Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: lovespace    16/01/2015    11 recensioni
- Dopo un duro combattimento Harlock si ritrova a dover portare sull’Arcadia un ufficiale medico. Una donna alla quale si sente misteriosamente legato. Perchè? Tra colpi di scena ed avventure il tempo svelerà la sua verità. - Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla terra, in egual maniera le onde del destino, nel loro divenire dal passato al presente, talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via. –
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla Terra, in egual maniera le onde del destino nel loro divenire dal passato al presente, talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via.

 

 

 

20

 

 

TOKARGA

 

Tokarga era l’ottavo pianeta del sistema stellare di Ghora, un pianeta inospitale al suolo ma la cui atmosfera era abitabile. Pertanto erano state costruite molti anni addietro delle città galleggianti*.

Nell’ardito progetto iniziale le verdeggianti città fluttuanti avrebbero anche costituito uno scudo solare attorno al pianeta consentendo così il lento ma graduale processo di terraformazione.

In realtà le cose non erano andate così. Il progetto si era rivelato assai dispendioso ed i tempi troppo lunghi. Quindi aldilà dell’innegabile fascino, presto le città isole, erano in gran parte state abbandonate divenendo terra di nessuno.

Erano presto divenute ricettacolo delle peggiori canaglie dell’Universo. Pertanto, in un grande penitenziario della Gaia Sanction c’erano detenuti i peggiori delinquenti. Quelli che non avevano diritto neanche ad un processo. Qui si trovava ora la ciurma dell’Arcadia ceduta in cambio di chissà cosa dai mercenari alla Gaia Fleet.

In loco si tenevano periodicamente aste a cui partecipava chiunque ed i detenuti venivano quindi venduti al miglior offerente per diventare schiavi o peggio. Su Tokarga si poteva comprare tutto ed il contrario di tutto, bastava avere il danaro. Tutti lo sapevano.

L’Arcadia venne accuratamente nascosta da un sistema olografico.

Sulla corazzata c’era una navetta conservata in un ponte posteriore di cui Helèn non era a conoscenza. Era più piccola delle altre senza l’effige del jolly roger. Serviva ad effettuare ricognizioni o scendere sui pianeti passando inosservati, esattamente quello che volevano Harlock ed Helèn.

Scendere sul pianeta per prendere quante più informazioni possibili e dare quindi il via al loro piano. Indossarono vestiti molto diversi dal solito.

Helèn una camicia su una gonna corta e stivali, Harlock pantaloni e stivali di pelle marrone con camicia e giacca in pelle. Si scambiarono un’occhiata divertita guardandosi. Helèn portò con sé anche tutto ciò che poteva servirle, Harlock prese denaro ed armi.

Scesi su una delle isole indossarono delle lunghe tuniche marroni con cappuccio. Helèn aveva addirittura coperto la bocca, in questo modo i suoi bellissimi occhi scuri risaltavano incredibilmente. Harlock dal canto suo teneva il cappuccio calato a coprirgli parte del volto. Del resto, restava il ricercato numero uno dell’Universo conosciuto. Helèn si chiese cosa si potesse provare a sentirsi sempre braccato e cosa avrebbe fatto se avesse perso la libertà.

La città che prendeva il nome dal pianeta era caotica, il grande mercato affollato, le case addossate, le vie strette e sporche, le donne di malaffare, i mercanti e le merci accalcate.

Faceva caldo, ed ad ogni angolo si veniva accolti da odori contrastanti tra loro. Ogni tanto qualcuno li avvicinava con un’offerta ma bastava lo sguardo di Harlock a dissuaderli.

Helèn sorrise, se avessero avuto a che fare con lui gli sarebbe bastato osservarne il portamento marziale e superbo con cui avanzava, per capire chi fosse.

Presero una stanza in un albergo qualunque e benché riluttante Harlock acconsentì che si separassero per acquisire quante più informazioni possibili.

Lui si recò in una specie di vecchio saloon**. Era scuro all’interno, delle grosse ventole in alto giravano lente spostando l’aria, c’era odore di fumo e sporcizia. L’oste quasi del tutto calvo non fece domande quando Harlock si sedette al bancone e gli versò in un bicchiere, il contenuto di una delle bottiglie alle sue spalle, che lui gli aveva indicato.

