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Autore: Fanny Lestrange    13/01/2015    1 recensioni
Aurora Sinistra: un personaggio sul quale J.K. non si è soffermata più di tanto, lasciandoci solo intendere che si tratta dell'insegnante di Astronomia alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Ma se dietro questo nome si celasse un'identità diversa, una donna dal passato misterioso e tormentato a cui è stata offerta l'opportunità di ricostruirsi una vita sotto false sembianze? Se al di là dell'impeccabile reputazione da docente si nascondessero anni trascorsi al servizio del più temuto mago oscuro di tutti i tempi? E se lei, dopo aver abilmente ingannato chi le stava intorno sulla sua definitiva presa di posizione, si rendesse improvvisamente conto che le scelte che farà non avranno più come unico obiettivo il trionfo del suo Signore? Se qualcosa o qualcuno minacciasse di compromettere i sacrifici di una vita, di cambiarla per sempre?...
è la mia prima ff, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Non spaventatevi se nel primo capitolo non sembra succedere nulla di particolare, dal secondo si comincerà a capire meglio!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aurora Sinistra, Narcissa Malfoy, Nuovo personaggio, Rabastan Lestrange, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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La radura è immersa nella quiete. Una pesante coltre di silenzio grava su di essa, che pochi, intrepidi suoni osano scalfire: il timido cinguettio di un uccello, lo stormire del vento tra le foglie, il monotono ticchettio delle gocce d’acqua di cui le fronde degli alberi si stanno a poco a poco liberando, riversandole al suolo.
Ha piovuto durante la notte, e ora dalla foresta emana un penetrante odore di terra bagnata. Tasto cautamente l’orlo della veste, e mi accorgo che è umido. Faccio scorrere le dita tra i fili d’erba, che paiono intirizziti dal freddo, e sul terriccio gelido e smosso, assaporando quell’intimo contatto con la natura nella sua veste più semplice ed autentica. Alzo lo sguardo e scorgo, oltre le cime degli alberi, un tenue bagliore violaceo, una sottile striscia di cielo appena più chiara del resto. Il tempo concesso al ragazzo per consegnarsi, ne deduco, sta volgendo al termine. Sospiro, frustrata. Avrei preferito giungesse di sua spontanea volontà: tante vite sarebbero così state risparmiate. Ero anzi certa che sarebbe venuto; ha sempre dimostrato di possedere una predilezione per i gesti eroici, ed ero convinta che questa volta, pur trattandosi dell’ultima, non avrebbe fatto la differenza.
Incrocio lo sguardo di Cornelia, seduta al capo opposto della radura, accanto a Cissy. Per non destare sospetti, io me ne sto accovacciata in disparte, e finora abbiamo avuto occasione di scambiarci non più di qualche parola di sfuggita. Rassicurazioni sussurrate rapidamente, quando per caso ci siamo trovate abbastanza vicine, furtive strette di mano, cenni del capo, sorrisi di incoraggiamento. Occhiate fugaci, contatti durati il tempo di un battito di ciglia. Istanti rubati a una realtà che sembra voler allontanarci sempre più, ma che ci siamo fatte bastare; preludi di un futuro in cui, di momenti così, potremo saziarci, consapevoli che il mondo intorno a noi non trama più per dividerci.
Lei mi sorride debolmente e torna a posare la testa sulla spalla di Cissy. In altre circostanze non si sarebbe abbandonata ad un gesto così fragile ed infantile, ma lui, il Signore Oscuro, sembra assorto in tutt’altri pensieri per prestare attenzione ai suoi tirapiedi e rinfacciarci le nostre debolezze. E’ ritto al centro della radura, illuminato dal tenue bagliore del fuoco, immobile come un predatore in agguato; fa scorrere senza sosta le lunghe dita ossute sulla bacchetta e ignora caparbiamente Bellatrix, che continua a ronzargli intorno alla stregua di un insetto fastidioso. Dietro di lui, l’enorme serpente fluttua in una bolla protettiva nella quale, per ragioni a me ignote, ha deciso di tenerlo al sicuro. Ancora per poco, finché i suoi tormenti avranno la precedenza, noi potremo considerarci al sicuro.
Cerco Rabastan. E’ in piedi al limitare della foresta, alle spalle del Signore Oscuro, intento a discutere a bassa voce col fratello. Lo fisso finché non alza lo sguardo e s’interrompe. E’ straordinario come riesca ad infondermi sicurezza e fiducia con il solo contatto visivo. Invidio il suo tenace, incrollabile attaccamento alla vita, ma soprattutto quella rara abilità che gli consente di cogliere senza sforzo una stridente nota di ironia persino nei momenti più cupi.
 
“Dai che Potter glielo mette in culo, al pelatone!”
Appena poche ore fa se n’era uscito così, dal nulla, rompendo un silenzio impotente. Ero scoppiata a ridere, incredula di fronte a tanta genuina sfrontatezza. Non mi aveva nemmeno sfiorata il pensiero di ammonirlo per la sua sfacciataggine, di chiedergli chi gli avesse dato il diritto di parlare in quel modo... se l’era preso, ecco tutto, ed era giusto così. Aveva espresso con schiettezza ciò in cui entrambi - e non solo noi, tra i Mangiamorte - da tempo confidavamo. Non ci illudevamo, ricordando che Potter in fin dei conti era solo un ragazzo, ma scorgevamo in questa apparente inferiorità, nella tanto vociferata predestinazione, la sua carta vincente. Ci frustrava la consapevolezza di non poterlo aiutare, se volevamo salvare la pelle, e spesso Rabastan passava ore a convincermi che non ero una codarda, ma che agivo per il bene di mia figlia, e lui per il mio. Avevo anche escogitato un piccolo compromesso: ero riuscita a riferire all’Ordine informazioni attendibili, pur se di scarsa rilevanza. Era comunque qualcosa, mi ripetevo. Non che mi riconoscessi nei loro valori o auspicassi un’alleanza; semplicemente, riponevo in loro la mia fiducia perché rappresentavano, ormai, l’unica alternativa in grado di opporsi all’ascesa del Signore Oscuro.
