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Autore: naley3gwain46    11/01/2015    0 recensioni
la storia è una Newtmas ovvero slash ovvero gay newt e thomas sono i protagonisti principali.. segue le vicende de la rivelazione quindi il terzo libro quindi è spoiler per chiunque non l'abbia letto, vengono rivelati eventi importanti della trama già qui quindi non continuate a leggere...
inizia con un salto temporale dopo le vicende di denver ovvero la tragica morte di newt... è un sequel potremmo definirlo che cerca di dare un finale migliore al terzo libro.. amo questi due personaggi e ho voluto dare una degna conclusione al diavolo james [non ho apprezzato molto la rivelazione mi aspettavo molto di più] che altro dire è una mia visione moffattiana personale e può non essere condivisa..
I suoi occhi.Gli occhi più gentili e più dolci che avesse mai visto, folli, persi, vuoti.
Gli stessi occhi che ora lo stavano fissando, con i capelli biondi e sparati a incorniciare uno sguardo assonnato e apprensivo.- Lo hai sognato di nuovo vero?-gli disse- Non mi sorprende, probabilmente la tua mente ti sta dicendo di lasciar perdere.-
-Credimi più faccio questo sogno più sono determinato ad andare avanti- rispose.
All’improvviso lo tirò a sé e lo strinse contro il suo petto con
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Due mesi dopo gli avvenimenti di Denver..                  
 
