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Autore: GirlWithChakram    09/01/2015    2 recensioni
In una scuola in cui l'originalità ti può rendere popolare, due ragazze, per via di un malinteso, si troveranno a fingere di essere chi non sono... E se tutto ciò portasse alla luce una verità nascosta?
"Santana, se glielo avessero chiesto, avrebbe definito quella giornata come un venerdì uguale a tutti gli altri che aveva vissuto da diciassette anni a quella parte, nella noiosa e monotona città di Lima. Ma avrebbe presto scoperto di sbagliarsi..."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Brittany Pierce, Quinn Fabray, Sam Evans, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO VI: A matter of showers
 
Santana schiuse gli occhi al sorgere del sole. Non era pronta per affrontare quello che sarebbe potuto essere il sabato più caotico della sua intera vita: l’addio al nubilato di sua madre era previsto per l’indomani e c’erano ancora un sacco di cose da organizzare. In qualità di futura damigella d’onore le sarebbe toccato il compito di far sì che tutto fosse pronto, ma avrebbe volentieri pagato affinchè qualcun altro se ne occupasse.
Gettò pigramente lo sguardo sull’orologio: le 6:44. Era presto.
Aveva passato una settimana impegnativa e si meritava un’oretta in più di riposo. Staccò la sveglia, che era puntata per le consuete 7:30 e spense il cellulare, onde evitare il classico risveglio imposto da Brittany. Un giorno le avrebbe fatto capire che il weekend era sacro e pensato appositamente per il dormire.
Fuori, il mondo iniziava a svegliarsi sotto i pallidi raggi del sole, ma la latina preferì trovare ancora una volta rifugio nella dimensione onirica.
Le sembravano passati appena pochi minuti, quando un profumo dolce, di miele e biscotti, le pervase le narici. Non riusciva a trovare la forza di aprire gli occhi, ma sapeva che solo una persona poteva essere la fonte di quel buon odore.
La mente corse al sogno di qualche settimana prima, che ormai era divenuto ricorrente. Eppure la sensazione olfattiva non era mai stata tanto reale.
Il miele era l’aroma della chioma bionda, mentre le labbra, così dolci eppure così impossibili per lei da assaporare a fondo, ricordavano pasticcini preparati da una premurosa massaia.
San avrebbe voluto smetterla di pensare a lei, si sarebbe dovuta arrendere, sarebbe stato più saggio lasciar cadere la questione, ma non poteva, non ne era in grado. Lei era innamorata della propria migliore amica e convincersi del contrario era stupido ed inconcludente.
«Sannie…»
La ragazza seppellì la testa sotto la coperta. Oltre agli odori sentiva pure le voci, quei sogni stavano diventando troppo maledettamente reali.
«Sannie, vieni fuori» continuò la soave voce.
“No” disse la Lopez a se stessa “Magari, se mi oppongo con tutte le mie forze, il mio cervello capirà che la deve smettere di tormentarmi in questo modo.”
«Oh, Santana!» sbuffò Brittany, strappando il lenzuolo all’amica e quasi ribaltandola giù dal materasso «Ti decidi a svegliarti o no?»
«Britt!» gridò sorpresa la mora «Non avevo capito che fossi veramente qui» continuò, passandosi rapidamente le mani tra i capelli, per sistemarli.
«Cosa vorresti dire, eh?» ridacchiò l’altra «Mi stavi sognando? Possibile che tu mi abbia sempre in mente?»
San avvampò, ma non riuscì a trattenere un commento dolce: «Tu sei il centro del mio universo.»
La bionda non fu in grado di cogliere tutto ciò che si celava dietro quelle parole e se le lasciò scivolare addosso con una risata distesa. «Forza, datti una mossa» impose all’ispanica «Non vorrei che tua madre pensasse male. Aveva una faccia quando le ho chiesto di farmi entrare per svegliarti!»
«Sì, e non mi sorprenderei se il signor Fabray fosse appostato fuori dalla porta con un crocifisso, la Bibbia e una collana d’aglio per tenere alla larga le nostre anime blasfeme» borbottò Santana, prima di rinchiudersi nel bagno.
Dieci minuti dopo, raggiunto un minimo livello di presentabilità, lasciò, insieme alla bionda, il piano superiore per dirigersi in cucina. Trovò, senza troppa sorpresa, il piano del tavolo invaso dalle possibili proposte di bomboniere, che sua madre avrebbe distribuito alle amiche invitate al “bridal shower” del giorno dopo.
«Allora, avevo detto che le bomboniere sarebbero dovute essere color crema, ma questo è color ecru. E per le decorazioni quel tono salmone brillantinato non si può proprio guardare accanto all’arancione fluo. Trovate una soluzione alla svelta, deve essere tutto pronto per questo pomeriggio.»
Quinn attaccò il telefono e squadrò le altre due ragazze. «Ah, siete voi» sbuffò depennando alcune righe da un taccuino.
«Che cosa stai combinando?» domandò Santana «Chi era?»
«Stavo parlando con Christina de “Le mille e una sposa” per avere notizie delle decorazioni» spiegò la Fabray.
«Chris…? Le mille che? Quali decorazioni?» balbettò l’ispanica.
«Quinnie, tesoro!» si intromise la signora Lopez «Allora hai chiamato?»
«Sì, Maribel, mi hanno assicurato che sarà pronto in tempo. Passerò più tardi a ritirare il tutto.»
«Fermi tutti!» esclamò San «¿Que està pasando aquì? Da quando è questa ignobile serpe ad occuparsi del tuo addio al nubilato!?»
«Dal momento in cui sono stata scelta come damigella d’onore» gongolò la sorellastra, lanciandole un’occhiata di sfida.
«Come!?» sbottò la Lopez «Non è possibile! Mama» continuò «Come hai potuto!?»
«Mija, io l’ho fatto in buona fede» tentò di giustificarsi la donna «Mi sembrava chiaro che tutta la storia del matrimonio ti mettesse a disagio, così ho chiesto a Quinn di occuparsene.»
La ragazza sgranò gli occhi, prima di fulminare rabbiosa sia la madre sia la sorella. «Bene» commentò «Se è così che stanno le cose, allora non hai bisogno di me per oggi. Io sarò di sopra, con Brittany, e siete pregate di non disturbarci, abbiamo tante cose da dirci e tante cose da fare» sottolineò.
Le altre, Pierce compresa, rimasero senza parole.
«Tanto meglio» si decise a rispondere la Fabray dopo un po’ «Almeno non ti avrò tra i piedi.»
«Non so chi delle sue sia più contenta di ciò» sibilò Santana.
«Adesso basta, ragazze» le riprese Maribel «Voi due dovreste andare d’accordo. Tra poco sarete sorelle e non è così che ci si dovrebbe atteggiare in una famiglia! Per punizione, andrete insieme a ritirare la torta e gli addobbi.»
«Ma…» cercarono di opporsi entrambe.
«Niente “ma”. La sposa sono io, questa sarà la mia festa e voi farete quello che vi ordinerò di fare!»
