Aileen p.o.v.
La pioggia cade monotona su Los Angeles, è proprio
arrivato novembre.
Sparite le zucche di Halloween, fra una settimana dovremo
decorare il locale per Natale, anche se qualche temerario
l’ha già fatto.
“Nevica a Los Angeles?”
Chiedo al mio capo.
“Raramente.”
Io sospiro, mi mancherà la neve a Natale e per di
più sono curiosa di come se
la stia cavando May a New York, non ci ha ancora fatto sapere nulla.
Nessuna
chiamata, nessun messaggio.
Nulla.
Magari la madre di Jordan l’ha uccisa e ha buttato il suo
corpo nella baia. Sì, come no, mi rimprovero mentalmente.
Alla fine del turno chiederò a Sophie o a Wen se
l’hanno
sentita e come sta procedendo. Questo è l’ultimo
pensiero che mi posso
concedere, poi devo badare alla massa di gente che è entrata
nel locale alla
ricerca di un po’ di tepore e di una bevanda calda. Servo
caffè, cioccolate e
cappuccini con un bel sorriso per cercare di trasmettere un
po’ di allegria.
Quando però alle sei me ne posso andare a casa non posso
fare a meno di essere sollevata, nella mia macchinina chiamo Sophie e
Wen, mi
dicono che per il momento May ha convinto il padre di Jordan, ma che la
madre
resta scettica.
Meglio che niente.
Dico loro che questa sera non verrò a cena perché
voglio
fare una sorpresa a Tony, Wendy mi mette in guardia sulle sorprese.
Spesso chi
vorremmo sorprendere ci sorprende in un modo poco piacevole.
Io sorrido dopo aver chiuso la chiamata, non importa il
fatto che stia con Jack Barakat dentro è rimasta la solita
pessimista.
Allaccio la cintura, accendo la macchina, ingrano la
marcia e parto.
Il traffico di Los Angeles quando piove è infernale,
spuntano macchine da tutte le parti e non
tutti ti danno la precedenza, anche se ti spetta di
diritto.
Imprecando come un muratore incazzato arrivo finalmente
alla sua villa, scendo dalla macchina e apro il mio grande ombrello
viola e
suono il campanello.
Mi risponde lui, ma sento anche una voce femminile
urlare, lui mi invita lo stesso a entrare. Attraverso il cancello e poi
percorro il vialetto che porta alla porta chiedendomi chi diavolo sia
la tizia
che urlava. Aggrotto la fronte e mi ricordo degli ammonimenti di Wen,
ma non
può essere una ragazza che si fa, aveva una voce
più matura.
Un Tony dalla faccia scura mi apre la porta, io rimango
con il mio ombrello stupidamente aperto nel rumore scrosciante della
pioggia
che cade.
“È un brutto momento?
Se vuoi ripasso.”
“No, fai vedere la tua maledetta faccia, ladra!”
Mi apostrofa la stessa voce femminile che ho sentito al
citofono, una donna di mezza età bionda si fa largo e
sospinge Tony indietro.
“Carina, sei carina e immagino sarai anche brava a letto.
Quelle come te lo sono sempre, è così che
abbindolano le persone oneste.”
“Prego?”
Ma chi cazzo è questa?
“Sono la madre di Tony, non ti lascerò rubare
nulla a mio
figlio.”
“Non ho intenzione di rubargli nulla.”
Dico piatta, Wen aveva ragione: avrei fatto meglio a tornarmene a casa
mia.
“Quelle come te non cambiano.”
“E quelle come me di preciso cosa sono?”
“Puttane ladre, lo so che sei stata in
riformatorio.”
“Lo sa anche Tony.”
Lei scocca un’occhiata furente al figlio.
“Ma sei così scemo da tenerti una del genere
quando sai
cosa è?”
“Io sono solo una persona che sta cercando una seconda
possibilità in modo
onesto, non ho più rubato nulla da quando sono uscita dal
riformatorio e
quando mi hanno presa era il mio primo colpo.”
