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Autore: EleEmerald    07/01/2015    2 recensioni
 Dal decimo capitolo:
"Io vi maledico" disse. "Maledico tutti gli uomini di questo mondo. Tutti gli uomini che si metteranno sulla strada di mia figlia e delle sue nipoti. Quando ingannereto loro, come avete ingannato me, esse vi uccideranno. Sarà l'ultima azione sbagliata che compirete perché le mie figlie vi perseguiteranno, vi inganneranno e saranno la vostra rovina. E poi vedremo, come ci si sente a stare dall'altra parte del manico."
.
Quando Matthew Williams, un tranquillo ragazzo di diciassette anni, incontra Elizabeth, di certo non si aspetta che quella ragazza lo porterà incontro a tanto dolore. Ma, dopo averla ritrovata in un bosco ricoperta di sangue, non rimanere implicato nelle sue faccende è quasi impossibile. Le prove che dovrà affrontare si riveleranno più complicate di come sembrano e, inesorabilmente, si ritroverà a perdere molto di più che la sua semplice normalità. Implicato tra leggende e antiche maledizioni, vivrà, oltre ai momenti più brutti, anche quelli più belli della sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2: Incubi e ricordi

Pensavo che non avrei rivisto Elizabeth per tutte le vacanze nataliazie e invece mi sbagliavo. Il mattino dopo il ballo dormii fino a mezzogiorno, non ero mai stato un ragazzo che si svegliava presto durante le vacanze e dopo una festa dormivo sempre molto di più. Quando finalmente mi svegliai capii che se non avessi mangiato subito non avrei fatto in tempo ad andare fuori con Iris, le avevo promesso che l'avrei accompagnata a prendere i regali che le mancavano, era sempre in ritardo su queste faccende.
Mia mamma mi accolse in cucina con un sorriso. - Com'è andata la festa? - disse mentre girava il sugo.
- Bene. Alla fine non mi sono neanche annoiato così tanto - risposi.
- Chi era la ragazza di Thomas? E Iris era con Charles? - Mia mamma era davvero informata sulle mie faccende.
- Thomas ha portato la cugina - dissi tranquillamente ma mia madre capì subito il mio interesse per quella ragazza e mi lanciò un'occhiata. Feci finta di niente e risposi affermativo alla seconda domanda.
- Quando la smetterà quel ragazzo di tormentare la povera Iris? Non si accorge che non le importa? - disse senza aspettarsi risposte.
- Non ne ho idea mamma. Quando si mangia? - chiesi.
- Hai dormito e hai saltato la colazione, ora aspetti tutto il tempo necessario.
Sbuffai. Se il cibo ci metteva molto a cuocere non avrei davvero fatto in tempo.
Io e mia mamma vivevamo soli, i miei genitori avevo divorziato quando io avevo 10 anni e mio padre aveva un'altra donna con cui conviveva ora. Odiavo mio padre, aveva tradito mia mamma per un periodo lunghissimo e non glielo avrebbe detto se non me ne fossi accorto io; mio padre credeva fossi stupido ma io lo avevo visto, non potevo mentire a mia mamma. Lei era incinta quando glielo dissi ma non lo sapevo, non sapevo che avrei avuto un altro fratello, per la scoperta le venne un malore e perse il bambino. Avevo passato le settimane, che il tribunale mi aveva obbligato a stare da mio padre, chiuso in camera e appena compiuti 16 anni avevo smesso di andarci, non sopportavo la sua vista, non sopportavo lui e non sopportavo quella donna con cui aveva tradito mia madre. Mia mamma non mi obbligava a sentirlo, era da egoisti, lo sapevamo entrambi, ma lei non voleva che mio padre sapesse nulla di me.


 

Appena fu pronta la carne mangiai in fretta e corsi a vestirmi. Iris voleva sempre trovarsi così presto. Salutai mia mamma e le spiegai che uscivo con la mia amica.

