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Autore: Phantom13    15/01/2015    5 recensioni
Trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato ed assistere ad una piega inaspettata del destino e divenirne accidentalmente il punto focale?
Quando capita che la Leggenda inizi - o finisca - decisamente in modo anomalo, con un bel capitombolo come introduzione del ... dell'eroe - o, meglio, dell'altro eroe-, beh, potrebbe succedere che la tradizionale Leggenda non si svolga nella classica atmosfera carica di epicità e nobili gesta da parte di un protagonista "senza macchia e senza paura".
Forse per sbaglio, forse per scelta, questa volta accadrà ben altro.
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Link, Princess Zelda
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Davide e Mattia, questa è per voi! :D
 



L’altro eroe
 


Capitolo 1 -Un disgraziato prescelto-

-E vedi di ricordarti di comprare anche il latte, capito?-
-Sì, sì.- fu la svogliata risposta del ragazzo biondo, dalla faccia assai strapazzata, con due occhioni azzurri che comunicavano una sola parola: letargo. Se aveva voglia di andare fuori a fare la spesa a quell’ora? Neanche da discutere.
Ma quando il dovere –o meglio, la mamma- chiama, non ci sono scappatoie. Mai!
Scese le scale per raggiungere il piano terra, abbandonando la dolce protezione rassicurante della sua comoda cameretta. I gradini di legno di lamentarono con un sonoro cigolio, ma il ragazzo cigolò anche più forte di loro. Con uno scrocchio generale d’ossa e giunture, raggiunse con uno sbuffo annoiato il piano terra.
-Datti una mossa, fannullone! E se vuoi mangiare in orari civili, vedi di sbrigarti, o qui non riuscirò a combinare un pasto decente prima che i tuoi fratelli si mettano a strepitare!-
Quella dolce creatura che aveva appena ruggito in quella soave maniera, era la squisita donna che l’aveva adottato. Lui e altri quattro bambini. La chiamava “mamma”, anche se non lo era davvero. L’aveva cresciuto, però, il che avrebbe dovuto includere già di per se una sorta di rispetto e affetto per quella tirannica figura femminile. E quei sentimenti c’erano eccome, caldi e pulsanti nel suo petto, però quando la brava donna esigeva (non chiedeva, esigeva) da lui aiuti in casa, ogni buon proposito crollava. Soltanto perché lui era il più grande! E quelle altre quattro pesti indemoniate sonnecchiavano e giocavano a sbaffo tutto il giorno!
Raggiunta la porta di legno che dava sulla strada, sradicò una sacca per la spesa da uno dei ganci infissi nel muro, requisì la borsa con i soldi, spalancò il suddetto uscio e un’ondata di fresca aria mattutina satura di sole lo schiaffeggiò in piena faccia. Passandosi una mano tra i capelli in quello che avrebbe potuto sembrare a coloro che non lo conoscevano bene un vago tentativo di rassettarsi la chioma irrimediabilmente arruffata, si avviò per la via ciottolata a passo rilassato.
Le guglie del Castello di Hyrule svettavano in tutta la loro maestosità sul cielo azzurro cobalto, sovrastando senza paragone i tetti di tegole delle case del borgo e le relative foreste di comignoli e di abbaini. Alcuni uccellini cinguettavano da qualche parte, mentre un venticello giocherellone correva e soffiava per la via, accarezzando le varie finestre, le intelaiature di legno delle case, i fiori sui davanzali e le vesti dei passanti.
Il ragazzo diede un calcio ad un sassolino aumentando un poco l’andatura, senza però impedirsi di apprezzare l’aria che ancora recava tracce della frescura notturna e ancora libera dal peso afoso del giorno pieno. Andò dritto per qualche minuto, seguendo la via, poi svoltò in una stradina ombrosa a sinistra per poi sbucare nella coloratissima via maestra del borgo. Il lastricato di pietra quasi nemmeno si vedeva, seppellito da decine e decine di piedi e gonne struscianti.
Il vociare della gente, la calca variopinta degli abitanti della città, gli schiamazzi dei venditori, le grida dei bambini. E i profumi! Ah, quelli erano i migliori! Il pane fresco, la frutta colorata, i fiori colti di fresco, le spezie e le erbe.
