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Autore: lauramelzi    11/01/2015    12 recensioni
"I-io non penso sia una buona idea.." lei sussurrò piano.
La dolcezza del suo smarrimento era quasi tangibile. Stefano le sorrise, bastardo.
L'alito del fascista le accarezzava le labbra, e Gaia sentiva il suo cuore batterle come impazzito nelle orecchie.
Annegò nei suoi occhi, oltre che nella vergogna, e come ogni volta in cui i loro sguardi si incatenavano, si creò un'elettricità che pregava di essere liberata.
Perché non voleva ascoltarla ora? Perché la stava ... perché si comportava così?
Confusamente Gaia si rese conto dell'inevitabile fine che le sue labbra avrebbero fatto di lì a poco.
Doveva fermarlo, pensò sconcertata.
... faceva così con tutte, era un montato, inafferrabile e irresponsabile.
lui, lui..
Lui la guardò.
La guardò e vide sotto la fievole luce della bajour quegli occhi nocciola, così sinceri, e con essi tutte le difese che la ragazza avrebbe voluto erigere contro di lui se avesse potuto, e le fece capire immediatamente che le avrebbe annientate se mai ci fossero state, che le avrebbe fatto ciò che era inevitabile, ciò che spingeva entrambi a stuzzicarsi ogni giorno, a essere così suscettibili, vulnerabili e ... duri.
"Non è mai una buona idea a fare la differenza."
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Dopo due giorni, Gaia si decise finalmente ad accettare l'invito per un caffè con Simone.
 
Era indubbiamente la cosa giusta, anzi perfetta dal momento che non riusciva più a dormire tranquilla la notte. Era stanca, e piuttosto infastidita. Inspiegabilmente le sembrava quasi di non poter addormentarsi senza qualcuno al proprio fianco. Sentiva la  mancanza  di qualcuno. Certamente era la distanza con la sua famiglia che le causava questo effetto, eppure il viso di Stefano le era balenato in mente nei momenti più strani della giornata.
 
Quando stava per fare la lavatrice e si era trovata per le mani una maglia bianca, nel momento in cui camminava per strada e un ragazzo in motorino le era sfrecciato accanto, ammiccandole spudorato.
 
Sorridendo inspirò velocemente. Tavolini piccoli e rotondi erano illuminati difronte a lei dalla calda luce di un pomeriggio invernale, con delicate composizioni floreali accanto  a dei posacenere.
 
Gaia riconobbe subito il viso di Simone, poco più in là. Stava seduto in una posa svogliata, una caviglia sopra il ginocchio dell'altra gamba, le braccia in grembo e tra le mani un cellulare. Non si era ancora accorto di lei e Gaia ebbe il tempo di notare che non era riuscita ad arrivare in anticipo.
 
O meglio, lei "era" in anticipo, peccato che lui lo fosse più di lei.arricciò il naso indispettita. Inspiegabilmente le dava una certa sicurezza conoscere il luogo prima dell'altro, sedersi per prima e avere il tempo di prepararsi mentre messaggiava concentrato. Sicurezza che le era stata negata. Si stampò in faccia uno dei suoi migliori sorrisi e si avicinò. Dopo un momento lui alzò la testa, e riconoscendola si alzò educato a salutarla, stringendo il piccolo oggetto che aveva tra le dita. 
 
"Ti trovo bene, come è andata oggi?" chiese mentre si infilava velocemente il cellulare in una tasca.
 
"Mah dai, come al solito. Tu che mi dici?" rispose lei con un sorriso
 
Simone, scoprì ben presto Gaia, amava parlare di se, malgrado l'iniziale apparente timidezza. dilagò dalle ragazze che gli andavano dietro allo sfigato del professore che non aveva capito a pieno quanto lui fosse portato in quella materia. Non capiva se era per sorprendere in qualche modo lei, o per comunicare un suo sincero sconcerto. Gaia sbatteva le palpebre, cercando di stargli dietro il più possibile, ma la mente a un certo punto del discorso le si staccava. non che non fosse bravo, ma c'era qualcosa nella sua voce di ... come fasullo, che non le permetteva di fare attenzione. I ricordi di un tono roco sopraggiungevano e in quell'istante vi si aggiungevano anche le immagini sensuali di un corpo slanciato piegato sul suo, intento a baciarla...
 