Nessuno ebbe il coraggio di controbattere a quell’imposizione. La latina, con passo pesante per la sconfitta, tornò in camera scortata da Britt, per prepararsi ad una giornata all’insegna della sorellanza.
«Poteva anche andare peggio» cercò di consolarla bionda, appena fuori dalla portata di orecchie indiscrete.
«Peggio? Poteva andare peggio? Cosa c’è di peggio dell’essere metaforicamente ammanettata a quella psicopatica di Quinn per il resto della giornata!?»
«Beh» osservò Brittany «Poteva ammanettarvi letteralmente.»
«Lo avrei preferito» bofonchiò l’ispanica «Almeno avrei avuto una buona ragione per chiamare i servizi sociali e farmi affidare ad una famiglia di persone normali.»
«La solita drammatica… Tua madre ha ragione: prima o poi dovrete andare d’accordo e comportarvi come una vera famiglia.»
«Conosco fratelli che non si parlano da una vita intera» replicò la latina con noncuranza «Tuo zio, senza andare lontano, da quanti anni è che non chiama tua madre, eh?»
Britt abbassò la testa in segno di sconfitta.
«Visto? Precisamente quello che intendevo. Quinn ed io possiamo avere un sanissimo rapporto senza rivolgerci la parola per il prossimo ventennio.»
«Intanto» le ricordò l’amica «Questo pomeriggio dovrai accompagnarla al negozio, volente o nolente.»
«Dovremo» sottolineò Santana «Non starai pensando di lasciarmi in questo guaio da sola?»
La bionda spalancò occhi e bocca. «Io… Io… Io ero venuta qui per cercare un po’ di conforto da parte della mia miglior amica. Perché dovrei immischiarmi nei vostri affari di famiglia?»
«Perché l’amicizia è fatta anche di questo» disse l’altra con un sorriso «Poi, questa sera, avrai tutto il tempo di sfogarti e io ti ascolterò e consolerò come ho sempre fatto. Ci stai?»
Intrecciarono i mignoli per sigillare il patto.
La testa della Fabray fece la comparsa da dietro la porta dopo pochi secondi. «Vedi di muoverti, abbiamo un mucchio di strada da fare e ho stilato una rigida tabella di marcia a cui dobbiamo attenerci» ordinò alla sorellastra.
«Di cosa vai blaterando, biondina?» borbottò San, contrariata.
«Pronto? La torta! Dobbiamo andare a ritirarla prima che il negozio chiuda per la pausa pranzo e poi dobbiamo rientrare entro il pomeriggio per tutto il resto.»
«Appunto» ribadì la latina «Non vedo il perché di tanta fretta.»
«A meno che la pasticceria “Très Jolie” non si sia teletrasportata dietro l’angolo dal centro di Indianapolis, allora siamo già tremendamente in ritardo. Ci sarà un mucchio di traffico» spiegò Q. giocherellando con le chiavi dell’automobile.
«Indianapolis!?» esclamarono sconvolte le altre due.
«Certo» rispose «È la miglior pasticceria dell’Indiana e il proprietario è un vecchio amico di famiglia. Voglio solo il meglio per la mia nuova mamma.»
Quell’ultima parola fece salire la bile in gola alla Lopez. «E quindi dobbiamo farci quasi tre ore di macchina per una stupida torta?» domandò inviperita.
«Tre all’andata e tre al ritorno» fece presente Britt.
«Dios, non arriverò viva alla fine di questa giornata…»
Ci vollero dieci minuti buoni per convincere Quinn a far venire anche la Pierce, a cui sarebbe toccato l’ingrato compito di fare da mediatrice ed eventuale paladina di pace nel caso fosse scoppiato un litigio tra le future sorelle.
Come era prevedibile, trovarono parecchio traffico e il viaggio fu a dir poco movimentato. In un primo momento Santana aveva deciso di sedere di fianco a Quinn, che teneva il volante, ma era bastato accendere la radio per scatenare una lite su quale stazione andasse ascoltata.
«No» sbraitò l’ispanica «Non sentiremo “Radio Maria”, o come si chiama!»
«È “Christian Radio”, la frequenza che prende praticamente su qualsiasi nastro d’asfalto da una costa all’altra ed è l’unica radio che papà vuole che si ascolti» replicò la bionda.
«Non starò a sentire la tua radio bigotta. Fine della discussione» continuò la Lopez, cambiando su una stazione di musica rock.
«Guido io, quindi si ascolta quello che decido io» ribattè l’altra, tornando al programma precedente.
«Sannie» intervenne Brittany quando le due iniziarono ad insultarsi tormentando lo stereo «Vieni qui dietro. Quinn può ascoltare la sua stupida messa via etere e noi ci sfondiamo i timpani con il mio mp4.»
Il compromesso parve accontentare entrambe, così, dopo una brevissima sosta, le due amiche si ritrovarono sui sedili posteriori con le cuffie ben piantate nelle orecchie per evitare l’ennesima canzone su Gesù e sulla sua benevolenza.
«Già che siamo qui» bisbigliò la latina «Mi massaggeresti un po’ la schiena? Ho una contrattura che mi sta uccidendo e tutto lo stress di questa mattina non mi ha certo aiutato.»
«Ovviamente, San» trillò la bionda, cominciando a muovere delicatamente il pollice sul punto dolente, compiendo piccoli cerchi per alleviare il dolore.
«Oh sì, Britt, così…» si lasciò sfuggire Santana, gemendo sotto il tocco dell’amica.
La Fabray, di riflesso, alzò il volume della radio, nella speranza di non udire ulteriormente, ma gli strani versi dal retro non si interruppero, così, esasperata, sbraitò: «Potete anche smetterla di fare le lesbiche adesso. Nel caso non ve lo ricordaste, io so la verità.»
«Non ci stiamo comportando da lesbiche» si difese la Lopez, con poca convinzione.
«Ma fammi il piacere! Avevo paura da un momento all’altro di essere invitata lì dietro per una cosa a tre!» rispose Quinn.
Brittany, a quelle parole, fece una smorfia, ma Santana esclamò: «Ugh, ti piacerebbe!»
A quel punto la conversazione si interruppe, facendo piombare l’auto in un imbarazzante silenzio, interrotto solamente dagli annunciatori di “Christian Radio” e dalle ennesime canzoni sul Signore.
Dopo tre ore e mezza complessive di tragitto, finalmente il trio arrivò alla meta. Il “Très Jolie” era un negozietto incastrato tra due enormi edifici, con una vetrina ricolma di cupcakes, biscotti e quant’altro. La Pierce si appiccicò al vetro e cominciò a sbavare come un cane randagio davanti ad una pila di bistecche.
«Contieniti, Britt» la rimbeccò l’ispanica, tirandole una gomitata.
«Ma guarda quanta roba buona! Per fortuna che non mi sono portata dietro troppi soldi o li avrei spesi tutti per uno di quei giganteschi muffin al cioccolato.»
