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Autore: keepsakeEFP    14/01/2015    4 recensioni
Emma è una ragazza di povere origini presa a servizio nella tenuta della nobile famiglia Jones. Killian è un nobile arruolato nella marina militare di sua maestà, ma quando farà ritorno troverà ad attenderlo molto più di quello che aveva lasciato. L'amore proibito tra la serva e il suo padrone dovrà farsi strada tra intrighi, tradimenti, congiure e pregiudizi sociali.
Liberamente ispirato alla serie Tv Elisa di Rivombrosa.
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Dal testo:
« Voi siete… » cominciò titubante, terrorizzata all’idea di essersi solamente illusa, ma il ragazzo l’anticipò.
« Conte Killian Jones. » disse con orgoglio inchinandosi di fronte a lei e lasciandola alquanto esterrefatta.
« Ai vostri ordini. » aggiunse guardandola in un modo così intenso da farle venire i brividi.
Killian le sfiorò le dita, sicuramente intenzionato a farle il baciamano, ma prima che potesse riuscirci la ragazza le aveva già allontanate per tirar su gli angoli della gonna e fare una piccola riverenza.
« Onorata. » affermò raggiante e con gli occhi luccicanti.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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>> Capitolo 3 <<

 
L’umile casa dei Locksley si trovava poco lontano dalla tenuta di Hearthford, ai confini del boschetto che circondava l’intera provincia. Emma si era messa in cammino la mattina presto, declinando la gentile offerta di Neal che si era offerto di sellarle il cavallo. Aveva sempre amato passeggiare per le stradine sterrate di Hearthford, scambiare quattro chiacchiere con i conoscenti e restare informata su ciò che succedeva nel suo amato paese. Da quando era stata presa a servizio della contessa passava il resto delle sue giornate all’interno della tenuta. Non che le dispiacesse, sia chiaro. La contessa Cora era una donna benevola e di buon cuore, ma quando ne aveva l’occasione le piaceva ritornare alla sua umile e vecchia vita, fermarsi ad osservare le acque cristalline del ruscello che scorreva nella piazza principale di Hearthford e soprattutto far visita ad una delle sue più care amiche.
Ormai era quasi arrivata a destinazione. Più andava avanti e più le case cominciavano a diventare sempre più rade. Si fermò nei pressi di una piccola casupola al limitare della brughiera. Nel cortile vi era qualche gallina e un piccolo orticello ben curato. Emma accelerò il passo tenendosi il mantello con una mano per evitare che le scivolasse giù dalle spalle. Si avvicinò alla porta e diede due colpetti, per poi rimanere in attesa.
In un primo momento non ricevette alcuna risposta, ma quando si guardò intorno vide sbucare da dietro l’angolo della casa una ragazza con i capelli scuri e la pelle olivastra.
« Marian! »
« Emma! Non ci posso credere! » urlò la ragazza buttandosi nelle braccia dell’amica.
« Da quanto tempo non ci facevi visita! Dai, entra. Ti offro qualcosa da bere. »
Marian aprì la porta e si fece da parte per far passare la sua gradita ospite. La bionda seguì la padrona di casa in cucina e si accomodò al piccolo tavolo rotondo e un po’ dismesso.
« Allora, come va? Devi raccontarmi tutto. Come procede la vita alla tenuta? » le domandò Marian mentre cercava lo zucchero da mettere nel tè.
« Beh sai, la contessa Regina non è di certo una gradita compagnia, ma riesco comunque a cavarmela. » le rispose non nascondendo l’orgoglio che si celava in quelle parole.
« Posso immaginare. »
Il volto di Marian si rabbuiò per un istante, ed Emma si morse subito la lingua per aver tirato fuori l’argomento di conversazione sbagliato.
« Tuo marito è in casa? Ultimamente non l’ho visto in giro. » le domandò subito dopo mentre la ragazza le porgeva il tè in un modesto bicchiere.
« No, Robin è sempre fuori con la sua pattuglia. Ultimamente controllano la strada che porta a Leinster, dice che ci sono stati dei movimenti sospetti da quelle parti. » le spiegò Marian mentre la bionda si mise a sorseggiare la sua bevanda.