Camminando in mezzo a tutto ciò, e solo vagamente conscio della lista della spesa che gravava nella sua tasca, il giovane hylian si prese tutto il tempo per sgranchirsi i muscoli assonnati, passeggiando a piacere tra quella chiassosa manifestazione di vita. Se proprio l’avevano buttato giù dal letto, che per lo meno potesse godersela un minimo!
Un massiccio goron gli tagliò la strada, e il ragazzino non potè evitare di rimanere a bocca aperta. Osservò con stupore l’andatura di quell’essere di pietra che si allontanava. Esultando mentalmente, dovette ringraziare sua madre per averlo spedito fuori, oppure si sarebbe perso il passaggio dell’esotico abitante del Monte Morte. Aveva visto soltanto altri due goron in vita sua, ed era una meraviglia ogni volta. Così possenti, forzuti, indistruttibili!
Raggiunse con calma la bancarella di verdure (Verdure! Orrore!) e salutò di malavoglia il venditore.
-Ciao, Rack.- borbottò. –Un quarto di zucca, tre lattughe e otto carote, per favore.-
L’uomo si voltò verso di lui. –Oh, buongiorno.- lo salutò, scoppiando poi a ridere vista la sua espressione da temporale. –Altro minestrone in arrivo, presumo. Vostra madre è saggia a farvi mangiare tanti cibi sani.- aggiunse gratuitamente l’ultimo commento, cominciando a raccattare le verdure richieste.
-Forse ci ha scambiati per mucche.- ruminò il ragazzino, guardando con angoscia quegli obbrobri della natura che sparivano nella sua sacca.
-Dai, su con la vita!- rise ancora Rack, che per essere uno nato e cresciuto in mezzo a cavolfiori e melanzane aveva un senso dell’ironia mostruoso. –Ho notizie di qualcuno di verde che ti farà risorgere la giornata.- disse, ammiccando.
Gli occhi dell’hylian si illuminarono come due soli. –Hai notizie dell’Eroe? Ha fatto qualche altra impresa? Dimmi, ti prego!-
Di tutte le generazioni in cui la sua esistenza avrebbe dovuto cominciare, il fato gli aveva riservato un posto sulla stessa fascia temporale della Leggenda. Si recitavano storie, se ne parlava a scuola, si leggevano racconti, si ascoltavano canti. Ma nessuno si sarebbe aspettato che gli Eventi si ripetessero in quella stessa Era. Tutti avevano tremato all’arrivo delle Orde Oscure. Un esercito di infauste creature mai viste prima erano sbucate da una nebbia color fumo. Razzie e paura erano dilagate ovunque, fortunatamente sempre sufficientemente distanti dal borgo. Tutto ciò  era accaduto una settimana prima. Ma poi, Lui era arrivato. Nessuno sapeva da dove fosse sbucato, né tanto meno chi fosse realmente, restava il fatto che un giovane vestito di verde si era schierato da solo a contrastare quell’avanzata di tenebra. Ed era riuscito ad arrestarne la propagazione.
Si vociferava che la Principessa in Persona fosse in contatto con lui, e che lo sostenesse e lo guidasse con la sua magia. In città si sussurrava che si dovessero recuperare tre antichi artefatti per poter sprigionare appieno la potenza purificatrice della Spada Sacra, che l’Eroe portatore del Coraggio impugnava, poiché da troppo tempo l’arma era rimasta sepolta.
Si parlava anche di Triforza, di Coraggio, Saggezza e Forza. Soggetti tanto astratti che lui non aveva potuto far altro che sognare, al riguardo. Da piccolo era solito immaginare l’eventuale arrivo del misterioso Eroe vestito di Verde che avrebbe sbaragliato il Male. Aveva sognato, nella sua limitata mentalità da bambino, di poter osservare quelle battaglie e magari di potervi partecipare, aiutando il Grandissimo nella sua impresa.
Il fatto che quella stessa leggendaria figura camminasse proprio in quell’istante, proprio in quel tempo, sulla stessa terra su cui ora lui poggiava i piedi lo rendeva a dir poco euforico. Non l’aveva ancora visto, l’Eroe. Ne aveva solo sentito parlare. Sapeva che c’era. Due giorni prima, guardando da una finestra aveva intravisto un cavaliere galoppare a tutta velocità verso il Monte Morte, aveva sperato che si trattasse di Lui, ma non ne aveva la certezza.
