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Autore: Soly_D    10/01/2015    4 recensioni
«Sono sicuro che Robin-chan apprezza di più un cuoco che le apre il suo cuore rispetto ad uno spadaccino che non ha nemmeno le palle di farle un complimento!». A quelle parole Zoro fremette di rabbia. «Mi stai dando del codardo, cuoco da strapazzo?».
«Sì!», esclamò l’altro di rimando. «E visto che non trovi il coraggio di dichiararti a Robin-chan, allora me la prendo io!».
[ZoRobin, SaNami]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Nico Robin, Roronoa Zoro, Sanji, Z, Zoro\Robin | Coppie: Sanji/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zoro si accorse di essere sveglio quando sentì un frusciare di pagine solleticargli le orecchie e un delicato profumo di fiori, fin troppo familiare, invadergli piacevolmente le narici. Aprì di poco l’occhio sano: Robin, come immaginava, era seduta sulla sua sdraio e sfogliava un tomo grosso e visibilmente antico, sorseggiando di tanto in tanto il suo drink. Gli occhi di ghiaccio scorrevano avidi tra le righe, le dita bianche e affusolate accarezzavano delicatamente la carta ruvida. A Zoro piaceva guardarla.
Gli piaceva guardarla quando si appoggiava all’albero maestro dopo una sessione di allenamento intensivo, perché la sua immagine gli donava ancora più pace e più calma per addormentarsi. Ma gli piaceva anche trovarla davanti a sé al proprio risveglio, perché gli trasmetteva la giusta carica per aprire completamente gli occhi e rimettersi in azione.
Sorrise impercettibilmente, aprendo del tutto l’occhio per godere interamente di quell’immagine paradisiaca, quando quest’ultima venne deturpata dall’arrivo di quel damerino del cuoco, il quale andò incontro all’archeologa con un sorriso emozionato stampato sul volto e un piattino tra le mani.
«Ti ho portato il dolce, Robin-chan!», squittì mellifluo, mostrando all’archeologa il suo operato in un gesto fin troppo teatrale.
Robin chiuse il libro, riponendolo sulle gambe, e sorrise affabile al cuoco.
«Grazie, cook-san, mi ci voleva proprio. Di cosa si tratta?».
«Torta di mele», rispose Sanji, inchinandosi e avvicinandole il piattino al viso.
Robin afferrò il cucchiaino per poi affondarlo nel dolce e portarselo alla bocca.
«Delizioso», si complimentò, leccandosi le labbra [un po’ troppo sensualmente, per i gusti di Zoro]. «Come sempre, d’altronde».
La figura di Sanji venne avvolta da un alone di cuoricini e arcobaleni.
«Oh, Robin-chan, così mi fai arrossire!», rispose, volteggiando stupidamente su se stesso.
Zoro non si era mai preoccupato delle attenzioni che Sanji rivolgeva a Robin perché in fondo il cuoco trattava in quel modo ogni donna di discreta bellezza. E Robin non era solo bella, di conseguenza Sanji le rivolgeva complimenti ancora più melensi e smancerie ancora più patetiche.
Lo spadaccino richiuse l’occhio, con tutta l’intenzione di tornare a dormire.
«Sai, Robin-chan, ho utilizzato un ingrediente molto particolare per questo dolce».
«Quale, cook-san?». Seguirono pochi attimi di silenzio in cui Zoro si chiese, non senza un certo fastidio, cosa stesse accadendo, e valutò l’idea di ritornare a spiare i due interlocutori. Poi la voce di Sanji, distorta dalla dolcezza con cui si rivolgeva alle donne, mise fine ai suoi dubbi.
«L’amore, Robin-chan. Ci ho messo l’amore».
Lo spadaccino storse il naso, ma continuò a starsene ad occhi chiusi.
«Pensavo che ci mettessi amore in ogni tuo piatto», sentì dire all’archeologa con tono perplesso.
«Oh, ma è così, Robin-chan! Quando cucino, metto nei miei piatti tutta la passione che provo per l’arte culinaria. Ma in questa torta ci ho messo un tipo diverso di amore... il mio amore... per te!».
Zoro aprì di scattò l’occhio: Sanji guardava Robin come una dea scesa in terra, mentre lei sembrava confusa, indecisa se parlare o meno.
«Per me?», ripetè incredula, alternando occhiate al piattino e al viso del cuoco.
«Sì, mia adorata. Era da tanto che desideravo dirtelo».
Sanji poggiò il piattino sul tavolo e si mise in ginocchio, cercando le mani dell’archeologa e stringendole tra le sue.
Il suo sguardo, ora, era dannatamente serio, ben lontano da quello da cascamorto che lo caratterizzava.
«Io... credo proprio di amarti».
Robin si lasciò sfuggire un “Oh” di stupore e Zoro, a pochi passi da loro, strinse i pugni reprimendo la voglia di mettersi in piedi e sfoderare le sue spade. «Sanji», cominciò Robin, con aria quasi materna. «Tu non ami forse tutte le donne?».
«Sì, ma per te provo qualcosa di diverso, qualcosa di più profondo. Io mi sono innamorato di te, Robin-chan».
Robin sorrise, ma un attimo prima che potesse aprire la bocca Zoro scattò in piedi e ridusse la distanza che lo separava dall’archeologa e dal cuoco.
La sua figura, ora, troneggiava minacciosa su quella del malcapitato. «Direi che basta così», proclamò, la vena che pulsava violentemente sulla tempia. «Falle mangiare in santa pace quel dannato dolce e tornatene in cucina prima che ti faccia a fettine».
Sanji lo fissò indignato, gli occhi ridotti a due fessure.
«Ma non ci penso nemmeno!», esclamò mettendosi in piedi. «Come ti sei permesso di interrompere la mia dichiarazione a Robin-chan?!».
Zoro lo fulminò con lo sguardo. «Chiacchiere, a Robin non interessano queste smancerie».
Sanji gli si avvicinò sfidandolo con lo sguardo. «Cosa ne sai tu di ciò che interessa o meno a Robin-chan?».
Zoro non seppe cosa rispondere. Non lo sapeva. Come avrebbe potuto?
Aveva detto quelle parole solo perché era lui che disprezzava quel patetico romanticismo, specie se rivolto da Sanji a Robin, ma forse... forse a lei piaceva. Era pur sempre una donna.
«Sono sicuro che Robin-chan apprezza di più un cuoco che le apre il suo cuore rispetto ad uno spadaccino che non ha nemmeno le palle di farle un complimento!». A quelle parole Zoro fremette di rabbia.
«Mi stai dando del codardo, cuoco da strapazzo?».
«Sì!», esclamò l’altro di rimando. «E visto che non trovi il coraggio di dichiararti a Robin-chan, allora me la prendo io!».
Allungò la mano verso l’archeologa e la tirò delicatamente verso di sé, per poi stringersela al petto.
Robin non si oppose, ma rimase in silenzio a sorridere sotto lo sguardo esterrefatto e addolorato di Zoro.
Lo spadaccino si sentì invaso da una rabbia incontrollabile. Afferrò Robin per un braccio e la allontanò bruscamente dal cuoco, spingendola via.
«Chi ti dà il diritto di decidere cosa è meglio per lei, eh?!».
Sanji sorrise furbescamente. «Nessuno. Propongo uno scontro diretto».
Zoro portò istintivamente una mano sulle spade.
«Per il cuore di Robin-chan», proclamò il cuoco, indicando con lo sguardo l’archeologa ferma poco più in là.
«E sia!», gli concesse Zoro, guardandola a sua volta.
Lo spadaccino e l'archeologa si scambiarono una lunga occhiata consapevole.
Ormai Robin doveva aver capito quali fossero i suoi sentimenti, tanto valeva mostrarle che per lei era disposto anche a combattere.
Infine Zoro si rivolse nuovamente a Sanji e i due contendenti si guardarono un’ultima volta, prima di lanciarsi nello scontro.
Si mossero l’uno verso l’altro, il cuoco sollevando la gamba e lo spadaccino sfoderando le sue tre spade.
Ma prima che il potente calcio entrasse in contatto con la lama affilata, due sonori pugni si infransero sulle teste dei combattenti, bloccandoli e stordendoli all’improvviso. Entrambi si accasciarono per terra con un grosso bernoccolo dolorante sulla testa.
«Voi due idioti non vi alzerete nemmeno un dito per Robin!», urlò Nami con occhi fiammeggianti di rabbia. «Ed ora tu vieni con me!», aggiunse, afferrando Sanji per un orecchio e trascinandolo via.


