuoi…” sospirò Saccente.

“Compresi i miei.” dichiarò Louis tranquillamente.

Il cuore si fermò nel bel mezzo del petto di Luna.
“Che cosa hai detto?”

“Non lo so” sbuffò Louis intimidito dal suo tono aggressivo “Forse ho parlato di nuovo delle tue tette, anche se in maniera molto criptica. Ormai è diventato ricorrente, dovremmo deciderci a sviscerare per bene l’argomento.”

Sviscerare l’argomento…
“Quale argomento?” balbettò Luna “Le mie tette?”

“Io e te” azzardò Louis timidamente “Credo che siamo partiti col piede sbagliato.”

Partiti? Erano partiti? E quando visto che lei non se n’era nemmeno accorta?
“Tomlinson, non ci sto capendo un cazzo di quello che dici.”

“E fin qui niente di nuovo” gorgogliò Saccente “Ascoltare voi due che parlate sembra di vedere un film finlandese.”

“Mi dispiace” sospirò Louis cercando di raccapezzarsi “E se partissimo dall’inizio?”

“Io ancora non mi sono ancora mossa, da dove cazzo vuoi che parta!”

“Insomma, collabora! Tu hai baciato il mio migliore amico e collega, è normale che mi senta confuso!”

“Ti ho già detto che è stato un errore baciare Harry!”

“Ma lui però ti piace!”

“Mi piace anche il Labrador del mio vicino di casa, ma non per questo scambierei con lui fluidi corporali!”

“Però li hai scambiati con Harry!”

“Se tu non mi avessi infilzato in endovena quei tre Martini forse io sarei stata abbastanza lucida da capire che non era Harry che volevo baciare!”

“E chi avresti voluto baciare?”

“Te, deficiente!”

“Madonna Santa” piagnucolò Saccente “Adesso confessagli anche che sei rintanata sotto la scrivania nella sua stanza respirando il suo odore sull’accappatoio , così completi l’effetto da psicopatica come Glenn Close in Attrazione Fatale e siamo a posto!”

“Oh.” si limitò a ripetere Louis e questa volta aveva davvero il sorriso nella voce.

Maria si sentì sprofondare al centro della Terra e ancora più giù, verso l’infinito e oltre.

“E va bene” cedette d’un colpo: tanto ormai che differenza poteva fare? “Lo ammetto tu mi piaci. Come potrebbe essere diversamente? Sei adorabile in maniera assurda. Sei simpatico, svagato, diverso da chiunque io abbia mai conosciuto, senza contare quella tua zeppola che mi fa aggrovigliare tutta. E sei bello da fare schifo. Cosa potevo fare di diverso che prendermi una cotta olimpica per te? L’ho presa: adesso me la tengo, tanto chi ti rivede più…tra due nanosecondi nemmeno ti ricorderai di me, la cameriera italiana sciroccata. Lo so che non sono niente di nuovo, per te: magari c’è una come me in ogni albergo in cui andate, magari è il vostro giochetto preferito, facciamo innamorare la cameriera tonta e vediamo chi per primo se la porta a letto! Quindi va bene, finiamo questa telefonata in bellezza: cos’è che mi volevi dire? Che è stato bello scoprire che anche le cameriere parlano inglese? Che è stato divertente telefonarmi alle quattro di notte per chiedermi se ero del tutto rincoglionita? Che…”

Si interruppe di colpo. Aveva sentito una strana eco metallica della sua voce e qualcosa di orribile era apparso nel suo campo visivo, tagliato a metà dal bordo della scrivania Luigi XIV: un paio di scarpe da tennis e dei pantaloni neri calzati da due gambe magre. Maria le fissò a bocca aperta quando queste si avvicinarono; vide come in un sogno un paio di mani posarsi sulle ginocchia mentre il proprietario si chinava per sbirciare sotto la scrivania; vide (e lì il cuore le si fermò definitivamente) un cappello di lana rosso, un viso da elfo dispettoso con gli occhi coperti da un paio di occhiali modello aviatore, una bocca sottile sogghignare facendo schizzare tutti gli angoli all’insù e la sua voce, tenera, canzonatoria, vibrante…

“Intanto, vorrei sapere cosa ci fai sotto la scrivania.”

* * *

Luna deglutì a vuoto un paio di volte, così incredula da non riuscire nemmeno a respirare. Continuava a tenere pateticamente l’accappatoio premuto contro il petto e il cellulare contro l’orecchio, come se si fosse cristallizzata in quella posizione, e Saccente notò remotamente che doveva fare un bell’effetto da mentecatta, vista dal di fuori. Louis però la guardava negli occhi sorridendo: sembrava intimidito e divertito allo stesso tempo ed era così vicino che la sua presenza le dava quasi le vertigini.