“Ah, la retorica dell’errore
giovanile…”
“Non è retorica è la
verità.”
“Ma perché hai mollato Erin per questa? Erin era
perfetta per te, sempre così
carina, così dolce.
Perfetta, non come questa qui.”
Inizio a odiare il fatto di essere chiamata “questa
qui”.
“Ho un nome, mi chiamo Aileen.”
“Non importa.”
Muove la mano come per scacciare qualcosa di fastidioso.
“Perché Erin mi tradiva.”
Risponde seccatissimo Tony, odia che gli si parli di
Erin.
“Non è vero.”
“Senti, forse credi di non avermi dato un cervello, ma mi hai
dato due occhi e
questi due occhi l’hanno vista scoparsi un altro nel nostro
letto. Non la
rivorrei per nessuna ragione al mondo, ho cancellato i suoi messaggi,
le sue
foto, bruciato il letto o tutto quello che mi ricorda lei.
Non voglio più avere a che fare con lei.
Aileen è la mia ragazza, che ti piaccia o meno.
Non ha più rubato nulla da quando è uscita dal
riformatorio, qui a casa non manca nulla nel caso ti venga voglia di
controllare e adesso o la smetti di insultare la mia ragazza o te ne
vai!”
“Osi cacciare tua madre?”
“Se mia madre mi tratta come un mentecatto a ventotto
anni, sì.”
Furiosa, la donna afferra la sua giacca, la borsa e
l’ombrello e si getta nella
pioggia senza nemmeno aprirlo, mi stupisce che al contatto con la sua
testa le
gocce non diventino vapore.
Non ho mai visto nessuno così arrabbiato in vita mia.
“Puoi entrare se vuoi. Se te ne volessi andare dopo
questo brutto spettacolo non ti biasimerei.”
“Questa è la reazione standard della gente quando
scopre che sono stata in un
riformatorio, ma mi farebbe piacere entrare, ero passata per farti una
sorpresa.”
Lui mi sorride e si scosta, io chiudo l’ombrello e lo
deposito nel
portaombrelli, poi entro, lui va dritto in salotto e io lo seguo.
Si siede sul divano con una smorfia di dolore che gli
deforma il suo bel viso.
“Mi ha fatto venire il mal di testa.”
“Cercherò di fartelo passare, siediti di
lato.”
Lui ubbidisce e io mi siedo dietro di lui e inizio a
massaggiargli le spalle, lo sento rilassarsi all’istante e un
piccolo sospiro
di sollievo esce dalle sue labbra.
“Ecco, perché mi piace essere il tuo
ragazzo.”
“Come mai è venuta qui?”
“Beh, ha fatto una chiacchierata con Vivian, la madre di Vic,
e ha scoperto che
lui era fidanzato con Sophie, così si è informata
su di me.
Vivian le ha detto che stavo con te e le ha accennato del
riformatorio e questo è bastato a scaraventarla
qui.”
Poi non dice più niente e si gode il massaggio, i suoi
muscoli si rilassano
fino alla normalità dopo un po’.
“Il mio mal di testa sta sparendo, grazie Aileen.”
“Figurati, Tony.
Ti ringrazio per avermi difesa, non sono molte le persone
che lo avrebbero fatto.”
“Sei la mia ragazza, è ovvio che ti avrei difesa,
stiamo insieme, no?”
“Sì, ma… qualcuno dopo aver sentito
argomentazioni come quelle di tua madre se
ne è andato, mi ha mollato.”
“Cretini. Ah, come mi sento bene.”
“Ehi, non addormentarti! È ora di cena.”
“Non ho voglia di cucinare e non voglio obbligarti a farlo,
andiamo in
pizzeria.”
Io guardo i mie vestiti: dei vecchi jeans tutti strappati, in
particolare sul
fondo perché sono un modello vecchio quando ancora gli
skinny non erano di
moda, una maglia nera con un teschio e una camicia a quadri rossi e
neri
pesante.
“Sono impresentabile.”
“Nah, sei perfetta.”
