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Autore: EleEmerald    16/01/2015    3 recensioni
 Dal decimo capitolo:
"Io vi maledico" disse. "Maledico tutti gli uomini di questo mondo. Tutti gli uomini che si metteranno sulla strada di mia figlia e delle sue nipoti. Quando ingannereto loro, come avete ingannato me, esse vi uccideranno. Sarà l'ultima azione sbagliata che compirete perché le mie figlie vi perseguiteranno, vi inganneranno e saranno la vostra rovina. E poi vedremo, come ci si sente a stare dall'altra parte del manico."
.
Quando Matthew Williams, un tranquillo ragazzo di diciassette anni, incontra Elizabeth, di certo non si aspetta che quella ragazza lo porterà incontro a tanto dolore. Ma, dopo averla ritrovata in un bosco ricoperta di sangue, non rimanere implicato nelle sue faccende è quasi impossibile. Le prove che dovrà affrontare si riveleranno più complicate di come sembrano e, inesorabilmente, si ritroverà a perdere molto di più che la sua semplice normalità. Implicato tra leggende e antiche maledizioni, vivrà, oltre ai momenti più brutti, anche quelli più belli della sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3: Capodanno

A Natale riuscii a dimenticarmi di quello che era successo per un po', ma la mia spensieratezza non durò per molto. Due giorni dopo Natale vidi Elizabeth attraversare la strada dove si trovava casa casa mia. Corsi giù dalle scale prendendo un giubbotto a caso e appena superai il mio giardino mi misi a urlare il suo nome finché lei non si girò.
- Cosa vuoi? - disse scontrosa.
Era così diversa dal ballo in maschera e dal giorno in cui l'avevo trovata nel bosco. Ora i suoi occhi non erano felici e non chiedevano aiuto, volevano che me ne andassi e la lasciassi in pace, covavano rabbia e terrore.
- Ti ho trovata in un bosco ricoperta di sangue! Cosa credi che voglia? - la guardai dritta negli occhi che, per la prima volta, mi accorsi fossero verdi.
- Ti ho detto di dimenticare tutto!
- E come faccio a dimenticare?
Si voltò e inizio a camminare nella direzione opposta. Ma io non intendevo lasciarla andare. La segui finché non passò di fianco ad una via deserta, quindi la presi per un braccio e la trascinai dentro.
- Lasciami! - Cercò di divincolarsi - Lasciami! - urlò.
Un uomo che passava di lì si fermò a vedere quello che stava succedendo e, dopo uno sguardo fugace per assicurarsi che non mi stessi approfittando di lei, se ne andò.
Era la prima volta che riuscivo a vederla per bene, senza luci colorate a confondermi e senza le sue mani sul viso. I suoi occhi verdi erano enormi, così grandi e belli che sembravano mostrarle l'anima. Aveva delle piccole labbra sottili e molto rosse, che, avrebbero corrisposto alla descrizione delle labbra Biancaneve. I capelli, raccolti in una treccia bionda, erano dello stesso colore del cugino, più scuri sul capo e più chiari in basso, ma ero sicuro fossero naturali questa volta.
- Che cosa credi di fare? - domandò Elizabeth.
- Voglio sapere cos'è successo! - le dissi tendola ancora per un braccio.
- E pensi che te lo dirò? Non ti conosco neanche! E tu non conosci me, non conosci i miei problemi.
- Oddio - mormorai.
- Cosa?
- Sei quel genere di ragazza? Odio quando la gente passa la vita a lamentarsi dei propri problemi. I problemi non si risolvono lamentandosi - dissi sicuro.
- Se mi sono lamentata è stato perché tu non ti fai gli affari tuoi.
- Hai ucciso tuo padre? - dissi non curante di quello che mi aveva appena detto.
- Io non ho un padre.
- E allora perché parlavi di lui l'altro giorno?
- Smettila! Non te ne deve importare niente di me, continua a vivere in pace la tua vita e scordati di me. Era meglio che non venivo a quello stupido ballo - si lamentò. Lasciami andare. - Mi guardò dritto negli occhi e andò via, lasciandomi solo con l'aria invernale che circolava libera in quella via deserta.
Aveva ragione, avrei dovuto farmi gli affari miei, eppure c'era qualcosa che mi diceva di non lasciarla andare.