“Allora?” la incalzò lui dolcemente “Che ci fai nascosta lì sotto?”

Luna annaspò una scusa qualsiasi, tanto ormai era certa di stare sognando…
“Ehm… mi era caduta una lente a contatto.”

“Davvero” commentò Louis con gli occhi scintillanti “E il mio accappatoio che c’entra?”

“Mi era caduto sotto la scrivania…insieme alla lente” balbettò Luna incerta.

“Sei una bugiarda schifosa” gorgogliò Louis, e lo disse come se fosse il complimento più bello del mondo “Adesso vieni fuori di lì?”

“No” pigolò Luna sbattendo le ciglia “E se poi mi sveglio?”

“Allora vengo io lì sotto.” decise Louis e in men che non si dica aveva accartocciato le gambe e si era infilato sotto la scrivania, le ginocchia pigiate contro quelle di Luna e la testa incassata nelle spalle per non cozzare contro il soffitto di legno. Quando si fu posizionato, sorrise di nuovo a Luna che lo fissava come se fosse stato il gemello di E.T. appena sbarcato da un’astronave aliena.

“Carino qui sotto” commentò salottiero “Intimo, direi. Luci soffuse, tutti i confort disponibili… ci starebbe un monolocale!”

“Sei davvero tu?” soffiò fuori Luna, pescando le parole nel nulla cosmico che era diventato il suo cervello.

“Sono io” ripose Louis convincente “Un po’ stanco, ma questa è tutta colpa tua. E di Paul: mi ha svegliato praticamente all’alba e mi ha sequestrato il cellulare per un’ora. Sono incazzato a morte con lui!”

“Non sei partito?” mormorò Luna sempre con quella vocetta irreale.

“Direi di no. Paul mi ha trascinato in aeroporto e ho dovuto minacciarlo di mostrare agli assistenti di volo la collezione di perizomi di Harry per convincerlo ad ascoltarmi, ma alla fine ha ceduto. Il mio aereo parte domani mattina.”

“Domani” disse Luna. Era come se le avessero detto che aveva vinto un milione di dollari “E’ meraviglioso.”

Louis si agitò un poco chinandosi verso di lei: le loro ginocchia a contatto bruciavano come se ci fosse in mezzo un fuoco e i loro visi erano vicinissimi.
Che occhi che aveva, pensò Louis incantato: a lui piacevano gli occhi espressivi dove si poteva leggere qualcosa, un sentimento o uno stato d’animo, e con quelli di lei sembrava di essere al cinema tante erano le cose che ci si vedevano dentro.

“Hai degli occhi enormi.” constatò.

“Scusa.” balbettò Luna.

“No, era un complimento.”

“Scusa.” ripetè Luna come un disco rotto.

“Non vuoi sapere perché sono rimasto?”

“Perché Dio mi ama e ha deciso di farmelo sapere?”

Louis sorrise di nuovo, avvicinandosi ancora: il suo respiro muoveva le piccole ciocche di capelli scuri sulle tempie di Luna e spargeva intorno un profumo buonissimo, da far venire l’acquolina.

“Sono rimasto perché mi sono dimenticato un paio di cose importanti.” disse sottovoce con il naso quasi sulla guancia di Luna: le guardava la bocca stranito, come se fosse sorpreso di trovargliela piazzata tra naso e mento, e Luna si sentì accartocciare lo stomaco dall’emozione.

“Tipo?” sfiatò, tremando come una foglia.

“Tipo baciarti.” rispose lui con le labbra che le sfioravano lo zigomo.

Luna socchiuse gli occhi, il respiro corto e rotto come quello di un uccellino e il cuore che sembrava un martello pneumatico ficcato nel petto.

“Oh” sospirò con la gola secchissima “E come la mettiamo col senso biblico?”

Louis non rispose: in quel nido raccolto sotto la scrivania, con gli occhi di lei grandi come il cielo, si sentiva perfettamente a suo agio e al sicuro. Posò lentamente una mano sulla nuca di Luna, piacevolmente calda e pulsante. Poi con le labbra socchiuse le sfiorò la guancia, le posò un piccolo bacio sulle ciglia tremanti, seguì la linea del suo nasetto arrogante e le accarezzò finalmente la bocca. Era morbidissima e tiepida e profumava di menta. La sfiorò ancora con le labbra socchiuse, saggiandone l’elasticità, poi la baciò, un lento bacio misto a respiro che le lasciò la bocca umida e ansante.

“Oddio.” pensò Saccente collassando nel nulla.

Era andata. La capacità di pensare razionalmente abbandonò Luna discretamente, in punta di piedi. E stavolta non c’erano di mezzo Martini o pastigliette sospette: c’era solo Louis col suo profumo da spezzare il cuore e con quelle labbra assolutamente indescrivibili. Lo baciò di nuovo timidamente, labbra su labbra; e di nuovo, con un pochino più di urgenza. Poi socchiuse le labbra e si baciarono profondamente, cercandosi e assaporandosi l’un l’altro con infinita lentezza.

