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Autore: GirlWithChakram    07/11/2014    2 recensioni
In una scuola in cui l'originalità ti può rendere popolare, due ragazze, per via di un malinteso, si troveranno a fingere di essere chi non sono... E se tutto ciò portasse alla luce una verità nascosta?
"Santana, se glielo avessero chiesto, avrebbe definito quella giornata come un venerdì uguale a tutti gli altri che aveva vissuto da diciassette anni a quella parte, nella noiosa e monotona città di Lima. Ma avrebbe presto scoperto di sbagliarsi..."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Brittany Pierce, Quinn Fabray, Sam Evans, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO V: Learning life lessons
 
7:28 annunciò il display del telefonino.
Santana strinse forte l’apparecchio tra le mani ed attese. Il cuore le martellava in petto, le gambe tremavano e un forte nodo le stringeva la gola e lo stomaco, non si era mai sentita tanto male e la causa era una sola: Brittany.
In dodici anni di amicizia non era mai capitato che passassero più di poche ore senza parlarsi. La volta in cui la bionda era andata in Europa a trovare alcuni parenti e non avevano avuto modo di sentirsi, la latina aveva subito un crollo psicologico e aveva trascorso l’intera settimana di divisione forzata piangendo ed abbracciando Kitty. Però, il ritrovarsi era stato uno dei momenti più belli del loro rapporto: Britt si era lanciata in una corsa sfrenata lungo gli ampi saloni dell’aeroporto e l’amica, allo stesso modo, si era precipitata ad abbracciarla, concludendo il tutto con un violentissimo scontro che era quasi costato gli incisivi di entrambe.
7:29
L’ispanica sentì le lacrime agli occhi. Per la prima volta da che potesse ricordare, Brittany non l’aveva chiamata per augurarle il buongiorno. Un macigno di tristezza le gravò improvvisamente sul petto.
Poi accadde qualcosa di inatteso: il cellulare iniziò a trillare come indemoniato e il sorridente volto della bionda comparve accompagnato dalla scritta: “BrittBritt Chiamata in arrivo”
«Non ci pensare neanche» la ammonì il ragazzo ancora avvolto nelle coperte «Non puoi dimenticare come ti ha mancato di rispetto ieri. Dammi retta: il trattamento del silenzio è quello che si merita.»
Santana si voltò verso Blaine e sospirò, lasciando che il telefono proseguisse la propria danza impazzita sul comodino, al ritmo di “Hakuna Matata”.
«Non penso di farcela… Ho bisogno di lei!» si lamentò.
«Eh, no. Per oggi sarò io il tuo migliore amico» stabilì Anderson «Abbiamo già cominciato con il “circolo delle confessioni” ieri sera… E la storia di Sebastian devi tenerla per te…» bisbigliò, per poi riprendere «Poi mi hai lasciato dormire con te… Dobbiamo solo più farci un tatuaggio identico e saremo ufficialmente gemellati per la vita!»
«Ma a scuola non potrò evitarla» rispose lei, riportando l’attenzione sulla problematica questione.
«Di questo non dovrai preoccuparti» ammiccò Blaine «Oggi non metteremo piede al McKinley.»
La mora spalancò la bocca e balbettò: «Ma… Ma… Abbiamo lezione!»
«Oh, sì, mia cara» sogghignò lui «Oggi ti porterò a fare lezione di vita: scopriremo se davvero giochi nella mia squadra.»
«Come!?» si allarmò San.
«Gita d’istruzione allo “Scandals”!» annunciò trionfante il giovanotto.
«Chuck Norris, abbi pietà…»
 
«Ti prego, sono più di dodici ore che non ci parliamo e io comincio a dare fuori di matto. Ho sbagliato, lo so, e mi dispiace. Avevi ragione: sono cambiata e mi sono comportata da stupida, per colpa della mia ossessione per Sam. Da oggi le cose saranno diverse, ho chiuso con Evans. Tutto sarà come prima, ma per favore rispondi, mi manchi da morire.»
Britt imprecò vedendo che l’amica si ostinava ad ignorare le sue chiamate. Si era accorta troppo tardi di non aver rispettato la sveglia delle sette e ventotto, ma aveva recuperato immediatamente dopo. Ciononostante, la latina non sembrava intenzionata a parlarle. Doveva essersela presa per come l’aveva trattata il giorno precedente e ne aveva tutto il diritto. Brittany aveva proseguito per ore a darsi della stupida, non avrebbe mai dovuto mancarle di rispetto in quel modo, ma quando c’era di mezzo Sam semplicemente perdeva la testa.
Si cacciò il cellulare in tasca e si preparò ad uscire.
«Oggi niente saffiche manifestazioni amorose prima di scuola?» domandarono all’unisono i signori Pierce vedendola uscire.
«Come potete vedere» replicò scocciata «La mia ragazza questa mattina non si è fatta viva.»
«Avete litigato, tesoro?» chiese la madre, sottolineando le parole con uno sguardo apprensivo «Mi sembri nervosa.»