"No, non devi arrossire!" scoppiò lui in una risata "Dovrebbe farlo lei! Pensa che me l'ha chiesto pure davanti a un mio amico!"
 
Gaia si riscosse immediatamente, portandosi sorpresa le mani alle guance. Sussultò emettendo un respiro tremulo. Basta! Doveva smetterla di pensare a quel .. quello. Ma d-di che cosa stava parlando Simone? Oh mammina santa, si era appena persa tutto un discorso? Una vocina nella sua testa le suggerì che quel discorso non aveva proprio niente di minimamente interessante ma Gaia non demorse. Annuì con la testa e gli fece cenno di assenso. Dopo alcuni minuti, Simone ordinò da bere un cappuccino. Iniziando a sorseggiarlo, la guardò in viso velocemente.
 
"Come vieni vestita alla festa?" le domandò d'un tratto
 
"Quale festa?" ribatté confusa 
 
"Quella in maschera, mi pare ovvio" le rispose lui mal celando l'ironia.
 
Ovvio, si, pensò la ragazza. Alzò le spalle 
 
"Ancora non so, perché?"
 
"Bhe, come minimo devi avere una gonna, o dei pantaloncini... qualcosa di elegantemente .." -corto?- rifletté sarcastica Gaia "...raffinato" concluse il ragazzo facendo un vago cenno della mano, per poi posare gli occhi azzurri sul suo corpo.
 
Stranamente lei aveva pensato a tutt'altra cosa.  
 
"Capelli mossi e sciolti, poco ma sicuro .. " continuò il biondo con le labbra stirate in un sorriso duro.
 
Gaia sentì il cellulare vibrarle nella tasca. Frugò con la mano e lo prese lesta, lieta di quella momentanea distrazione. Aveva ricevuto un messaggio. Il numero era sconosciuto, eppure quando ne lesse il contenuto, non ebbe il minimo dubbio su chi glie l'avesse mandato.
 
Gaia sorrise, mentre sentiva il cuore aumentarle i battiti. si chiese se era già successo, se lo stesso messaggio era stato mandato anche ad altre. Il suono, come un tamburo, dei palpiti nel petto eclissò la razionalità. le dita iniziarono a scrivere in automatico.
 
Digitò velocemente una risposta e premette invio. Intanto sbirciò il ragazzo dall'altra parte del tavolo, seppure la sua mente fosse da tutt'altra parte. Simone aveva finito il cappuccino e lo stava posando sul tavolino. poi l' attenzione della ragazza fu richiamata da una leggera scossa al palmo della mano. i suoi occhi scorsero rapidamente le poche parole di quel nuovo messaggio.  A quel punto si alzò con un sorriso malcelato, urtando impacciata contro il tavolino.
 
Sentiva le mani sudarle, e il cuore batterle furioso. In più aveva la netta spiacevole sensazione di non riuscire a reprimere quel fastidioso sorriso ebete. Lui l'avrebbe di sicuro notato. si scusò con Simone, dicendo che aveva avuto un impegno imprevisto.
 
Giunse all'angolo della strada, il muro si era interrotto, e il marciapiede faceva una curva. Il suo sguardo vagò, ma non per molto. Incontrò un paio di occhi neri come il buio che la stavano fissando, e il suo sguardo si illuminò di sincera felicità. Sentì la gola secca, mentre notava quanto fosse elegante in un semplice golf della Ralph Lauren e dei jeans dalle linee pulite e semplici. Gargano la stava guardando allo stesso modo, una strana luce calda aleggiava nei suoi occhi. buttò la sigaretta a terra, senza degnarsi di spegnerla. Le labbra si stesero pigramente in una linea sensuale e accattivante, la stessa che probabilmente aveva fatto cedere molte ragazze ai suoi piedi.
 
