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Autore: fewde    09/01/2015    0 recensioni
Gilth poteva nascondere i suoi pensieri a Fede quando parlavano, ma ora non poteva fare molto. La ragazza stava diventando abbastanza brava e lui era troppo debole in quella forma per respingere la sua mente.
Fede si lasciò invadere dalla sensazione mista di preoccupazione ed eccitazione di Gilth e provò ad analizzarla, come faceva spesso negli ultimi giorni, da quando l’aveva avvertita per la prima volta.
"Non è che c’è qualcosa che mi devi dire?"
Ma sapeva che in quel momento Gilth non le avrebbe potuto rispondere. Voleva solo prepararlo al discorso che le avrebbe fatto la sera a casa.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fede passò tutto il pomeriggio al parco vicino casa, sdraiata sull’erba all’ombra di un albero. Si convinse che tre anni non erano poi tantissimi e che sarebbe stato affascinante imparare ad usare dei poteri, anche se non sapeva bene in cosa consistessero, in quanto non aveva mai visto Gilth farne uso, se non si considerava il leggere nel pensiero alle persone e trasformarsi in un medaglione in qualsiasi momento avesse voluto.
Fede però continuava a chiedersi una cosa: in questi anni nessuno aveva dovuto sapere della presenza di Gilth nella vita di Fede. Nel caso in cui lei ne avesse parlato ad altri oppure lui si fosse fatto vedere da qualcuno, Fede lo avrebbe perso e dalla sua memoria sarebbero stati cancellati tutti i ricordi relativi a lui. Come avrebbe fatto a scomparire dalla circolazione senza che nessuno sapesse dove fosse finita? Questa era di sicuro una prima domanda da fare a Gilth. E poi come funzionava il suo mondo? Come erano fatte le persone, o meglio gli aware? Si sarebbe ritrovata in una terra abitata da esseri minuscoli? Dove avrebbe vissuto? Cosa avrebbe fatto?
«Hey, cosa fai ancora qua?» La voce profonda di Andrea la sorprese nel bel mezzo di quei pensieri.
«Ciao. – Fede non riuscì a trattenere un sorriso. Non riusciva mai a trattenerne uno quando si trovava davanti ad Andrea.
«Sono passato prima e ti ho vista qui, ripasso ora e ti trovo nella stessa posizione. Quando stai ferma troppo tempo a pensare non è mai buon segno». La sua voce si fece subito da scherzosa a seria. «Che succede Fede?»
Lei sorrise sorpresa di come lui avesse indovinato subito che qualcosa non andasse, e che non stava lì a guardare il cielo sperando nell’arrivo del principe azzurro. Il sorriso non riuscì  mantenere la sua natura e si trasformò in un’espressione triste. Andrea era come un diario segreto, e non potersi confidare con un diario segreto era davvero impensabile.
«Ci vediamo domani». Gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò.
Lui sospirò e si sdraiò al posto di Fede sul prato.
Tornò a casa per cena, con una moltitudine di domande che le ronzavano in testa.
Sua madre le aveva uno dei suoi piatti preferiti. Per quanto sciocca, le iniziò a ronzare in testa l’idea che non avrebbe trovato lo stesso cibo, nel caso in cui se ne fosse andata, e che avrebbe dovuto godersi al massimo questi ultimi giorni di cucina italiana, così si abbuffò finché sua madre non la bloccò.
«Se continui finirai con il sentirti male».
«Domani mi fai i ravioli?»
La madre sorrise, Fede non aveva mai molto appetito. «Va bene».
 