La bionda fece buon viso a cattivo gioco. «No, mamma, è solo che ho di nuovo lezione con Schuester… Ormai dovrebbe essere chiaro che preferisco le spagnole allo spagnolo in sé.»
Tutti e tre si lasciarono andare ad una risata, poi i due adulti parvero voler aggiungere qualcosa, ma la figlia non diede loro il tempo di continuare, liquidandoli con un “ciao”. Avanzò mogia verso il garage, scavando nello zaino alla ricerca delle chiavi della macchina. Dovette tirar fuori tutto perché si erano, naturalmente, mimetizzate con il fondo di indefinita spazzatura accumulata sul fondo della borsa.
«Questa si preannuncia proprio una bella giornata» commentò a denti stretti, mettendosi alla guida.
Accese il motore, ingranò la retro per uscire dal vialetto di casa e sospirò per l’ennesima volta. Un turbine di foglie dai colori ambrati volteggiò nel riflesso dello specchietto, segno che l’autunno era ormai iniziato e presto il freddo e il gelo avrebbero paralizzato ogni cosa.
La ragazza fece manovra, interrompendo lo stormire del fogliame, poi si lanciò a tutta velocità lungo la strada alberata, nonostante l’orologio segnasse solamente le 7:37. Allungò il percorso, decisa a perdere un po’ di tempo prima di arrivare a scuola. La forza dell’abitudine la portò ad imboccare la via che conduceva alla dimora Fabray-Lopez, ma si fece violenza e tirò dritto invece di sostare sotto casa della latina per aspettarla e parlarle di persona.
Proseguì senza fermarsi fino alla periferia della città.
Non si rese conto dello scorrere del tempo, quando tornò a fissare l’orologio le restavano a malapena dieci minuti per arrivare al McKinley.
«Proprio quello che ci voleva» borbottò, notando che la spia della riserva era accesa «Ci manca solo più che resti a piedi. Non vedo che cos’altro potrebbe andare storto…»
Aguzzando la vista in cerca di un benzinaio, si rimise in viaggio, questa volta diretta verso il liceo. Solitamente guidare la aiutava a distendere i nervi, ma quella davvero non era giornata. Una spessa nebbia di sfortuna sembrava aleggiarle intorno, una volta arrivata in classe, come minimo, le si sarebbero squarciati i pantaloni.
Era talmente assorta nei propri pensieri da non rendersi conto del trotterellante cagnolino che, ingenuamente, si era messo a rincorrere le foglie che svolazzavano nel centro della strada.
Brittany, riacquistando lucidità all’istante, premette il freno con tutte le proprie forze e sterzò cercando di evitare l’animale, con il risultato di schiantare la propria, già malridotta, autovettura contro uno dei frassini del viale, riducendola ad un catorcio.
L’airbag le scoppiò in faccia al momento dell’urto, impedendole di vedere gli sbuffi di fumo che si levarono dal cofano, ormai divelto e ridotto a poco più di un rottame.
La bionda si fece forza e dopo una serie di spallate riuscì ad aprire la portiera ed uscire. Il primo istinto fu quello di accasciarsi per terra e scoppiare a piangere, ma dopotutto lei non si era fatta niente e il cane, causa di tutto, era semplicemente corso via, spaventato dal rumore dell’impatto. Facendo appello alla propria razionalità, con mano tremante, la giovane estrasse il cellulare dalla tasca e compose il numero del soccorso stradale.
Dopo qualche minuto una donna di mezza età in vestaglia e ciabatte rosa brillante la raggiunse di corsa. «Tutto bene, piccola?» le domandò lanciando rapide occhiate a quanto rimaneva dell’auto «Ho sentito il suono di una frenata improvvisa e poi lo scontro… Ho chiamato i soccorsi, ma non mi sembri ferita.»
«Sto bene, infatti» rispose la Pierce «Sono solo un po’… Scossa.»
«Non preoccuparti, cara» riprese la sconosciuta «Adesso ti porto una tazza di the, così ti rilassi un momento… Anzi, vieni dentro, io abito nella casa qui accanto, aspetteremo insieme che vengano a recuperare la tua…» Fece molto fatica ad articolare la parola “macchina” per concludere la frase.
Britt la seguì senza tante storie, il peggio che le sarebbe potuto capitare sarebbe stato finire tra le grinfie di una serial killer, ma era comunque un’idea più allettante che dover arrivare a scuola ad affrontare Schuester e il suo spagnolo dopo un incidente.
In un quarto d’ora si fece vivo un carro attrezzi che sgomberò la via dal malridotto veicolo. Brittany cercò di capire cosa le dicesse il responsabile riguardo ai danni, ai costi di riparazione e tutto il resto, ma dopotutto lei era una diciassettenne, patentata da meno di un anno. Aveva bisogno di mamma e papà.
Provò a contattarli in ogni modo, ma entrambi avevano il cellulare staccato e non erano in casa.