"A quanto pare ti ho appena salvato, visto quel sorriso da demente" disse piegando la testa da un lato.
 
Gaia storse il naso, senza smettere di sorridere.
 
Stefano le diede un buffetto in fronte e salì in sella con un ghigno. gaia rimase incerta se colpirlo alle spalle o servigli la vendetta fredda. Optò per la seconda. 
 
"Togliti quel ghigno beffardo" ribatté divertita mentre saliva velocemente sulla moto, aggrappandosi al braccio offertole inaspettatamente "altrimenti ci staremo due ore dentro i negozi" sorrise diabolica. Stefano scoppiò a ridere e il cuore di Gaia perse un battito, così come lui sentì un fremito quando percepì le mani di lei, stringersi delicatamente ai suoi fianchi.
 
Inspirò bruscamente, tentando di frenare l'istinto. 
 
Gaia percepì sotto il palmo i muscoli irrigidirsi, e confusa sentì la sua voce borbottare poche parole sconnesse tra loro, poi le sue orecchie capirono solo una frase:
 
"Guarda te a cosa ho acconsentito" 
 
Quando Stefano capì che la ragazza dietro di lui aveva iniziato a ridere di cuore avendolo sentito, accelerò di scatto, quasi facendola gridare.
 
"Ma sei un cretino?!" 
 
Sorrise beato. La situazione era tornata alla normalità.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Dopo sole due ore, Stefano aveva atteso fuori da ventidue negozi. Seppur avesse intravisto la faccina delusa di Gaia quando si era categoricamente opposto a fare un solo passo dentro quei ridicoli negozietti, era rimasto fuori ad aspettarla.
 
Come un dannato cagnolino, pensò con un velo di ironia.
 
La vide uscire e venire verso di lui, ancora nessun acquisto per le mani. Male, molto male.
 
"Di un po', ma sai cosa vuoi comprare?"
 
Si incamminarono con tacito accordo verso quello successivo.
 
"Aspetto l'ispirazione"
 
"Divina?" sorrise lui.
 
"Zuccone" lo rimbrottò "Si da il caso che non voglia un'elaborata minigonna, e dei semplici pantaloni andrebbero più che bene"
 
"Non mi dispiaceva la minigonna" lo sentì commentare.
 
"Manco a .." Gaia si fermò, incerta se continuare.
 
Stefano d'un tratto si girò, guardandola attentamente in volto e aspettando che continuasse.
 
Gaia si umettò le labbra, non sapendo che dire. Poi scosse la testa, e con il tono più disinteressato gli rispose:
 
"Simone. Oggi pomeriggio ero con lui." notando che il ragazzo si girò velocemente e irrigidì la mascella, puntualizzò "per un caffè, solo per un..."
 
Lui la osservò in volto, facendola arrossire.
 
"Melzi, mica sono il tuo fidanzatino" rispose atono, regalandole uno sguardo significativo e sfidandola a ribattere.
 
Vi era quell'accenno , quella sfumatura derisoria in quella frase, che la fece tendere come un violino.
 
Gaia si morse la lingua per non ribattere acida, poi prese a camminare un po' più veloce. evidentemente "Simone" non era un argomento di cui trattare. Discorso chiuso e errore mai più ripetuto, un motto semplice quanto vero.  Lui la raggiunse senza alcuno sforzo, il che la fece un pochino innervosire.
 
Si sentì afferrare il polso e attrarre in un angolo appartato, il tutto in pochi istanti. Gaia confusa e irrequieta lo guardò dal basso. Il ragazzo era chinato su di lei, nascondendola alla vista dei passanti curiosi, che lanciavano occhiate furtive alla scenetta.
 
La guardò, incurante o sprezzante del resto del mondo, attento solo a lei.  Gaia avvertì un calore irresistibile nascerle dentro e diffondersi nel suo corpo. I loro respiri affannati si scontravano uno contro l'altro. Gaia rimase sorpresa di notare che non solo lei avesse il respiro corto. Lei.. bhe, non era abituata, ma lui.. i loro sguardi si incatenarono, elettrici. i loro fianchi uniti in una posizione inequivocabile. Sentì le sue braccia circondarla la vita rudentemente, e avvertì frastornata la sua bocca vicino al suo orecchio.
 