Mentre le altre continuavano ad osservare estasiate gli espositori, Quinn tentò, inutilmente, di aprire la porta. Andò avanti cercando di forzarla, nonostante il cartello “Chiuso” fosse ben visibile.
«Maledizione!» imprecò «Siamo arrivate tardi! E adesso come faccio? Non può mancare la torta ad un bridal shower!»
«Tranquilla, hermana» ghignò San «Tanto non sarebbe certo stato uno stupido dolcetto a farti conquistare l’amore di mia madre.»
«Non ho bisogno di conquistare alcunché» sbuffò in risposta «Lei già mi adora, se no per quale motivo mi avrebbe designata come damigella d’onore?»
«Perché… Perché…» balbettò l’altra, in cerca di una risposta.
«Quinn? Quinn Fabray?» intervenne però uno sconosciuto, stroncando sul nascere l’ennesimo litigio.
«Mr Fautier!» esultò la ragazza, correndo incontro ad un uomo di mezza età che era appena sceso da una grossa auto sportiva.
«Ti prego, cara, chiamami Thomas, per me sei come una di famiglia» replicò lui cordiale, abbracciandola.
«Sono venuta a ritirare una torta» spiegò per giustificare la propria presenza «Ma ho trovato chiuso.»
«Allora sei proprio fortunata» rise l’uomo «Sono passato a recuperare la borsa che Jolie ha dimenticato poco fa, quando ha chiuso per la pausa.»
«Jolie è la tua figlia maggiore, vero?»
«Proprio così. Adesso che ha compiuto vent’anni ho cominciato a farle dirigere la pasticceria, così presto potrà prendere il posto di sua madre.»
I due andarono avanti a chiacchierare, lasciando Brittany e Santana in disparte, a contorcersi le mani nel tentativo di distrarsi dalle leccornie che le circondavano.
Dopo mezz’ora di chiacchiere, la Fabray, con un’enorme scatola che a fatica riuscì a chiudere nel bagagliaio, decretò che fosse ora di ripartire alla volta di Lima, per recuperare il resto per l’addio al nubilato.
Arrivarono al “Mille e una sposa” che era ormai tardo pomeriggio. Il viaggio di ritorno era stato disastroso al pari di quello dell’andata, con la giusta dose di insulti e battibecchi. Il tragitto dal secondo negozio a casa Fabray-Lopez fu più tranquillo e pose fine alla giornata di spedizioni.
«Casa dolce casa» sospirò la latina, abbandonandosi sull’amato letto dopo aver trasportato in salotto tutto il materiale per la festa del giorno seguente.
«A tavola!» tuonò la voce di Russell dal piano inferiore.
«Dici che avranno preparato anche per me?» chiese Brittany, titubante.
«Tu scendi con me» stabilì la mora «E nel caso facciano storie usciamo a mangiarci una pizza.»
«Ricorda che poi dobbiamo parlare di… Un certo problema.»
«Sì, tranquilla, avremo tutta la notte per sfinirci di chiacchiere» concluse sbrigativa l’ispanica, scendendo le scale.
La tavola, apparecchiata per cinque, era già imbandita e nei piatti attendevano montagne fumanti di patatine che facevano da contorno a succulenti hamburger.
«Spero vi vada bene una cena stile fast food» le accolse Maribel «È l’unica cosa che sono riuscita a preparare oggi. Ho avuto una giornata piena.»
«Non deve certo dirlo a noi» commentò la figlia a mezza voce, prendendo posto accanto a Britt. In breve le tre furono raggiunte da Quinn e poi dal signor Fabray, che era tornato in cucina per prendere le bevande.
A metà del pasto, Santana sollevò una spinosa questione: «Non è un problema se Brittany rimane a dormire, vero? Dopotutto per dodici anni non ha mai dato fastidio.»
Russell fu colto da un attacco di tosse convulsa, forse causato dal boccone che gli era andato di traverso all’udire quella proposta. Marbiel, senza perdere tempo, lo aiutò a mandar giù alcuni sorsi d’acqua per cercare di calmarlo.
«Tesoro…» mormorò la signora Lopez quando l’emergenza fu passata «Io… Forse sarebbe meglio…»
Vedendo la madre tentennare, la ragazza tirò fuori la propria arma vincente: con voce melliflua e spalancando gli occhi scuri disse: «Ti prego, mamacita
«Beh, se me lo chiedi così…» commentò la donna, ormai sul punto di cedere.
San sorrise trionfante, certa di averla avuta vinta, ma aveva fatto i conti senza l’oste. Un oste particolare, che ancora bramava vendetta per tutti gli insulti ricevuti nel corso della giornata.
«Mari, posso fare un’osservazione?» si intromise Quinn.
La sorellastra le lanciò un’occhiata di fuoco, ma la bionda non si lasciò intimorire.
«Certo, Q, di’ pure.»
«Non voglio sembrare la guastafeste di turno, ma non ti sembra indecoroso lasciare che la ragazza di tua figlia possa trascorrere la notte qui? Insomma, se si trattasse del mio ragazzo non gli permetteresti mai di restare. È una questione di buon gusto» spiegò con naturalezza.
«Ma senti un po’, ah!» sbottò Santana «Che cosa vuoi saperne tu? Abbiamo visto Finn e chiaramente non hai idea di dove stia di casa il buon gusto!»
«Mija!» ebbe la prontezza di intervenire la signora Lopez «Scusati subito con tua sorella!»
In tutta risposta, la giovane fece la linguaccia.
«Santana!» riprese la donna «Ti sembra il modo?»
«Lasciala parlare, Mari» replicò in tono piatto la Fabray «È solo una ragazzetta immatura che pretende troppe libertà.»
A quelle parole, la latina balzò al collo dell’altra ringhiando insulti in lingua mista, sotto gli occhi sconvolti dei commensali.
Intervenne Russell, strappando a viva forza Quinn dalle grinfie di San, che l’avrebbe tranquillamente ridotta a brandelli. «Brittany» disse, tenendo lo sguardo fisso sull’ispanica «Mi spiace doverti congedare così, ma ci sono questioni che devono essere risolte in famiglia. Puoi portarti dietro gli avanzi se vuoi, ma devo chiederti di lasciarci soli quanto prima.»
La bionda guardò sconsolata l’amica. Aveva sopportato una giornata d’inferno per poter restare sola con lei e parlarle di Sam e del suo strano comportamento. Voleva dirle che era certa che tra loro fosse finita, ma lei provava ancora qualcosa per lui e questo la stava uccidendo. Ma non avrebbe avuto modo di parlargliene, non quella sera, almeno.
«Cara» la fermò sulla porta Maribel, quando ormai aveva infilato il giubbotto e tirato fuori le chiavi della macchina, presa in prestito dal padre in quanto la propria sarebbe rimasta dal meccanico a tempo indeterminato.
«Sì?» domandò, sorpresa.
«Non ti avevo ancora ufficialmente invitata al mio bridal shower e, in tutta onestà, Russ pensava fosse meglio così, ma a me farebbe molto piacere averti. Inoltre, credo che a Sannie farebbe bene un po’ di… Supporto. Non potrebbe mai resistere senza di te, quindi, mi faresti la cortesia di venire?»