Alle pareti c’erano foto sbiadite del passato: uomini, pionieri pieni di speranze, un tempo sorridenti.

All’unico tavolo occupato c’erano tre uomini avanti con gli anni. Sembravano tre piloti o meccanici o semplicemente lo erano stati.

Non si sorpresero quando lui prese posto accanto a loro alla quarta sedia del tavolo. Probabilmente li stupì molto di più la bottiglia di whisky che mise al centro del tavolo.

Uno dei tre, quello che portava un cappello da pilota dopo essersi toccato mento e bocca più volte con avidità si versò da bere. “Cosa ti porta in questo luogo ameno straniero?”

“L’asta” rispose secco lui.

“Ah! allora tutto si spiega tutto” fece un altro con una barbetta ispida e cappello, abbozzando una risata, ma l’iniziale riso forzato si trasformò in una tossetta secca e stizzosa.

Subentrò quindi il terzo “Ti serve qualche pezzo di carne umana?”

“No, solo pezzi interi” rispose Harlock comprendendo che la chiacchierata pareva prendere la direzione giusta, continuando a bere lentamente il contenuto del suo bicchiere.

“L’asta è tra pochi giorni, amico… ed a giudicare dalla qualità di whisky che bevi hai molto danaro”. A quelle parole Harlock molto lentamente presa la pistola la posò sul tavolo.

“Hey hey tranquillo, facevo per dire… magari sei anche tu qui per quella,  l’aliena” Harlock si irrigidì a quelle parole ma non lo diede a vedere continuò a sorseggiare il liquido ambrato.

“L’aliena?” chiese.

 “Si vengono da mezzo Universo per lei. Se la aggiudicherà il miglior offerente”.

Dopo una pausa Harlock chiese “Dove li tengono?”

“Ma chi? I detenuti?” fece il primo dei tre “Ma nell’unico posto possibile su questo maledetto pianeta, alla Fortezza, sì insomma nel penitenziario ad est del pianeta, l’unica zona mai terraformata. Non c’è altro posto qui, fidati, ci ho passato la mia misera esistenza. Del resto perché costruirvi un penitenziario? Se scappi su questo dannato pianeta non hai scampo”. Concluse scolandosi il bicchiere.

“Dove si tiene l’asta?”

“Amico questo ti costerà un po’ di più di una bottiglia di whisky”.

Harlock fece segno col mento all’oste che ne portò un’altra.

“Eccezionalmente l’asta si terrà nel penitenziario stesso non vogliono rischiare spostando i detenuti. Chissà poi perché? Alla tua straniero!” concluse quello sollevando il bicchiere.

Harlock terminò lentamente il contenuto del suo. Questa notizia modificava i suoi piani. Aveva deciso di approfittare del breve trasporto dei detenuti,  al luogo dell’asta, per attaccare il piccolo contingente piuttosto che entrare nella fortezza dove i soldati sarebbero stati sicuramente di più e meglio armati. Raccolte le ultime informazioni che i tre avevano da dargli, si alzò, riprese la pistola e si diresse lentamente verso l’uscita, si fermò ed abbozzando un  sorrisetto strappò dalla parete una sua vecchia foto segnaletica.

In quel momento un ragazzo entrando sovrappensiero lo urtò. I due si guardarono un istante. Il ragazzo era giovane, pelle  diafana, capelli castani scompigliati, occhi scuri, l’aria triste. Indossava un maglione con sopra un lungo gilet in pelle. Chiese scusa frettolosamente dirigendosi al bancone. “E’ arrivata qualche corazzata oggi?” chiese.

“No figliolo”. Rispose l’oste versandogli il solito caffè in una tazza scura e ricominciando ad asciugare lentamente i suoi bicchieri.

Harlock tornato in albergo aspettò un paio d’ore Helèn, poi non vedendola tornare uscì a cercarla. La donna aveva addosso un localizzatore ed Harlock la trovò.

Era in una viuzza sporca tra due palazzi, un uomo la teneva addossata al muro e con una mano le manteneva sollevata una coscia palpandogliela con bramosia. Intanto le parlava all’orecchio, sembrava ubriaco.