« Mi dispiace, Emma. Di sicuro sarai abituata a maneggiare bicchieri di cristallo e servizi da tè costosi. Purtroppo questo è tutto ciò che possiamo permetterci. »
« Marian… »
Emma posò il bicchiere e guardò con occhi languidi la sua amica. Le prese la mano che aveva poggiato sul tavolo, tanto per darle un po’ di conforto, perché sapeva bene che quella ragazza portava dentro di sé un dolore immenso.
« Non è stata colpa tua, Marian. » le disse Emma con convinzione avvicinandosi a lei.
« Invece sì Emma, e lo sappiamo entrambe. Robin era un nobile, io solo una serva. Non avevo il diritto di trascinarlo con me giù nel baratro, e ora non gli è rimasto più nulla. La sua terra, i suoi titoli. Tutto svanito a causa della mia presunzione. »
Marian si accomodò sulla sedia accanto a quella dell’amica e cercò di asciugarsi velocemente una lacrima che le era sfuggita.
« Lo hai fatto per amore Marian, non per presunzione. E lui ti ha scelta perché ti amava, più dei suoi titoli e delle sue terre. »
« Ma io non riesco più a sopportare di vederlo allontanato da tutti. I nobili gli hanno voltato le spalle, e ora vive nella povertà. Per guadagnarsi da vivere deve controllare le strade, quando prima era ricco e benestante. Gli ho rovinato la vita. »
Ormai la mora non riusciva più a contenere il suo dolore. Emma le porse un fazzoletto per aiutarla ad asciugare le lacrime, ma ciò non bastò a portar via anche le ferite per una vita piena di rimpianti.
« Noi siamo serve Emma, siamo nate povere, per noi non fa differenza se veniamo trattate come tali. Ma lui… Robin è nato nobile, credi davvero che non ci pensi mai? Che tutto questo non gli pesi? »
Il volto di Marian era angosciato come non mai. Emma la guardò cercando di trovare le parole giuste per dare all’amica almeno una speranza a cui aggrapparsi, una luce che potesse tirarla fuori da tutta quella oscurità in cui era rimasta intrappolata. Marian si asciugò le ultime lacrime, e con ferma convinzione osservò di nuovo la bionda.
« Sai, mi ero illusa che l’amore potesse superare qualsiasi ostacolo, abbattere ogni barriera, e alla fine mi sono ritrovata a terra ancor prima dell’inizio della battaglia. »
L’arrivo di un calesse nel bel mezzo del cortile interruppe quella conversazione tanto sofferta. Marian si tirò su e cercò di fingere un sorriso mentre si asciugava le ultime lacrime rimaste e la porta veniva spalancata.
« Emma, non mi aspettavo di vederti! » esordì l’uomo piombando nella cucina.
« Ciao Robin. » lo salutò di rimando la bionda osservando il suo abbigliamento da Brigata composto da una giacca verde e dei pantaloni marroni scuciti in più punti.
« Che succede qui? Va tutto bene? » domandò osservando il viso tirato della moglie.
« Si, stavamo solo chiacchierando. Allora, mi è stato detto che ti sei unito alla Brigata di Hearthford. » affermò Emma nella speranza di spostare la conversazione su un terreno meno pericoloso.
« Sì, è un gruppo autonomo composto da cinque persone. Pattugliamo le strade in incognito per la sicurezza dei cittadini. Ultimamente abbiamo avuto dei problemi sul crocevia per Leinster. I soldati di guardia al confine sono stati assassinati. Nessuno può andare a Leinster senza un permesso, e a quanto pare qualcuno lo ha fatto. »
Il volto di Emma divenne stranamente pensieroso e ciò non sfuggì all’amica che le stava di fianco.
« Qualcosa non va Emma? » le domandò.
« No, è solo che… a Leinster si trova il porto in cui ha attraccato la nave dei fratelli Jones. »
« Non c’è da preoccuparsi allora, se fossi uno di quegli assassini me ne starei alla larga. » scherzò Robin afferrando una mela dal cestello e cominciando a rosicchiarla. Emma sorrise di rimando e si alzò sistemandosi il mantello sulle spalle.
« E’ tardi, farei bene a rientrare. La contessa Cora mi aspetta, e anche Granny. Quest’ultima farei bene a non farla attendere, quando vuole diventa anche peggio del conte Malcom. » affermò evitando appositamente di nominare Regina, soprattutto con Robin lì presente.
« Ci vediamo presto, Emma. » la salutò Marian abbracciandola.
« Si, alla prossima. » e così dicendo si congedò dalla famiglia Locksley.



