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Autore: EnryS    12/01/2015    6 recensioni
Wanda si fidava di lui, lui che continuava a promettere e promettere. L’unica ragione per cui Pietro riusciva a trovare la forza di andare avanti, in quel loro terrificante e infinto vagabondare, era che sua sorella ci credeva davvero che lui sarebbe riuscito a mantenerle, tutte quelle promesse.
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Lui può superare la velocità del suono, lei è in grado di alterare la realtà.
Ma prima degli Avengers, prima della Confraternita di Magneto, prima di diventare Quicksilver e Scarlet Witch, Pietro e Wanda Maximoff erano solo due ragazzini rimasti orfani troppo presto, costretti a vivere alla giornata, attraversando i Balcani nella speranza di raggiungere un luogo da poter, finalmente, chiamare casa.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Confraternita, Erick Lensherr/Magneto, Pietro Maximoff/Quicksilver, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Incest, Non-con, Violenza
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For Thine is
Life is
For Thine is the
 
 
 
Si svegliò con un piccolo sussulto.
Sdraiata su delle poltroncine foderate di blu e coperta da una trapunta grigia, Wanda fu travolta dal terrore di aver sognato tutto. Si guardò freneticamente intorno, riprendendo a respirare soltanto nel momento in cui avvistò, sulla sinistra, la piccola barella sulla quale era sdraiato suo fratello.
Poggiando i piedi per terra si accorse di indossare dei calzini. Qualcuno doveva averglieli messi.
Fece fatica ad alzarsi. Il suo corpo era intirizzito.
Non ricordava quando fosse svenuta. In realtà non ricordava neanche come fosse arrivata su quell’aereo.
Nella sua mente si accavallavano soltanto dei frammenti sconclusionati: il suolo che le sfrecciava sotto i piedi nudi che penzolavano, sospesi; la luce che filtrava tra i rami secchi; delle voci che gridavano in una lingua che lei non capiva.
L’ultima cosa che ricordava chiaramente era suo fratello.
Pietro, il suo Pietro.
Così coraggioso, sempre pronto a difenderla, perfino con quella brutta ferita alla gamba, perfino contro quell’uomo che poteva distruggere le cose col pensiero.
Ricordava di aver visto morire quel poliziotto, strangolato da una catena tirata da mani invisibili.
Pietro si era voltato. L’aveva guardata con un’espressione stranissima, interrogativa.
E poi era caduto.
Lei lo aveva afferrato a mezz’aria ed era caduta a terra insieme a lui. Tra le sue braccia, suo fratello aveva tremato così tanto, come se stesse congelando. Le era sembrato che volesse provare a dirle qualcosa, ma non era riuscito a parlare. Wanda aveva sentito la stretta della sua mano farsi sempre più debole e poi i suoi occhi… i suoi occhi…
Ricordava un urlo.
Ricordava che la terra aveva vibrato così violentemente da spaccarsi, gli alberi intorno si erano piegati su se stessi come fili d’erba al vento e, mentre il mondo assumeva un’innaturale tinta scarlatta, dei tuoni assordanti avevano riempito il cielo e una scarica di fulmini si era abbattuta tutto intorno a lei.
Qualcuno l’aveva afferrata per la vita, lasciandola per un istante senza fiato, facendole realizzare solo in quel momento di essere lei: era lei che stava urlando.
Ricordava di aver perso la presa sulla mano abbandonata di suo fratello.
Dopodiché ogni cosa era frammentata, illogica. Spezzata, come lei.
Deglutì, ma non aveva quasi più saliva. La bocca era impastata. Si sentiva così stanca e dolorante. Le sembrava di essere precipitata da un dirupo e di essersi rotta tutte le ossa e in un certo senso era davvero così.
Si fermò accanto alla barella. Desiderava solo che Pietro aprisse gli occhi, ma lui continuava a dormire. Cercando di essere il più delicata possibile, la ragazza sollevò il lenzuolo: la fasciatura era spessa più di un centimetro. Nonostante avessero lavato via il sangue, l’alone rossastro era ancora visibile su quella carnagione così chiara.
Mentre due lacrime le rigavano le guance, Wanda ricoprì la gamba ferita di suo fratello, sentendosi morire dalla vergogna per tutte le volte in cui si era lamentata di trovarlo sveglio, per aver addirittura desiderato di poterlo guardare dormire. In meno di una settimana l’aveva guardato dormire così tanto che le sembrava di impazzire.
Era stata così stupida, si disse, inginocchiandosi accanto a lui e accarezzandogli i capelli. Una bambina egoista e stupida e capricciosa. Come aveva potuto non rendersi conto di quale fortuna fosse poter vedere, come prima cosa al risveglio, quei bellissimi occhi azzurri?