 

I guanti! -
Non appena chusi la porta, mia mamma mi comparve davanti con il regalo di Natale Iris, che sapeva del freddo che provavo sempre alle mani, e si mise a sventolarlo.
- Scusa mamma, ero di fretta.
- Chi era quella ragazza? - chiese.
- Chi? - Feci il finto tonto.
- Sei corso fuori di casa come una furia, credi che non me ne sia accorta? - Non aveva tutti i torti.
- Era la cugina di Thomas - spiegai.
Mi lanciò uno sguardo di chi crede di saperla lunga e tornò in cucina.
- Perché fai quella faccia? - chiesi.
- Perché nessuno corre in strada così, di punto in bianco, solo perché ha visto la cugina dell'amico.
- Avevamo una faccenda in sospeso.
- Una faccenda da risolvere in un vicolo? - Alzò un sopracciglio. Odiavo quando lo faceva.
- Be' si - Alzai le spalle proprio mentre il mio cellulare cominciava a squillare, così lo presi in mano e mi allontanai dalla cucina per rispondere.
All'altro capo del telefono c'era Chuck. Io e Chuck ci conoscevamo da anni, quasi cinque, da quando eravamo diventati compagni di squadra, certo, forse non si poteva definire propriamente una squadra, ma per noi era così. Facevamo nuoto entrambi da quando avevamo sei anni. Amavo l'acqua e il nuoto era il mio mondo, sott'acqua mi dimenticavo tutte le mie preoccupazioni ed ero libero. Io e Chuck avevamo un rapporto strano, più che un amico lo consideravo un fratello, un fratello molto rompiscatole.
- Matt che cosa pensi di fare? - disse l'altro senza assicurarsi nemmeno che ascoltassi.
- Riguardo a cosa? - domandai.
- A 'sta sera!
- Ah, e perché? - Ero confuso.
- È l'ultimo dell'anno! - rispose agitato, immaginavo che dall'altro capo del telefono avesse già un petardo in mano - Andiamo a fare casino.
- Io passo.
- Sei davvero noioso.
- Vado al pub con i miei amici, se vuoi venire.
- Poi andiamo a fare casino? - Sapevo che ad una risposta negativa non lo avrei visto fino al riprendere dei corsi.
- Se insisti - mormorai.
- Perfetto! Sono da te alle nove! - E chiuse la conversazione senza neanche farmi replicare.


 

Senza neanche un minuto di ritardo, Chuck si presentò sotto casa mia alla nove, dimostrando di esserci suonando ininterrottamente il campanello. Uscii di casa e me lo ritrovai davanti con un sacchetto pieno di petardi. Indossava un giubbotto rosso e dei comuni jeans, aveva negli occhi lo sguardo di chi è intenzionato a fare casino e sul mento un principio di barba, castana, come i capelli. Di fianco a lui si trovava Margareth, con indosso un vesito nero e un giubbotto, che mi salutò con un cenno della mano prima che Chuck le tirasse una manata in faccia, facendole cadere gli occhiali.
- Idiota, perché l'hai fatto? - gli urlò.
- Matt non guardava i petardi, era troppo concentrato su di te che lo salutavi - si giustificò lui alzando le possenti spalle.
- Che idioti - dissi ridendo.
Lei arrossì. Margareth. Occhi azzurri, capelli castani sempre raccolti in una coda, occhiali neri, secondo me bellissima, ma non per Chuck, che la considerava solo la sorellina rompiscatole del gruppo di nuoto. Lei, la mia cotta per anni, avevo smesso di essere innamorato di lei solo quando si era fidanzata e io avevo capito di non avere speranze. Era davvero felice con il suo ragazzo, poi, senza spiegare a nessuno il motivo, ci aveva fatto sapere che lui l'aveva lasciata. Un pomeriggio, durante il corso, ricordo di essermi accorto che le gocce che aveva sul viso non erano gocce d'acqua della piscina.
- Smettetela di farvi gli occhioni dolci, voi due! - sbottò Chuck.
Noi due sospirammo per questa sciocca storia, inventata per lei, e fastidiosa per me. Da quando aveva iniziato a fare questi commenti allusivi avevo capito che non avrei mai più rivelato cose del genere a Chuck.
- Allora? - domandò - La macchina?
- Credevo andassimo con la tua.
Si mise a ridere per l'immensa cavolata che avevo appena detto. Era impensabile che Chuck desse passaggi.
Li guidai verso il garage e tirai fuori il mio vecchio minivan grigio. Loro saltarono in macchina e si misero a fare commenti su quanto fosse grande e su come avrei potuto portare una classe in gita, cosa che in realtà non era affatto possibile.