«Certamente, Maribel, non mancherei per nulla al mondo.»
«Perfetto. Allora, a domani e scusaci ancora per questo teatrino serale.»
Bitt sorrise e ringraziò ancora una volta, poi se ne tornò a casa, dove si sarebbe lasciata avvolgere dallo sconforto, riflettendo all’infinito sul perché Sam l’avesse allontanata così bruscamente e senza darle spiegazioni.
 
Più o meno nello stesso momento in cui ebbe luogo la scenata in casa Fabray-Lopez, a qualche miglio di distanza, Blaine prese in mano il cellulare per rispondere ad una chiamata.
«Evans!» esclamò «Quale evento straordinario! Pensavo avessi ben altro da fare che non chiamare il tuo amico durante un sabato sera.»
«Ho bisogno di uscire, Anderson» rispose la voce dall’apparecchio «Una serata delle nostre, in cui rimorchiamo come i divi delle boyband.»
«Perché mai questo bisogno irrefrenabile di un’avventura, Biondo Bieber? Qualcuna ha forse ferito il tuo orgoglio?»
«Non ne voglio parlare adesso» disse sbrigativo «Posso passare a prenderti?»
«Hm, sì, tanto non avevo niente di meglio da fare… Ma avvisiamo Tina» aggiunse «Lo sai che non mi piace girare da solo nei locali etero, va a finire che qualcuna ci prova e io mi faccio i complessi su come dirle che non sono interessato.»
«No, niente Tina» stabilì Sam «E non voglio andare in uno dei soliti posti. Portami allo “Scandals”.»
Blaine strabuzzò gli occhi e rimase a bocca aperta, certo di aver capito male.
«No, hai capito benissimo: ho proprio detto “Scandals”» confermò Evans «Scommetto che ci saranno un sacco di ragazze fresche di rottura a tener compagnia ai loro amici gay. Tu ne adocchi uno carino e io mi do da fare con la sua accompagnatrice.»
«Questo programma mi garba» sogghignò Anderson «Dammi dieci minuti e sono pronto.»
Varcarono la soglia del locale e furono investiti dal tipico odore di alcol che permeava lo l’ambiente  nelle serate di incontri promiscui. Blaine ammiccò al barista, il solito di sua conoscenza, a cui mostrò il consueto ID falso, per poi farsi preparare un bicchiere ricolmo di ghiaccio e liquido bluastro.
Il biondo, fidandosi della scelta dell’amico, si fece servire lo stesso, poi, insieme, iniziarono ad osservare i presenti alla ricerca di possibili prede.
«Ho puntato quel tipo laggiù, quello con la maglietta bianca» sussurrò il moro «Con lui c’è una biondina che sembra abbastanza sconvolta, ti va bene?»
Lui annuì e si lanciò all’attacco.
«Ciao, sono Sam. Posso offrirti qualcosa mentre mi racconti il perché hai deciso di accompagnare il tuo amico qui?» esordì, cogliendo di sorpresa la ragazza.
«C… Ciao» balbettò lei in risposta «Io sono Mary e sì, puoi offrirmi qualcosa mentre mi sfogo.»
Evans si preparò a non prestare minimamente attenzione a quanto gli veniva detto, come faceva ogni volta che decideva di rimorchiare una che era appena stata lasciata, intanto la storia era sempre la solita: il bello e maledetto di turno che l’aveva tradita quando ormai la relazione sembrava inossidabile.
«Vedi, Fred, aka “il più stronzo essere umano che si sia mai visto”, ha ben pensato di contattare quella traditrice di Sarah e, beh, il resto lo puoi immaginare… Ma te lo racconto comunque…»
Sam allungò il collo per osservare come se la stesse cavando Anderson, che era preso da una chiacchierata con quello che doveva essere, per quanto aveva capito, Simon.
Dopo appena tre minuti, durante i quali si era convinto di avere buone probabilità di finire a casa di Mary, venne agguantato da Blaine e trascinato dall’altra parte del locale. Fece a malapena in tempo a biascicare uno “Scusa” e vide l’espressione contrariata della giovane, ma non potè far altro che seguire fedelmente l’amico.
«Ma che ti è preso?» gli domandò una volta in disparte.
«Mi sembrava troppo etero» rispose Anderson facendo spallucce.
«E ti sembra un buon motivo per propinarmi una doccia fredda!?» lo assalì l’altro.
«Rilassati, adesso andrà meglio. Guarda quella bella brunetta là nell’angolo.»
La scena si ripetè: dopo appena una decina di minuti di conversazione, Blaine decise di tagliare i ponti con il tale Charlie.
Ad Evans non andò giù neppure quella decisione, ma fece un profondo respiro e si limitò a passare alla preda successiva. Ancora una volta qualcosa andò storto e sia lui sia l’amico finirono in bianco.
«Non è davvero serata» stabilì il moro, scolandosi un altro drink.
«E pensare che io volevo solo divertirmi un po’ con una di queste belle signorine. Tu invece hai avuto la bella idea di rovinarmi tutto. Tre docce fredde una dietro l’altra, non mi succedeva da mesi! Basta, torniamo a casa…»
Le ultime parole si persero in un verso di sorpresa quando una nuova coppia fece la propria entrata nello “Scandals”.
«Ma quelli… Quelli sono…» farfugliò Anderson estasiato.
«I gemelli Lancaster, Jason e Cecelia, la perfezione in terra direttamente dal Regno Unito» concluse il biondo.
«Non vedevamo i gemelli da… Quanto? Un anno?»
«Che importanza ha?» riprese Sam «Guarda come Cece mi sta fissando! E pare che Jay sia interessato a te.»
Poco dopo si ritrovarono seduti a due tavoli attigui.
I gemelli erano molto affascinanti, con i loro curati capelli biondi, i brillanti occhi verdi e l’accento britannico. Era difficile resistere.
«Allora, Cecelia, ormai sono un paio d’anni che vivete a Lima, giusto? Vi trovate bene qui negli States? Ti manca l’Inghilterra?» attaccò Evans, nella speranza di combinare il colpo grosso.
«Oh, mi manca la mia patria, sì» rispose l’interpellata «Ma per fortuna Jason è sempre con me e quando l’ho vicino non posso sentire nostalgia di casa, perché lui è la mia famiglia e tutto l’appoggio di cui ho bisogno. È davvero una persona fantastica.»
La conversazione dell’altra coppia stava prendendo una piega simile.
«Perché, devi sapere che Cece è una vera forza della natura! Insomma, non puoi mai ordinarle di fare qualcosa perché agisce solo e sempre secondo la propria volontà, è davvero una persona fantastica.»
«Sì» sbuffò Blaine «Ho capito che tua sorella è bellissima, bravissima, simpaticissima e tutto il resto, peccato che non sia lei ad interessarmi» concluse ammiccando.
«Beh, dovrebbe interessarti, insomma…»
«Ok, basta. Se dopo vorrai presentarmela sarò ben contento, ma adesso non vorresti parlare un po’ di te? Insomma, sei qui per rimorchiare e io, guarda caso, sono libero.»