La strada fino al centro commericiale era monotona e piena di gente come al solito. Iris mi aspettava davanti alla seconda entrata. Portava un cappellino grigio e una sciarpa che si intonava, e strofinava le mani cercando di scaldarle, i lunghi capelli rossi erano raccolti in una treccia. Appena mi vide alzò la mano in segno di saluto.
- Eccoti finalmente! Sei in ritardo - disse - Credevo non saresti più arrivato, ma quanto ci hai messo?
- Non sono in ritardo, sono i tuoi orari che sono impossibili!
- Non è affatto vero. Vieni. - E iniziammo ad entrare al centro commerciale.
Mi guardai intorno tra i negozi per trovarne uno che potesse nascondere un regalo per Thomas e Iris, come al solito, riprese a parlare. Mi raccontò di quello che era sucesso ieri quando me n'ero andato e di come Thomas aveva insistito per essere lui a riaccompagnarla a casa e non Charles. Aveva iniziato a farneticare sul fatto che, se fosse rimasta sola in macchina con lui, le avrebbe sicuramente messo le mani addosso.
- E alla fine con chi sei andata? - chiesi interrompendola mentre si fermava a respirare.
- Thomas mi ha dato talmente sui nervi che me ne sono andata con Charles.
- Ti ha fatto qualcosa?
Lei sbuffò. - Ha provato ha baciarmi quando siamo arrivati davanti a casa ma io ho aperto la portiera e me ne sono andata.
- Meno male.
Charles era il genere di ragazzo popolare, bello, ricco e tutto il resto. Quando puntava una ragazza lei doveva essere per forza sua e lui otteneva sempre ciò che voleva. Non avevo conosciuto una ragazza che lui aveva scelto come preda che non era caduta tra le sue braccia. E ora che aveva puntato Iris avevo paura per lei, avevo paura che si lasciasse fregare e poi venisse usata. Non ero ancora riuscito a capire perché Charles avesse scelto Iris, insomma era bella, e questa era una cosa oggettiva, ma aveva avuto ragazze che lo erano molto di più. Thomas diceva che era per via degli occhi, Iris aveva due enormi occhi blu; i capelli rossi come il frutto omonimo e gli occhi blu come il fiore erano una combinazione molto bella.
- Ma cosa vuole da me? Lo odio – esclamò interrompendo i miei pensieri.
- Sei la sua prossima conquista - spiegai.
- Be' io non voglio essere la sua prossima conquista. Non capisco come abbia fatto ad accorgersi di me!
In effetti era strano, Iris non stava di certo con i due più popolari della scuola, eravamo di quel gruppo di mezzo che in pochi sapevano esistesse. La gente non ci evitava come la peste ma nemmeno avrebbe fatto di tutto per stare con noi, e a me non dava fastidio fosse così. Certo, c'era chi aspirava ad entrare nei popolari ma il resto delle persone erano le migliori.
- Non ne ho idea - risposi.
Rise. Era formidabile il modo in cui tornava felice così in fretta. - Se tu fossi stato una ragazza ora mi avresti detto che era perché sono molto bella.
Le diedi uno spintone e indicai un negozio - Forza, entriamo.
Ci mettemmo molto a scegliere un regalo per Thomas, che non era affatto facile in regali, e alla fine prendemmo un cd della sua band preferita. Era costato molto perché era un'edizione speciale ma a Iris non era importato; appena lo aveva visto le si era illuminato lo sguardo e aveva annuito: Thomas avrebbe amato quel regalo.


 

Finite le compere accompagnai Iris da Thomas per portargli il regalo e la aspettai in macchina. La vidi correre verso la porta di ingresso e suonare. Poi il padrone di casa aprì la porta. Sembrava sorpreso di vederla lì, così abbassai il finestrino per ascoltare quello che si dicevano.
- Iris non ti aspettavo - disse.
- Disturbo? Sono venuta a portarti il regalo. - Gli passò il pacchetto che aveva fatto la cassiera con un grande sorriso.
- Grazie. Me lo potevi dare anche dopo Natale, non dovevi preoccuparti.
- No, volevo lo aprissi il giorno giusto. - Aveva un sorriso così contagioso che anche Thomas si ritrovò a sorridere. - Devo scappare - disse infine allontanandosi.
- Aspetta, com'è andata con Charles? Ti ha fatto qualcosa? - Sembrava preoccupato.
- Oh devi sempre rovinare tutto! Ero così felice. - Iniziò a gesticolare con le mani, come faceva sempre. - No non mi ha fatto niente! Perché devi sempre comportarti come se fossi mio fratello?