Helèn mostrandosi compiacente gli teneva una mano tra i capelli. Harlock e lei si scambiarono un fugace sguardo, lui aveva già la mano sulla pistola. Il suo sguardo dardeggiava minaccioso.

Helèn con gli occhi lo supplicò di aspettare. Dopo poco lei stessa colpì l’uomo alla testa che si accasciò per terra privo di sensi.

“Si può sapere chi diamine è?” chiese Harlock inferocito.

“E’ una guardia del penitenziario è tutta la sera che me lo lavoro”.

Lui la fulminò con lo sguardo, era fuori sé.

Lei di rimando gli lanciò un cartellino identificativo che aveva sottratto al malcapitato.

Lui senza neppure guardarlo le fece. “Sai bene quanto me che ne denuncerà lo smarrimento e domani sarà inutilizzabile”.

“E’ vero, ma il micro cip che c’è dentro con la piantina del penitenziario che mi ha mostrato poco fa no”. Rispose lei, con sguardo trionfante.

Tornati in albergo Helèn restò più a lungo del solito sotto la doccia. Non era contenta, soprattutto che Harlock l’avesse vista.

Quando uscì lui era assorto, stava analizzando attraverso un computer la mappa olografica del penitenziario, la girava e rigirava muovendo un dito nell’aria. Era nervoso e non la degnò di uno sguardo.

“Che hai?” chiese Helèn mentre si pettinava. Lui non rispose. “Ora conosco gli orari dei cambi del personale, so in quale parte del penitenziario li tengono. Perché fai così?”.

Lui spostò appena lo sguardo “Era proprio necessario?” chiese glaciale.

“Cosa? Fingersi una prostituta? Faccio quel che serve” rispose secca e dispiaciuta lei, poi sorridendo lo raggiunse.

“Non è successo nulla tra me e quel tipo, te lo giuro, l’ho fatto bere molto”.

Poi abbracciandolo dalle spalle. “Ti hanno mai detto quanto sei mostruosamente sexy quando fai il geloso?” disse baciandolo su una guancia.

“Non sono geloso” disse lui freddo, mentendo. In realtà erano giorni che il suo sesto senso gli inviava segnali, aveva come un presentimento che lo rendeva più inquieto del solito. “Dobbiamo ripetere il piano e studiare con cura la piantina”.

“Lo so, capitano, lo faremo dopo. Voglio essere sicura che tu abbia capito. Non voglio che restiamo arrabbiati. Domani è un giorno importantissimo tutto deve andare bene. Deve!”

Si stesero un momento sul letto abbracciandosi. Helèn infilò il viso nell’incavo del collo di lui tra mascella e spalla. Quello era il ‘suo posto ’ preferito. Respirava piano il suo odore e percepiva il calore della pelle. Questo la calmava sempre. Chiuse gli occhi, nulla sarebbe mai potuto accadere quando era lì.

Harlock dal canto suo era teso e preoccupato. Era angustiato per la missione da affrontare assurdamente solo in due, per i suoi uomini di cui ignorava le condizioni e per Helèn. Era vero quella fitta rovente al centro dello stomaco che aveva provato vedendola con ‘quello’ l’aveva turbato. Non aveva mai provato nulla del genere e se il nome di quella cosa era gelosia voleva dire solo una cosa. Helèn era diventata senza rendersene conto una parte di lui. Forse a causa della loro permanenza solitaria sull’Arcadia, forse perché si erano reciprocamente salvati la vita, o forse più semplicemente perché il destino così aveva deciso. Questo lo angosciava perché era consapevole che i sentimenti forti gli toglievano lucidità. L’amicizia sconfinata per Tochiro mista all’immenso dolore d’averlo perso gli avevano fatto prendere l’assurda ed avventata decisione che ancora pagava. L’ira profonda contro la Gaia Sanction non l’avevano fatto ragionare ed agire freddamente e questo gli aveva fatto perdere l’occhio destro. E in un lontano passato l’amore per un’altra donna l’aveva fatto comportare avventatamente facendogli procurare la cicatrice che ora segnava il suo volto***.