 
***


Il sole era sorto su un nuovo giorno e la provincia di Leinster si stava risvegliando dal torpore che l’aveva avvolta per l’intera nottata. Qualcuno tuttavia era già in piedi a causa dei preparativi per la partenza che avrebbe avuto luogo quel pomeriggio, una partenza decisa così all’improvviso e sotto preciso ordine del Comandante.
« Capitano, il cordame per la manovratura delle vele è insufficiente. » affermò uno dei marinai rivolgendosi a colui che era a capo di tutte le operazioni.
« Non importa, fatevelo bastare. Voglio che entro questo pomeriggio la nave sia pronta a salpare, almeno con lo stretto indispensabile per la navigazione. Muoversi, scattare! »
Killian elargiva compiti a destra e a manca da quella mattina, sembrava instancabile e allo stesso tempo donava vitalità ai suoi sottoufficiali.
Mentre controllava il resto dei lavori incontrò William seduto su una pedana di legno all’ingresso del porto. Il piccolo ometto stava rosicchiando un pezzo di pane con del formaggio e allo stesso tempo continuava a guardare il Capitano gironzolare come un forsennato per lo spiazzale adiacente alla nave. Quando si accorse della sua presenza il giovane gli si avvicinò cautamente, osservò prima ciò che teneva in mano, poi lui.
« Spugna, ricordami di nuovo perché sei ancora qui. » gli chiese scetticamente sollevando un sopracciglio. Il servitore rispose con la bocca ancora piena di cibo.
« Non voglio perdermi la vostra partenza. »
Killian lo guardò come se avesse appena visto la cosa più disgustosa della sua vita.
« Si beh, un po’ d’aiuto da parte tua non guasterebbe, sai? Del resto dovresti eseguire i miei ordini, e non mi ricordo di averti detto di rimpinzarti. »
« Concordo con il Capitano, Spugna. »
« Comandante! »
Il Servitore scese giù dalla panca in un batter d’occhio e nascose il pane mangiucchiato dietro la sua schiena. Liam era apparso all’improvviso e aveva posato una mano sulla spalla del Capitano sottolineando volutamente il nomignolo dell’ometto.
« Ma tu guarda… a quanto pare tra i due sei tu quello che tutti temono. » affermò sorridente il giovane Killian deducendolo dalla tempestiva reazione di William.
« Questo perché sono il fratello maggiore. Non disperare, un giorno ci riuscirai anche tu, anche se sei già sulla buona strada. » rispose dandogli una pacca amichevole sulla schiena.
« Non ne dubito. » rispose a sua volta il ragazzo spostandosi avanti di un passo a causa della leggera spinta ricevuta.
« Capitano, Comandante! »
I due fratelli si voltarono all’unisono non appena udirono l’invocazione dei loro titoli. Uno dei loro sottoufficiali stava correndo verso di loro a perdifiato e non appena li ebbe raggiunti cercò di parlare indicando con il dito il luogo da cui stava arrivando.
« Che succede? » domandò il Comandante cercando di capire quale fosse il motivo di tanta agitazione.
« Dovete venire subito… alle prigioni… » cercò di dire il marinaio tra un respiro e l’altro. Fu allora che Liam cambiò repentinamente espressione.
« E’ successo qualcosa al prigioniero? »
« Venite a controllare voi stesso. »


 
 