- Lo sai! - urlò lui di rimando.

Ma Iris non si aspettava una risposta quindi corse verso la macchina ed entrò, in un attimo era seduta di fianco a me, rossa di rabbia.
- Non mi sembra abbia detto niente di male, lo sai che è sempre preoccupato - le dissi cercando di calmarla.
- Stai zitto e portami a casa.


 

Quando, dopo aver lasciato Iris, mi diressi verso casa, non mi sarei mai aspettato di incontrare Elizabeth, sinceramente quel giorno non avevo neanche pensato a lei eppure svoltanto con la macchina nella strada che costeggiava il bosco, vidi una chioma bionda correre tra le piante. Strabuzzai gli occhi e fermai la macchina per guardare nel bosco, non c'era nessuno. Ripresi ad andare pensando che mi ero immaginato tutto ma poi sentì un urlo, era la voce di una ragazza. Inchiodai la macchina in mezzo alla strada, uscì e corsi in mezzo al bosco. La ragazza non urlava più e io correvo alla cieca chiedendo se c'era qualcuno. Arrivai in un punto dove non c'erano alberi, solo alcuni cespugli, una roccia e una ragazza dai capelli biondi accovacciatavi contro, le mani sulla testa, fissando un punto per terra.
- Hai urlato? Hai bisogno di aiuto? - chiesi avvicinandomi.
La ragazza si voltò, aveva uno sguardo folle negli occhi e le mani e i vestiti imbrattati di sangue. Indietreggiai, che cosa aveva fatto? Ma i suoi occhi chiedevano anche aiuto. Mi avvicinai e la riconobbi, era lei. Elizabeth.
- Elizabeth! Elizabeth, che ti è successo? - Mi accovacciai davanti a lei - Stai bene? Sei ferita? - Ma lei non rispondeva. - Dobbiamo andare in ospedale!
Mi guardava con lo stesso terrore negli occhi. Cercai di farla alzare per portarla in ospedale ma non voleva. Le gridai più volte di andare ma lei era immobile. Mi alzai e stavo per prenderla in braccio, trascinandola a forza, quando parlò: - Non è sangue mio.
- Non è tuo? Elizabeth cos'è successo?
- Mio padre. - Si alzò in piedi - È colpa sua, è stata lei.
- Lei chi? Dov'è tuo padre? - Le presi un braccio ma lei lo allontanò dalla mia presa.
Mi lanciò uno sguardo di supplica: - Ti prego, dimentica tutto. – E corse via.
Mi alzai barcollando e andai verso casa, con la testa che mi faceva male, e il suo viso sporco di sangue impresso nella mente. Non sapevo cosa fare, avrei dovuto dire qualcosa a Thonas? Era sua cugina e io l'avevo trovata insanguinata in un bosco. E poi aveva detto qualcosa su suo padre, forse avrei dovuto chiedergli di lui, se stava bene, ma come avrei fatto senza dirgli il perché? Non mi importava cosa avrebbe pensato. Dovevo sapere.
Gli mandai un messaggio: "Ciao Thomas. Mi dispiace per oggi. Iris sembrava un po' agitata. Senti, vorrei chiederti una cosa...mi potresti dire di tua cugina. Quanti anni ha? I suoi genitori?" Decisi che tralasciando il come avrei dovuto dirgli qualcosa. “L'ho incontrata pochi minuti fa, farneticava qualcosa sul padre e sembrava molto scossa.”
La risposta arrivò un minuto esatto dopo: " Ha 15 anni, ne fa 16 il 14 febbraio, ha solo la madre, che è la sorella di mio padre, non so chi sia suo padre e secondo mia zia non lo sa nemmeno Elizabeth, mia zia è rimasta incinta e si è presa cura di lei da sola senza dirci chi era il padre, è ancora sola. Sei sicuro di aver capito bene? Lo dirò alla zia.” E così si chiuse la nostra conversazione.