«Devi andare da qualche parte?» chiese la signora Williams, la donna che l’aveva accolta e tranquillizzata.
«Ero diretta a scuola, prima di finire fuori strada…» rispose.
«Se vuoi ti ci accompagno. Magari stare con i tuoi amici aiuterà a superare lo shock.»
La bionda acconsentì, d’altronde non aveva idea di dove altro andare.
 
«Ho creduto che ci avresti fatto schiantare contro quella povera vecchietta!» sbraitò Santana, slacciando la cintura di sicurezza.
«La nonna brutta di Dracula non avrebbe dovuto tagliarci la strada» ribattè Blaine facendo spallucce.
«E poi hai preso quella curva talmente stretta che sarebbe bastato un soffio a farci ribaltare. Mai sentito parlare di forza centrifuga?»
«Senti, Lopez» rispose lui «Non ho intenzione di stare qui a sorbirmi le tue lamentele. Oggi sono il tuo guru, il tuo sensei, il tuo…»
«Genio delle Tartarughe?» lo interruppe con una punta di ironia.
«Quello che ti pare. Fatto sta che oggi sei a scuola di vita e io sono il tuo maestro. Adesso andiamo» concluse scendendo dall’automobile e dirigendosi verso l’entrata del locale.
«Sei sicuro che questi funzioneranno?» polemizzò ancora la latina, estraendo dalla tasca dei pantaloni un ID fresco di stampa.
«Sono due anni che la faccio franca, non ci faranno problemi oggi» fischiettò Anderson.
«Ma guarda il mio! Dice “Rosario Cruz”. Rosario è un nome da uomo! E poi non ci crede nessuno che ho venticinque anni.»
«Rosario» la rimbeccò il ragazzo «Adesso tappati la bocca e vieni con me.»
Le afferrò la mano e la trascinò di peso davanti alla porta dello “Scandals”. Varcarono la soglia e furono investiti da un forte odore di caffè. Il locale, nelle ore diurne, fungeva da bar e da ritrovo per i giovani gay della città, infatti ai tavoli, davanti a diverse tazze e bicchieri, erano seduti ragazzi e ragazze a chiacchierare.
«E adesso» sogghignò Blaine «Vediamo un po’ cosa preferisci…» Iniziò a guardarsi intorno, squadrando rapidamente le pupe presenti. «Che te ne pare di quella?» domandò indicando una bella mora sorridente che ammiccava nella loro direzione.
Santana arrossì e si voltò verso il bancone e balbettando quello che voleva essere un “mojito”.
«Sicura che sia la scelta giusta, signorina?» tentò di dissuaderla l’uomo dall’altra parte «È presto per cominciare a bere.»
«Non dargli retta» si intromise il ricciolino «Magari un po’ d’alcol ti aiuterà a sciogliere la tensione. Amico» continuò rivolto al barista «Fanne due, belli forti.»
«Posso vedere i vostri ID?» chiese il barman, come da routine.
I due piazzarono sotto gli occhi dell’individuo i rispettivi documenti falsi, che vennero a malapena degnati di uno sguardo, e pochi minuti dopo, accanto alle tessere, comparvero due bicchieri pieni di ghiaccio tintinnante.
«A questa bella amicizia» brindò la Lopez.
«E alla tua iniziazione a questo magico mondo» le strizzò l’occhio Anderson.
Entrambi buttarono giù i drink in pochi sorsi, poi tornarono ad osservare il resto dei presenti.
«Allora, Blaine, cosa vuoi che faccia?»
Lui sogghignò. «Niente di che, devi solo darti un’occhiata in giro, magari riusciremo a trovarti una fidanzata… Vera.»
«E a cosa servirebbe?» chiese, sospettosa.
«A renderti felice, no? E inoltre sarebbe un modo per prenderti una piccola rivincita nei confronti di Brittany che va in giro a fare gli occhi dolci ai migliori amici altrui.»
«Ma neppure sono certa che mi piacciano le ragazze» obiettò Santana «E la tua prima idea è quella di portarmi in un locale gay?»
«Se non indaghiamo non lo sapremo mai» rispose Anderson, facendo cenno al barista di preparare un secondo giro di cocktail.
«Quindi adesso, secondo te, dovrei cominciare a baciare donne a caso per vedere se sento qualcosa, cosa che non ho appunto sentito baciando Matt?»
«Più o meno il piano è quello» replicò lui «Ma prima, meglio che tu beva un altro po’.»
Dopo altri tre bicchieri, Blaine ritenne che Rosario fosse pronta per buttarsi nella mischia. La accompagnò ad un tavolo dove era seduta una biondina intenta a leggere un libro, che, dalla copertina, gli ricordava uno di quelli visti a casa Lopez. Immaginando che le due avrebbero trovato qualcosa di cui parlare, parcheggiò lì San e si allontanò sorridendo, deciso a gustarsi la scena da lontano.
«Ciao» iniziò la sconosciuta.
«Ciao» biascicò il risposta la latina, intontita dai troppi drink.