***



La porta della cella si spalancò con un tonfo sordo e l’inferriata sbatté contro il muro emettendo una vibrazione inquietante. Liam piombò nella stanza, ma si bloccò di colpo non appena diede un’occhiata al suo interno, rimanendo totalmente pietrificato.
Mattonelle umide e catene arrugginite erano lì davanti a suoi occhi, insieme a qualcos’altro. Killian arrivò in quell’esatto istante, era proprio dietro il fratello, ma non riuscì neanche ad oltrepassare la soglia.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma rinunciò del tutto quando si accorse che gli mancava l’aria persino per respirare.
Nella cella, precisamente sul pavimento, vi era il corpo senza vita di Jefferson, disteso sulle mattonelle fredde e umide. Ma quello non era il dettaglio essenziale, ciò che li lasciò a bocca aperta fu il fatto che gli era stata tranciata la testa. Di netto.
Il sangue ricopriva il pavimento sotto di loro e il muro dietro il corpo, ma su quella parete vi era la cosa che aveva fatto più scalpore di tutti. Una frase scritta con il sangue troneggiava sul muro della cella e la dicitura riportava:
SAI COSA VOGLIAMO.
Liam la osservò fino a farsi male agli occhi. Ora tutto gli era più chiaro, ciò in cui si stava immischiando era pericoloso, non solo per lui, ma anche per le persone che gli stavano intorno. Stavano cercando la lista, la volevano a tutti i costi, e non si sarebbero fermati di fronte a nulla. Quella lista ora era nelle sue mani, ciò lo rendeva una minaccia e un pericolo allo stesso tempo. Consegnarla a sua Maestà avrebbe posto la parola fine su quella vicenda, ma portarla a termine sarebbe stato complicato, per non dire pericoloso. Non avevano risparmiato neanche Jefferson, un tempo loro alleato. A quanto pare non ben tolleravano il tradimento.
« Liam, che diavolo succede? Che cosa vogliono? Chi è che lo ha ucciso? »
Le domande di Killian gli perforarono la testa, una per una. Si rese conto che avrebbe potuto rispondere ad ogni singolo quesito, se solo lo avesse voluto. Invece di voltarsi si avvicinò al corpo senza vita di Jefferson. La testa mozzata non era in quella stanza, ciò rivelava che l’avevano portata via con loro.
Tastò il suo corpo alla ricerca di qualche indizio, una prova che gli avrebbe dato una pista da seguire, o forse sperava di trovare quello che poco dopo recuperò dalla sua mano. Un fogliettino accartocciato. Si inginocchiò e lentamente lo aprì. Ne lesse il contenuto, e quell’unico nome gli diede una conferma.
Sul fogliettino c’era scritto Grace, sicuramente il nome di sua figlia. Jefferson sapeva che quella notte lo avrebbero ucciso e si era preparato a dovere. Ma lui cosa avrebbe dovuto fare? Forse era tempo di prendere una decisione diversa, una decisione che includesse la salvezza delle persone che amava. Finalmente si alzò in piedi e si voltò verso la persona che gli stava più a cuore, suo fratello.
« Liam… » lo chiamò cautamente Killian accorgendosi del suo strano modo di fare.
« Raduna la ciurma, Capitano. Salpiamo immediatamente. »
Il giovane rimase ancora più spiazzato del giorno precedente.
« Ma come… non dovevi partire esclusivamente per accompagnare il prigioniero al processo e testimoniare sulla sua confessione? Ora che è morto a che servirebbe partire subito? »
« Non ha importanza il motivo, devo incontrare immediatamente sua Maestà. Fa quello che ti ho detto, raduna tutti. » insistette il Comandante superandolo e cominciando a dirigersi verso il suo alloggio. Killian lo seguì mentre cercava di fare mente locale della situazione.
« Va bene, ma… avrò bisogno di un po’ di tempo per fare rapporto agli ufficiali reali riguardo quello che è appena accaduto… »
Liam si bloccò, ma questa volta non accennò a voltarsi.
« Di questo non devi preoccuparti, ne avrai tutto il tempo. Tu resterai qui. »
Killian poté giurare di aver sentito male. Aggrottò la fronte e strinse il pugno in un riflesso quasi involontario.
« Che cosa? » gli domandò incredulo mentre gli angoli delle sue labbra si curvavano verso il basso. Il ragazzo spalancò la bocca, ma ciò che ne uscì fu solo un sussurro spezzato.
« Vuoi lasciarmi qui? »
« Killian, ti prego. » lo supplicò il fratello girandosi finalmente ad affrontarlo, ma di certo non si aspettò una tale reazione da parte del ragazzo.
« Non lo farò, Liam. Il mio posto è con te, con la nostra ciurma. Non puoi abbandonarmi così su due piedi senza uno straccio di spiegazione! »
« Ascoltami Killian, là fuori c’è qualcosa di pericoloso, molto pericoloso, e non sto parlando di un semplice pirata. Ora ne ho la certezza. Non posso rischiare di immischiarti in questo affare, non me lo perdonerei mai! »
Il tono calmo e contenuto del Comandante si era appena trasformato in un urlo liberatorio. Il giovane lo guardò con occhi altrettanto furenti, ma nonostante tutto non riuscì ad imporsi sulle decisioni prese da suo fratello. L’uomo questa volta sembrava irremovibile, più testardo del solito.
« Affare? Quale affare? Si tratta di quell’uomo, non è vero? Chi è che lo ha ucciso? »
Le domande fuoriuscivano una dietro l’altra senza che il giovane potesse fare niente per fermarle. Voleva delle risposte, o semplicemente non voleva essere tagliato fuori.
« Killian… »
Il tono di Liam stavolta rasentava la supplica, socchiuse gli occhi e prese un respiro nella speranza che lui potesse capire.
« Liam ti prego, parlami. Abbiamo sempre parlato, io e te. »
« Il tempo delle parole è finito, fratello. Ora non devi fare altro che fidarti di me. Puoi farlo? »
« Io… »
Un ultimo tentativo di ribellarsi a quella ingiusta decisione, ma lo sguardo preoccupato di suo fratello lo fece desistere dal provarci ancora una volta.
« Certo che posso. » ammise infine a malincuore decretando così la conclusione di quel battibecco fraterno.
« Bravo il mio Capitano. » lo elogiò il suo superiore picchiettandogli amorevolmente una spalla con la mano fasciata dal guanto. Killian rispose a quel gesto con un sorriso tirato, proprio mentre il Comandante si ritirava ancora una volta nei suoi alloggi, a fare chissà che cosa.