 

Cercai in tutti i modi di togliermi tutto quel sangue dalla mente. Ero sveglio da più di quattro ore, era ormai quasi mattina. Mi agitavo nel letto senza riuscire a prendere sonno e quando finalmente ci riuscì fui tormentato da incubi misti a ricordi.
Nei sogni mi trovavo in camera mia e piangevo, non mi serviva sapere altro, sapevo esattamente cosa sarebbe successo. Quella fu l'ultima volta in cui piansi: la litigata tra i miei genitori. Piangevo per mia madre.
Anche tappandomi le orecchie sentivo le urla provenire dell'altra stanza.
- È stata una volta sola - cercava mio padre di giustificarsi ma io sapevo che fosse una bugia.
- Non mi importa! Non mi interessa se è stata una, due, tre volte o di più! Mi importa che mi hai mentito, che mi hai tradita, che hai finto non fosse successo nulla! - Mia madre aveva il volto rigato di lacrime.
- Lisa, io...
- Zitto. Non parlare. Vai fuori da questa casa!
- Voglio rimediare a tutto quello che ho fatto.
- Non puoi rimediare. - Si asciugò una lacrima. - E ora vai a prendere la tua roba.
- Fammi almeno salutare mio figlio.
Sembrò pensarci un po' su ma poi gli fece segno con la testa di andare.
A quelle parole mi asciugai le lacrime, richiusi la porta da cui stavo spiando e mi misi a sedere sul letto aspettando l'arrivo di mio padre. Poco dopo sentii la porta aprirsi e una voce chiamarmi.
- Matthew?
- Sono qui - dissi. Non avrei fatto finta di essere triste per lui, non mi importava.
- Matt, ho fatto uno sbaglio, andrò via – disse sospirando. Aveva il volto sciupato.
- L'ho detto io alla mamma. - Non avrei mentito.
- Cosa? - chiese passandosi una mano sui capelli.
- Che hai un'altra.
Perse un battito: - Tu? Matt? - Ni guardò come se lo avessi tradito, ma non ero io il traditore in quella stanza. Sospirò: - Non sapevi cosa facevi. Non preoccuparti. Ti voglio ancora bene. - Mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò. Non lo vidi più per un mese.
Uscii per andare da mia madre. Era seduta su una sedia, il volto tra le mani tramanti e piangeva.
- Mamma? - non si voltò - È colpa mia.
- No. Non è colpa tua, è colpa di papà - si passò una mano sulla pancia, contratta da fitte di dolore.
Rimasi a fissarla, poi lei, senza dire niente, mi prese e mi strinse tra le sue braccia. Scoprii del bambino, ormai perso, solo il mattino dopo quando mia nonna mi venne a svegliare e mi disse che mia mamma era in ospedale.
I ricordi finirono e iniziarono gli incubi. C'era ancora una donna che piangeva, non capivo la sua età perché aveva il volto coperto dalle mani, forse era una ragazza, invocava aiuto ma io non potevo darglielo, ero bloccato dal terreno. Poi ai suoi piedi comparve un uomo, aveva un'orribile smorfia di dolore dipinta in volto. La ragazza fece cadere il coltello insanguinato che le era appena comparso tra le mani e urlò.
Mi svegliai tirando calci al materasso. Lasciai scivolare il mio corpo fuori dalla coperte e mi diresse in bagno dove mi bagnai la faccia prendendo grossi respiri. Di fronte a me lo specchio mostrava i miei capelli castani, che erano ricci e corti, completamente bagnati di sudore. I miei occhi castani erano gonfi e le mie guancie erano bianche pallido. Mi tirai un pizzicotto per far arrossare le guancie, come faceva sempre mia madre quando il trucco non riusciva a coprire la sua pelle chiara e dopo essermi scompigliato i capelli, tornai a letto.
Non riuscii a dormire.


Angolino dell'autrice: Eccomi! Scusate il ritardo, avevo intenzione di pubblicare due giorni fa ma ho avuto problemi con il computer, mi sono fatta perdonare aggiungendo un capitolo un po' più lungo. Grazie a Ciciolla26, Shadow writer e FrostyDark per aver recensito e grazie a America35 e LysL_97 per aver inserito la storia tra le seguite. Sono davvero felice. Fatemi sapere com'è qesto capitolo con tante belle recensioni, mi raccomando.
  
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