Ieri, nel pomeriggio, eravamo appunto impegnati a costruire i nostri castelli di illusioni proibite e progetti arditi, stesi l’uno di fianco all’altra, abbracciati, quando tutt’a un tratto avevo avvertito una fitta acuta all’avambraccio sinistro. D’istinto avevo pensato che l’Oscuro Signore avesse scoperto o intuito qualcosa, e mi stesse convocando per punirmi; avevo cercato atterrita lo sguardo di Rabastan e, quando nei suoi occhi avevo letto la stessa angoscia, un’ondata di sollievo mi aveva pervasa.
“Lo senti anche tu?” avevo sussurrato, indicando il Marchio.
Lui aveva annuito, senza proferire parola.
“Resta qua.”
Era sgattaiolato fuori dalla stanza, ed io ero rimasta in attesa. Se la faccenda si limitava a me e Rabastan, nutriva senz’altro dei sospetti, ma se ci stava convocando tutti doveva trattarsi di qualcosa di ben più grave. Forse il ragazzo... e Cornelia? Cornelia dov’era, dannazione?
Avevo teso l’orecchio e cercato di captare rumori insoliti, ma Villa Malfoy pareva quieta come sempre, eccezion fatta per un parlottare indistinto che giungeva dal pianterreno. Non sembravano esserci indizi di una battaglia in corso, né di un pericolo imminente. Ma nemmeno una simile ragionevole deduzione era servita a rassicurarmi.
Qualche minuto dopo, Rabastan era piombato in camera spalancando la porta.
“Alfa, ci siamo!” aveva esclamato, in un’unica emissione di fiato.
Era pallido, ma un sorriso euforico aleggiava sul suo volto.
“Potter è a Hogwarts, stiamo andando là.” aveva continuato, prima che potessi interromperlo.
“Questione di ore, e si combatterà. Ma stavolta sarà quella decisiva, Alfa! Potrebbe rimanerci secco, ti rendi conto? Su, alzati, non perdere tempo!”
Contagiata dal suo entusiasmo,ero balzata in piedi, per poi fermarmi subito dopo, colta da un nuovo pensiero.
“Che c’è?” aveva incalzato lui.
“Cornelia. Deve venire anche lei?”
Per disgrazia o per fortuna, in quei giorni Cornelia si trovava a Villa Malfoy, esentata dalla frequentazione del suo sesto anno a Hogwarts. L’Oscuro Signore, difatti, riteneva che le lezioni di Arti Oscure che aveva ordinato a Bellatrix di impartirle fossero di gran lunga più necessarie alla formazione di una giovane Mangiamorte.
Rabastan si era incupito.
“Sì, ecco... stavo per dirtelo. Ha detto a Lucius di portare anche lei. Ma vengono tutti, anche Cissy... e poi non è detto che debba combattere.” aveva aggiunto con poca convinzione, ma io ero già sulla soglia.
“Alfa... dobbiamo andare!”
Mi ero precipitata nella sua stanza, e l’avevo trovata in piedi, voltata di spalle, apparentemente intenta a contemplare il giardino fuori dalla finestra, i lunghi capelli corvini scompigliati sulla schiena. Mi ero avvicinata e le avevo cinto i fianchi in un abbraccio. Lei non si era mossa. Sapeva. Naturalmente.
“Ehi...” avevo sussurrato.
“Vedrai che andrà tutto bene. Anch’io ho paura, sai? Ma almeno so che questa volta saremo insieme.”
Suonava tutto così maledettamente retorico, così falso. Pure, non c’era nulla di più vero. In quale altro modo avrei potuto dirglielo? Quali parole usare, quando lo stesso linguaggio verbale appariva così vuoto, fra noi, così privo di significato, in confronto a ben più eloquenti silenzi?
Si era accorta anche lei, con il tempo, della vera natura del Signore Oscuro, e sapeva cosa io speravo che accadesse, poiché entrambe ci auguravamo lo stesso.
“Vedrai che presto sarà tutto finito.”
Un sussurro appena udibile.
Allora si era voltata, e aveva ricambiato l’abbraccio, nascondendo il viso sulla mia spalla. Puntuale, mi era solito il consueto groppo alla gola.
“Mi dispiace...” avevo mormorato con voce rotta, sentendomi ridicola e patetica.
“Mi dispiace tanto, davvero... per tutto.”
Per averti rifilata ad altri, per essere stata vile nel modo più spregevole, per non averti accettata. Per essere stata una pessima madre. Anzi, per non esserlo stata affatto.
“Io, al tuo posto, non avrei mai avuto la forza di perdonarmi.”
“Io, al tuo posto, non avrei mai avuto il coraggio di tornarmi a cercare.” aveva ribattuto lei, e il suo volto non tradiva rancore, né si era abbandonato ad un sorriso riconciliatore; traspariva solo una nuda, disarmata sincerità.
“Comunque faremmo meglio ad andare, sento Rabastan che ti chiama...” aveva tagliato corto, abbassando lo sguardo.
“Certo. Hai ragione.”
Avevo annuito, ripensando a quando le avevo detto di me e Rabastan. Sulle prime si era mostrata sbalordita, ma tutto sommato poi l’aveva presa bene.
Faticavo così tanto a interpretare i suoi gesti, ad indovinare i suoi pensieri, a cogliere anche la più lieve sfumatura di significato che poteva aver attribuito a una certa azione. Mi premeva soprattutto accertarmi che non mi odiasse. Almeno, non quanto mi odiavo io. Spesso era scostante, addirittura scorbutica, quasi mai amichevole; eppure, era schietta, testarda, e non perdeva occasione per esprimere la sua opinione, per quanto acerba ancora potesse essere. Mi rammaricavo del fatto che non si confidasse più apertamente con me, ma non potevo certo biasimare lei per questo. Con il tempo, avremmo senz’altro dialogato più a lungo; per ora, quell’intesa sorta fra noi fin dalle prime lezioni di Astronomia, di sguardi che si cercano, silenzi che si susseguono al ritmo di una melodia nota a noi sole, mani che, come in una danza, si trovano, si scoprono e si riconoscono... mi bastava. Di più non avrei osato chiederle.