«Pare che il tuo amico abbia deciso di liberarsi di te» disse la ragazza, sorridendo.
«Spero almeno mi abbia lasciata in buona compagnia» ribattè Santana, cercando di ricambiare il sorriso.
«Questo dipende… Te ne intendi di anatomia? Io starei studiando per un esame e l’apparato del Golgi non è molto socievole.»
«Oh quel libro è proprio uguale a quello del mio patrigno!» commentò la latina, colpita dal titolo che era certa di ricordare dalla libreria di Russell «Comunque, non ho idea di quello che tu abbia detto, lui fa il medico, io no. Ma se vuoi giocare al dottore sono più che disponibile» proseguì.
La bionda si allontanò lasciandole il segno di cinque dita ben visibili sulla faccia.
Una scena simile si ripetè ad un altro tavolo, lasciando Santana sempre più confusa e Anderson sempre più scoraggiato.
«Ancora un bicchiere… Ho sete» si lamentò la giovane, accasciandosi sul bancone.
«L’ultimo» sentenziò l’amico «Con tutto quello che ti sei sgolata mi sorprendo che tu non sia ancora fuori gioco. Ero già pronto a reggerti la testa sul gabinetto.»
«Non parlare di bagni» mugugnò lei «Adesso mi scappa.»
Blaine sospirò e la accompagnò fino ad una porta scura. «Da qui devi andare avanti da sola. Va bene tutto, ma sono pur sempre un uomo e non sono certo il benvenuto lì dentro.»
La Lopez barcollò, varcando la soglia, e finì tra le braccia di una ragazza, che attutì poi la sua rovinosa caduta.
«Scusa» articolò a fatica «Devo aver lasciato tutto il mio equilibrio al fondo dell’ultimo mojito.»
L’ “incidentata” scoppiò a ridere e l’aiutò ad alzarsi.
«Non è certo il modo più efficace di fare conoscenza» continuò l’ispanica «Ma comunque io sono Santana.»
«Elaine» rispose l’altra «Ti ho vista prima, ai tavoli» continuò, senza lasciare la presa che aveva sulla latina «Se vuoi posso farti compagnia per un po’… E se ti va di andare da qualche parte, la mia auto è proprio qui fuori.»
San annuì senza pensare e uscì dal bagno, ancora attaccata ad Elaine.
«Dove stai andando!?» la fermò Blaine.
«Con questa simpatica ragazza, non vedi? Mi pare fosse quello che volessi» ribattè lei, senza comprendere cosa comportasse la scelta di seguire quella sconosciuta.
«Gira al largo, predatrice» ringhiò il ricciolino, agguantando la latina per trascinarla lontano dall’altra donna.
Quella sbuffò e proseguì per la propria strada senza voltarsi.
«Hai idea di quello che stavi per combinare? Ti lascio sola per due minuti e tu finisci tra le grinfie della prima cacciatrice che passa!»
«Sono gli stessi cacciatori che hanno ucciso la mamma di Bambi?» domandò Santana, con le lacrime agli occhi.
Anderson singhiozzò, sconsolato. «Andiamo via, questa non è stata affatto una buona idea… Meglio che ti riporti a casa.»
«Ti arrendi? Non troverai chi ha ucciso la mamma di Bambi?»
«Non ho detto che getto la spugna» rispose, naturalmente ignorando lo straparlare dell’amica «Dobbiamo solo trovare un altro approccio… Magari gli incontri in rete saranno più efficaci.»
La mora fece cenno di sì, accasciandosi poi sulla sua spalla.
«Ma prima dovrai riprenderti da questa piccola sbronza, però fai in fretta, dobbiamo restare nello schema della giornata.»
«Mi spiace tanto che abbiano ucciso la mamma di Bambi…» andò avanti a mormorare San mentre Blaine la riconduceva alla macchina.
 
Brittany arrivò a scuola che le lezioni erano ormai iniziate da un pezzo. Stabilì che, per prima cosa, sarebbe andata a fare colazione in mensa, facendosi passare di nascosto qualche dolcetto avanzato dal pranzo del giorno prima accompagnato da un bel caffè bollente.
Decise di passare dal retro, per non attirare l’attenzione di qualche insegnante di pattuglia per i corridoi. Non le andava di spiegare la natura del suo ritardo.
«Tesoro!» la investì una voce non appena voltò l’angolo che conduceva al cortile secondario.
Sgranò gli occhi: il furgone di prodotti biologici che i suoi genitori dirigevano si trovava parcheggiato nel posto solitamente adibito ad improvvisato campo di basket. Attorno ai signori Pierce c’era una piccola folla di studenti vocianti, intenti a gustarsi i frullati dai gusti più vari.
«Mamma! Papà!» esclamò la bionda «Cosa diavolo ci fate qui!?»
«Dovremmo essere noi a farti questa domanda» osservò James «Tu non avevi lezione di spagnolo?»
Britt sospirò, prima di cominciare a raccontare quanto accaduto a lei e alla sua auto.