Sistemandosi le spade sulla schiena, Zoro si accorse che Robin lo fissava con un sorriso enigmatico tra le labbra.
«Che c’è?», borbottò, voltando lo sguardo di lato.
Aveva fatto la figura dell’idiota. Come pretendeva di avere una misera possibilità con lei che era sempre così composta, così perfetta?
«Ti sembro una persona particolarmente loquace, Zoro?», gli chiese Robin, spiazzandolo.
«No», rispose lui di getto, pur non capendo il motivo di quella domanda.
Decisamente no, Robin era una persona di poche parole. Un po’ come lui, che con le parole era un disastro ed evitava di usarne troppe. Quel pensiero riaccese un minimo di speranza nel cuore dello spadaccino. Qualcosa in comune, in fin dei conti, ce l’avevano.
«Esatto», disse Robin, andandogli lentamente incontro. «Cosa ne deduci?».
Ora lei era a pochi centimetri da lui. Zoro si grattò la testa, confuso. «...che preferisci startene in silenzio?».
«...che non mi servono discorsi strappalacrime o complimenti alla maniera di Sanji».
Zoro sgranò gli occhi, cogliendo al volo il concetto.
Nell’ultimo periodo aveva notato qualcosa di diverso anche in Robin: occhiate più lunghe e più profonde del solito, sorrisi sfuggenti, chiacchiere sussurrate all’orecchio di Nami mentre lo guardava con un velo di malizia negli occhi. Si era imposto di pensare che fosse tutto frutto della sua immaginazione, ma ora Robin gli stava confermando che era tutto vero. Ed era anche più di quanto si aspettasse.
«Mi basta un segno qualunque, spadaccino», concluse l’archeologa.
Robin aveva capito tutto, ormai, e aspettava solo che lui facesse la sua mossa.
Ma Zoro le donne non le aveva mai capite: non sapeva come comportarsi, non sapeva cosa volessero, non sapeva cosa fosse l’amore.
«Perché una come te dovrebbe amare uno come me?». La domanda gli uscì dalle labbra ancora prima di averla pensata.
Robin sorrise dolcemente. «Me lo sono chiesta tante di quelle volte che sono giunta ad un’unica conclusione».
«Quale?», chiese Zoro, ammaliato dalla piega che aveva preso il discorso.
Robin gli si avvicinò ulteriormente: a quella distanza, Zoro riusciva a cogliere tutte le sfumature dei suoi occhi azzurri.
«Non esiste una risposta», sussurrò lei muovendo appena le labbra, quasi fosse un segreto.
Zoro la guardò negli occhi e non ci fu bisogno di altre parole.
La mano si mosse automaticamente verso la schiena della donna, spingendola a sé per poterla baciare senza esitazione.
Le labbra di Robin erano morbide e carnose, così diverse dalle sue, sottili e screpolate.
E la pelle liscia e diafana contrastava con la sua, ruvida, abbronzata.
E i capelli color pece erano così vellutati rispetto ai suoi, ispidi.
E tra le sue braccia grandi e muscolose sembrava così esile e fragile da potersi spezzare alla minima pressione.
Erano troppo diversi, eppure a nessuno dei due sembrava importare.
Si staccarono solo un attimo per riprendere fiato. Zoro poggiò la fronte contro quella di Robin, il respiro di lei che gli solleticava il viso.
«Lo sai, no?, che per me verranno sempre prima loro tre», la avvertì, indicando con lo sguardo le spade.
Robin annuì con un sorriso e Zoro continuò. «...che non ti chiamerò con stupidi nomignoli affettuosi, che non ricorderò mai gli anniversari, che non ti farò regali, che non ti dirò “Ti amo” o cose così».
«Non importa». Questa volta fu Robin a baciarlo, accarezzandogli con il pollice la cicatrice sull’occhio.
«Sei qui con me. È questo che conta». Parole sussurrate contro le sue labbra.
Un altro bacio, poi un altro e un altro ancora.
«Giuro che se il cuoco si comporta di nuovo come prima lo faccio veramente a fettine».
«Zoro... ma non ti sei accorto che l’ha fatto per noi? Il suo cuore appartiene a Nami».
Lo spadaccino scosse la testa esasperato. «Un giorno lo ringrazierò. Un giorno molto lontano, si intende».