Il bosco in cui avevo incontrato Elizabeth pochi giorni prima mi sfilò di fianco e riuscii a guardarlo velocemente mentre guidavo. Mi sembrò di vedere una luce ma non mi fermai, forse stavo solo sognando, mi ero immaginato tutto per colpa di quello che vi avevo visto all'interno, o forse no. Cosa nascondeva quel bosco?
Un kilometro dopo l'insegna del Winter pub brillava di luce, il piccolo fiocco di neve nell'insegna si stava staccando. Iris comparve all'improvviso davanti alla porta del pub e, prima che riuscissimo a scendere dalla macchina, si affacciò al suo interno, tirò fuori Thomas e, dopo essere corsi da noi, aprì la portiera della macchina.
Non si accorse che il sedile era occupato da Chuck e quasi vi si sedette sopra.
- Fai pure - disse lui con un sorriso ammiccante e guardandole il vestito un po' troppo corto.
- Chuck! - lo rimproverò lei, poi si rivolse a me - Non mi avevi detto che ci sarebbero stati anche loro! - E rivolse un cenno a Margareth mentre vi si sedeva vicino.
Thomas aprì la portiera e si sedette vicino al posto del guidatore.
- Scusate, perché siete saliti in macchina?
- Segui la BMW - si limitò a dire Thomas.
Una BMW nera partì verso la strada.
- È la macchina di Charles, vero? - domandai nonostante lo sapessi già.
- A volte quel coglione serve a qualcosa - Thomas sorrise.
- Dove andiamo?
- Ci fa imbucare nella discoteca dei ricchi.
- Sono le nove! - esclamai.
- Aspetteremo – spiegò Iris.
- Ma siamo stati ad una festa otto giorni fa - mi lamentai. In realtà non era la festa a disturbarbi quanto le persone che ero sicuro ci sarebbero state.
Thomas capì subito cosa indendevo e sussurrò qualcosa a voce così bassa che non riescì a sentirlo. Chuck invece mi ordinò di stare zitto e seguire la macchina nera davanti a me.
Sospirai e aumentai la velocità. Passammo per il centro e lo superammo, le luci natalizie dei negozi mi fecero quasi sbandare ma riuscì a superarle. Entrammo nel quartiere ricco della città e Charles svoltò a destra, entrando in una via con due ville per poi accostare alla seconda. Feci lo stesso e lui scese dalla macchina accivinandosi a noi.
Iris abbassò il finestrino per ascoltare quello che aveva da dirci e lui rivolse a tutti uno sguardo disgustato, a Iris invece sorrise.
- Dolcezza, aspettiamo qui che la discoteca apra.
- Dove siamo? - chiese lei.
- Casa mia. Sali? - domandò. La sua domanda non contemplava il resto del gruppo.
- Preferisco aspettare con loro - disse Iris con nervosismo.
- Dai, Walker, non puoi stare due ore in macchina.
- Accetto. Ma vengono anche loro.
- Va bene - sbuffò.
Appena chiusa la macchina, la villa mi mise quasi in soggezzione. Era enorme, di quelle che si vedono nei film: enorme giardino, enormi balconi, enormi terrazzi, un sacco di piani, un sacco di decorazioni natalizie sofisticate e perfettamente in tinta tra loro. Il tetto era di un verde acqua molto elegante e i mattoni di un bianco candido come la neve. Sembrava fare a gara a quale fosse la più grande con quella a fianco, che era identica tranne per i colori, che erano di una casa comune.
Senza dire nulla Charles ci guidò dentro e non appena aperta la porta mi trovai davanti il fratello maggiore di Charles, Ian, che stava baciando una ragazza troppi anni più giovane.
- Ian! - urlò Charles - Ti avevo detto di lasciarmi la casa libera!
- Tardi - disse lui ridendo - Strano che tu non abbia sentito la musica.
Dal giardino sul retro iniziò a provenire una musica senza parole ad altissimo volume.
- Oh, non l'avevamo ancora accesa.
Un fortissimo odore di fumo giunse dal giardino sul retro. Vidi Iris storcere il naso.
- Voglio un po' vedere casa tua, Brown - Thomas si avviò su per le scale.
- Posso far scoppiare i petardi? - chiese Chuck e ad uno sguardo indignato dell'altro li rimise dentro il sacchetto.
Quando quell'idiota di Charles disse di fare come se fossimo a casa nostra e se ne andò, feci un sorriso a Chuck che valeva più di un "facciamoli scoppiare".


 