«Oh, cucciola, vieni dalla tua mamma!» squittì la signora Pierce, stritolando la figlia in un abbraccio «Non ti preoccupare per la macchina, troveremo una soluzione.»
La ragazza si lasciò coccolare un po’, versò addirittura qualche lacrima, per allontanare del tutto la tensione della mattinata. Quando si riprese ebbe però un paio di domande da rivolgere ai genitori: «Ma voi cosa ci fate qui? Di solito state nel piazzale vicino al centro commerciale, dite che lì si fanno gli affari migliori.»
«Vedi, piccola» iniziò a spiegarle il padre «Da poco, dentro il centro commerciale hanno aperto un chiosco, diretto da quella ditta di prodotti bio, la “All Nature” o roba simile, e ci stanno facendo una concorrenza spietata. Vendono prodotti molto simili ai nostri, ma a prezzi più abbordabili… Ormai sono settimane che non portiamo a casa un incasso decente, così abbiamo deciso di tentare con qualcosa di nuovo, come vendere qui a scuola. Ci sono tanti studenti affamati e non si dice mai di no ad un bel frullato di mango, giusto?» concluse mettendole tra le mani un bicchierone ricolmo di denso composto dal profumo dolciastro.
«Ma perché non me ne avete parlato?» chiese preoccupata «Avete bisogno che venga a lavorare con voi? Posso mollare il liceo se avete bisogno di una mano! Per esempio, adesso sono libera, vi aiuto a sbucciare la frutta.»
«Non c’è bisogno» la fermò la mamma «Un tuo amico si è offerto volontario per darci una mano. Ci hanno detto che voi due avete diretto la rivolta per le crocchette contro quella maledetta catena di soffia-clienti-a-tradimento, per cui ci è sembrato carino accettare la sua proposta.»
Sam uscì da dentro il furgone reggendo un vassoio di mele sbucciate e le sorrise amichevolmente. Brittany spalancò la bocca, per un attimo dimentica del sommo tradimento che gli aveva visto compiere il giorno prima.
«Ciao, come mai qui? Non dovresti essere ad annoiarti a suon di cucaracha?» le chiese il belloccio.
«Quello che faccio non è affar tuo» rispose acida, riattivando il cervello «E, per la cronaca, anche tu dovresti essere a lezione, non qui a servire frullati. Questi sono i miei frullati, dal furgone della mia famiglia e quelle che hai lì» continuò «Sono le mie mele. Adesso sloggia» concluse strappandogli il vassoio dalle mani, poi fece dietrofront e si allontanò, senza aver bene idea di dove andare, ancora con il mucchio di mele con sé.
«Lasciala perdere» disse il signor Pierce «Ha avuto un brutto inizio di giornata, inoltre credo abbia litigato con la sua ragazza, quindi il risultato è questo fastidioso nervosismo. Le passerà presto.»
 
Quinn aveva osservato la scena da lontano, ribollendo di rabbia. I frullati Pierce stavano andando a ruba, aumentando ancor di più la popolarità di una delle sue arcinemiche. Si domandò dove fosse Santana, ma al momento la cosa non le importava più di tanto. Era in attesa di veder attuato il proprio piano per tornare al vertice della piramide sociale, doveva solo aspettare di veder uscire Finn e i suoi compagni dagli spogliatoi della palestra.
I ragazzi, chiassosi e giocondi, comparvero in pochi minuti, diretti alle aule per le lezioni dell’ora successiva. Anche lei avrebbe dovuto sbrigarsi per non mancare a biologia, ma prima doveva verificare che tutto avesse funzionato a dovere.
Hudson si trovava circondato dalla sua solita cricca di Titans ed era chiaro che stesse mostrando loro qualcosa sul proprio telefonino.
Un sorriso trionfale comparve sul viso della Fabray, ma si affrettò a mascherarlo con un broncio da perfetta arrabbiatura. Si scompigliò un po’ i capelli, per conferirsi un’aria da vera furia, e partì alla carica.
«Finn Hudson!» esordì «Lo sapevo che non mi sarei mai dovuta fidare di te! Inviarti quelle foto è stato un terribile errore, adesso tutti avranno…» Le parole le morirono in gola quando vide cosa avesse attirato l’attenzione di tutti: un video di una coppia di marmotte doppiate in maniera spiritosa.
«Cos’hai da urlare tanto, Q?» si meravigliò il quarterback «Stavo facendo vedere ai ragazzi questa scena magnifica. Non sono spassosissimi questi animaletti?»
Quinn cercò di recuperare un certo contegno, poi rispose: «Ero preoccupata che stessi mostrando loro… Quelle foto che ti ho spedito ieri… Sì, insomma, sai… Quelle di me mentre provavo la mia nuova biancheria.»
«Ma amore, mi hai preso per uno stupido? Le ho cancellate subito, sapevo che tu non volessi che circolassero per tutto il McKinley. Sono o non sono il ragazzo migliore del mondo?»