«Mi dispiace, Pietro» sussurrò. «Puoi perdonarmi?»
La sua mano, persa in quei meravigliosi capelli argentati, indugiò qualche tempo prima di scivolare dolcemente sul collo e percorrere la sporgenza ossuta della clavicola, raggiungere la spalla destra e da lì discendere lungo il braccio.
Sotto le dita poteva sentire come il corpo di suo fratello fosse asciutto, affilato. Gli avrebbe consentito di tagliare l’aria e di correre più veloce del vento. Pietro sarebbe stato solo un lampo agli occhi della gente e nessuno avrebbe potuto raggiungerlo.
Nessuno avrebbe più potuto fargli del male.
Si rialzò, facendosi forza. Per quanto doloroso fosse lasciarlo, toccava a lei occuparsi di quella situazione.
Attraversando il corridoio, Wanda si sentì addosso gli occhi curiosi degli altri passeggeri e si avvolse più stretta in quello che rimaneva della sua mantella, riflettendo su cosa avrebbe potuto dire o fare per ricevere qualche risposta e farsi un’idea più chiara del tutto. Perché se era indubbio che quell’uomo li aveva appena strappati ad una morte certa, lei non riusciva comunque a liberarsi della sensazione che, più che salvati, fossero appena stati rapiti.
Verso la parte anteriore del velivolo poteva scorgere gli stivali bianchi di Emma, la donna bionda che aveva medicato Pietro. Accanto a lei, avvolto nel suo mantello viola scuro, quell’uomo.
Erik.
Stavano discutendo ma Wanda non capiva una parola.
«Scusate» li interruppe, «posso sapere dove siamo?»
I due si ricomposero in fretta e le sorrisero.
«Ti sei ripresa, tesoro» disse la donna. Il camice da medico era stato sostituito da una lunga pelliccia bianca di volpe o forse di ermellino. Le era sembrata bellissima anche prima ma adesso, adesso sembrava davvero una regina. «Come ti senti?» le chiese.
«Ho molta sete.»
«Lo immagino. Tieni, prendi questa. Un po’ di zuccheri ti faranno bene.»
Wanda guardò la bottiglia e per poco non si mise a urlare: era una coca-cola, una vera coca-cola! Si voltò, aspettandosi inconsciamente di vedere la stessa espressione incredula sul viso di suo fratello, ma accanto a lei non c’era nessuno.
Rifiutò l’offerta, optando per l’acqua. Non avrebbe mai potuto assaggiare una vera coca-cola senza Pietro.
«Va meglio?» chiese Emma, con quei suoi modi così gentili, così delicati. Così artefatti.
Wanda annuì, asciugandosi una goccia d’acqua dal mento. «Ma vorrei sapere che hanno tutti da fissarmi in questo modo.»
«Mia cara,» Erik le mise le mani sulle spalle, «hai scatenato l’Apocalisse lì fuori. Credevamo che il cielo sarebbe crollato sulle nostre teste. Letteralmente.» Poi sorrise, come se quello che aveva appena detto fosse qualcosa di positivo.
«Mi dispiace» mormorò lei. «Non… non lo faccio apposta. Succede quando mi arrabbio o mi spavento. E io… ho creduto che Pietro fosse…»
«Tranquilla» le disse. «Imparerai a controllarlo.»
Lei scosse la testa. Non le interessava imparare a controllarlo, voleva solo che sparisse per sempre.
«Perché… perché io e Pietro siamo… così
«Non c’è una ragione, bambina. È genetica. Vedi, noi, tutti quanti noi» disse mentre, con fare teatrale, allargava il braccio a indicare gli altri presenti, «siamo il futuro.»
«Il futuro?»
«Il futuro del genere umano» specificò Emma, portandosi un calice alle labbra. Per la luce del sole che si rifletteva sul vetro del bicchiere, i suoi occhi scintillarono proprio come due diamanti.
«Il futuro dell’evoluzione umana, sì» continuò Erik. «E l’Homo Sapiens non accetterà l’estinzione senza combattere. È per questo che quelle persone volevano uccidere te e tuo fratello: perché siete dei mutanti. È meglio che lo impari, piccola, perché questo è il mondo in cui viviamo. Ma cambierà, te lo assicuro. E io intendo vedere quel giorno con i miei occhi.»
Incrociando lo sguardo dell’uomo, Wanda rabbrividì. Aveva qualcosa di familiare e allo stesso tempo era carico di un’oscurità sconosciuta, così profonda da farle temere di potervi annegare, perdersi lì e non trovare mai più la luce.
Ma era stupido esserne spaventata: lui era dalla sua parte, dalla loro parte.
La mia gente, aveva detto, eppure, si chiese, come potevano essere la sua gente? Quelle persone venivano da così lontano da parlare una lingua totalmente diversa da tutte quelle che lei e Pietro conoscevano. Quelle persone venivano dall’altro lato dell’oceano e lei avrebbe dovuto credere che si erano trovati lì per puro caso? E perché li avevano salvati, perché loro? Cos’era che le sfuggiva?
La mia gente.
«A cosa stai pensando?»
Mordendosi il labbro, Wanda si affrettò a trovare un diversivo.