“Tone, mi vergogno!”
Lui mi dà un bacio.
“Non ne hai motivo.”
Mi porge una mano, io la accetto e lui mi fa alzare dal divano.
Attraversa il
salotto, prende le chiavi della macchina dal piattino che
c’è su un mobile
all’ingresso e poi apre la porta di casa sua.
Dopo aver inserito tutti gli allarmi saltiamo sulla sua
macchina.
Pizzeria, arriviamo!
Fuori piove ancora, ma davanti al calduccio del forno
delle pizze si sta bene.
La pizzeria che Tony ha scelto è molto spartana, una di
quelle con i tavolino con le tovaglie i quadretti rossi e bianchi e i
poster
delle varie bellezze italiane appese alle pareti, ma mi piace.
Lui sembra meno incazzato di prima, ma mi sento lo stesso
in colpa: per me ha litigato con sua madre.
“Tone, mi dispiace. Io non volevo che succedesse tutto
questo casino.”
“Non è un problema tuo, ma di mia madre.”
“No, Tony. È un problema mio, tutte le persone che
ho incontrato prima di te e
del proprietario del bar dove lavoro hanno reagito
così.”
Lui mi guarda sorpreso.
“Tu hai dovuto sopportare tutto questo più di una
volta?”
Io abbasso gli occhi.
“Beh, sono stata in riformatorio e ne pago le
conseguenze. Non posso cancellare il mio gesto e l’unico modo
giusto di fare è
convincerci e accettare le conseguenze. Non è facile, ma non
posso fare
diversamente, nascondere le cose non serve a nulla perché
non scompaiono.
Se potessi tornare indietro non lo rifarei, ma non si
può.”
Lui mi alza il viso con le dita e mi dà un bacio a fior di
labbra.
“Io sono orgoglioso di te così come sei, vedo una
ragazza
che ci mette tutta sé stessa per andare avanti e dimostrare
al mondo che si
possono fare degli errori, ma si può anche
rimediare.”
Io sorrido debolmente.
“Non pensare a mia madre e a chi non vuole darti una
seconda possibilità. Pensa a noi e sorridi, hai qualcuno
dalla tua parte.”
Un gentile colpo di tosse ci fa voltare verso la cameriera, io
arrossisco e
ordino una margherita, lui una pizza con i peperoni e il salame
piccante,
giusto per stare leggeri.
“Le liti mi mettono appetito.”
Butta lì a mo’ di spiegazione.
“Capisco. Io invece non ne ho molto ed è meglio
così almeno
dimagrisco un po’.”
“Ma smettila! Sei
perfetta così, non preoccuparti
di cose che non esistono.”
Io gli sorrido felice, persino la pizza mi sembra
migliore adesso.
“Cosa facciamo dopo cena?”
“Maratona di “Star Wars” così
impari i nomi?”
“Ve bene, proviamoci. Non ti garantisco nulla,
perché
potrei addormentarmi quasi subito, oggi è stata una giornata
stancante.”
Lui mi sorride e poi ci dirigiamo alla cassa e paghiamo.
L’umore è molto più disteso, lui sembra
stare meglio se
non altro e il mio senso di colpa si attenua cercando di farmi vedere
le cose
in una prospettiva migliore. Io non ho
fatto nulla, sto solo cercando di farmi una vita migliore,
è sua madre
che ha dato di matto.
Comprensibile, ma fuori luogo o almeno così mi piace
pensare.
Entriamo in macchina.
“Non piove più.”
Noto casualmente.
“Oh, già. È vero. Prendiamolo come un
buon segno.”
Io sorrido.
“Hai ragione.”
Arriviamo a casa sua ed entriamo di nuovo, io mi tolgo la
giacca e le scarpe, lui si butta sul divano senza grazia per poi
ricordarsi che
deve mettere il dvd nel lettore.
Io mi siedo al suo posto e poi vengo raggiunta da lui che
mi abbraccia.