La bionda non lo degnò di una risposta. Girò i tacchi e andò in classe cercando di sbollire la rabbia.
Il suo geniale tentativo di farsi una reputazione da “cattiva ragazza” era miseramente fallito.
 
Blaine riportò Santana a casa, come aveva promesso, e restò a vegliare su di lei fino a pomeriggio inoltrato, rubacchiando cibo dal frigorifero e facendo zapping sul televisore gigante. Finiti i programmi interessanti, abbandonò la latina sul divano del salotto, su cui giaceva addormentata, e si mise a curiosare in giro.
Non potè resistere alla tentazione di entrare in camera di Quinn, voleva indagare più a fondo sulla biondina reginetta mancata.
La stanza appariva ordinata, composta e inquietantemente geometrica, come ci si sarebbe aspettato solo dalla capo cheerleader, da un genio matematico incompreso o da un represso serial killer. Le pareti erano tappezzate di poster ritraenti le maggiori quadre di cheerleading del Paese, ma non mancavano foto delle Cheerios, in cui Quinn svettava sempre sopra le altre, attirando l’attenzione col proprio smagliante sorriso.
Il buonsenso e il rispetto per la privacy altrui avrebbero dovuto spingere il ragazzo ad uscire, ma la tentazione di ficcanasare ancora un po’, vedendo il laptop lasciato in standby, ebbe la meglio.
Anderson smosse il mouse e subito la schermata prese vita, permettendogli di curiosare tra i vari file.
Passò rapidamente in rassegna le immagini e ne trovò alcune decisamente imbarazzanti che, notò, erano state caricate solo il giorno prima. Scosse la testa, immaginando che la Fabray avesse attuato un piano disperato per far di nuovo parlare di sé.
«Vediamo se c’è qualcosa di davvero interessante» mormorò tra sé e sé, proseguendo nella ricerca tra le cartelle di documenti.
Venne incuriosito da una specie di calendario che portava evidenziati a volte pochi giorni, altre volte interi mesi. Si dividevano in colori diversi, ma mancava la legenda per poter decifrare quella specie di codice. L’unica cosa chiara era la scritta: “PILLOLE” che compariva con regolarità seguita da diversi strani nomi clinici.
Quell’indizio in più fu sufficiente a placare la sua curiosità, soddisfatta in ultimo da un tubetto di pillole che riuscì ad individuare, nascosto dentro il cassetto del comodino.
«Blaine» si sentì chiamare «Lo so che sei ancora qui! Smettila di ficcare il naso in giro e vieni ad aiutarmi!»
«Arrivo subito, Santana» rispose prontamente, lanciandosi giù per le scale.
«Perché ho questo fastidioso mal di testa? E come ci siamo arrivati qui? Ricordo solo di essere caduta addosso ad una tizia in un bagno… E poi c’era Bambi…»
«Meglio che non ti stia a raccontare i particolari» farfugliò lui, cercando di mascherare le risate che gli salivano alle labbra al ricordo della scena allo “Scandals”.
«Deduco che io non abbia fatto una bella figura con quelle ragazze…» commentò amaramente la latina.
«Non ti disperare, mia cara» la rassicurò lui «Ho già pronto un piano di riserva. Se tu fossi così gentile da lasciarmi usare il tuo PC, ti mostrerò un sito che fa proprio il caso tuo.»
Insieme andarono in camera della ragazza e dopo pochi minuti Blaine aprì la pagina multicolore di un sito di incontri.
«Questo è l’ultima frontiera dell’online-dating per gay e lesbiche. Basta completare il tuo profilo, metterlo in rete e vedrai che stasera avrai già il primo appuntamento» spiegò Anderson, mostrandole cosa fare.
«Tu sei iscritto?»
«Ovvio.»
«Non mi pare di vederti felicemente innamorato della tua anima gemella» osservò l’ispanica.
Lui fece spallucce. «Non ho mica detto che sia affidabile. Lo sanno tutti che questo genere di cose è perlopiù una frode.»
«Ma…» tentò di obiettare la mora.
«Ma nel tuo caso andrà più che bene, fidati» la zittì Blaine «Adesso comincia a scrivere le “Cose da sapere di me”.»
Dopo mezz’ora il profilo venne ufficialmente pubblicato.
«Continuo a pensare che il tuo esordire con “mi piacciono i gamberetti, le cose da nerd e la buona musica” non sia stata la scelta più azzeccata, anche perché il seguito è tutto un “odio questo e quest’altro”. Dubito che qualcuna ti contatterà con un atteggiamento così chiuso. Non hai rivelato nulla di te!» disse Anderson, abbandonandosi sul letto, ancora disfatto, della ragazza.
«Uomo di poca fede» sghignazzò Santana «Guarda qui!»
Lui scattò in piedi e si avvicinò allo schermo. «Non ci credo… Sarà una vecchia racchia in cerca di…»
La latina cliccò sul profilo del soggetto e comparve la foto di una bella ragazza sorridente.