 
L’aria era gelida nell’ampia sala da pranzo di Villa Malfoy. Le spesse pareti di pietra erano tappezzate di elaborati arazzi e numerosi ritratti di antenati, i cui volti austeri parevano seguire con lo sguardo e ammonire i loro inquieti discendenti. Un lungo tavolo di mogano scuro campeggiava al centro della sala, attorniato da numerose sedie, dove l’Oscuro Signore e i suoi seguaci avevano preso posto durante innumerevoli riunioni. Nel soffitto, era ancora visibile l’ampio squarcio che aveva aperto il lampadario, quando l’elfo di Potter l’aveva fatto precipitare addosso a Bellatrix; scaglie di cristallo, che nessuno si era curato di pulire, ancora luccicavano qua e là sul pavimento. Nel camino, di marmo finemente scolpito, le braci erano spente.
Lucius era in piedi di fronte ad esso; ne potevo scorgere il profilo incurvato, i lunghi capelli ormai spenti e scompigliati, e indovinarne l’espressione impotente, umiliata. Quando Cornelia e io arrivammo, non distolse lo sguardo, ma continuò a fissare imperterrito le ceneri del focolare. All’altro capo del tavolo, invece, Cissy, che stava parlottando concitatamente con la sorella, s’interruppe e mi rivolse un sorriso mesto.
“Alfa.”
Si avvicinò a grandi passi. Feci per parlare, poi parve ricordarsi della presenza di Cornelia e si trattenne. Si limitò ad abbracciarmi silenziosamente.
“Oh, bene, eccoti qui.” trillò Bellatrix, sogghignando.
Mi superò, senza dar cenno di essersi accorta della mia presenza, e si fece incontro a Cornelia. Avevo intuito che si fosse rivolta a lei.
“E’ giunta l’ora di mettere alla prova le tue conoscenze, dolcezza.”
La squadrò, sovrastandola, e sorrise. Una smorfia che presto si tramutò in una risata agghiacciante. Cornelia la fissava impassibile.
“Non vedo cosa ci sia da ridere.” avevo apostrofato Bellatrix gelidamente.
“Ma come, Alfa?” aveva continuato lei, degnandomi finalmente di un’occhiata.
“Non ti rendi conto? Non capisci a cosa siamo giunti? Potter è a Hogwarts! E’ la fine della corsa.”
Il suo tono si era fatto serio ora, fremente, e i suoi occhi brillavano d’eccitazione.
“Non ci sfuggirà, questa volta, e dopo stanotte, senza più la sua guida, sbaragliare l’Ordine sarà un gioco da ragazzi.”
Scoppiò di nuovo a ridere.
“L’Oscuro Signore otterrà una vittoria completa, e nulla più gli sarà d’ostacolo.”
La voce le si colorava di una tonalità nuova, quando parlava del suo Signore, diventava quasi carezzevole.
Tornò ad abbassare lo sguardo su Cornelia, fissandola da sotto le sue palpebre pesanti.
“Perciò, ragazzina, farai meglio a dimostrare di valere qualcosa in battaglia, o puoi star certa che Lui lo verrà a sapere.”
“Bella, mia figlia è poco più che una bambina.” intervenne Cissy con voce ferma.
Non mi sfuggì l’occhiata irritata che Cornelia le scoccò, ma lei non la colse. Narcissa se l’era cavata magnificamente nel portare avanti quella farsa con tutti, sua sorella compresa, ora che Cornelia sapeva. Bellatrix non avrebbe esitato ad andarlo a spifferare al suo adorato padrone, il che avrebbe naturalmente portato alla trasformazione di Cornelia in ostaggio da utilizzare per legarmi le mani e assicurarsi la mia fedeltà. Non che ora non svolgesse lo stesso ruolo, in effetti. Grazie a lei, il Signore Oscuro teneva saldamente in pugno i Malfoy, lasciando tuttavia a me un margine più ampio di tradimento.
“E’ stata una follia da parte del nostro Signore voler far combattere anche lei.”
La sua apprensione non era simulata: amava davvero Cornelia come una figlia, ma senz’altro temeva anche per Draco, che di lì a poco non sarebbe più stato tanto al sicuro dietro le mura di Hogwarts.
“Cissy, la ragazza è perfettamente in grado di unirsi a noi. Io alla sua età prendevo lezioni dal Signore Oscuro in persona. Credi forse che Lui possa ammetterla nei nostri ranghi senza prima aver testato il suo valore sul campo, la sua lealtà, il suo onore?” s’infervorò Bellatrix.
“Onore? Tu mi parli di onore?” sbottò Cissy, rossa in viso.
“Che onore pensi ci sia nello schierare una ragazzina alle prime armi fra combattenti esperti, esponendola senza riserve al tiro dei nemici?”
“Tu osi contestare...” iniziò Bellatrix, che avrebbe già messo mano alla bacchetta se non si fosse trattato di sua sorella.
“L’Ordine non farà del male a una ragazza.” sentenziò Lucius, voltandosi verso di noi.
Mi resi conto che aveva preso la parola per la prima volta da quando ero entrata.
“La loro morale glielo impedisce.” tagliò corto, la voce atona, lo sguardo vacuo che pareva attraversarci.
Sull’improbabile adunata calò il silenzio.
Bellatrix era ancora incredula per aver trovato in Lucius un insospettabile alleato, Narcissa evidentemente era alla ricerca di argomentazioni per confutare la tesi del marito ed io ero troppo intenta a domandarmi a che gioco lui stesse giocando. Mi rifiutavo di credere che non fosse preoccupato, se non  per Cornelia, almeno per suo figlio, e sapeva quanto me che non sempre i membri dell’Ordine si dimostravano migliori di noi. Il terrore con cui il Signore Oscuro l’aveva vincolato a sé non doveva lasciarlo un attimo. Pure, dovetti riconoscere che Lucius non aveva tutti i torti: non sarebbe stato saggio contestare il nostro aguzzino, proprio adesso che avremmo potuto essere così vicini alla sua caduta. Se fossi rimasta al fianco di Cornelia e avessi vegliato su di lei con sufficiente attenzione, ero certa che non le sarebbe accaduto nulla.