"Questo lo farò ogni volta che ne ho voglia"
 
"No. non sei mica.." il mio ragazzo. "Per me .. ecco, è un discorso serio."
 
Lo vide piegare un angolo della bocca, ma non seppe come interpretarlo.
 
"Devi per forza etichettare tutto?" le domandò sbuffando.
 
"E' buon usanza, si, non ti pare?" ribatté piccata lei.
 
"Mi affascina ciò che non so, e le etichette le conosco eccome mia cara"
 
Gaia rimase impassibile seppur avvertì una fitta nel petto, causata da quelle poche parole. conosceva le etichette, oh, eccome se le conosceva. Quando il signorino lo desiderava, una ragazza diversa. Era un'amara consolazione fare parte di una schiera. Una schiera di ragazze. Ma non per questo le etichette erano tutte degratificanti. Qualcosa come "mascalzone" e "bastardo" erano etichette brutte, si, ma quella di "ragazzo", il classico bel principe galante non lo era affatto, almeno per lei.
 
"Dipende se conosci quelle negative o positive" lo guardò fisso negli occhi, alzando il mento.
 
Lui riconobbe un fondo di verità. Touchée.
 
Gaia lo vide guardarsi intorno, poi si vide prendere la mano e si ritrovò trascinata in un piccolo negozietto che lei non aveva neanche notato.
 
La commessa puntò gli occhi su Stefano, non calcolandola minimamente. Gaia se ne fregò e posò lo sguardo su vecchi vestiti lunghi appesi a grucce grige, alternati in modo casuale ad alcuni più corti. 
 
La sua attenzione venne calamitata da un vestito verde acqua, elegante seppur corto, intricato seppur semplice. era semplicemente ... splendido.
 
Gli occhi le brillarono di felicità e non ci pensò su neanche un attimo: sporse la mano e afferrò la gruccia, poi cercò un camerino. Era l'ultimo della sua specie, per cui, o le andava o pace.
 
Individuò una stanzetta con una tendina davanti, e vi si infilò con un sorrisone d'attesa e speranza. Per qualche ragione, sapeva che le sarebbe entrato.
 
Si tolse le scarpe, poi gli indumenti. Un soffio di aria tiepida le carezzò i fianchi nudi. Gaia con estrema attenzione, prese il vestito e lo passò dalla testa, per le braccia, per le spalle, infine lo sfilò sul busto.
 
La sensazione di tessuto morbido le avvolgeva la pelle, in un caldo e piacevole abbraccio. Il vestito le aderiva perfettamente sul petto, in un delicato intreccio di rifiniture, per poi ricaderle morbido sui fianchi e scendere con spensierati risvolti.
 
Uscì, istintivamente.
 
E lo trovò lì,  lì difronte, ad attenderla. Il respiro le morì in gola mentre notava il suo sguardo percorrerle il corpo in una sfacciata approvazione. I suoi occhi, languidi, neri come la pece, scendevano in una lenta perlustrazione per poi risalire e posarsi sul seno, infine sul viso. Gaia non osava più respirare, mentre il cuore aveva iniziato a batterle all'impazzata. Era arrossita fino alla radice dei capelli, poco ma sicuro.
 
"A-allora?" chiese cercando di darsi una contenuta decente.
 
Stefano, che era rimasto fino al momento in una posa svogliata con le mani in tasca e una spalla poggiata a una parete, il corpo slanciato allungato come un gatto intento a stiracchiarsi, si raddrizzò mentre un sorriso pigro gli increspava le labbra.
 
Lo sguardo, simile a quello di un cacciatore che ha appena avvistato una preda di inestimabile valore, era posato su di lei, intensamente, pareva quasi di vedere il fuoco di una passione primitiva nei suoi occhi.
 