Jason sembrò ignorare quelle parole e riprese il monologo di elogio in favore della sorella, permettendo al moro di fare una sconcertante scoperta.
A fatica, Anderson fece scivolare il cellulare in mano dalla tasca dei jeans attillati e digitò un messaggio.
Sam si sentì vibrare la tasca e, lasciando che Cecelia continuasse con il proprio discorso di quanto Jay fosse amorevole e protettivo, lesse l’sms.
Mani!!! Diceva semplicemente. Era stato inviato dall’amico seduto a pochi passi di distanza. In un primo momento si chiese cosa potesse significare, poi, insospettito, si sporse leggermente e potè notare le mani dei gemelli, seduti l’uno di spalle all’altra, intrecciate in modo decisamente equivoco.
Quella fu la quarta doccia fredda della serata.
«Ora capisco perché nessuno ha mai concluso con qui due!» si illuminò Evans, dopo aver scaricato gli affascinanti Lancaster.
«Beh, siamo ancora in tempo per tentare un ultimo attacco» si animò Anderson, ma il suo entusiasmo fu smorzato dall’allarme di poliziotti in arrivo, così il duo fu costretto ad una ritirata strategica.
«Incredibile, per la prima volta in vita mia ho preso un colossale bidone» si lamentò Sam, tornando verso l’auto.
«Ancora non capisco perché tutto questo bisogno urgente di una pupa. Cioè, stiamo parlando di te! Solitamente ti basta ammiccare o schioccare quelle tue enormi labbra per far svenire le ragazze.»
«Infatti! Avevo proprio bisogno di levarmi lei dalla testa per un po’ ed ero certo che uscire con te mi avrebbe assicurato qualcuna con cui distrarmi!»
«Fermo, fermo, fermo» lo interruppe l’altro «Lei chi?»
Il biondo non potè far altro che arrossire per poi nascondere la faccia tra le mani.
«Samuel Evans non arrossisce mai! Oh, no, non può essere! Ti sei innamorato!»
«Non dirlo neanche per scherzo» bofonchiò.
«Oddio! Sammy è innamorato!» prese a gridare Blaine «Non ci posso credere! Innamorato! Tu! Ahahah, sembra uno scherzo!» poi tornò serio per un istante: «Allora, chi è?»
«Nessuna» replicò convinto Evans.
«Balle! Dimmi il suo nome.»
«No.»
«Almeno è carina? La conosco? Oh, ti prego, dimmi che la conosco!»
«Non ha importanza quello che potrei dirti» rispose Sam «Perché tanto tra noi non potrebbe mai funzionare.»
«E perché no? Tu non le piaci?»
«No… Non è quello… È che… Insomma, non si può fare. Lei non è disponibile.»
«E tu non sei uno da separare le coppie, giusto?» disse amaramente Anderson, dando una pacca consolatoria al compagno.
«Già, non penso che la sua ragazza mi perdonerebbe.»
Non appena quella frase lasciò la sua bocca, Sam si morse con forza la lingua e pregò che il moro non avesse colto, ma l’amico aveva capito benissimo.
«Oh, no» cominciò «Non Brittany. Tutte, chiunque, ma non Brittany! Piuttosto innamorati della Coach Sylvester!»
«Non posso farci niente» mormorò sconsolato «Lei mi piace, tanto. Ma non posso, non voglio ferire Santana, così, l’altro giorno, quando io e Britt… Beh, eravamo quasi sul punto di… Mi sono tirato indietro.»
«Allora qualche principio morale batte ancora in quel tuo cuore da sciupa femmine» commentò Blaine «Ma questo non toglie che devi farle capire chiaro e tondo, per il bene di loro due, che tu non ti metterai in mezzo e se lei ti vorrà dovrà prima chiudere con la Lopez.»
«Pensi che dovrei dirglielo di persona?»
«Ovviamente! E dovresti anche scusarti per essere scappato come una lepre. Adesso portami a casa, poi vai a dormire. Domani ti farai venire in mente un modo per incontrarla e chiarirai la faccenda.»
«Sei davvero il miglior amico che si possa desiderare, sempre pronto a dispensare saggi consigli» disse Sam con un sorriso.
«Sì, lo so. Ma la prossima volta parlami prima di farmi fare a vuoto un giro allo “Scandals”! È mancato poco che ci beccassero! Sono troppo giovane e bello per finire dietro le sbarre.»
I due amici scoppiarono a ridere, poi salirono in macchina e si lanciarono in una folle corsa lungo le strade deserte di Lima.
 
Il cellulare di Santana suonò alle sette e ventotto come ogni giorno, ma “Hakuna Matata” non diede il buongiorno alla latina, bensì svegliò un già inviperito Russell che aveva avuto l’accortezza di sequestrare computer e cellulari alle due figlie, causa il comportamento della sera passata.
«Ma chi è l’idiota che chiama la domenica alle sette del mattino?» sbraitò, cercando di spegnere l’infernale aggeggio.
«Sarà Brittany» spiegò in un mormorio Maribel «Si telefonano tutte le mattine.»
«E tu non hai mai sospettato che tra loro ci fosse qualcosa? Se qualcuno ti assilla tanto deve avere un valido motivo» borbottò l’uomo, cacciando malamente l’apparecchio sotto il cuscino, sperando smettesse di squillare.
La donna si limitò al tacito assenso, tornando poi a riposare.
«Maledette lesbiche adolescenti» bofonchiò ancora il signor Fabray prima di rimettersi a dormire «Mi rovineranno la vita.»
San, che nel frattempo, immaginando che Britt avrebbe fatto la solita telefonata, era sgusciata fin davanti alla porta dei genitori, aveva udito abbastanza e stava per sgattaiolare nuovamente in camera, quando le venne un’idea. Con passo felpato si intrufolò in salotto e recuperò il vecchio cellulare di sua madre, ormai caduto in disuso, ma, per fortuna, ancora dotato di scheda e, si augurava, di credito.
Dovette concentrarsi per ricordare a memoria il numero della Pierce e, quando fu certa di averlo digitato correttamente, premette il tasto di inoltro della chiamata.
«Pronto?» rispose una voce familiare.
L’ispanica guardò il telefono sconcertata. Non era la voce della sua amica quella che aveva udito. Osservò lo schermo e vide che lo sventurato apparecchio si era spento prima ancora di effettuare la chiamata. A parlare era stato qualcuno alle sue spalle.
«Tenti di metterti in contatto con il mondo esterno?» sogghignò Quinn «Questo tuo patetico tentativo di scavalcare mio padre potrebbe costarti molto caro, sai?»
«Buongiorno anche a te» sbuffò la Lopez, riponendo il telefono della madre dove l’aveva preso.
«Emozionata per oggi?» proseguì la Fabray «Scommetto che sarà un giorno indimenticabile.»
«Indimenticabilmente atroce» sussurrò a mezza voce la latina.