 
Era immobile dritto su quel burrone  e fissava l’acqua sotto di lui.
La luce del sole filtrava dai rami.
L’acqua scura sul fondo della cascata assordava le orecchie.
Era uno spettacolo inquietante, la potenza della natura, la violenza con cui l’acqua si rifrangeva contro le rocce.
La violenza .
Quella parola rimbalzava nella sua mente comportandosi come un eco trasportato dal vento e in ogni luogo in cui si posava risvegliava un ricordo orribile.
Quella vista, quella furia indomabile, avrebbe spaventato chiunque, eppure Thomas ne era stranamente attratto.
Quel luogo esercitava su di lui lo stesso magnetismo che una bottiglia poteva esercitare su di un alcolista.
Quel salto era la risposta.
Era la sua via d’uscita.
Era stanco.
Era stanco delle notti popolate da incubi.
 Era stanco delle visioni ad occhi aperti.
Era stanco anche dei bei sogni, perché finivano tutti nello stesso modo, con il ritorno alla realtà.
E la realtà era crudele, sleale,spietata e ingiusta ma soprattutto era Definitiva.
LUI NON C’ ERA PIÙ.
Quello era il modo in cui lui lo aveva lasciato.**
Nessuna speranza.
Nessuna gloria ad attenderli.
Niente più amore.
Non c’era più nessun lieto fine per loro.
Il lieto fine aveva abbandonato la sua vita per sempre esattamente come aveva fatto il suo amico.
Si era convinto nei primi giorni dopo Denver che tutto sarebbe andato bene.
 Ci aveva provato, Dio solo sa quanto avesse provato a far andare le cose per il verso giusto.
Aveva cercato, per amore dei suoi amici, dei pochi che gli erano rimasti almeno, per Brenda e per Minho, di andare avanti, di fare quello per cui la Cattivo lo aveva scelto, quello che era capace di fare meglio, fare il leader, Sopravvivere.
Un sorriso amaro increspo le sue labbra.
Aveva organizzato il campo, diviso i compiti, proprio come Alby aveva fatto nella radura.
Ma una volta che non c’era più niente da organizzare, più nessun labirinto da esplorare, erano iniziati gli incubi.
Erano iniziate le visioni.
Era ricominciata la sua lenta e inesorabile discesa verso l’abisso.
Una sera si trovavano tutti intorno al fuoco, e lui era scattato in piedi, tra il tremolio del fuoco l’aveva visto.
I capelli strappati, il volto stravolto, i vestiti insanguinati.
Da allora ovunque andasse aveva iniziato a vederlo, nel bosco, nell'accampamento, intorno al fuoco, in riva al fiume.
Vedeva il suo fantasma costantemente, il suo sguardo accusatore che lo fissava.
A volte aveva provato anche a parlargli, a dirgli che non era colpa sua, che era stato lui a chiederglielo.
Che aveva semplicemente fatto quello che lui gli aveva chiesto.
Con le lacrime agli occhi gli aveva urlato contro che era dispiaciuto, che non voleva, che non aveva mai voluto tutto questo, che voleva essere lui quello morto, che avrebbe dato la sua vita per riportarlo indietro, lo aveva implorato di dirgli come fare.
Era caduto in ginocchio scosso dai singhiozzi.
Ma quello si limitava a fissarlo muto, impassibile.
Lo sguardo disgustato come quella volta al palazzo degli spaccati.
 “la tua sola vista mi disgusta”.
 “E’ colpa tua..E’ colpa tua”
Quelle frasi perforavano la sua mente giorno e notte e  si diffondevano come il veleno.
Per un attimo iniziò a credere di aver contratto l’eruzione ma sapeva che non era così.
E agli incubi che viveva da sveglio si aggiungevano i sogni che faceva la notte.
Quelli forse erano pure peggio.
Inizialmente erano solo momenti della loro vita nella radura, ricordi in cui lui era felice, o comunque stava bene.
Momenti che avevano diviso insieme.
Altre volte erano sogni in cui il suo amico non era mai stato malato.
In cui vivevano  felici, insieme nel loro nuovo accampamento, sogni in cui lui non lo odiava.
Sogni in cui lui lo ritrovava, sogni in cui lui faceva di tutto per convincerlo che quello non era un sogno, che stava bene, che non era morto, che potevano tornare ad essere amici ad essere felici, a stare di nuovo insieme.
E proprio nel momento in cui il Thomas si convinceva di questa realtà, si svegliava.
Strappato dal sogno e rigettato di nuovo nell'incubo da cui non si poteva svegliare.
Da cui non si sarebbe mai svegliato.
Ed era così che Minho lo ritrovava, sempre con lo sguardo perso a fissare un punto vuoto, terrorizzato e raggomitolato su se stesso, scosso dal pianto durante il giorno, oppure sconvolto dagli incubi o dai sogni nel bel mezzo della notte.
Lo prendeva con se, lo accompagnava al suo letto e non faceva nessuna domanda.
Lo copriva con una coperta si limitava a sospirare o a fare qualche battuta di spirito.
Aveva giurato che non lo avrebbe mai detto a Minho, ma lui doveva averlo capito.
Una notte Thomas si era svegliato da uno dei suoi incubi in preda ai singhiozzi.
Minho si era catapultato dentro correndo.
-Pive stai bene? Stavi urlando ..un altro dei tuoi incubi eh? – non attese una risposta.
Si sedette sul letto e sorrise.
 -io..credevo di farcela Minho..sul serio c ho provato lo sai che l’ho fatto ma.. ma non ce la faccio più..non posso più lottare ho chiuso .. ho chiuso..-gridava stravolto.
 -Non puoi mollare amico … non puoi abbandonarmi anche tu in questo fottuto mondo del caspio –
 Anche se stava sorridendo i suoi occhi erano tristi e seri.
-Manca anche a me- disse poi all'improvviso.
Come se avesse sempre saputo quale fosse il problema di Thomas.
Thomas alzò lo sguardo e fissò quello del suo amico interrogativo.
Minho continuò.
-Ti sento ripetere il suo nome tutte le notti sai?- i suoi occhi si velarono di lacrime.
Non aveva detto quale nome, ma Thomas lo sapeva, avevano perso tante persone nella loro vita ma nessuna altra popolava i sui sogni come il loro comune amico.
-Non so cosa sia successo ma sono sicuro che qualunque cosa tu abbia fatto non avevi scelta-
Non gli diede il tempo di ribattere o di dire nulla la sua espressione mutò di colpo.
E tutto quello che stava per uscire fuori fu rispedito dentro di lui, seppellito da qualche parte in profondità.
Non poteva permettersi di crollare non poteva permettersi di lasciarsi andare non anche lui come Thomas,doveva essere forte anche per lui.
-Ora rimettiti a dormire pive, non vorrei che domani tu faccia tardi per colazione..Frypan ci ha preparato un nuovo piatto ..chissà che stavolta sia davvero commestibile! – e sorrise scomparendo dietro la porta.
 Ma da quel giorno i radurai facevano a gara ad accompagnare Thomas dovunque.
Non lo lasciavano mai solo, perché sapevano che era arrivato al limite massimo di sploff che una persona può sopportare in una vita intera, lo leggevano nei suoi occhi.
Ma stavolta Minho aveva fatto male i suoi calcoli.
Non aveva tenuto conto della cascata.
Lo aveva portato con se a raccogliere la legna.
Probabilmente per distrarlo o per tenerlo occupato.
E sbadatamente si era allontanato lasciandolo da solo.
Thomas lasciò cadere a terra la legna che aveva raccolto.
E si avvicino al bordo del precipizio.
Un passo alla volta.
Stava mollando.
Un passo alla volta.
Si stava lasciando questa vita alle spalle.
Minho avrebbe capito, alla fine lo avrebbe perdonato, o forse no.
Non importava.
Per una volta voleva essere egoista.
Per una volta voleva pensare solo a se stesso.
Un altro passo e l’agonia sarebbe finita.
Un altro passo e forse lo avrebbe rivisto.
Il leader, il ragazzo che era sopravvissuto alle eruzioni, al virus, alla cattivo era crollato.
Non era riuscito a sopravvivere alla perdita.
La perdita del suo amico rendeva ogni sua resistenza inutile.
Il dolore spazzava via tutto quello che c’era stato o poteva esserci di buono in lui, proprio come l’acqua che scrosciava furiosa sotto di lui e che si sarebbe portata via anche lui.
Quell'acqua pareva gridare contro il cielo o contro di lui o contro quello che tutti loro avevano fatto.
Era arrivato alla fine doveva solo saltare ora.
Era una vita che combatteva,una vita intera, ora basta.
Alzò il piede da terra e lo sospese nel vuoto.
-TOMMY!-
Sentiva di nuovo la sua voce sintomo che stava facendo la scelta giusta.
-TOMMY!-
La sua voce lo stava chiamando dall'abisso finalmente lo avrebbe rivisto.
Chiuse gli occhi e si lanciò.


**Happy ending è una canzone di Mika secondo me troppo perfetta per il Newtmas e niente la storia prende il titolo da li XD
  
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