Gaia restò ferma, paralizzata, anche se il suo primo istinto fu quello di fare un passo indietro.
 
Respira.
 
Si obbligò a desistere dal suo sguardo, e voltò il viso di poco per non essere incatenata da quel colore meraviglioso che sembrava nero carbone, un nero così profondo da avere qualche sfumatura di blu intenso che illuminava gli occhi, conferendogli un'aurea misteriosa che in aggiunta alla linea perversa delle sue labbra, avrebbe fatto invidia al diavolo. Al superbo  tentatore per antonomasia.
 
Lui le si avvicinò e le alzò il viso. La vide arrossire ancor di più e questo non fece altro che eccitarlo maggiormente.
 
"Quale ragazzo consiglierebbe cosa metterti e non cosa toglierti?" 
 
L'allusione a Simone aleggiava nell'aria elettrica tra loro.
 
Non sentendola muoversi, approfittò dell'occasione unica, e le scoccò un bacio lento e provocante sul collo morbido e caldo. Si voltò e iniziò a camminare contando i secondi. Tre. L'avrebbe potuto aggredire alle spalle. Due. l'avrebbe preso a schiaffi. Nuovamente, pensò sorridendo. Uno.
 
"Brutto pallone gonfiato che non sei altro!"
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Gaia comprato il vestito chiese a Gargano di ritornare verso casa, era tardi e lei prima di prepararsi per la festa, avrebbe dovuto studiarsi storia.
 
Tutta storia fin nei minimi dettagli, vista l'adorazione totale che il professore mostrava nei suoi interessi.
 
Stanca e con le gambe indolenzite, si decise a seguire il ragazzo verso l'uscita che conduceva al parcheggio sotterraneo.
 
Si sentivano solo i loro passi risuonare sul cemento, come rintocchi di un vecchio orologio rumoroso.
 
"Come mai..." lo sentì dire con tono disinteressato "... sei venuta proprio qui, a Roma?"
 
Gaia sgranò gli occhi, sorpresa: era la prima volta che Stefano le chiedeva qualcosa di intimo e così importante. I loro discorsi passavano dalle oche di turno al calcio, e Gaia non poteva negare di pensarla come lui sotto molti aspetti, ma mai si era avventurata su un terreno così personale. A volte mentre parlavano come due vecchi amici, la cruda schiettezza dei suoi pensieri la colpiva in modo impressionante. Quando gli chiedeva un parere, rispondeva sincero, eppure quella sincerità la colpiva ogni volta per quanto fosse inaspettata. Era cinico, senza alcun dubbio, tendente al pessimista. Nei suoi commenti in pubblico vi era un arroganza velata che quando erano soli sfumava via. E ciò non faceva altro che metterla a suo agio, seppur stesse parlando con lo stesso ragazzo che non aveva mancato di rinchiuderla in uno sgabuzzino buio.
 
"Bhe, non volevo privarti della mia splendida persona, mi pare ovvio perfino per te zuccone" rispose lanciandogli un'occhiata divertita.
 
"Splendida? Casomai, appena decente!" ribatté con voce fintamente scandalizzata.
 
Gaia si imbronciò un pochino, mettendo su una faccia immusonita che lo fece sorridere. Poi si ricompose, e sbuffò passando il peso della busta all'altra mano.
 
"I miei genitori" rispose infine laconica. Vide un'ombra passare per quei bellissimi occhi scuri, ma fece finta di niente. In un certo senso si sentiva come se fosse stata abbandonata dalla sua famiglia, un vuoto interiore, che spesso era alla base di molte sue incertezze. Non vedeva l'ora di cambiare argomento, ma... c'era solo una cosa che desiderava sapere.
 
"Tu?"
 
"Mmh?"
 
"I tuoi.. perché li odi?" chiese esitante, guardandolo frontalmente. si erano fermati, e lei non se ne era neanche accorta. "è una storia lunga, non adatta a te angelo" 
 
Gaia rimase male della risposta dura, ma accantonò di lato la sensazione. Era evidente che fosse un argomento doloroso per lui, e la sua intenzione non era farlo stare peggio rigirando il dito nella piaga.
 