«Adesso sarà meglio tornare nelle nostre stanze, non vorrei mai che ci affibbiassero un’ulteriore punizione» concluse Quinn, risalendo le scale.
«Tu sei una punizione più che sufficiente per una vita intera» ringhiò San a denti stretti, venendole dietro.
Si rinchiuse in camera, adirata con il mondo intero per aver cominciato quella giornata nel peggiore dei modi. Non aveva modo di parlare con Brittany e la cosa la faceva infuriare. Voleva sapere cosa avesse di tanto urgente da discutere, era certa che Sam fosse coinvolto nella questione. Il biondo doveva aver combinato qualcosa che aveva sconvolto la ragazza.
Un sorriso nacque spontaneo sulle labbra di Santana.
«Forse hanno rotto» disse tra sé e sé «E adesso è pronta per un’altra storia, magari qualcosa di più serio e stabile… Magari…» Non ebbe il coraggio di finire la frase ad alta voce, ma nella sua testa iniziarono a passare idilliaci scenari di loro due insieme, per sempre, come anime gemelle che neppure il malvagio Bocca di Trota era riuscito a separare.
Rimase a fantasticare a lungo e, senza rendersene conto, arrivarono le nove, ora in cui, secondo la tabella formulata il giorno prima, lei e Q. avrebbero dovuto iniziare ad addobbare la casa.
La Fabray bussò e poi entrò senza troppe cerimonie, seguita a ruota dal padre.
«Allora, signorinelle» esordì Russell «Vi restituisco le vostre diavolerie elettroniche, ma ad una condizione» continuò porgendo alle ragazze i rispettivi cellulari e laptop «Oggi, mentre sono via come mi ha imposto Maribel, pretendo che andiate d’accordo o almeno fingiate di farlo. Se al mio ritorno dovesse essere scoppiato un altro litigio, prenderò seri provvedimenti.»
Entrambe annuirono, esibendo un sorriso falso.
«Ora, tesorino» disse l’uomo rivolto alla figlia «Puoi lasciarmi solo con San un momento?»
La bionda fece una smorfia e uscì.
«Mettiamo in chiaro ancora una cosa: io disapprovo quello… Quello che tu hai con quell’altra ragazza, ma la mia futura moglie, per quanto sconvolta, sembra essere più tollerante. Io non cambierò idea, ma voglio farti sapere che verranno applicate su di lei le stesse misure che applico con Finn, ovvero niente notti insieme, niente chiudersi da soli a chiave in camera, niente…»
«Russell» lo fermò la latina «Sei stato chiaro.»
«Hai capito cosa intendo?» domandò lui, scuotendo leggermente il capo.
Lei annuì. Il signor Fabray stava semplicemente cercando di fare il genitore e, per quanto la cosa risultasse strana ed imbarazzante, le faceva piacere. Non aveva mai avuto un padre, o meglio, lo aveva avuto fino a che Maribel non gli aveva rivelato di essere incinta, per poi vedersi abbandonata a se stessa con il bambino interamente a carico. I parenti non lo nominavano mai, l’ispanica non sapeva neppure il suo nome. Le sarebbe piaciuto poterlo conoscere, anche solo per osservarlo e ritrovare in sé alcuni tratti di lui.
«Allora, torno a prepararmi per andare al lago con i miei amici, tu fai la brava e comportati bene, per tua madre» si congedò Russ, distraendola dai suoi pensieri.
Santana sorrise debolmente, nel tentativo di sovrapporre l’immagine dell’uomo misterioso con quella del biondo, bigotto, severo Russell, che però in quel momento le parve più umano che mai. «Buona giornata, divertiti» disse.
«Grazie, anche a te» rispose, dedicando alla giovane, per la prima volta, un sincero sorriso.
«Forse i Fabray non sono poi così malvagi come sembrano» mormorò a se stessa «Col tempo potrei imparare ad andarci d’accordo… Forse potrei finalmente avere una famiglia normale.»
«Ehi, brunetta!» Q. si fece sentire dal bagno «Datti una mossa, abbiamo decine di festoni da appendere e centinaia di tartine da preparare. Quel formaggio di capra non si spalmerà da solo sui crackers!»
L’ispanica fece un profondo respiro. «La strada è ancora lunga» si disse.
Aspettò che la sorella finisse di prepararsi, poi si concesse una rapida sciacquata, prima di precipitarsi in cucina a sgobbare come un Elfo Domestico. Le sue mani arrivarono ad agire per inerzia: prendi la galletta, spezzala, prendi il formaggio con il coltello, spalmalo, prendi l’erba di solo-Quinn-sa-quale-montagna-situata-non-si-sa-dove, spargila con parsimonia, versa una goccia di pregiatissimo olio alle bacche di qualcosa e poi appoggia la tartina sul vassoio insieme alle altre.
Dopo un’intera ora passata ad agire come un robot, Santana sentì suonare il campanello e si precipitò alla porta.
«Ciao» la salutò Brittany «Tua madre mi aveva chiesto di venire e ho pensato di passare prima per darti una mano a preparare. Non è un problema, giusto?»
«Oh, per fortuna!» esultò la Fabray, accorsa anche lei ad accogliere l’ospite «Due braccia in più per sfornare stuzzichini e appendere decori.»
«Benvenuta all’inferno» sussurrò la latina mentre tutte e tre si dirigevano verso la cucina per preparare i mini toast panna, salmone e caviale.
«Ma siamo sicuri che piacciano tutte queste stranezze?» si domandò la Lopez «Non era meglio ordinare un chilo di pizzette e grissini da “Breadstix” e fine della storia?»
Quinn spalancò gli occhi e gridò: «E tu porteresti quel cibo malsano e ipercalorico ad un addio al nubilato!? Per non parlare della freschezza degli ingredienti… Sai quanti casi di intossicazione alimentare ci sono stati da “Breadstix” nell’ultimo mese? Otto!»
«Ok, calmati» rispose la mora «Se il cibo italiano non ti piace, basta dirlo… Continuiamo pure con le tue strambe tortillas e vediamo di finire in fretta.»
Con l’aiuto della Pierce fu necessario solo un’ulteriore mezz’ora per concludere il piccolo buffet, poi si dedicarono allo spostare i mobili per fare spazio a sedie, divani e qualsiasi altra superficie utilizzabile per far sedere le numerose invitate. Perlopiù erano colleghe di Maribel, contabili che lavoravano con lei in ufficio, ma non mancavano vicine di casa, amiche del quartiere e persino la parrucchiera.
«Su questo tavolo disporremo il cibo salato» stabilì Q. «Su quest’altro la torta, mentre lasceremo libero quest’angolo per accumulare i regali.»
L’ultima parola fece ricordare a Santana che ancora doveva impacchettare il proprio. Corse in camera e, da sotto una pila di libri e fogli non identificati, estrasse una malridotta, ma presentabile, carta per pacchi. Vi avvolse grossolanamente il CD, su cui aveva registrato la propria versione delle canzoni che la madre le cantava da piccola, e chiuse il tutto con un nastro rosso recuperato dal cestino sotto la scrivania.