 
Durante l’intera discussione, Cornelia non aveva proferito parola.
“Non preoccuparti, padre” disse infine, con una calma singolare.
“Io voglio combattere.”
Lucius le rivolse un sorriso tirato, Narcissa la guardò sbalordita. Non capiva che Cornelia era disposta a tutto pur di dimostrare di non essere più una bambina, e che le sarebbe parso intollerabile starsene al sicuro, con le mani in mano, mentre noi avessimo rischiato la vita là fuori. Sapeva che sarebbe stata una battaglia decisiva, e voleva prendervi parte, qualunque fosse stato l’esito. Appariva granitica nella sua determinazione, ma a me era chiaro quale conflitto dovesse dilaniarla dall’interno.
 
“Ne sono lieto, Cornelia.”
Mi voltai di scatto. Rabastan era apparso proprio in quel momento, seguito da Rodolphus. La sua voce mi diede conforto, e così dovette essere anche per Cornelia, poiché i suoi lineamenti parvero distendersi e l’ombra di un sorriso si fece strada sul suo volto. Rabastan ci sapeva fare con lei, ammisi fra me e me.
“Dobbiamo andare.”
Ci scambiammo un’occhiata furtiva, colma di angoscia.
“L’Oscuro Signore ha dato ordine di Materializzarci nella radura della Foresta Proibita, che sarà il nostro quartier generale durante la battaglia. Lì ci impartirà le istruzioni per l’attacco.”
Un brivido mi corse lungo la schiena, ma non ebbi il tempo di capire se si trattasse di paura o adrenalina.
Ci stringemmo gli uni agli altri e per un folle istante mi abbandonai all’illusione che, nonostante tutto, per una notte saremmo stati uniti. Chiusi gli occhi e afferrai la mano di Cornelia.
 
 
Quando li riaprii, rimasi sconcertata nel constatare che, a quanto pareva, eravamo gli ultimi arrivati. La radura pullulava di uomini avvolti in lunghi mantelli neri, alcuni impegnati a duellare, altri a confabulare tra loro, altri ancora ad impartire ordini. Ovunque vi era un gran fermento, ed era arduo anche solo tentare di distinguere tra Mangiamorte, Ghermidori, lupi mannari e ogni altro genere di reietti il nostro Signore avesse assoldato. Su un lato dello spiazzo torreggiavano alcuni giganti dall’aria feroce e, in un angolo, seminascosti dalle tenebre e dall’intrico di rami e fusti degli alberi, intravidi uno stuolo di ragni enormi, dai dorsi pelosi e dalle innumerevoli zampe brulicanti, che parevano non cessare mai di muoversi.
Avrei dovuto intuire che il nostro Signore si sarebbe avvalso anche di altre creature per rimpolpare i nostri ranghi, di per sé non abbastanza numerosi. Creature soggiogate - come la maggior parte di noi, del resto - che doveva aver sottomesso con la magia, o semplicemente con le dovute lusinghe, facendo leva su quel loro lato selvaggio e ferino che, temporaneamente domato, al momento opportuno avrebbe lasciato libero di spiegarsi in tutta la sua potenza devastatrice e mietere vittime. Mi chiesi se chi, tra noi, ne era stato nominato responsabile sarebbe stato in grado di contenerli; ma, evidentemente, il nostro Signore non desiderava contenerli. E perché avrebbe dovuto? Fare quanti più danni possibile era l’unico scopo per il quale si trovavano tra noi; e se, per sbaglio, alla loro mercé fossimo dovuti capitare noi, i suoi seguaci... a quanto pareva era un’eventualità che Lui considerava trascurabile.
Frugai con lo sguardo la radura, e lo trovai al centro, intento a discutere con Bellatrix. Cornelia si era accostata a Lucius e Narcissa, come io stessa le avevo raccomandato di fare in presenza di altri, Rabastan, invece, mi stava raggiungendo. Dov’era stato?
“Ho parlato con Lui.” esordì, precedendomi.
“Ha intenzione di chiedere al ragazzo di consegnarsi spontaneamente. Conta sul suo spirito di sacrificio. In ogni caso, vuole annunciare che chiunque glielo catturerà verrà ricompensato. Attenderà fino a mezzanotte. Se Potter non verrà, combatteremo.”
Dunque era questo il piano. Inarcai un sopracciglio.
“Lasciare un tale dispiegamento di forze inutilizzato? Quale spreco...”
Rabastan sorrise. Aveva già tratto la mia stessa conclusione, naturalmente.
“Hai ragione. Credo che voglia combattere, alla fine. Si aspetta che gli amici del ragazzo lo proteggano, gli impediscano di consegnarsi. Ma un tentativo è sempre meglio farlo. Lord Voldemort è misericordioso.” aggiunse, scimmiottandolo.
“Così facendo, frammenterà anche lo schieramento di Potter, perché di sicuro non tutti gli sono leali al punto da sacrificare la vita per lui...” riflettei ad alta voce.
“Anche qualora non riescano a portarglielo, avrà comunque indebolito l’avversario.”
“E’ probabile.” convenne Rab.
Ma non ebbe il tempo di aggiungere altro, poiché il nostro Signore, la voce amplificata così da essere udito in tutto il castello e oltre, presentò la propria offerta.
Quando tacque, la radura era immersa in un silenzio teso, vibrante, carico di aspettativa.
 
“Nutro un enorme rispetto per gli insegnanti di Hogwarts. Non voglio versare sangue di mago.” aveva appena assicurato l’Oscuro.