Dopo cena andò in camera e si buttò sul letto. Gilth era accucciato sopra un armadio e la fissava.
Aspettò un bel po’ prima di parlare. Aveva preso una decisione, ma non aveva il coraggio di dirla ad alta voce, sarebbe significato renderla definitiva. Provò a rifletterci su ancora un po’, ma era almeno la decima volta che si contorceva attorno agli stessi pensieri. Conosceva bene ciò che avrebbe lasciato. Ad un certo punto aprì la bocca: «Come faremo a farmi sparire da questo mondo senza destare sospetti?»
«Verrai iscritta in un istituto inesistente in Canada».
«E come faremo con i miei genitori? Non posso scappare in una scuola in Canada senza il loro permesso!»Fede si raggomitolò nel letto presa dalla stanchezza, Gilth la raggiunse e si mise accanto a lei. «Cinque giorni prima di partire ti sarà concesso di parlare di me e di dove andrai ai tuoi genitori e ad un’altra, una sola, persona a tuo piacere».
Nella testa di Fede un impulso di felicità si spostò nel cervello cercando di raggiungere il luogo nel quale sarebbe potuto diventare consapevole per la sua padrona, ma un altro impulso, molto più profondo e lugubre, viaggiando ad una velocità maggiore, lo superò e le arrivò prima.
Avrebbe dovuto essere contenta? Avrebbe potuto dire ai suoi genitori di Gilth, ma nei tanti anni in cui lo aveva avuto, tenerglielo nascosto era stata la parte più facile.
La vera difficoltà era stata non poter dire tutto a quelle persone che sentiva come sorelle. Quelle che le dicevano tutto. Fede ogni volta stava male nell’avere questo segreto da non poter condividere con nessuno.
E ora le si dava la possibilità di condividerlo. Ma non era contenta.
Pensò istintivamente a quel gioco che faceva qualche anno prima nei momenti di noia insieme agli amici: salvataggio, obbligo o verità. Nel salvataggio, forse una delle cose più stupide, ti veniva chiesto: “Chi salveresti tra… “ e poi venivano detti due nomi. Tu dovevi semplicemente decidere tra le due persone. Veniva fatto per cercare di capire quale fosse la persona che ti stava più a cuore. A volte questo gioco finiva anche in litigi, Fede si stava ricordando quando da bambina una sua amica non sapeva chi salvare tra due ragazzi: pressata nel decidere finì con l’andarsene imbronciata e non tornare per la mezz’ora successiva. Ma questo era solo un gioco sciocco per passare il tempo, ora a Fede questa scelta si presentava nella realtà. Le parole di Gilth ancora le ronzavano in testa “ad un’altra, una sola, persona a tuo piacere”.
A chi ne doveva parlare? All’inizio indirizzò il suo pensiero ad Andrea con il quale il pomeriggio aveva sofferto tantissimo a non essere sincera, poi però si disse che la persona alla quale ne avrebbe dovuto parlare era certamente Flavia. Erano amiche da anni e Fede aveva sempre sentito di non poter ricambiare a pieno la fiducia che l’amica riponeva in lei, e questo era il momento per riparare. Nonostante Fede si cercasse di convincere della sua scelta, però, la figura di Andrea le riappariva in testa , dandole fastidio e creandole indecisione.
Gilth intanto, sceso dall’armadio, se ne stava fermo e buono, con il muso appoggiato sulla pancia di lei, e Fede non poté notare, esitante com’era nel prendere una decisione, la sua espressione contrariata.
La porta della camera si aprì mentre lei stava sul letto. Gilth si trasformò subito in medaglione.
«C’è della spazzatura da buttare. Ci vai tu?»
«Va bene. – In realtà non aveva voglia di fare nulla, però si sarebbe riappoggiata un po’ sul prato. quando vi arrivò però, trovò sdraiato nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato qualche ora prima Andrea.
«Ho pensato che in quelle condizioni non avresti tardato a tornare qua».
«Ero solo passata a buttare la spazzatura». Fede si distese accanto a lui. «Andrò in una scuola in Canada. Parto Mercoledì. Non potrò tornare qui per i prossimi tre anni».
Accanto a lei Andrea non fiatò, la bocca stava aperta ma non ne usciva alcun suono.
Fede non sapeva cosa dire, normalmente lei raccontava ed Andrea se ne usciva con dei consigli fantastici quasi come quelli di Gilth. Solo che Andrea era un umano.
Nei minuti successivi Fede non trovò nulla da dire e rimase lì ferma.
«A me dispiace…» fu l’unica cosa che riuscì a balbettare Andrea un po’ di tempo dopo.
«Anche a me». Fede si appoggiò sul suo petto, sperando che lui non la spostasse. Si addormentarono in quel modo e Fede non senti le sensazioni di reclamo che venivano dal suo medaglione.
Un pizzicò la destò e si alzò trattenendo a malapena un urlo. Si abbassò e cerco la fonte che gli aveva causato dolore. Dopo un attimo vide Gilth che si spostava da sotto una sua gamba. «Ti ho morso scusa. Ma ti conviene tornare a casa».
Svegliandosi prese coscienza che sarebbe potuta essere l’una di notte. «Va bene, che ora è?»
«Non troppo tardi, sbrigati».
Si alzò e si diresse di corsa verso casa e senza controllare se i suoi fossero svegli o no si infilò nel letto. «Grazie Gilth». Sussurrò una volta sotto le coperte.
Per quanto impossibile da vedere, un rossore invase il volto peloso dell’ aware, che si accucciò in fondo a letto, aspettando che la sua padrona si addormentasse.
 
 
 
Angolo dell’autore. Ho scritto due capitoli in 3 giorni, e cosa è successo? Magari non sono curatissimi, però mi piacciono così come sono, spero piacciano anche a qualcuno di voi. Bisous!
  
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