Abbassò le ciglia lunghe, e si allontanò un pochino, rendendosi conto solo allora che mentre gli poneva la domanda si era avvicinata. In leggero imbarazzo, si scostò il ciuffo dalla guancia. Sentiva il suo sguardo attento su di se, come in allerta. Rialzò il viso, e nocciola e nero intenso si incatenarono. Lei gli sorrise dolce, intuendo la verità celata dietro quell'atteggiamento. "Non ti porrò altre domande, tranquillo." 
 
Quelle labbra piene e dalla curva delicata, inclinate in una linea così dolce per un attimo lo stordirono. Era così ... intricante, e seducente e ... Stefano si mosse a disagio, rendendosi conto che la stoffa dei pantaloni era improvvisamente divenuta tesa sul cavallo. Si girò, mostrandole la schiena, da vero maleducato. si sentì uno scolaretto alle prime armi con un'erezione per le mani, situazione alquanto ironica visto che si stava parlando di lui. Si sentì davvero stupido, ma molto, cazzo. Lei era lì, e lui ... no, lui non l'avrebbe toccata, maledizione! Senza il suo consenso non se lo sarebbe perdonato, non più. Respirò velocemente. Poi la goccia che fece traboccare il vaso: Gaia lo abbracciò da dietro, teneramente, come fosse lui quello ferito. Lui non ricambiò, immobile. Poi, d'un tratto, Gaia avvertì un grugnito roco e non ebbe il tempo di reagire che Stefano le prese una mano con forza e la trascinò in un angolo buio. 
 
La ragazza sentì il muro freddo schiaffeggiarle la pelle della schiena, e un ansimo le uscì dalle labbra socchiuse. Percepì le labbra del fascista stirarsi velocemente in un sorriso. Le uscì una risatina strozzata dal nervosismo. "Cosa... Cosa stiamo facendo?" mormorò
 
Non ricevé risposta. Stefano prese a leccarle la clavicola, così dannatamente elegante, poi a morderle le spalle. Gaia sentì l'eccitazione montarle dentro come una marea, mentre Stefano la depredava del sapore della sua pelle, di ogni traccia estranea. Si sentì scoprire il petto e ansimò sul collo del ragazzo. Il sopra del vestito grigio era andato definitivamente in pezzi. Le labbra di Stefano avvolsero completamente i capezzoli già turgidi, sferzandoli con la lingua finché non la sentì gemere e accasciarsi a lui. La ragazza non riusciva più a capire niente, se non ad avvertire il tocco di quelle mani e di quella bocca su di lei, delicate e rudi, voraci e implacabili. 
 
Chinandosi gli baciò il collo, coperto da un leggero velo di barba che le graffiava le guance, rendendole ancora più arrossate. Stefano ansimò sull'areola dei suoi seni e le ginocchia le tremarono fortemente. Sussultò quando con vergogna avvertì che con una mano le spostava le mutandine bagnate. Vide il suo sguardo fondersi con il proprio. Acceso, elettrico, libidinoso ma anche con una sfumatura d'altro. Gaia non ebbe il tempo di rifletterci in ogni caso.
 
Lo vide delicatamente abbassarsi, pur continuando a reggerla per i fianchi evidentemente consapevole di quanto poco stabile lei fosse, e sentì il suo naso sfiorarle i seni, accarezzarle lo stomaco sottosopra, e fermarsi... lì, immobile. Il ventre di Gaia ormai si alzava e abbassava affannosamente.
 
Stefano le infilò le mani sotto la gonna e le sfilò le mutandine. Gaia chiuse gli occhi, mentre cercava di calmare il respiro veloce. Il sottile strato di stoffa le accarezzò la pelle delle gambe, infine delle caviglie. Sentì le mani di Stefano risalire sul suo corpo, in una carezza possessiva. Ricevé un leggero struscio sul naso. Gaia aprì gli occhi e non fece in tempo a sgranarli comprendendo che c'era appena stato un accenno di naso naso, un atto così dolce in quel caos di emozioni, che emise un gemito soffocato, perché proprio in quel momento Stefano le aveva infilato dentro due dita. 
 