-Di meglio, amico!- rispose il fruttivendolo, ridendo. –Ho ben più di qualche voce.-
Gli occhi del ragazzo erano al limite del rotolamento fuori dal cranio. –E parla! Avaraccio che non sei altro!-
L’uomo rise ancora. –Da fonti attendibili, ho la notizia che lui verrà qui, in città. Si dice che abbia trovato il secondo Artefatto, ora deve riporto nel Tempio del Tempo, come ha fatto con quello precedente.-
Il giovane hylian per poco non cascò in schiena.
La prima volta che il Grande Eroe era venuto in citta, lui, povero disgraziato, s’era perso tutto l’evento poichè … era stato costretto a lavare i piatti per conto di tutta la famiglia, che a dir la verità assomigliava di più ad una ciurma di pirati, ma erano dettagli.
Ma ora gli si presentava una seconda opportunità!
Quella volta, cascasse la luna, l’avrebbe visto!
Un boato di voci esplose dalla piazza, quella davanti al castello. Il pensiero della borsa della spesa non passò neanche per l’anticamera del cervello del ragazzo.
Si fiondò come una freccia verso la direzione delle voci, mentre sempre più gente cominciava ad incamminarsi in quella direzione. Fortunatamente, i suoi riflessi fulminei gli avevano fatto guadagnare tempo. Continuò a correre, sterzando tra giacche e mantelli, fino a sbucare direttamente in piazza.
Purtroppo per lui, era assai più vicino del previsto.
L’Eroe era esattamente davanti a lui, voltato pure dalla sua parte, mentre guardava con sorpresa la folla di gente accorsa a rendergli onore.
Il ragazzino fece giusto in tempo a constatare con eccitazione che Lui era esattamente uguale a quello che le storie dicevano. Sfortuna vuole che lo stivale del tarchiato ometto alla sua sinistra gli fece quasi perdere l’equilibrio.
Incespicò, sventolò selvaggiamente le braccia e l’equilibrio, per Grazia Divina, non lo abbandonò. Ma grazie a tutto quell’agitazione, ora gli occhi blu dell’Eroe erano fissi su di lui.
Si sentì avvampare il viso. Non c’era dubbio che fosse arrossito fino alla punta dei capelli. Indietreggiò di mezzo passo, e stranamente non andò a cozzare contro nessuno. Un attimo prima c’era una folla assurda, ora attorno a lui c’era il vuoto.
E l’Eroe lo stava guardando. Gli sorrise, forse divertito dalla scena, mentre un silenzio di tomba assordava le orecchie del giovane impiastro d’hylian.
Loro due avevano gli stessi capelli, riuscì a pensare il poveretto. Stesso biondo chiaro, stessi occhi blu, per giunta. Forse, solo, l’Eroe aveva un qualche anno più di lui, due o tre probabilmente.
L’Eroe era perciò più alto, più muscoloso, vestito di verde, con lo scudo e la Spada Sacra appesi alla schiena, una fatina scintillante gli svolazzava vicino ad una spalla. Lui, invece, mezza calzetta, era magro, tutto ossa, avvolto in classici vestiti marroncini, per di più spiegazzati, e che gli andavano troppo grandi. Niente fierezza nello sguardo, niente maestosità. Solo un ragazzo che aveva l’innata capacità di creare danni dal nulla.
Con notevole ritardo, il giovane hylian notò che l’Eroe aveva in volto un’espressione affaticata, aveva i muscoli tirati, e gli sanguinava un braccio.
Però, nonostante tutto, gli stava sorridendo. E in risposta, non potè fare altro che abbozzare un malriuscito sorriso. Si sentì un idiota, ma gli sorrise comunque.
L’Eroe ridacchiò appena e si voltò, per attraversare la piazza e raggiungere il Tempio, che stava di lato al Castello.
Lui, impiastro vagante, era ancora paralizzato, come di pietra.
-Che stai facendo lì, deficiente!- a risvegliarlo dalla paralisi fu la scrollata di colletto che gli fece una certa persona a lui molto famigliare, purtroppo. Una pulce pulciosa, dai capelli bruno chiaro, che faceva di nome Loom. L’unico altro terremoto oltre a lui che vivesse tra le mura del borgo. L’hylian e l’umano, una doppia minaccia potenzialmente inarrestabile. Inutile dirlo, erano grandi amici.
-Io?- balbettò l’hylian.
-Chi altro qui attorno s’è permesso d’infastidire a quel modo l’Eroe, eh?-
-Mi hanno fatto inciampare.- si difese debolmente, ancora scosso. L’altro fece per rispondere ma venne ammutolito.