D’un tratto, inspiegabilmente, il pensiero mi corse a Minerva McGranitt. Avrebbe preso parte anche lei alla battaglia, qualora una battaglia ci fosse stata? Naturalmente. E se mi fossi trovata a duellare con lei, come mi sarei comportata? Avrei dovuto ucciderla? Prenderla prigioniera? Ma cosa se ne sarebbe fatto, il mio Signore? Era Potter che voleva. Meglio dunque Schiantarla e lasciare che qualcuno privo dei miei scrupoli la finisse? E lei, cos’avrebbe fatto? Mi avrebbe risparmiata? Perché mai avrebbe dovuto? Ero stata una sua studentessa, certo, ma chi, tra noi, non lo era stato?
Minerva però poteva vantare, lei fra pochi, di aver goduto del mio rispetto; e di conseguenza anche della mia giovanile ammirazione. Quando infine era giunto il mio turno, avevo sperato di dimostrarmi un’insegnante valida quanto lei lo era stata, di instillare, come a suo tempo lei aveva fatto, il germe della curiosità, di accendere la scintilla della passione nei miei studenti. In poche parole, le dovevo tutto. Militavamo su fronti opposti, certo, ma condividevamo qualcosa che andava oltre, che prescindeva dal fragile concetto di fazioni: eravamo unite sotto il vessillo dell’amore per la conoscenza, e questo, in qualche modo, ci legava l’una all’altra, indipendentemente da in chi avessimo posto la nostra lealtà. In nome di che cosa, dunque, l’avrei assassinata? Circostanze, banali circostanze che mi avevano costretta ad annoverarla fra i nemici.
“Anche il tuo Signore la rispetta, eppure non si farebbe problemi ad abbatterla in duello...” insinuò una debole voce al mio orecchio. Il mio Signore afferma di rispettarla, la corressi. Se così fosse, non si troverebbe qui a combatterla. Era davvero possibile ammirare il proprio avversario? Il rispetto non sarebbe dovuto bastare, in se stesso, a evitare che considerassimo il nemico come tale? Quale necessità era così impellente, quale causa così nobile da imporsi sulla stima che provavamo per qualcuno?
E i miei studenti? Sia i miei colleghi professori che i ragazzi non sospettavano che io fossi in realtà fedele alle forze oscure, ma, mentre gli insegnanti, non scorgendomi fra loro, dovevano aver già compreso, cos’avrebbero pensato i miei ragazzi? Che risposta si sarebbero dati quando mi avessero vista piombare loro addosso? Mi sfuggì un amaro sorriso: come se ne fossi stata capace, di piombare loro addosso. Delle stelle non m’importava molto, le avrebbero dimenticate comunque; ma il desiderio di conoscenza, la tenacia nel perseguire la verità, il valore della fatica, il coraggio delle proprie scelte, la fiducia in se stessi... ebbene, li avrebbero ricordati o sarebbero stati per sempre offuscati dalla loro memoria di me?
D’altra parte, non potevo combattere fra coloro che speravo trionfassero: il Signore Oscuro aveva dato disposizione che Piton ed io restassimo al suo fianco. Severus, però, diversamente da me, non doveva preoccuparsi per la propria copertura: la sua era già saltata quando aveva assassinato Silente. Dunque, schierarmi con Potter avrebbe significato, senza mezzi termini, tradimento. Qualora il ragazzo avesse dovuto avere la meglio, saremmo potuti fuggire, ed era ciò che auspicavo; ma anche se la vittoria fosse stata del mio Signore, avrei comunque avuto salva la vita. La mia, ma soprattutto quella di Cornelia. Mi ritrovai a pensare che, se non avessi avuto lei, avrei senz’altro corso il rischio, avrei potuto permettermi di combattere con onore, dalla parte giusta, ammesso che ce ne fosse una.. poi riflettei meglio e capii che, se non avessi avuto lei, non mi sarebbe mai nemmeno capitato di chiedermi quale fosse la parte giusta.
 
“Miei fedeli seguaci.”
La voce acuta e sibilante del nostro Signore interruppe il flusso dei miei pensieri. Mi guardai attorno, a disagio. Rabastan era sempre accanto a me; ma attorno all’Oscuro, ora, si stavano mano a mano radunando le sue forze al completo, eccetto i ragni e i giganti. Il suo tono non era alto, eppure, il silenzio era tale che l’avrebbe udito anche chi si fosse trovato nel bosco in prossimità della radura.
“Mancano pochi minuti alla mezzanotte.” continuò, gli occhi scarlatti che saettavano tra le sue reclute, dal primo all’ultimo di noi, dal servo più leale allo scagnozzo più viscido.
“Il ragazzo non è venuto da me, e ciò significa che saremo noi ad andarlo a prendere. Chiunque di voi catturi Potter e me lo consegni, verrà adeguatamente ricompensato, ma non torcetegli un solo capello. Devo essere io, e nessun altro, ad ucciderlo. Dei suoi amici, trucidatene quanti più potete.”
Tacque per un momento.
“Potter sa che, presto o tardi, dovrà venire da me. Assistere impotente alla strage dei suoi non farà che rafforzare questa convinzione e avvicinare quel momento. Prima verrà da me, prima lo eliminerò, una volta per tutte.”
Inclinò il capo, simile più che mai ad un rettile.
“Combattete con valore, e verrete onorati. Fuggite...”
Sollevò la bacchetta. Un tremito percorse la folla assiepata attorno a lui.
“... e verrete puniti. Non deludetemi.”
Si voltò e la puntò in direzione del castello. Un fiotto di abbagliante luce verde scaturì dalla stecca, squarciò le tenebre, perforò i tronchi degli alberi e attraversò la foresta, mirando alle difese appena erette dall’Ordine a protezione di Hogwarts. Fu il segnale. Decine, centinaia di altri getti si unirono al primo, e il bosco tutt’intorno a noi risplendette, illuminato a giorno dall’odio delle nostre maledizioni scagliate all’unisono.
Dopo, regnò il caos. I giganti, lanciando grida possenti, si avviarono verso la scuola, travolgendo nella loro avanzata chiunque non si dimostrasse rapido a sufficienza da evitarli; i ragni zampettarono in massa attraverso la radura e poi nella foresta, aprendosi senza difficoltà un varco tra le radici e le fronde degli alberi; tutti gli altri si scagliarono di corsa in direzione del castello, senza curarsi di serrare i ranghi o di mantenere una qualche sorta di formazione. Scossi il capo, colta alla sprovvista. Forse, dopotutto, ci avevo sopravvalutati. Mi feci largo a spintoni, schivando zampe, piedi e incantesimi scagliati alla bell’e meglio.