La morbida fessura della sua carne si chiuse attorno a quell'intrusione, grande, enorme. La ragazza singhiozzò a disagio. Stefano la fissò con i suoi occhi neri e Gaia cercò di rimanere impassibile,  mentre la sua carne si sforzava di accettare quell'invasione immobile e di assorbirla completamente in se. Stefano stava sicuramente avvertendo quel pulsare vivo, il restringersi e il dilatarsi delicato in quel posto così fragile. Un sorriso spudorato che avrebbe fatto invidia persino a Lucifero si affacciò sul suo volto. Gaia sentiva le guance andarle a fuoco, lo stomaco sembrava un elastico tirato al massimo e sensibile al più leggero dei tocchi, e più sotto... Gaia si morse un labbro arrossendo se possibile ancor di più. 
 
"Angelo mio" le sussurrò lui all'orecchio. Gaia sentì che stava ritraendo la mano, avvertiva le dita ritirarsi creando un vuoto incolmabile e insopportabile al loro defluire lento ma costante. La ragazza si inarcò mentre i suoi fianchi seguirono istintivamente il movimento, spostandosi in basso. Stefano ridendo le afferrò con l'altra mano il sedere, fermando la sua discesa.
 
Piano e irremovibile, tolse le dita dalla sua calda umidità e Gaia gemette sulla sua spalla, in preda a un'emozione fortissima. Debolmente lo vide portarsi alla bocca la mano, e leccarne il liquido bianco che ne contornava le dita. Imbarazzata e priva di forze, girò la testa dall'altra parte sempre sulla spalla di lui. Percepì che le spalle del ragazzo erano scosse, e ben presto si accorse che stava ridendo silenziosamente. Costernata, cercò di ritirarsi ma avvertì subito una leggera pressione sulle labbra che proteggevano la sua intimità. Senza ulteriori indugi, Stefano spinse nuovamente le dita in quell'umida strettoia, provocandole dei sussulti convulsi.
 
Gaia lo sentiva mormorarle alternativamente frasi peccaminose e altre incomprensibilmente dolci all'orecchio, e al contempo avvertiva le sue dita muoversi in una lenta altalena dentro il suo corpo. Era gonfia, ripiena, dolente e eccitata. Sentì un acuto desiderio in ascesa irrigidirle tutti i muscoli in procinto di travolgerla e per un secondo il movimento delle dita si fece appositamente più veloce e Gaia vide quasi le scintille d'un fuoco bianco, ma proprio a un passo dal raggiungere la pace Stefano si fermò. Iniziò a ritrarre la mano e Gaia fu avvolta da tremori interni, che la fecero soffrire come un cane in cancrena. In una nebbia di dolore e di insoddisfatto piacere, poté sentire baci assaporarle il collo. "Non sarò mai così misericordioso con te" 
 
Poi venne sollevata da sotto le ascelle, come una bambola di pezza inerme. Capì di essere sospesa e cercò di muovere una gamba, ma proprio in quel momento percepì una rude invasione. Stefano penetrò in lei velocemente e Gaia gemette annichilita dal piacere. Lo prese tutto dentro di lei, con una gran fatica percepibile ad entrambi. Lei era stretta malgrado lui l'avesse abituata alle dita della mano. Per un attimo si fermarono entrambi, i respiri affannati che si infrangevano uno contro l'altro.
 
Gaia gli sorrise debolmente e il ragazzo prese a muoversi sinuosamente dentro di lei, impetuoso e travolgente, risvegliando ogni suo più piccolo nervo, contrastando con forti spinte ogni sussulto della ragazza, arrivando dentro di lei in squisita profondità. Sfiorando il fondo del suo ventre. Assaporando ogni fibra della sua pelle.
 