Il sole sparì di colpo.
Una nube innaturale, di un malsano color nero violaceo, inghiottì nel giro di qualche secondo l’intera arcata del cielo. L’Eroe, poco più avanti, quasi dall’altro lato della piazza, si bloccò, voltandosi indietro, mano già sull’elsa della spada.
Le forze del Male erano tornate, già si sapeva, ma non s’erano mai avvicinate al Castello, dove regnata la Principessa, che con la Saggezza li avrebbe difesi tutti. Per di più,  ora era presente anche l’Eroe. Dunque, l’idea che un attacco si scatenasse in piena piazza era impensabile, sempre rimasta stranamente distante nelle menti degli abitanti.
-Oh Dee…- ansimò Loom. –Che diavolo è quello?-
Un fulmine rosso si abbattè al centro esatto della piazza, sibilando e scoppiettando. Fu il panico, la gente corse via, urlando. Il ragazzino terremotato fece per voltarsi e fuggire anche lui. Ma le sue aguzze orecchie d’hylian gli fecero udire il gemito soffocato di Loom, colpito alla tempia da una gomitata di un tizio in fuga.
In un attimo di oblio, il giovane hylian vide il suo migliore amico, compagno di mille giochi, cadere a terra, ormai al limitare della folla impazzita in fuga. Oltre di lui, il fulmine rosso che non era ancora svanito nel giro di una frazione di secondo come solitamente i fulmini fanno. Dietro di lui, c’era la salvezza, tra la gente e le case. Dietro, c’era la famiglia.
L’Eroe aveva estratto la spada e lo scudo scintillava ai riflessi di quella sanguigna luce malefica.
La decisione doveva implicare attimi, un secondo per decidere se salvare sé stesso ed eventualmente la famiglia, oppure restare e proteggere l’amico da una delle forze più distruttive di quel mondo.
Scelse ovviamente la seconda. Scagliandosi controcorrente, raggiunse l’amico. Lo scosse, lo chiamò per nome, ma non riprese conoscenza.
Gli occhi dell’Eroe erano di nuovo su di lui, ad osservare, questa volta senza traccia di divertimento, solo urgenza ed angoscia.
Lo schiocco insolitamente lungo della saetta s’interruppe, proprio mentre il giovane ragazzino aveva preso per mano il compagno, trascinandolo verso uno dei tavoli rovesciati dell’osteria abbandonata con tale fretta.
Una risata che pareva provenire dai più neri meandri del Mondo Oscuro invase la piazza, ormai deserta.
Un rumore di magia frizzante,  e una serie di barriere tranciò la fuga al popolo terrorizzato, chiudendo tutti nella stessa area insieme all’Eroe e alla figura nera più della notte che era apparsa dove prima il fulmine aveva colpito. L’urlo di terrore della gente generata la scoperta di non avere più via di fuga fece tremare l’intera città, attirando l’attenzione anche di coloro che stavano fuori.
Una voce profonda, assai peggiore della risata, parlò. –Com’è andata la battaglia contro il Guardiano dell’Acqua? A giudicare dal tuo aspetto non bene, direi.-
La Spada Suprema fendette l’aria, in risposta.
-Non che ciò sia un problema per me. Non ho intenzione di lasciarti scorrazzare per il mio regno ancora per molto. Mi prenderò il tuo Coraggio. Ora! Prima che tu possa tentare un qualche altro tiro mancino.-
L’enorme figura ammantata di nero, dai capelli rosso scuro si scagliò all’attacco. E così cominciò la battaglia.
Il giovane hylian accucciato dietro al tavolo ribaltato, però, era solo parzialmente cosciente del suono metallico dei colpi di spada alle sue spalle. L’unica cosa che i suoi occhi vedevano era il sottile rivolo di sangue sulla tempia del suo amico.
Continuava a scuoterlo, gli diede anche un paio di ceffoni. E finalmente, Loom schiuse gli occhi.
Non ebbero molto tempo per le felicitazioni, una sfera d’energia magica andò a schiantarsi contro il muro, sopra le loro teste. Gridando, si accucciarono, coprendosi la testa con le mani.
-Ma che diavolo succede?!- esclamò Loom.