***


«Erano vere quelle cose?».
Sanji si massaggiò l’orecchio arrossato a causa della stretta nella navigatrice.
«Quali cose, Nami-san?».
«Quelle che hai detto a Robin. Che la ami e tutto il resto».
Il cuoco la guardò. Aveva le braccia incrociate al petto e il cipiglio più severo del suo repertorio, ma era rossa dall’imbarazzo ed evitava di guardarlo troppo negli occhi. Sanji sorrise dolcemente. «Erano vere».
Si preparò a subire l’ira della navigatrice, ma inaspettatamente quest’ultima sbuffò, gli occhi pieni di delusione.
«Insomma, perché? Hai sempre detto che ero io l’unica regina del tuo cuore e blablabla. Perché all’improvviso ti sei dimenticato di me? Forse perché ti sei stancato di essere rifiutato? O perché Robin è più bella di me, più matura?».
Gesticolava vivacemente per enfatizzare l’idea. Sanji le afferrò le mani e se le strinse al petto, facendola arrossire ulteriormente.
«Nami-san, quelle cose erano vere perché io immaginavo il tuo viso al posto di quello di Robin-chan».
La navigatrice sgranò gli occhi e Sanji continuò, senza smettere di sorridere.
«Ho finto di amare Robin-chan per far ingelosire il marimo e spingerlo a dichiararsi. Per quanto volgare e insensibile sia, lei lo ricambia e possono essere veramente felici solo se stanno insieme».
Nami lo fissava con sguardo indecifrabile. «Giuramelo».
«Lo giuro sull’amore che provo per te, Nami-san».
Sanji aveva appena terminato la frase quando si ritrovò le labbra di Nami sulle proprie.
Questa volta fu il suo turno di spalancare paurosamente gli occhi, ma non ci mise molto a fare due più due: poggiò le mani sui fianchi della navigatrice e la strinse a sé, sorridendo contro la sua bocca.
A quanto pare, fingersi innamorato di Robin non era  servito solo a quel buzzurro di Zoro.

















Note dell'autrice:
Oneshot scritta di getto che spero possa piacervi. Ultimamente mi sto appassionando veramente tanto a One Piece, quasi ai livelli di Naruto, quindi può darsi che mi vedrete tornare con altre oneshot o raccolte. Spero che questa storia vi sia piaciuta e che mi farete sapere cosa ne pensate!
Grazie mille a tutti, alla prossima!

Soly Dea

  
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