 
 
***



Tutto era pronto per la partenza. Killian osservò la nave pronta ad ospitare gli uomini di mare che avevano calpestato il legno del suo pavimento per mesi, ma lui questa volta non sarebbe andato con loro. Il soffio del vento gli ricordò che forse quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto le vele di quel vascello gonfiarsi. Liam gli aveva detto esplicitamente di ritornare a casa, dalla loro famiglia.
Abbandonare la vita del Capitano? Forse avrebbe potuto farlo, forse dieci anni erano stati sufficienti a guarire la ferita che si portava dentro, che lo aveva spinto ad allontanarsi da casa per ricongiungersi con il suo adorato fratello.
William era accanto a lui. Non appena aveva appreso la notizia della non partenza del Capitano aveva fatto i salti di gioia nonostante le occhiate malevole del ragazzo. Sarebbero tornati a casa insieme, un pensiero che lo aveva sfiorato solo di sfuggita, ma che ora era diventato realtà.
Liam li raggiunse con il cappello stretto tra le mani.
« Ho parlato con gli ufficiali, il tuo congedo è stato ufficializzato. » lo avvertì a malincuore nonostante fosse stato lui a fargli prendere quella decisione.
« Torna a casa Killian, nostra madre ti aspetta. »
Il ragazzo dagli occhi azzurri annuì e cercò di non sembrare troppo amareggiato nonostante una parte di sé non vedesse l’ora di riabbracciare sua madre e sua sorella.
« Un’ultima cosa. Quando sarai a casa voglio che trovi una persona. » lo informò il Comandante lasciando basito il ragazzo. Ultimamente Liam si stava comportando in modo strano, esternava delle strane richieste a cui l’ex Capitano non sapeva dare un senso.
« Una bambina. Si chiama Grace, Grace Hatter. Trovala e portala con te. » gli sussurrò all’orecchio così da non divulgare il suo nome ai quattro venti.
Killian strizzò gli occhi e storse la bocca, e lo stesso fece William, che era riuscito ad udire l’intera conversazione.
« Stai parlando sul serio? » gli domandò incredulo.
« Sì, è la figlia di Jefferson. Ho promesso che se gli fosse capitato qualcosa me ne sarei preso cura. Ti prego Killian, non ha nessun altro al mondo. Non sono riuscito a fargli avere un processo, ma questo almeno glielo devo. »
Killian guardò suo fratello che lo stava letteralmente supplicando. Si passò una mano tra i capelli, arruffandoli leggermente. Alla fine sbuffò, ma accettò di adempiere a quella promessa.
« Va bene, lo farò. »
« Grazie fratello. Ti prometto che quando questa faccenda sarà conclusa tornerò a casa, e a quel punto sarò io a prendermi cura di lei, proprio come avevo promesso. Non dovrai fare il babysitter per sempre! »
L’ultima affermazione la disse ridacchiando, e Killian lo imitò sollevando entrambe le sopracciglia. Lui, un padre? No, non era ancora il momento.
« E’ ora di andare. » esordì infine il Comandante, ma Killian lo afferrò per un braccio prima che potesse percorrere la passerella.
« Buona fortuna, fratello. »
Liam sorrise di fronte all’emotività del proprio fratellino, era proprio vero che in fondo era un sentimentale.
« Anche a te, per tutto. »