-Guarda!- disse l’altro, facendo un lieve cenno con la testa verso il centro della piazza. –Stanno combattendo, l’Eroe e il tizio malvagio.-
Ad occhi sgranati, protetti solo dal misero tavolo ribaltato, osservavano increduli lo scontro in atto. Stavano assistendo di persona ad un evento storico, anzi no, leggendario!
Colpi di spada si susseguivano a velocità quasi invisibile per semplici occhi come i loro. Era un duello furioso, in cui spesso intervenivano anche colpi magici da parte dello stregone in nero. Scariche elettriche sulla spada, sfere d’energia sferrate contro l’avversario, semplici saette, fendenti magici…
Era qualcosa di incredibile.
Il petto del giovane hylian si riempì di profondo rispetto per l’Eroe dalla Tunica Verde, ribatteva colpo su colpo con una tale audacia da far venire i brividi. Non demordeva, continuava ad incalzare l’avversario senza dargli tregua, rispondendo fendente con fendente, stoccata con stoccata, tra schivate, parate e balzi. Erano perfettamente pari.
Ma non dovettero aspettare molto per realizzare che non era proprio così.
In un attimo di tregua, in cui i due duellanti si separarono in seguito ad uno scontro particolarmente violento, non fu difficile scorgere che l’Eroe stava ansimano. E tanto, anche. Era quasi piegato a metà dallo sforzo.
La ferita ora sanguinava copiosamente, la fatina che lo seguiva gli vorticava intorno, agitata.
-Non … non sta perdendo, vero?- osò chiedere Loom.
Il compagno non rispose, gli occhi incapaci di scollarsi da quella scena. Il ghigno che si stampò sul volto del nemico, però, pareva una conferma.
Non lasciò il tempo all’Eroe di riprendersi, gli fu addosso in un lampo. La Lama Sacra si interpose al fendente avversario, ma la forza del polso di colui che la reggeva non era più sufficiente. Entrambe le spade gli tornarono addosso.
Riuscì a non gridare, l’Eroe. Cadde semplicemente indietro, ruzzolando a terra. E l’uomo in nero gli fu addosso di nuovo. L’Eroe si rigirò, tirandosi debolmente in piedi, e il ferro cozzò di nuovo contro il ferro. I due giovani osservatori realizzarono di aver smesso di respirare.
Lo stregone evocò un’altra sfera di energia, che rimbalzò contro lo scudo dell’hylian, andando a fiondarsi come una freccia esattamente contro il tavolo ribaltato. I due poveretti li dietro nascosti balzarono uno a destra e l’altro a sinistra. L’hylian se la cavò con una scheggia lunga una spanna conficcata in un polpaccio, Loom con due o tre pezzi di legno infilzati in un braccio ed in un fianco. La gente, alle loro spalle, attonita osservava lo scontro, con crescente orrore.
La chiazza di sangue ai piedi dell’Eroe, ora, era mostruosamente larga. Lo squarcio che aveva sul petto non prometteva vittoria. E Lui lo sapeva. Così come lo sapeva l’altro.
Il mago scattò di nuovo all’attacco, le spade si azzannarono di nuovo. Ma con una gomitata affibbiata a tradimento, l’oppressore colpì l’Eroe in pieno petto, esattamente sul taglio.
L’urlo questa volta ci fu eccome. Il Prescelto cadde indietro, finendo a terra di schiena. L’elsa della Lama Suprema scivolò via dalle dita insensibili del suo portatore, sopraffatto dal dolore dell’attacco inaspettato.
L’orrore che strisciò tra le viscere del pubblico fece rabbrividire fin nell’anima il giovane hylian che osservava.
Le sue orecchie sentirono la risata del Signore Oscuro.
I suoi occhi lo videro piegarsi, piazzandosi a cavalcioni sul corpo ansante dell’Eroe.
Il suo cervello recepì la spada nemica sollevata.
La sua memoria non dimenticò mai l’immagine di quella lama che scorreva sulla gola del Prescelto, né potè scordarsi del flutto rosso che ne sgorgò tra la pelle tagliata, né del gorgoglio strozzato del portatore della Tunica Verde.
Scalciò, per qualche secondo ancora, un debole, inutile tentativo di levarsi di dosso la massa dell’avversario.
-Niente di personale, ragazzo.- disse il Signore Oscuro. –Ma ho davvero bisogno di quella Triforza che ti porti dentro: ho bisogno il Coraggio!-
Nel preciso istante in cui l’ultimo spasmo percorse le membra dell’Eroe, una luce accecante, inguardabile, si accese come un fuoco, anzi, come una stella sulla mano sinistra del Prescelto.