«Uno a zero per te, Lopez» ammise sconfitto «È proprio uno schianto.»
«Adesso che faccio?» domandò lei, indecisa su come comportarsi.
«Chiedile se le va di uscire questa sera, andate in un bar per parlare e conoscevi un po’.»
«Ma non è un po’ prematuro?»
«No, gli incontri online funzionano così. Vedrai che accetterà.»
L’intrigante Danielle Garlan parve entusiasta dell’idea di incontrare Santana quella sera stessa e ciò decretò Blaine come stilista personale della latina. Il ragazzo si impose di prepararla a dovere per quel primo appuntamento, truccandola, acconciandola e costringendola persino ad indossare un vestito.
 
Nello stesso momento, nel cortile secondario del McKinley, Brittany ebbe il secondo incontro con Sam. Aveva evitato lui e i genitori per tutto il corso della giornata, ma aveva bisogno di un passaggio per tornare a casa e il furgone dei frullati era la sua unica possibilità.
«Mi vuoi spiegare che cosa c’è?» le domandò Evans, cogliendola alla sprovvista «Io cerco di essere gentile e tu mi tratti come se fossi una persona orribile.»
«Perché lo sei» sibilò lei «Ti senti in colpa ed è solo per quello che sei qui ad aiutare i miei.»
«In colpa? Perché dovrei sentirmi in colpa?»
«Per essere andato a letto con la donna che ha rubato il business alla mia famiglia» rispose lei con rabbia.
«La donna…? Ma di cosa stai parlando?» chiese spaesato.
«Quella della ditta di prodotti biologici, contro cui, nel caso non te lo ricordassi, abbiamo protestato solo ieri! Sei disgustoso» concluse Britt, intenzionata ad andarsene senza aggiungere altro.
«Tu non hai capito proprio niente» la fermò Evans «Lascia che ti spieghi.»
«Non voglio starti a sentire, lurido donnaiolo!»
«Quella donna è mia sorella» disse «Forse dovresti ascoltare le persone prima di saltare a conclusioni affrettate.»
La bionda rimase interdetta e si preparò a scusarsi, ma Sam la ignorò e corse via.
Lo rincorse fino all’aula del Glee, che ancora risuonava delle prove da poco concluse del club.
«Sam» cominciò «Mi dispiace davvero. Non avevo idea che lei fosse tua sorella. Sono stata stupida a giudicarti… Ti prego, perdonami! Non posso sopportare l’idea di aver irrimediabilmente offeso anche te.»
Lui sollevò lo sguardo dalle corde della chitarra, che stava strimpellando in modo quasi violento. «Mi hai molto deluso, Brittany. Pensavo che tu fossi una persona stupenda, ma le tue parole mi hanno ferito davvero» rispose interrompendo la tortura dello strumento.
«Io… Io non ho idea di come fare ad implorare il tuo perdono. Mi dispiace, davvero.»
Evans sospirò. «Capisco che quello che hai visto potesse facilmente essere frainteso.»
«Ma io me la sono comunque presa con te senza darti la possibilità di spiegare. Sono stata ingiusta» ribattè la bionda.
«Senti, l’importante è che ora abbiamo chiarito questo malinteso. E comunque accetto le tue scuse, non riesco ad essere arrabbiato con te.»
Brittany sorrise, sollevata.
«Inoltre ho capito che oggi per te è stata una brutta giornata… Hai litigato con Santana?»
«In questo momento lei non mi rivolge la parola» ammise «E la cosa mi fa stare abbastanza male.»
«C’è qualcosa che posso fare per farti stare meglio?» domandò il giovane, avvicinandosi pericolosamente.
«Oh, avrei un paio di idee a riguardo…» rispose maliziosa.
In breve le loro mani cominciarono a correre freneticamente su e giù lungo le schiene, mentre le loro labbra si scontravano in baci sempre più appassionati.
Non era più una semplice questione di lesbiche o meno, tra loro c’era qualcosa di sincero, Britt ne era convinta. Era pronta per il grande passo.
Le sue dita cominciarono ad accarezzare l’orlo della maglietta di Sam, cercando la fibbia della cintura.
Ma lui, senza preavviso, si staccò da lei.
«Non… Posso… Mi spiace, scusa. Non è così che deve essere… Scusa. Vado via» balbettò raccattando la chitarra.
La Pierce rimase di sasso, sconvolta dall’improvviso rifiuto. Confusa e con il morale sotto i tacchi, si trascinò a fatica fino al furgone, dove i genitori la stavano aspettando.
«Ma dove ho sbagliato?» continuò a chiedersi sulla via del ritorno. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno e quel qualcuno poteva essere solo Santana.
 
La latina, giunte le sei, ora stabilita per l’appuntamento, fu scarrozzata da Anderson fino al locale dell’incontro, un piccolo bar ristorante nel centro città.
San entrò titubante e, senza muoversi dalla porta, cercò con lo sguardo la fantomatica Danielle.