“Sto baciando Louis” pensava Luna fluttuando nell’estasi più pura “Sto baciando Louis… sto baciando Louis!”

Sì, lo stava decisamente baciando: sembrava un sogno, ma ogni gesto, ogni profumo, ogni fruscio le entrava dentro con la forza di un uragano, scavando nella memoria per diventare seduta stante il suo ricordo più bello. All’unisono si mossero per stringersi di più, accompagnati dal mormorio discreto degli abiti… la mano di lui sulla sua vita sottile.. le braccia di lei a circondargli il collo… il suo seno morbido contro il petto magro, il bacino contro i suoi fianchi… E quel sapore, quella lenta carezza sulla sua lingua, così eccitante da farli rabbrividire entrambi con muscoli che nemmeno credevano di avere…
Bellissimo. Un sogno di luce e colori nel quale rimasero immersi per chissà quanto.

“E ricominciamo da dove ci eravamo interrotti. Te lo devo dire, avevo davvero sottovalutato il tuo senso biblico…”

“Hai intenzione di attentare alla mia virtù?” gli chiese spalancando innocente gli occhi.

Lo sguardo di Louis cadde sul grembiule mezzo slacciato davanti al bordo di pizzo del reggiseno.

“Bè” mormorò con voce roca “Ammetto che un pensierino in tal senso l’ho fatto.”

“Bene” rispose Luna posandogli una mano calda sulla guancia “Anche io.”

“Però” la fermò Louis con un sorriso “Non prima di dirti qual è il vero motivo per cui sono qui.”

Lei gli sorrise, così felice che sembrava emettere luce propria.

“Spara, folletto.”

Louis mise su un’espressione seria, arrotolandosi un ricciolo nero della ragazza sul dito.

“Ecco è un po’ che me lo chiedo… e arrivati a questo punto, direi che sia proprio il caso di affrontare l’argomento… considerando anche quello che sto seriamente meditando di fare… “

La sbirciò e lei rispose con uno sguardo di fata.

“Allora?”

“Insomma, come diavolo ti chiami?”

* * *

“Che roba!” sogghignò Luisa a cui era stata affidata la pulizia della suite 303. C’era un casino immane, come se fosse passato un tifone dopo un bombardamento aereo. Ma Luisa, che di pulizie era scafata, non ci aveva nemmeno fatto caso: non era stata una novità nemmeno trovare un perizoma di pizzo legato con un fiocco rosso ad una bottiglia di champagne pronta da stappare in bella vista sul tavolino d’ingresso.
Era stato il bigliettino abbastanza equivoco a farla sogghignare.

“Di questo ne avrai bisogno. Da Sir Styles”

* * *

Zayn aveva un diavolo per capello, il suo volo per  Leeds-Bradford era stato annullato per uno sciopero e gli sarebbe toccato tornare a casa con un giorno di ritardo. L’unica cosa che lo consolava era che nemmeno Louis era ripartito, avrebbe atteso la partenza con l’amico invece che in totale solitudine.

Un taxy lo lasciò all’hotel dove avevano alloggiato fino a quel giorno lui e gli altri One Direction e nel quale, gli organizzatori del tour, avevano fermato due suite anche per quella notte per poter permettere ai ragazzi di ripartire con calma il giorno successivo.
Il primo pensiero fu quello di raggiungere Louis, non sapeva il motivo per il quale avesse deciso di prolungare la permanenza a Torino ma qualsiasi cosa fosse probabilmente doveva premergli parecchio.

Salì al piano delle suite, non appena gli diedero il badge della sua stanza, e si avvicinò alla porta dell’amico. Qualcosa attirò la sua attenzione.

Il pomello della porta era decorato da un grazioso cartello "Do Not Disturb" e dall'interno della stanza provenivano suoni irripetibili.
Zayn sorrise amabilmente e, dopo aver augurato mentalmente "buona fortuna" all'amico, si allontanò fischiettando.

Ylenia's Corner:

Ragazze siamo arrivate alla fine! Non so se essere dispiaciuta o felice, l'unica cosa di cui sono certa è che mi mancherà da morire questa storia, ci ho messo l'anima e faccio fatica a pensare che sia finita. Ringrazio tutte le mie "compagne di viaggio":  Better_Than_Words, Bekii96, ser154, xonlymex, xPo, serena_2000, tamygirl2000, per avermi spronata a scrivere e per il supporto. Un ringraziamento va anche a tutti coloro che leggono/ricordano/seguono ecc...

Vi saluto tutti, alla prossima ^^

Ylenia
   
 
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