La risata di Trionfo del malvagio stregone Cavalcatore di Fulmini seguì immediatamente quella scintilla, solo per spegnersi di colpo quando la Triforza si librò in alto.
Schizzò verso il cielo, fuori dal corpo orami per sempre immobile di colui che l’aveva custodita fino a quel momento.
Ganondorf rise di nuovo. Si alzò in piedi, senza più badare a chi giaceva sotto di essi. Spalancò le braccia e gridò. –Vieni a me, oh Coraggio! Vieni! Ed unisciti alla Forza! Insieme, domineremo questa Terra!-
La scia di luce che gocciolava dal corpo principale del Coraggio tremò, poi si smosse, come se un qualche vento stesse soffiando, anche se non tirava un solo filo d’aria. Quel flusso divenne più forte, molto più forte. E la coda di cometa del Triangolo Sacro venne sospinta dritta verso lo stregone.
-La sta risucchiando!- sussurrò atterrito Loom. Il giovane hylian aveva le gola troppo secca per parlare. Il suo cervello ancora non riusciva ad accettare ciò che i suoi occhi avevano visto e stavano vedendo ora.
Ma se Ganon si fosse aspettato che la Triforza venisse da lui, s’era sbagliato.
L’Eroe aveva combattuto, il Coraggio avrebbe fatto altrettanto.
Il Triangolo di Luce cominciò a volare dalla parte opposta al risucchio, sfrecciando nell’aria come una sorta di mistico uccello. La forza attirante che lo imprigionava si fece più insistente, l’espressione del mago divenne più corrucciata, ma la volontà del Coraggio e dell’Eroe erano ferree.
Il Coraggio riuscì ad allentare la mano invisibile che lo tratteneva, si fiondò verso il cielo sfuggendo alla presa dello stregone, ma la barriera magica lo respinse indietro con uno schiocco elettrico. Rimbalzato indietro, il Coraggio cominciò a muoversi nervosamente a zigzag sulle teste della gente, che se ne stava con il naso all’insù a guardare a bocca aperta. Qualcuno si coprì la testa con le mani, accucciandosi spaventato.
Poi, qualcosa accadde. Il Coraggio cambiò bruscamente rotta, tornò rapido come una saetta nelle vicinanze della piazza, indugiò sulle teste di Loom e del suo amico e scese in picchiata sulla testa di quest’ultimo.
Un’energia immane, mostruosamente troppa per poter venir contenuta nel suo misero corpo, gli inondò mente e sensi. Per un attimo, rimase come annientato, galleggiante nel niente, vuoto dentro e fuori. Solo quella luce martellante che gli bruciava gli occhi. La sua pelle era come trafitta da schegge di fuoco, o di giacchio, sentiva la stoffa dei vestiti contrarsi e frusciare, cambiando forma e consistenza, molto probabilmente anche colore. Non si accorse di essere caduto in schiena, il suo corpo non era più suo. Quella forza era la padrona, il Coraggio gli stava ardendo nel petto.
Costringere i polmoni a riempirsi di nuovo d’aria fu un’impresa. E la fitta di dolore che ne seguì lo atterrì. Dovette respirare ancora. E ancora. Nonostante il perforante dolore che ne seguiva.
Mentre i suoi occhi si oscuravano, vide distrattamente l’incantesimo che aveva tentato di catturare la Triforza schiantarsi come un elastico tirato troppo. Si tranciò e rimbalzò indietro contro colui che l’aveva creata. Il mago, Ganondorf, si prese il contraccolpo del suo incantesimo in pieno ventre. Schizzò indietro, andando a sbattere contro la sua stessa barriera. Venne bruciato dalla sua stessa magia di contenimento. E con un gemito cade a terra, prima di smaterializzarsi via.
Notò appena la barriera che si infrangeva come vetro. Notò appena l’urlo del pubblico agghiacciato. Aveva attenzioni solo per quella prepotente Forza, anzi, Triforza che lo stava consumando da dentro. Era un dolore profondo più del mare e del cielo messi insieme, un dolore di un rosso tanto intenso da sembrare nero, senza inizio senza fine.
L’ultima cosa che sentì fu la voce del suo migliore amico che lo chiamava per nome. –Link!-
Divenne tutto nero. 







 
  
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