 
***



La nave salpò subito dopo. Le onde la trasportarono lontano, verso il mare aperto. Killian poté ammirare le vele immacolate e gonfiate dal vento destreggiarsi tra la corrente, bagnate dalle gocce salate. Una parte di lui stava salpando con quel vascello. Il suo cuore si stava spaccando a metà, ma la sua mente era ancora lassù, sul ponte della nave ad osservare la marea, a riferire gli ordini con Liam al suo fianco. Ma tutto prima o poi ha una fine, e anche il suo viaggio era arrivato al termine.
« I cavalli ci aspettano, Signore. »
Killian sorrise a quella affermazione. Non la nave, i cavalli. Si tolse il cappello e lo tenne stretto tra le mani, come se fosse la cosa più preziosa al mondo.
« Sì, andiamo. »
Si avviò insieme al suo servitore verso le stalle, dove lo attendeva il suo nobile destriero, Roger. Nero come la pece, indomito come il mare.
Improvvisamente la terra sotto i loro piedi tremò e un enorme fracasso sconvolse l’intera Leinster. Il cavallo si spaventò a tal punto da imbizzarrirsi, scalciò con gli zoccoli anteriori e colpì involontariamente colui che aveva di fronte. Killian venne colpito in pieno viso e cadde all’indietro attutendo la caduta con le braccia. Incredulo si voltò verso la fonte di quel rumore assordante, che si era placato così com’era venuto.
Restò pietrificato quando i suoi occhi si posarono sul mare aperto. La nave era letteralmente a pezzi e le fiamme la stavano lentamente divorando. Cercò di inspirare quanto più ossigeno i suoi polmoni riuscissero a contenere, tutto per urlare un semplice ed unico nome.
« LIAM! »




Angolo dell’autrice
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Ben trovati con il nuovo capitolo! Ho avuto molta ispirazione in questi giorni così ho deciso di cominciare a pubblicare quello che avevo scritto. Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia! Posso anticiparvi che nel prossimo si concluderà questo arco narrativo e comincerà la vera storia ;P spero di non starla tirando troppo per le lunghe, ma quello che succede quì è importante per delineare il personaggio di Killian, quello che poi andrà ad interagire con Emma ;) Come sempre sono contentissima di tutte le persone che seguono questa storia e l'hanno messa tra le preferite. E grazie a chi commenta, e ricordate che non aspetto altro che i vostri pareri! Un bacione e al prossimo capitolo, che arriverà prestissimo! :)

P.S. Una cosa che volevo dire da tempo: il titolo della storia è provvisorio, sto ancora pensando a qualcosa di particolare. Ora come ora non so con precisione come si evolverà la trama, quindi rimane in sospeso. Perciò non stupitevi se cambierà da un giorno all'altro, è tutto nella norma xD - Edit: titolo scelto :D

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