Anche Helèn era pensierosa. Da quando era scesa dall’Arcadia le ferite le dolevano. E poi si chiedeva come sarebbero cambiate le cose tra lei ed Harlock una volta che tutti i membri dell’equipaggio fossero tornati a bordo. La missione la impensieriva profondamente, ad Harlock non lo dava a vedere, ma sapeva che in qualche modo tutto era nelle sue mani. Aveva un asso nella manica del quale non gli aveva parlato, ma che avrebbe usato.

 

L’indomani Helèn indossata la sua armatura blindata della Gaia Fleet, valigetta in mano, si diresse con piglio sicuro dal soldato di guardia all’interno del penitenziario nella zona più esterna. I suoi passi risuonarono freddi e sicuri sul pavimento di metallo. Portava il casco sotto il braccio. Presentò il suo tesserino augurandosi che fosse ancora valido così non avrebbe dovuto sparare al giovane ragazzo che lo stava controllando. “Benvenuta comandante Steren!” fece quello saltando come una molla sull’attenti non appena lesse con chi aveva a che fare, porgendole il saluto militare.

“Comodo” fece Helèn.

“Qual buon vento Signore?”

“Non vi hanno informato?” chiese lei seria e distaccata “Devo visitare l’aliena”.

 Il ragazzo cominciò a guardare sul computer non trovandoci nulla.

“Strano” fece Helèn non scomponendosi “No, non lo è Signore, qua siamo dimenticati da tutti”.

“E’ il consiglio dei decani ad avermi inviato qui” proseguì la donna “Ma sì Signore so bene chi è lei! Lei è la…” Helèn sapendo che Harlock ascoltava la conversazione lo interruppe.

“Ho qui la richiesta firmata di uno di loro: Tetsuya Takimura”.

Il ragazzo sorrise sornione a quel nome. “Appunto” disse semplicemente prendendo il documento e dandole una chiave elettronica che le consentiva l’accesso illimitato a tutti i settori e facendola passare.

Come immaginava il suo asso nella manica aveva funzionato perfettamente, la lettera bianca con la firma di Tetsuya Takimura****, che aveva compilato come un lascia passare ‘le aveva aperto tutte porte’.

Helèn si diresse dove tenevano Meeme. Al rumore della porta di metallo che si apriva, l’aliena si voltò ed il suo viso di solito impassibile tradì una forte emozione. Corse verso Helèn, i capelli ondeggiarono quasi dotati di vita propria. Le due donne, si toccarono le mani e tanto bastò. “Allora ce l’hai fatta Helèn” le disse.

“Solo dopo ho capito il significato delle tue parole Meeme. Mi sono state di sostegno. Ora dobbiamo mettercela tutta. Harlock e l’Arcadia hanno bisogno di te” Meeme fece cenno di si col capo. Helèn si tolse l’armatura blindata e la fece indossare all’aliena dandole anche una delle sue pistole. Sotto portava l’uniforme viola dei comandanti della Gaia.

Meeme indossò il casco per passare inosservata. Uscirono. A nessuno parve strano vedere per i corridoi un comandante della Gaia Fleet scortato da un soldato. Veniva salutata con rispetto e reverenza dai soldati, prima che lei, una volta superati, li colpisse col calcio della pistola per prenderne abiti ed armi. Quindi lei e Meeme aprivano una o più celle.

Harlock dall’Arcadia invece le seguiva rendendo inoffensive le videocamere poste lungo il percorso, modificandone le trasmissioni.

Il piano era semplice. I soldati venivano spogliati ed imbavagliati e le loro uniformi date ad uno dei pirati che le indossava. La scena era uguale ogni volta, aperta una porta gli occupanti sussultavano prima di riconoscerla. Helèn o gli altri a gesti spiegavano il piano, ne seguivano sorrisi e sguardi di intesa, si cambiavano e si passava alla cella seguente. Se le uniformi erano insufficienti i pirati si fingevano legati e seguivano le finte guardie. Benché la tensione fosse alta Helèn sorrideva nel vedere i volti di quei ragazzi accendersi nel riconoscerla. Tutti erano consapevoli che il loro capitano non li avrebbe abbandonati.

Solo Kei fece eccezione. Riconosciuta l’amica le si buttò al collo stringendola forte “Helèn credevo non ti avrei vista mai più, ero convinta che i mercenari ti avessero consegnata alla Gaia Fleet. Allora, in qualche modo, lo scambio di Harlock ha funzionato? Lui dov’è?” chiese con ansia.