Gaia ansimante si afferrò alle sue spalle più forte che poté. Mugolò di piacere quando sentì Stefano sferzarle con un colpo decisivo il clitoride e venne in preda a forti scosse. Stefano diede un ultima spinta, poi si fermò irrigidito dentro di lei. Emise un gemito spezzato, poi uscì appena in tempo, con la mascella contratta e il respiro affannato. Dopo alcuni istanti si riallacciò i pantaloni. 
 
Gaia per poco non cadde, e Stefano la resse facilmente, attirandola contro il suo petto. Gaia ancora non riusciva a pensare lucidamente. E sentiva le ginocchia fatte di gelatina. E sgocciolante in mezzo alle cosce. Respirò e l'odore virile di Stefano le entrò nelle narici. 
 
Rimase senza parole rendendosi conto della propria azione.
 
"Io sono venuta" ammise con un filo di voce
 
"Si, lo so"
 
Gaia non osava alzare lo sguardo, e neanche abbassarlo. Giaceva immobile stretta al suo petto. Stefano le accarezzava una guancia. La sensazione di essere svuotata in mezzo alle gambe era insopportabile. E sentiva i muscoli delle cosce ancora contrarsi.
 
"Perché non mi hai detto che eri vergine?" le chiese mentre le accarezzava le punte del seno, che si ersero come boccioli freschi nella sua direzione. Gaia frastornata sollevò il viso, e si ritrovò a pochi centimetri dalla sua bocca. La stessa bocca che durante tutto questo non l'aveva baciata sulle labbra.
 
"Non ti è piaciuto?" chiese esitante. Un tremito l'avvolse tutta mentre lui le fasciò completamente il seno con il palmo della mano. Stefano la spinse contro il muro, facendole chiaramente percepire il rigonfiamento evidente dei suoi pantaloni. Stava per aprire bocca quando entrambi sentirono il rumore di passi che si avvicinavano.
 
Stefano, pur sapendo che l'avrebbe imbarazzata moltissimo, si abbassò sulle ginocchia, ed estrasse un fazzoletto dalla tasca. La pulì velocemente e notando il tremolio di quelle gambe, non andò oltre la coscia interna. Prese le mutandine, le fece alzare un piede, poi l'altro, delicatamente le rimise al loro posto. Gaia rimase immobile, con il respiro tremulo e gli occhi vuoti. Si sentì spostare lievemente nell'ombra più assoluta, il più lontana possibile dalla luce. Poi avvertì dei passi risuonare molto vicini e stette ferma. I passi si arrestarono, sentì un fruscio poi niente. Infine si allontanarono. 
 
Stefano emise un sospiro di sollievo. "Ti porto a casa" le sussurrò all'orecchio, non smettendo di accarezzarle la schiena. "A-Ancora?" chiese preoccupata Gaia guardandolo da sotto le lunghe ciglia.
 
Il moro scoppiò in una risata " Io non intendevo quello tesoro, ma se lo desideri..." le ammiccò divertito sollevando un sopracciglio.
 
Gaia arrossì tutta, negando con la testa. Lui sorrise. Le prese una mano e la condusse alla moto. Lei sentì lo stomaco attorcigliarsi su se stesso..
 
L'aveva presa per mano.
 
Una vocina nella sua testa aggiunse che oltre a ciò, l'aveva anche scopata in un parcheggio pubblico.
 
"So che la moto ti darà fastidio, ma a casa possiamo farci un bagno caldo o se preferisci la doccia" disse camminando.
 
"T-tu starai fuori" biascicò Gaia facendolo nuovamente ridere.
 
"Amore, ciò che desidero è ben altro" e chinandosi verso di lei in modo che nessuno potesse sentirli, le sussurrò carezzandole le labbra " Desidero starti dentro ogni secondo di ogni notte, e farti venire solo dopo averti fatto elemosinare la spinta decisiva, il tocco finale, dopo averti fatto sfiorare l'estasi con un dito e averti lasciata a mani vuote."
 
Salì in sella e le porse il palmo della mano.
 
L'offerta del diavolo.






  
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