«Perfetto» gongolò soddisfatta «Alla mamma piacerà di sicuro.»
Nel frattempo le due bionde avevano iniziato a dondolare sulle sedie in equilibrio precario per sistemare gli striscioni. La Fabray ne aveva ordinati tantissimi e non avevano idea di dove avrebbero potuto collocarli. Arrivarono, per mancanza di spazio, ad appenderne uno in bagno.
A mezzogiorno tutto fu pronto e, puntualissime, iniziarono ad arrivare le invitate.
Maribel, che fino ad allora era stata segregata in camera per ordine di Quinn, fece il suo ingresso in salotto tra mille applausi e complimenti. Si iniziò a parlare delle nozze, ormai imminenti, dell’abito che era stato ordinato, ma ancora non era arrivato, del rinfresco, della musica, persino del colore della divisa dei camerieri.
Dopo appena tre minuti, San si sarebbe fatta esplodere la testa, o, in alternativa, avrebbe fatto saltare quella delle presenti oche starnazzanti.
«Tutto bene?» le chiese Britt, prendendole la mano.
«A meraviglia» ringhiò «Guarda come spettegolano! Ho già beccato sei o sette di loro mentre mi fissavano confabulando in modo sospetto. Per loro la figlia lesbica della vicina è lo scoop più sensazionale da quando era venuta fuori la notizia che Sandy Ryerson, il pazzo dell’altro isolato, voleva tingere il proprio giardino di rosa.»
«Rilassati» cercò di calmarla l’amica, passandole un braccio intorno alla vita «Lascia che parlino, lo fanno tutti. Non ti deve importare del loro giudizio.»
Santana si sentì sciogliere come neve al sole. In quel caotico buco infernale, il suo angelo biondo era lì a proteggerla. Avrebbe voluto abbracciarla e baciarla di fronte a tutti e lo avrebbe fatto, se Brittany non avesse poi aggiunto: «E poi non è neppure vero che sei gay, quindi in fondo che ti importa?»
Tutte le belle speranze si infransero per un istante, poi la ragazza ricordò a se stessa che c’era pur sempre la remota possibilità che la bionda ricambiasse.
Per il momento, pensò mentre la presa di Britt sul suo fianco si faceva più salda, mi accontenterò di averla qui come amica.
Gli ospiti gradirono molto il cibo, che fu spazzolato in tempo record con l’aiuto di diverse bottiglie di spumante.
Quando, a pomeriggio ormai inoltrato, furono tutte un po’ troppo brille per continuare con i pettegolezzi, si sedettero per l’agognata apertura dei regali.
Tutti gli occhi si puntarono sulla signora Lopez e sui diversi sacchetti e pacchi che di volta in volta le arrivavano tra le mani.
Dopo aver scartato una buona dose di profumi, saponi e candele profumate, arrivarono i regali delle figlie.
«L’ho fatto per te, mama» spiegò Santana «Ci sono tutte le tue canzoni preferite che mi cantavi anni fa, così potrai ascoltarlo quando non saremo insieme e avrai comunque la tua bambina sempre con te.»
Dalla folla si levò un mormorio di approvazione che soddisfò molto la giovane, ma il suo umore mutò non appena la Fabray si avvicinò a Maribel con un una piccola scatolina di velluto.
«Mio padre non poteva sapere che gli sarebbe servito una seconda volta» disse, mentre la donna mostrava a tutti il bellissimo anello contenuto all’interno del pacchetto «È l’anello di fidanzamento che aveva donato a mia madre. Lei dopo il divorzio gliel’ha riconsegnato, perché potesse donarlo al suo vero amore. Papà non ha avuto il coraggio di dartelo di persona, quindi te lo offro io, ma sappi che è da parte di entrambi.»
La platea si commosse mentre Maribel si infilava al dito il gioiello.
«E adesso hai qualcosa di vecchio» aggiunse ancora la bionda «Non ti resta che trovare qualcosa di nuovo.»
«Sei tu, cara, il mio qualcosa di nuovo» rispose la donna con le lacrime agli occhi «La mia nuova figliola.»
Le due si abbracciarono mentre uno scroscio di applausi e moine invadeva la stanza.
«Ma brava, ma brava» si fece sentire Santana «Che discorso commovente, Q, davvero. Capisco perché DiCaprio non abbia ancora vinto un Oscar, tu sai recitare molto meglio di lui.»
«San, che stai facendo?» bisbigliò Brittany, terrorizzata all’idea di quello che sarebbe potuto succedere.
L’amica la ignorò e prese ad avanzare con aria minacciosa verso la madre e la sorellastra. «Tante parole carine, per cosa? Per farti bella davanti a queste comari? Per ingraziarti ancora di più mia madre? Oh, no. Io so cosa stai cercando di fare: vuoi farmi ingelosire, vuoi apparire migliore di me, vuoi primeggiare, essere perfetta solo per gonfiare ancor di più il tuo colossale ego.»
Un silenzio glaciale era calato nel salotto. Nessuno osava neppure muovere un muscolo, le presenti a malapena avevano il coraggio di respirare.
«Ma sai che ti dico?» proseguì «Tu non sei altro che una squilibrata. Questo tuo perenne bisogno di attenzione dimostra quanto tu sia insicura. Forse sei persino pazza. Hai pensato di andare da un dottore? Uno bravo intendo, uno strizzacervelli per comprendere meglio quella tua mente distorta.»
Quinn in un primo momento sbiancò, poi divenne scarlatta per la furia e iniziò a sbraitare: «Tu non sai niente di me! Non mi conosci!»
«Invece sì. Ti ho inquadrato subito, ignobile serpe. Vuoi solo rovinarmi la vita.»
«Ho già abbastanza problemi di mio, senza dovermi occupare dei tuoi drammi, finti o veri che siano» sibilò la bionda «Forse, invece di perdere tempo dietro a Brittany, avresti dovuto prenderti cura di tua mamma, aiutandola con i preparativi del matrimonio. Chissà, magari in quel caso non avrebbe scelto me come sua damigella d’onore.»
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Santana doveva trovare il modo di tapparle la bocca. Afferrò la prima cosa che le capitò sotto mano e lanciò in faccia a Quinn.
Una manciata della pregiatissima torta si spalmò sul viso della Fabray, imbrattandola a dovere.
«Questo» sbraitò allora Q. in risposta, fiondandosi verso il dolce e prendendone una manciata a propria volta «È per avermi rubato la corona.»
«Questo per aver cercato di ricattarmi» replicò la latina, sprecando l’ennesimo pezzo di dessert.
«Questo per il viaggio di ieri.»
Andarono avanti bofonchiando parole incomprensibili per via degli strati di torta che si stavano accumulando sui loro visi.
Il resto delle presenti osservava la scena, incerto se intervenire. Quando ormai del dolce non restava che un’informe massa di glassa bianca e crema, Maribel si alzò e con passo deciso si intromise tra le due litiganti.
Il suono degli schiaffi rimbombò a lungo. Sia la bionda, sia la mora, si massaggiarono le guance dolenti.