Inizio a vedere il film e ad ascoltare le sue spiegazioni
fino a che una sonnolenza terribile mi assale, complice la pancia piena
e le
sue braccia che mi avvolgono.
Dopo un po’ mi addormento e, anche questa volta, non sono
riuscita a imparare nulla su Star Wars. Sarà per la prossima
volta, immagino.
Mi sveglio che sono le quattro e mezza – o almeno
così
dice la sveglia su uno dei comodini della camera di Tony – e
ho sete, così
scendo a prendere un bicchier d’acqua.
Quando torno lo trovo sveglio.
“Scusa, mi sono svegliato e non c’eri.”
“Sono scesa a prendere un bicchiere d’acqua,
scusami.
Cazzo, non ho nemmeno chiamato Wen, sarà furiosa.”
“L’ho chiamata io, non mi sembrava
arrabbiata.”
“Sei davvero un tesoro.”
Dico, senza sapere se mi meriti o meno un ragazzo del genere.
“Dai, andiamo a letto!”
Si stende e io faccio lo stesso, ma la mia mente è
attraversata da un dubbio e
lui si accorge quasi subito che qualcosa non va.
“Tutto bene?”
Mi chiede preoccupato.
“In realtà pensavo se tu non ti fossi chiesto se
non me
ne fossi andata per rubare qualcosa.”
Sputo alla fine.
“Non ci ho pensato nemmeno per un secondo, stai dando
troppa importanza alle parola di mia madre.”
“E tu troppo poca.”
Dico sottovoce nella speranza che non mi senta.
“Io mi fido di te,
Aileen, e non saranno certo le sue parole a farmi cambiare idea. Adesso
dormiamo
sul serio o domani non ci alzeremo.”
Io annuisco e questa volta mi addormento sul serio.
La sveglia suona alle cinque e mezza, Tony si sveglia per
modo di dire perché il massimo che riesce a produrre
è un grugnito roco.
“Tony, posso usare la tua doccia?”
“Errsììì.”
Lo prendo come un sì e mi faccio la benedetta doccia.
È piacevole sentire
l’acqua calda che ti scorre sul corpo e ti toglie
garbatamente i residui dei
sogni e del sonno.
Finita quella mi rivesto e rubo una felpa a Tony, mi
piace sentire il suo odore addosso.
Esco dal bagno e torno in camera sua, lo trovo seduto a
letto che si strofina gli occhi.
“Buongiorno.”
“Buongiorno a te, vedo che hai preso la mia felpa.”
“Sì, se per te non è un
problema.”
“No, non lo è.”
Lo bacio dolcemente.
“Io vado, tu dormi.
Ti amo.”
“Ti amo anche io.”
Mormora sonnolento prima di sdraiarsi
su
un fianco e riprendere a dormire. Io invece scendo, prendo la mia
giacca e la
mia borsa e poi me ne vado a bordo della mia macchinetta.
Arrivo al locale giusto in tempo per vedere il mio capo
tirare su la serranda.
“Buongiorno, Aileen!”
“Buongiorno a lei!”
In effetti è un buon giorno, dalla riga azzurrognola che si
vede all’orizzonte
– dove muoiono le ultime stelle – si prevede un
giorno soleggiato e fresco. C’è
già un vento che muove le fronde degli alberi e solleva le
foglie cadute a
terra.
Entriamo, io mi metto la divisa e poi vado subito a
sistemare le macchine per il caffè e tutto il resto, lui
invece si rifugia un
attimo nel suo ufficio poi va in cucina.
Dieci minuti dopo entrano i primi clienti, uno chiede un
cappuccino, una brioche e dei pancakes, l’altro
dell’uovo con del bacon. Io
preparo il caffè, faccio scaldare brioches e pancakes e il
capo prepara il
resto.
Un’altra normale giornata lavorativa è iniziata.
Andrebbe tutto per il meglio se qualcuno non entrasse nel
bar a passo di marcia, non ho bisogno di alzare la testa per sapere chi
è: solo
una persona lo farebbe ed è la madre di Tony.