“Cornelia!” gridai, a voce ancora più alta per sovrastare quella cacofonia di urla, frenetici calpestii e rami spezzati.
“Cornelia!”
L’avevo persa di vista quando si era unita ai Malfoy, ed ora mi era impossibile ritrovarla nella mischia. Vagai per la radura senza una meta, tentando spasmodicamente di scorgere i suoi capelli scuri in quella fiumana di corpi che si contorceva, si apriva in varchi angusti e implodeva, ripiegandosi di nuovo in se stessa, inghiottendomi. Finalmente avvistai una chioma bionda a qualche metro di distanza.
“Narcissa!”
Lei mi udì, si voltò e fendette la folla per raggiungermi. Al suo fianco c’era Cornelia. Le afferrai la mano.
“Rimani accanto a me, d’accordo? Combatteremo insieme.”
Annuì, gli occhi stravolti.
“So cavarmela...” tentò debolmente.
“Lo so.” la zittii.
“Lo so benissimo, ed è per questo che tu mi coprirai le spalle. Ci proteggeremo a vicenda.”
Non era esattamente quello che avevo in mente, e d’altronde lei sapeva bene che le sue capacità non eguagliavano le mie. Ma non importava, bastava che si fidasse e acconsentisse, così che avessi potuto tenerla d’occhio. Colsi in lei un rapido cenno di assenso, e fu sufficiente.
“Bene. Andiamo.”
 
 
Non avevo duellato con Minerva Mc Granitt. Non avevo trovato la benché minima traccia di Minerva Mc Granitt, e di questo fui oltremodo grata. A chi, non avrei saputo dirlo. Alle circostanze, credo, alle medesime, mutevoli Circostanze.
Eravamo però state costrette a fronteggiare ben tre dei ragazzi che Cornelia frequentava a scuola. Al primo che ci si era parato dinanzi, lei, riconoscendolo, era rimasta paralizzata, ed era toccato a me Schiantarlo.
“Non puoi farci nulla, Cornelia.” le avevo mormorato poco dopo quello scontro, guardandomi intorno per accertarmi che il Signore Oscuro, Bellatrix o chi per loro non si trovasse nelle vicinanze.
“Non devi ucciderli, limitati a metterli fuori combattimento. Ma fai qualcosa, o saranno loro ad annientare te. Loro, o peggio, il Signore Oscuro quando lo verrà a sapere.”
“Alfa, sono... sono i miei compagni, non ce la faccio!” gemette lei.
Non mi sfuggì che ancora mi chiamasse per nome, ma finsi di non essermene accorta.
“Devi farcela, invece.”
“Cosa penseranno di me?”
“E di me?” ribattei.
“Se sono tuoi amici, saranno senz’altro abbastanza svegli da capire che non hai scelta. Non a tutti è concesso il privilegio di combattere per qualcosa in cui si crede. C’è chi è costretto a farlo per sopravvivere. Invidiali, se può aiutarti. Rivolgi contro di loro la tua rabbia, ma non dimenticare chi ne è il vero responsabile.”
Il secondo riuscì a Disarmarlo, e la terza, una ragazzina di Tassorosso che ricordavo essere sua amica, la mandò senza troppi complimenti a schiantarsi contro una vetrata. In circostanze diverse, mi sarei complimentata con lei, ma nella situazione in cui ci trovavamo, non avrei potuto concepire nulla di più inappropriato. Mi aveva colpito la quantità di studenti che erano scesi in campo ad alimentare la resistenza di Hogwarts. Non potei evitare di sentirmi fiera di loro.
Riuscii a non perdere mai di vista Cornelia, e la salvai da due Auror che non si erano fatti alcuno scrupolo a tentare di assassinare una ragazzina; ma, evidentemente, quando le avevo esposto il mio presunto piano dovevo aver avuto ragione più di quanto pensassi, perché anche lei, ad un certo punto, Schiantò una strega che mi aveva Disarmata mentre ero occupata a finire uno degli Auror. Quei due furono le sole vite che strappai. Non ho alcun rimorso per loro. Non li conoscevo, e anche di questo fui grata.
 
“Vigliacca!”
“Cagna!”
“Doppiogiochista schifosa!”
Le ingiurie scagliatemi addosso dai membri dell’Ordine continuano a riecheggiarmi nelle orecchie. Chiudo gli occhi, tentando di ignorarle. Quasi un’ora è trascorsa da quando il nostro Signore ci ha fatti ritirare, annunciando una tregua e intimando al ragazzo di venire a consegnarsi, se desiderava porre fine al massacro. Non stava neanche combattendo, Lord Voldemort il misericordioso. Aveva affari più urgenti da sbrigare, si vede.
L’improvviso frastuono mi costringe a riaprire gli occhi. La radura è in subbuglio. Non impiego molto ad individuarne la causa: il ragazzo è lì, in piedi, che fronteggia con coraggio il nostro Signore. Trattengo il respiro. E’ inerme, non ha nemmeno sfoderato la bacchetta. La sua è una resa inequivocabile. L’Oscuro Signore lo apostrofa con scherno: parole che non odo, talmente forte è il rumore di qualcosa, dentro di me, che s’infrange. Le mie speranze, forse? Il momento che il mio Signore ha visto così tante volte sfuggirgli, che altrettante volte ha vissuto, anticipandolo, nelle sue fantasie, è ora giunto, e dura appena un battito di ciglia. Un fiotto di luce verde, una formula pronunciata quasi pigramente, il ragazzo crolla e... anche il mio Signore.