Notò una ragazza bionda seduta davanti ad un cocktail di gamberi che sorrideva nella sua direzione. Non poteva sbagliarsi.
Cercò di muovere un passo in direzione di quella che era la sua potenziale prima ragazza, ma i piedi rifiutarono di schiodarsi.
Nella sua testa cominciò a farsi tutto chiaro: non aveva bisogno di trovarsi un rimpiazzo, lei aveva una ragazza, anche se per finta. Non era questione di farsi piacere altre donne. A lei piaceva Brittany e nessun’altra.
Guardò un’ultima volta la povera Danielle, che avrebbe, per sua sfortuna, ricevuto un bel due di picche, perché Santana tirò fuori il telefono, mandò un messaggio a Blaine chiedendogli di venirla a prendere e poi uscì, senza concedere neppure una possibilità alla teoria dell’online-dating.
«Ma che ti è preso?» la assalì l’amico una volta che l’ebbe caricata in macchina.
«Non voglio uscire con altre ragazze.»
«Maschi?»
«Neppure con loro.»
«Questo limita molto le tue possibilità» osservò lui.
«La questione è che non voglio nessuno di diverso da… Lei» concluse in soffio la Lopez.
Anderson le lanciò uno sguardo amorevole.
«Vedere altre persone non cambierà quello che provo per lei. Non è questione di genere, è qualcosa che va al di là di uomo o donna» continuò lei.
«Cara» mormorò lui con fare confidenziale «Perché non le dici quello che provi?»
«Perché siamo amiche fin dall’alba dei tempi! Se lei non ricambiasse, il nostro rapporto ne uscirebbe distrutto! Sarebbe tutto strano e alla fine ci allontaneremmo, fino a che un giorno, tra vent’anni non incapperemo l’una nell’altra al supermercato, ci scambieremo un abbraccio imbarazzato balbettando di quanto fossero belli i vecchi tempi, per poi non vederci mai più.»
«O» sorrise lui «Confessi tutto e lei dice di ricambiare e a quel punto vivete per sempre felici e contente.»
«Senti, Maestro di Vita, non dirmi che credi alle cretinate sul vero amore…»
«Non ho detto questo» rispose Blaine «Ma se c’è una coppia che a parer mio si avvicina all’idea che me ne sono fatto, beh, siete voi due.»
«Quante assurdità» commentò la latina, tirando poi fuori il cellulare dalla borsa perché aveva ripreso a squillare, per la centesima volta quel giorno.
«Ma dai!» esclamò il ragazzo «Non ha fatto altro che chiamare e mandare messaggi di scuse tutto il giorno! Vuoi farmi credere che questo attaccamento si limiti alla semplice amicizia?»
«Sì, tu non la conosci… Siamo solo amiche, lei non potrebbe mai…»
«E come fai a dirlo? Magari, e dico, magari, lei prova lo stesso per te, ma è troppo spaventata per parlartene. Dopotutto, ho visto come vi siete baciate e, fidati di un esperto, servono due persone per fare un buon bacio.»
«Ma allora la sua ossessione per Sam come la spieghi?» osservò San.
«Semplice compensazione: vuole lui perché è l’uomo più irraggiungibile sulla piazza, perché in fondo non vuole avere lui, ma vuole…»
«Me…» concluse la latina.
«Sono contento di notare che la nostra intesa va sempre migliorando. Ora ci finiamo le frasi a vicenda» ridacchiò.
Una volta tornata a casa, Santana si abbandonò sul proprio letto, telefono alla mano.
Fissò lo schermo osservando il susseguirsi delle cifre dell’orologio.
19:28
“Hakuna Matata” partì al massimo volume, mostrando la foto della Pierce.
Fece un profondo respiro. Quel giorno aveva imparato davvero una lezione di vita: non esisteva vita senza Brittany.
«Ciao» rispose accettando la chiamata «Mi spiace di averti ignorata oggi.»
«Grazie a Chuck Norris!» esclamò la voce dall’altra parte «Stavo per arrendermi.»
«Allora» riprese l’ispanica «C’è qualcosa che vorresti dirmi?»
«Non separiamoci mai più» rispose la bionda «Oggi è stata una giornata d’inferno e l’unica cosa che volevo era averti lì con me.»
Santana sorrise a quelle parole. Forse aveva una speranza.

NdA: sono molto molto molto spiacente per il ritardo, ma spero che la lunghezza del capitolo serva a farmi perdonare almeno in parte. È inutile che stia a perdermi in chiacchiere su quanto sia dispiaciuta, per cui passo ai ringraziamenti: a wislava e WankyHastings per le recensioni, a coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite e ovviamente un grazie a tutti i lettori soprattuto per essere stati clementi e pazienti. Cercherò di velocizzare gli aggiornamenti, ma comunque non posso garantire alcun tipo di puntualità, scusate. Se avete tempo da perdere e volete rimanere aggiornati su quello che faccio potete passare dalla mia pagina Facebook che trovate QUI. Direi che è tutto gente, alla prossima.
   
 
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