«A quella cosa che hai detto al poliziotto quando la… la catena…» deglutì, cercando di non farsi prendere dall’orrore di quell’immagine. «Quella cosa che hai detto» ripeté. «Che cos’era?»
Erik sorrise, apparentemente soddisfatto per quella domanda.
«Era una poesia. I versi finali, per la precisione, di una delle mie poesie preferite.» Poi sospirò, guardando fuori. «A te piace leggere?»
Wanda si strinse nelle spalle. Un tempo avevano amato leggere, soprattutto d’inverno, sdraiati sul letto, mangiando le castagne arrostite. «Sì» rispose. «Prima, sì.»
L’uomo si incupì per un istante. «Che è successo ai vostri genitori?»
«Sono morti» rispose, stranita dalla freddezza del suo stesso tono.
«Mi dispiace molto, tesoro» disse Emma, accarezzandole una spalla.
Avvicinandosi cautamente al vetro, ancora disabituata a guardare il mondo da quell’altezza, Wanda scosse distrattamente la testa. «Non erano davvero i nostri genitori» spiegò, stupendosi di aver appena usato la stessa frase che ripeteva sempre Pietro, la stessa che, detta da lui, la faceva impazzire di rabbia.
Si voltò verso il retro del velivolo, come se lui l’avesse chiamata. Ogni minuto che passava lontana da lui sembrava durare per sempre. Stargli lontana quando stava male era così innaturale, così sbagliato.
«Dov’è che stiamo andando?» chiese, dopo aver faticosamente ritrovato la concentrazione.
«San Francisco» rispose Emma. «Siamo quasi arrivati.»
«San Francisco?» Wanda spalancò gli occhi. «San Francisco in America?»
Erik annuì, sorridendole.
L’America, pensò, incredula.
Guardò la costa sotto di loro cercando di vederci tutto quello di cui aveva parlato con Pietro: le grandi case con le piscine, le automobili di lusso, i cantanti e gli attori famosi, i gatti al guinzaglio, i cani con gli occhiali da sole, i rollerblades, i cappelli da cowboy, la coca-cola, i musical, i carretti di hot-dog, le tavole da surf, i negozi a dieci piani, il baseball, i blue jeans, il jazz e, soprattutto, la cosa più importante: la promessa di felicità, di libertà.
Ma non provò nulla. La sua mente era svuotata. Tutto ciò che vedeva era un pezzo di terra di un paese che non era il suo.
Quella era l’America, ma niente era come aveva immaginato.
Come potrebbe, si chiese, dopo tutto quello che è successo? Non avevano soltanto visto morire delle persone: ormai anche le loro mani erano sporche di sangue e, quel che era peggio, pensò, sfiorandosi istintivamente la gamba, Pietro era quasi morto. Per un istante, guardando quegli occhi che si erano fermati a fissare il nulla, Wanda aveva davvero creduto di averlo perso.  
Era stato solo un attimo, un momento di panico in quella baraonda, ma anche così, anche così breve e non reale, lei aveva avvertito con orribile lucidità suo fratello scivolare nelle tenebre, senza di lei. Aveva provato il dolore straziante, inconsolabile, della sua assenza, e non avrebbe mai potuto dimenticarsene.
Tornò a voltarsi. Forse la stava davvero chiamando e Wanda non ne poteva più di stargli lontana.
Ritornò da lui, da lui che era la prima persona al mondo che aveva incontrato, quando ancora non poteva né vedere né respirare, il suo fratello gemello, tutta la sua famiglia.
Il suo migliore amico.
Per lui ci avrebbe provato.
Anche se probabilmente era soltanto un’illusione, anche se erano feriti e avevano visto e fatto cose che li avevano danneggiati in modo forse irreparabile, per lui avrebbe provato a crederci.
«Ci siamo riusciti, Pietro» disse in un sussurro. «Siamo in America.»
Sedendosi, Wanda gli prese la mano fra le sue.
«Ora dobbiamo solo essere felici.»
 

 
 
 
This is the way the world ends.
This is the way the world ends.
This is the way the world ends.
 
Not with a bang but a whimper.
 
 
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I versi citati nella storia sono tutti tratti dalla meravigliosa poesia The Hollow Men di T.S. Eliot (sì, ho l’headcanon di Magneto che legge T.S. Eliot *ridacchia*).
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That’s it! :) Spero vi sia piaciuta… A me è piaciuto molto scriverla, questo è certo.
Ringrazio di cuore tutti quelli che si sono presi il tempo di leggere questa mia storia, e ogni commento – così come ogni critica o domanda – è assolutamente graditissimo.
Un grazie immenso a coloro che sono stati al mio fianco durante questa “fatica”, in particolar modo le bellissime e pazientissime Carolina e Claudia. Grazie, tesori miei <3 *manda bacini*
Un bacio enorme a tutti i lettori! Alla prossima avventura :*
   
 
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