Sulle prime stento a credere a quello che mi pare un esito del tutto inverosimile. Eppure entrambi giacciono lì, a terra, inerti, nitidi davanti ai miei occhi. Il ragazzo dev’essere morto, come c’era da aspettarsi, ma cosa diamine è accaduto al suo assassino? Quando ha scagliato la maledizione, ne è stato come respinto, quasi che... quasi che l’anatema gli si sia ritorto contro. Ma ha una qualche ragion d’essere questa ipotesi?
Non sono la sola a pormi queste domande, è ovvio. L’imprevedibile caduta del nostro Signore ci ha colti tutti di sorpresa, e un capannello di seguaci non sta tardando a formarglisi attorno, mentre i più cauti (o i più codardi?) preferiscono tenersi in disparte. La curiosità, in me, finisce con l’avere la meglio sul buonsenso. Raggiungo Cornelia accanto a Cissy e le intimo di restarsene lì dov’è, poi mi avvicino. La mia modesta statura non mi consente di vedere al di sopra delle spalle dei Mangiamorte assiepati attorno all’Oscuro Signore, ancora privo di sensi, ma mi giungono con chiarezza i mormorii accorati di Bellatrix, presumibilmente inginocchiata accanto a lui. Getto un’occhiata alle mie spalle: nemmeno il ragazzo dà segni di vita. Il cuore prende a battermi più forte. Non oso sperare. Che cosa accadrebbe se, per una qualche oscura ragione, entrambi fossero morti? Si stipulerebbe una tregua definitiva? E’ un’eventualità alla quale non avevo pensato, forse migliore delle altre da me contemplate finora. Una grave perdita da entrambe le parti in conflitto livellerebbe la questione? Una vita per una vita, non è così?
No, certo che no. Non può finire così. Lo so ancor prima di udire la sua voce, ancor prima che lui si rialzi, mandi Cissy a controllare se Potter sia effettivamente morto, e ancor prima che lei dia il fatale responso. L’ultima pietra gettata sulla fossa delle mie illusioni.
Ora basta, dunque. E’ finita. Tutti i rischi, corsi invano. Che cosa mi aspettavo? Che cosa mai avrebbe potuto un ragazzino contro il più famigerato mago oscuro di tutti i tempi? Non tento neppure di unirmi al coro delle grida di giubilo, e a stento riesco a trascinarmi  dietro al corteo che avanza vittorioso attraverso gallerie di rami, foglie e arbusti. Affianco Rabastan , gli afferro la mano. Mi restituisce la stretta, alza il volto. Nei suoi occhi colgo lo stesso sguardo sconfitto: abbiamo vinto, restiamo prigionieri. Avanziamo in silenzio, il capo chino. Il nostro carnefice, la strada finalmente spianata davanti a sé, potrebbe persino decidere di non aver più bisogno di noi e sbarazzarsene. E non sarebbe forse meglio, Rab? Non sarebbe meglio che seguire rassegnati questa colonna di schiavi esultanti, ignari delle loro catene?
Non presto particolare attenzione alle urla strazianti degli amici di Potter, né alle risate di scherno che fanno loro eco o agli sciocchi, futili tentativi di resistenza da parte degli altri membri dell’Ordine, o Esercito di Silente, come amano definirsi i ragazzini. A ridestarmi bruscamente è invece un sibilo proveniente da qualche punto alle mie spalle. Mi volto di scatto e la vedo: una freccia, scagliata da qualcuno nella foresta, diretta proprio verso di noi.
“Rab...” sussurro, strattonandolo, ma non c’è tempo: una seconda le fa seguito, poi una terza, ed infine una raffica serrata, attraverso la quale riesco confusamente a distinguere i profili equini e i busti umani dei centauri. Neutrali per definizione, devono aver deciso all’ultimo di schierarsi... e non dalla parte vincente.
Rabastan non si pone domande: mi agguanta per un braccio e mi trascina via, lontano dalla gittata delle frecce. Non abbiamo il tempo di trarre un sospiro di sollievo che siamo costretti a gettarci di lato per schivare i piedi dei giganti, che per una qualche ragione hanno ripreso a muoversi.
“Cornelia...” biascico, rivolta alla schiena di Rab.
“Dov’è Cornelia?”
“Lucius e Cissy la stanno portando al sicuro... Alfa, dobbiamo entrare nel castello.” replica lui, senza voltarsi e senza smettere di correre.
D’improvviso realizzo che ha ragione, la corrente umana sta convergendo verso il portone di Hogwarts, cercando scampo nella Sala Grande. E mi rendo conto anche di un’altra realtà: la battaglia è ripresa, e sono le nostre forze ad arretrare. Poco dopo, rimbomba alto il grido del Mezzogigante, l’amico del ragazzo: “Harry! Harry! Dov’è Harry?”
Fino a poco fa era lui a portarne il corpo, e dubito sia stata la sparizione di una salma a rimettere in discussione le sorti del combattimento. Forse il ragazzo è vivo, nascosto da qualche parte? Ma come... I Malfoy mi superano di corsa, risalendo la calca alla ricerca del figlio. Cornelia mi vede e mi raggiunge; ci ritroviamo accerchiati da membri dell’Ordine, e decido che sia il caso di ingaggiare battaglia. Lei, Rabastan e io ci ritroviamo schierati fianco a fianco, a poca distanza da Bellatrix e dal Signore Oscuro, che paiono entrambi accecati dal furore mentre abbattono un avversario dopo l’altro. Mi appare subito chiaro che tutti, senza distinzione, stiamo combattendo per la vita: per salvarne o per strapparne; ma Cornelia non sembra a suo agio con gli Anatemi che Uccidono, preferisce Schiantesimi o Incantesimi di Disarmo.
“Uccidi, Cornelia, o saranno loro a farlo per te...” vorrei gridarle in avvertimento, ma non mi esce la voce. Il problema non si pone: Bellatrix mi precede.
“Uccidili, ragazzina!” le ringhia, senza cessare di combattere.
“Non ti ho forse insegnato tutte e tre le Maledizioni Senza Perdono? Avanti, mostrami che hai imparato qualcosa!”
“Fa’ come ti dice, per favore...” la supplico in silenzio.