«In camera vostra. Ora» ordinò la donna.
Senza proferire parola, entrambe si dileguarono, seguite da Britt, che sgattaiolò al piano di sopra nel tentativo di parlare finalmente con l’amica.
Con un solo bagno a disposizione, le due sorelle si trovarono nuovamente faccia a faccia per ripulirsi dai resti della battaglia.
Fu Quinn a rompere l’ostinato silenzio. «Ti odio per quello che hai detto.»
L’ispanica si preparò a rincarare la dose con una sfilza di insulti in spagnolo, ma l’altra le fece cenno di non essere interrotta. «Lo odio, ma comprendo la tua rabbia. Probabilmente avrei reagito allo stesso modo se si fosse trattato di mia madre, ma cerca di capire: Maribel è davvero importante per me, è una delle poche persone che mi capisce, abbiamo molto in comune ed è forse l’unica vera amica che ho. Non voglio entrare in competizione con te per il suo affetto, ma quello che abbiamo fatto oggi è stato riprovevole, l’ha certamente ferita e questo mi dispiace. Ha ragione quando dice che dovremmo provare ad andare d’accordo, dopotutto presto saremo una famiglia.»
San rimase con lo sguardo fisso negli occhi verdi della sorella. Le sembravano sinceri.
Si strinsero la mano in segno di pace.
«A te l’onore della prima doccia» disse la Fabray «Vedi solo di non intasarla con la glassa.»
L’acqua calda eliminò abbastanza velocemente le tracce di torta, ma Santana rimase sotto il getto bollente con gli occhi chiusi, persa nei propri pensieri. Sembrava che l’acqua si portasse via tutti i problemi, le insicurezze, le riflessioni che la tormentavano.
Quando mise piede fuori dal rassicurante tepore della doccia, tutto il peso della realtà le ripiombò sulle spalle. Si asciugò al meglio, ancora pensierosa, per poi rientrare in camera, dove l’attendeva Brittany.
«Allora, come ti senti?» domandò la bionda.
«Non saprei… Credo di dover ancora metabolizzare la cosa…» rispose la mora, cercando un abbraccio di conforto.
«Vuoi che parliamo di quello che è successo prima? O preferisci raccontarmi di quanto sia stata ingiusta tua madre nei tuoi confronti?»
«No» replicò la Lopez «Ne parleremo un’altra volta, diciamo solo che al mio bridal shower sceglierò un dolce che sia più facile da utilizzare come arma.»
«In qualità di tua damigella d’onore, farò in modo che sia esattamente come desideri» sorrise la Pierce «E quando sarà il tuo turno… Beh, sceglierò da me perché sappiamo tutti che combineresti un disastro. E a quel punto niente più drammi materni o sorellastre malvagie, saremo solo io e te, in due case attigue in cui cresceremo le nostre famiglie per poi invecchiare insieme, ricordando i vecchi tempi come alla fine di quei film smielati che odi tanto.»
«Sicura di volerti impegnare sulla lunga distanza?» chiese Santana «Gli anni sono lunghi da far passare.»
«Non mi stancherò mai di te, lo sai, voglio trascorrere con te tutto ciò che resta della mia vita.»
«Da come lo dici, tanto varrebbe sposarci tra noi» commentò l’ispanica, causando le risa dell’altra «Adesso, però, devi raccontarmi di Sam, in fondo è colpa mia se non hai potuto parlamene ieri.»
«Sicura?»
San annuì decisa e l’amica iniziò a raccontare la scena nell’aula del Glee, ricordando anche gli eventi della protesta per le crocchette e quanto avvenuto nel mezzo.
Dopo un paio d’ore in cui poterono parlare tranquille, Maribel venne a bussare alla porta della figlia, ringraziando Brittany per l’aiuto dato, chiedendole, però, di tornare a casa dato che ormai si stava facendo tardi.
«Ci sentiamo domattina» assicurò la bionda, uscendo dalla stanza.
«Ci conto.»
 
Britt arrivò a casa guidata dalla forza dell’abitudine. Suo padre era passato a ritirare la macchina, quindi dovette percorrere la strada a piedi, ma la passeggiata le fece bene, la aiutò a fare chiarezza nella propria mente: doveva dimenticarsi di Evans, rimuoverlo completamente dalla propria testa. Dopotutto era un ragazzo come un altro, avrebbe trovato qualcuno persino migliore, bastava aspettare.
Imboccò il vialetto di casa senza badare all’auto parcheggiata poco distante.
«Ehi, Britt.»
La ragazza si voltò, sorpresa. «Ciao, Sam, cosa ci sai qui a quest’ora?»
«Sono venuto per parlarti» spiegò lui, mostrandosi sotto la luce dei lampioni «Riguardo a quello che è accaduto…»
«No, non c’è bisogno» tentò di liquidarlo lei, tirando fuori le chiavi del portone «Ho capito. Non sei interessato in quel senso. Mi sta bene. Buona serata.»
«No, aspetta! Non hai capito.»
La giovane fermò il passo a mezz’aria e ricacciò le chiavi al fondo della tasca. «Cosa intendi?»
«Io… Ecco… Tu mi interessi, mi piaci. È solo che non mi sento a mio agio con la nostra “relazione”, perché in fondo stiamo facendo tutto alle spalle di Santana. Io non mi intrometterei mai tra un ragazzo e la sua donna e credo che lo stesso principio valga con voi lesbiche.»
In quel momento Brittany avrebbe voluto dirgli tutto, ma probabilmente Sam avrebbe reagito male e alla fine l’avrebbe lasciata lo stesso. Doveva trovare il modo di aggirare il problema della sua “fidanzata”. «Quindi… Nel caso in cui ci fosse un modo per non ferire nessuno, tu… Andresti fino in fondo?» domandò pensierosa.
«Sì» ribattè deciso «Se ci fosse un modo, certamente… Ma non è così, quindi, mi dispiace, le cose devono restare come sono. Buona serata» concluse, facendo per andarsene.
«Potremmo fare una cosa a tre» disse Britt senza prendere fiato e realizzando, nell’esatto istante in cui la frase lasciò la sua bocca, che Santana gliel’avrebbe fatta pagare cara.

NdA: non proverò neppure a scusarmi per la lunga attesa, perchè sarebbe inutile, però alla fine il capitolo è arrivato. Un paio di note a riguardo: 1. è piuttosto lungo, ma non volevo dividerlo per lasciare tra loro collegati gli aventi delle diverse "showers"; 2. I gemelli Lancaster, per chi avesse colto, fanno riferimento alla alquanto intrigante coppia di gemelli Lannister, Jamie e Cersei, personaggi della serie di libri "A Song of Ice and Fire", trasposti poi sullo schermo in "Game of Thrones"; 3. Le differenze con "Faking It" qui sono state poche perchè la trama dell'episodio in sè mi piaceva, quindi non me la sono sentita di stravolgerla. Concludo qui, promettendovi, che, chissà quando, arriverà il settimo capitolo. Alla prossima.
   
 
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