Helèn non comprese le sue parole.  “Cosa? Chi… chi doveva consegnarmi alla Gaia? Di che scambio parli?” chiese smarrita.

“Ma come chi? I mercenari”. Helèn continuava a non capire, guardando confusa l’amica.

“Dopo aver assaltato l’Arcadia ed esser riusciti a penetrare ci avevano quasi del tutto sopraffatto, tranne il Capitano che continuava a tenerli in scacco. Ma poi, ci hanno detto d’averti presa, di tenerti in ostaggio e che ti avrebbero consegnata alla Gaia se il capitano non si fosse consegnato loro. Per questo Harlock si è arreso”.

Per una frazione di secondo la stanza girò vorticosamente intorno ad Helèn rivide Harlock incatenato usato come un bersaglio.

Ora tutto era chiaro! Era questo che era accaduto. Lui si era arreso consegnandosi a quei bastardi per riavere lei! Anche se i mercenari bleffavano, ma lui non poteva saperlo. Helèn parve frastornata continuava a guardarsi intorno incredula. Questo era quello che era accaduto e lui non glielo aveva rivelato. Si sentì persa.

Meeme le toccò un braccio. In quello stesso istante la voce di Harlock la ridestò. “Falco***** chiama colomba, mi ricevi?” chiese vedendo il localizzatore che lei aveva indosso fermo da troppo tempo.

“Si… Fa…Falco ti ricevo, la migrazione prosegue senza intoppi”.

Harlock ed Helèn avevano deciso di ridurre le comunicazioni all’essenziale utilizzando dei nomi in codice. Lui aveva scelto il nome Falco ‘era il mio nome di battaglia ai tempi dell’ Accademia’ le aveva detto sopraffatto dai ricordi e tu sarai la mia colomba della pace.

 

Adesso arrivava la parte rischiosa, il gruppo era diventato numeroso ed avrebbe potuto destare sospetti. Il piano prevedeva di raggiungere il cortile interno della fortezza e lì sarebbe sopraggiunta l’Arcadia. Mancava solo un manipolo di pirati tra cui Yattaran, quando uno strana cicala risuonò  per tutta la fortificazione.

“E’ l’ora delle visite” fece Kei mordendosi un labbro.

“Merda non ci voleva” le fece eco Helèn. “Falco qui colomba mi ricevi ?”  “Falco qui colomba mi ricevi?”

“Ti ricevo forte e chiaro”.

“Falco migrazione rimandata ci sono civili, ripeto civili” seguì il silenzio.

 Harlock pensava. “Prosegui raccolta colomba passo e chiudo”.

“Presto!” disse Helèn con un segno agli altri, i pirati non fecero in tempo a tramortire altre tre guardie ed aprire le quattro celle rimanenti che un acutissimo e allarme sonoro riecheggiò lancinante facendo vibrare le mura di metallo. Si guardarono attoniti.

 

Erano stati scoperti.

 

 

 

Note

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Grazie sempre a chi si fermerà a leggere e vorrà lasciare un commento.

*Teoria di G.A.Landis sulle città galleggianti, che costituendo uno scudo solare attorno al pianeta potrebbero essere utilizzate per la terraformazione.

**Mio omaggio a Gun Frontier. Del resto cosa non è la parte iniziale del film se non un omaggio a G.F.

***Poiché nel film Harlock perde l’occhio a seguito di una esplosione sul’Arcadia ho pensato che la cicatrice si poteva ‘addebitare’ al suo incontro con Maya al quale però farò accenno in seguito.

****Del perché Helèn sia in possesso di questa ‘carta bianca’ e di questo personaggio parlerò diffusamente in seguito.

*****Dovendo scegliere un nome in codice ho pensato fosse bellissimo usare il soprannome ‘Falco’ che Divergente Trasversale utilizza nella sua fic ‘Space Cowboy’ creando così uno speciale intreccio tra storie. Ne ho parlato con lei che si è detta subito entusiasta.

DOMANDONE: Chi indovina chi è il ragazzo che urta Harlock all’ingresso del Saloon?

  
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