Nel frattempo, abbiamo riparato in Sala Grande, e la mia attenzione viene attratta da una schiera di elfi dall’aria combattiva che si gettano al nostro assalto, capitanati da quello che non esito a riconoscere come Kreacher, l’elfo domestico dei Black.
“Combattete per il mio padrone, difensore degli elfi domestici! Combattete il Signore Oscuro, nel nome del prode Regulus!” li incita, alla stregua di un vero condottiero.
Non saprei quantificare, nell’udirlo, la sorpresa, il disgusto per me stessa o il dolore: paiono eguagliarsi e travolgermi allo stesso modo, lasciandomi lì, boccheggiante, senza fiato, dimentica per un attimo degli altri duellanti. Ma è questione di poco: gli schiamazzi di Bellatrix mi riportano al qui e ora.
“Uccidili, ho detto! Hai bisogno di motivazioni? CRUCIO!”
La maledizione coglie Cornelia alla sprovvista, e la getta a contorcersi a terra. Non mi serve altro.
“No! Lasciala stare!”
Mi precipito da lei, ignorando Rabastan che tenta di richiamarmi indietro. So perfettamente che metterci gli uni contro gli altri ci renderà più vulnerabili... e forse è proprio quello che voglio. Mi paro davanti al corpo scosso dai tremiti di Cornelia, intercettando il getto di luce rossa della bacchetta di Bellatrix. Lei sgrana gli occhi di fronte a una rivale inattesa, ma, prima che possa reagire, il suo padrone si fa avanti a dirimere la contesa.
“Lèvati di mezzo, Alfa.” intima con voce gelida, mentre Bellatrix si volta e cambia obiettivo per proteggere il fianco scoperto del suo Signore.
“Lord Voldemort non se ne fa nulla di una serva che non sa combattere. Scostati. Lasciami insegnarle come si fa.”
Il suo tono, nel frastuono della battaglia, è innaturalmente calmo, eppure qualcosa, in esso, mi convince a tenere il mio posto.
“No.” ripeto, fissandolo negli occhi.
Ed è qui che commetto un errore. Nei suoi, colgo un barlume, un lampo improvviso, e capisco. Ora sa.
Non proferisce parola, si limita a sollevare impercettibilmente la bacchetta e a puntarmela contro. A nulla vale la mia contromossa, il fiotto verde è più rapido, e avverto una fitta acuta nel petto, dove ha colpito.
Nella frazione di istante che segue, il tempo pare dilatarsi. Tra i suoni improvvisamente ovattati, riesco a scorgere Rabastan che, non visto, aiuta Cornelia a rialzarsi e la trascina lontano dalla mischia. E so che non ha dimenticato la sua promessa.
Alzo lo sguardo sul soffitto incantato della Sala Grande e, per un attimo, credo di vederla, l’ultima stella del mattino. Poi la vista mi si offusca, e attorno a me non distinguo nient’altro. Buio, e, finalmente, silenzio.
 
 
Note:
Ciao a tutti! Dunque, credo sia doveroso che io cominci tentando almeno di spiegare una così lunga assenza da parte mia su efp. Si è trattato di un periodo molto intenso, caratterizzato da grandi cambiamenti, durante il quale ho intrapreso nuove attività e scoperto lati di me stessa di cui fino a un anno fa non ero a conoscenza (questo spiega anche perché io non mi riconosca più, ad esempio, nella presentazione che avevo scritto per il mio profilo). Non ho smesso di scrivere, naturalmente, né intendo farlo; solo, a tratti non mi ritaglio abbastanza tempo per questo (cosa di cui, va da sé, non sono affatto fiera). Inoltre, a lungo è mancata l’ispirazione, o meglio, è mancato il tempo per cercare l’ispirazione necessaria a concludere questa ff. Ed essendo stata per me così importante, ci tenevo a prendermi la calma e la dedizione indispensabili affinché la conclusione rispecchiasse, per quel che è possibile, l’idea originaria che avevo, anche se tante cose sono cambiate da quel primo barlume di ispirazione che ebbi per la storia. Con ciò non intendo giustificarmi, anzi chiedo scusa per avervi fatto aspettare tanto; permettetemi comunque di dire che è bello essere di nuovo qui, soprattutto dopo aver addirittura temuto che efp rappresentasse ormai un capitolo chiuso della mia vita. Conclusa questa digressione, sono felice di poter dire che questo è davvero l’ultimo capitolo della storia, così come l’avevo pensata ormai tre anni e mezzo fa. Non nego, in realtà, che contemplo l’idea di scrivere un epilogo a “suggello” della conclusione, che la possa, diciamo, inserire all’interno di un quadro più ampio; ed è questa la ragione per cui non ho ancora aggiornato in “completa” lo stato della storia.
Spero che la narrazione “in bilico” tra la prima e la seconda fase della battaglia non vi abbia troppo disorientato; ho cercato comunque di essere il più possibile rigorosa e fedele ai libri, che ho ricontrollato più e più volte per essere certa di far combaciare questo racconto con l’originale . L’unico particolare di mia invenzione è la pioggia durante la notte... mi sembrava suggestivo l’odore della foresta bagnata alle prime luci dell’alba, ecco. Ho tentato anche di glissare sui discorsi diretti, soprattutto del Signore Oscuro, per non essere costretta a dover riportare quelli originali, a parte nel caso delle parole di Kreacher, in cui mi è parso doveroso.
Detto ciò, spero, ecco, che il finale non vi abbia deluso, e magari anche che non fosse troppo prevedibile... ma non mi faccio illusioni. :D
 Ci tengo a ringraziare in modo particolare ornylumi e Merlina97 per avermi seguito con pazienza, per avermi fatto dono dei loro consigli preziosi e del loro sostegno, e, naturalmente, per essere arrivate fin qui: davvero senza di voi non avrei dato un senso a tutto questo.
Infine, dedico questo capitolo ad A., che, l’ho detto tante volte, con la sua inesauribile immaginazione, è stata fondamentale nell’ideare la storia di Alfa, l’ha ascoltata per prima e non ha mai smesso di credere in me.
Baci,
Fanny
  
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