Un enorme scoppio scosse tutta la villa e io mi ritrovai a ridere come quando ero un bambino. Iris e Margareth ci guardavano come se fossimo pazzi ma noi maschi, anche Thomas che era tornato soddisfatto dopo aver consumato tutti gli shampoo e le lacche di Charles, ci stavamo divertendo un mondo a far scoppiare i petardi nel giardino.
- Che cosa cavolo state facendo? - chiese Chales arrivando trafelato.
- Petardi.- Alzai il pacchetto.
- Vi avevo detto di non farli!
- Ormai - Thomas alzò le spalle.
- Ormai? Sei un coglione Lane! - Lo prese per la giacca e lo sollevò davanti a se.
- Che cosa fai? - urlò Iris - Mettilo giù! Non è stato solo lui a far scoppiare i petardi!
- Ma lui mi da sui nervi. - Poi gli venne un'idea - Dimenticherò tutto se tu mi darai un bacio.
- Allora ricorderai questo momento per sempre. - Thomas alzò un braccio e gli tirò un pugno dritto nell'occhio che gli fece perdere la presa, e si trovò a rotolare per terra. Charles gli fu subito addosso, lo prese a pugni finché non gli ruppe il naso, poi si alzò e andò via con le mani in tasca.
- Coglione. - La voce di Thomas era quasi un sussurro soffocato.
Si mise a sedere con una mano sul naso, sporco di sangue. Il suo volto prese un gigno arrabbiato e, alzatosi, si mise a correre dietro a Charles. Arrivatogli dietro, aspettò che si girò e gli tirò un altro pugno nell'addome. Charles cadde a terra.
- Smettetela - urlò Margareth.
Chuck stava ridendo.
- Thomas smettila! Ti prego - disse Iris con la lacrime agli occhi.
Lui si girò e abbassò le mani. Un altro pugno volò anche nel suo di addome e lui cadde, svenuto.
Iris soffocò un urlo.
- Piccola, ora me lo dai un bacio? - chiese Charles convinto che glielo avrebbe dato.
Lei non lo degnò di uno sguardo e si accovacciò vicino al ferito.
- La prossima volta che fai una cavolata simile sono io che ti spacco il naso - la sentii dire con il sorriso sulle labbra.


 

Lo portammo in macchina dove poté rinvenire tranquillo, sdraito sulla prima fila di sedili del minivan. Iris voleva tenergli la testa, secondo me solo perché si sentiva in colpa, ma io avevo optato per farlo stare più tranquillo. Margareth e Chuck si erano seduti dietro e io e Iris davanti e guardavamo e aspettavamo.
- Dobbiamo portarlo all'ospedale - disse Margareth - Gli ha rotto il naso.
- Chissà quanta gente ci sarà - disse Chuck.
- Però Margareth ha ragione. - Annuii.
- Non voglio rovinarvi il capodanno - disse il protagonista del dialogo svegliandosi con un sorriso.
- Amico, stai bene? - chiese Chuck.
Thomas annuì in risposta e si toccò il naso per constatare che gli avevamo ripulito tutto il sangue.
- Grazie. Andrò domattina.
- Non puoi andare domani! Hai il setto nasale fratturato! Probabilmente è anche di secondo grado! - Guardammo tutti Margareth.
- Marghe vuole fare il medico – spiegai per far capire a tutti il motivo del suo linguaggio.
- Marghe? - Chuck alzò un sopracciglio, mi dava sui nervi quando qualcuno lo faceva perchè io non ne ero in grado.
- Chuck non è il momento - dissi.
- Ragazzi andiamo al pub. - Thomas sforzò un altro sorriso.
Mi voltai e ingranai la marcia.


 

I ragazzi ridevano bevendo la coca cola, al pub non ci avrebbero mai venduto alcolici, e sinceramente non volevo ubriacarmi né quel giorno né mai. Iris guardava apprensiva il naso rotto di Thomas, quei due sembravano davvero fratello e sorella. Mancavano dieci minuti a mezzanotte. Cinque. Tre.
Mi squillò il cellulare e uscì dal bar per rispondere.
- Pronto?
- Ciao Matthew - disse una voce conosciuta.
- Elizabeth?
- Si sono io.
- Come hai fatto ad avere il mio numero?
- Volevo chiederti scusa. - Ignorò la mia domanda.
- Di cosa?
- Di averti trattato in quel modo.
- In realtà sono io che dovrei darti delle scuse, sono stato molto brusco e avevi ragione tu, non avevo il diritto di impicciarmi nella tue faccende. - Sospirai guardando la strada.
- Chiunque lo avrebbe fatto vedendo una scena simile, ma non tutti sarebbero corsi da me, io per prima sarei scappata. Non posso dirti cosa mi sia successo quel giorno, forse prima o poi te lo dirò, ma ti chiedo di aspettare. E grazie di esserti preoccupato per me. Nessuno lo aveva mai fatto davvero, ma non sono la ragazza che credi.- Rimasi in silenzio ad ascoltare la sua voce spegnersi e quando cercai di rispondere il caos esplose nel pub.
- Felice anno nuovo, Matthew - disse prima di attaccare.
Un fiocco di neve mi cadde sul viso. Erano anni che non nevicava.



Angolino dell'autrice: Eccomi! Grazie per le recensioni del secondo capitolo anche perchè per ora sembra che la storia vi piaccia e questo mi fa la persona più felice del mondo. In questo capitolo ho presentato due nuovi personaggi quindi vorrei assolutamente che mi diceste cose ne pensate, va bene? Be' non so cos'altro dire quindi...alla prossima!
  
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