Mi lancia un’occhiata fredda.
“Prego? Desidera?”
Chiedo con il mio tono più professionale.
“Voglio che tu te ne vada dalla vita di mio figlio.”
“Temo non sia possibile e che questa non sia la sede adatta a
discuterne.”
“No, eh?”
Si volta verso i due avventori.
“Lo sapete chi vi ha appena servito la colazione? Una
ladra!”
Urla a pieni polmoni, quelli mollano la colazione e se ne
vanno senza nemmeno pagare, nonostante le mie proteste.
“La smetta! Tony mi ama e io non sono più una
ladra! Mi
lasci in pace!”
“Verrò qui ogni giorno qui a raccontare la
verità su di
te!”
Urlo isterica.
“Cosa succede?”
Attirato dal caos il mio capo esce dalla cucina.
“La madre del mio ragazzo ha urlato a quei due che sono
una ladra e quelli se ne sono andati senza pagare e adesso minaccia di
venire
tutti i giorni. Tutti i giorni a dire che sono una ladra!”
Il mio capo si acciglia.
“Signora, sono costretto a invitarla a uscire da questo
locale e a non farvi
più ritorno. Non voglio perdere clienti per colpa
sua.”
“Te lo porti a letto?”
Il mio capo si inalbera questa volta.
“Sono fedele a mia moglie e non tollero queste allusioni
qui dentro, fuori!”
La donna si allontana schiumante di rabbia e io scoppio a
piangere isterica.
“Va tutto bene. Adesso ti faccio uno dei miei panini e
sono sicuro che ti sentirai meglio.”
Io annuisco senza nemmeno aver ascoltato bene quello che mi ha detto.
Mi siedo a un tavolo, prendendomi la testa tra le mani.
“Forse farebbe meglio a licenziarmi.”
Dico al mio capo, prendendo il piatto con uno dei suoi
celebri panini.
“Perché?”
“Presto lo sapranno tutti che sono stata una ladra e non
vorranno venire qui.”
“Io dico di no, Aileen.
Io non voglio licenziarti e ora mangia quel panino.”
Io annuisco e do il primo morso, mi sento un po’ meglio anche
se l’umiliazione
brucia ancora. Sono stata giudicata senza che mi fosse nemmeno data
l’opportunità di difendermi. Essere stata in
riformatorio significa
automaticamente che sono ancora una poco di buono da evitare quando
invece ero
solo una ragazzina stupida che frequentava brutte compagnie.
Mi viene da piangere, è proprio vero che il passato non
ti abbandona mai.
“Ti senti meglio ora?”
“No, ma credo che dovrò fare finta di nulla e
continuare
a lavorare come se stessi bene.”
“Mi piace questo lato di te, cerchi di far scivolare via le
cose negative.”
“Non ho scelta.”
Riprendo a lavorare, cercando di scacciare dalla mia
mente l’immagine della madre di Tony che mi fa una scenata.
Per colpa mia lui
ha litigato con lei, non sono granché come ragazza eppure
– come ogni giorno –
lui mi scrive un messaggio durante la sua pausa pranzo.
Lo amo, non c’è niente da fare.
Non ce la farei a stare senza di lui e non potrei mai
lasciarlo.
Forse sono un danno e basta, ma sono felice che lui mi
accetti per quello che sono, che non si faccia condizionare dal mio
passato.
Sono rare le persone che ti danno una seconda occasione e
bisogna e bisogna ringraziarle.
Gli rispondo con un messaggio più dolce del solito,
sperando che capisca che gli sono davvero grata per avermi accettata
così come
sono, so che lo farà.
Lui è Tony e sa leggere benissimo tra le righe.
“Ti amo così come
se, non cambiare mai e non rinnegare il tuo passato.”
Mi risponde, io mi asciugo una lacrima furtiva e sorrido.
Lo amo.
Angolo di Layla
Ringfrazio YourForeverIsAllThatINeed per la recensione.
Canzone del titolo: Sorry about your parents-Icon For Hire