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Autore: LoveStoriesInMyHead    17/01/2015    7 recensioni
IN FASE DI CORREZIONE
******Tratto dalla storia*********
“Ti amo Elena” mi sussurrò tra un bacio e l’altro.
“Stefano io…sto con Mattia.”
“Lascialo allora” disse staccandosi e fissandomi negli occhi.
“E' sbagliato! Stefano non posso farlo e tu lo sai bene” dissi dispiaciuta.
“Tu ami me!” alzò la voce.
Rimasi in silenzio. Osservavo la sua schiena allontanarsi verso la parte opposta della stanza.
Una lacrima rigò il mio viso. Cosa stavo facendo? Io lo amo, perché non gliel'ho detto? Cosa mi tiene ancora legata a lui da non farmelo dimenticare?
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Cosa succederà? Elena riuscirà a trovare il suo lieto fine o tutto andrà all'aria per colpa del destino?
'Please, don't go away' è il libro per chi ha sofferto per amore, per chi si è addormentato con le lacrime agli occhi e allo stesso modo si è svegliato al mattino, per chi è stato abbandonato dalla persona più importante della propria vita, per chi ha visto la vita andare avanti, non riuscendo più a raggiungerla. Questo libro è per te, che hai imparato a vivere nonostante il dolore.
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Elena's

Erano trascorsi una manciata di minuti da quando Stefano mi aveva trovata.

Mi tenevo stretta a lui, le mie mani stringevano avidamente il suo giubbotto. Ad ogni mio respiro una nuvola bianca usciva fuori dalla mia bocca. Non riuscivo a vedere niente, solo neve, neve dappertutto.

“Guarda Elena!” esclamò Stefano indicando un punto indefinito all'orizzonte. Alzai il capo e vidi una piccola costruzione in legno.

“La baita!” esclamai con voce piena di gioia. Un sorriso nacque sui nostri volti. Cominciò a correre e finalmente la raggiungemmo.

Mi mise giù e, ancora barcollante, mi diressi verso la porta.

“Stefano non si apre” dissi mentre  la spintonavo  cercando di entrare. Venne verso di me e si mise a pensare.

“Allontanati” disse facendo un paio di passi indietro. Obbedii e rimasi a guardare.

Fece un respiro profondo, poi diede un bel calcio alla maniglia, che si ruppe, permettendoci così di entrare. Lo abbracciai d’istinto, ma dopo essermi accorta di quell'improvvisa manifestazione d’affetto mi allontanai.

“Su entriamo” disse tra l’imbarazzo anche lui.

“S-si” dissi toccandomi una ciocca di capelli che mi cadeva sulla spalla destra.

Entrammo e ci richiudemmo la porta alle spalle bloccandola con una sedia accanto all'ingresso.

Tremavo ancora, la neve che si era infiltrata sotto i miei vestiti si era sciolta, lasciandomeli umidi.

“Dobbiamo accendere il camino” disse dirigendosi verso di esso. Prese della legna, che era messa dentro un piccolo cesto, e la posizionò dentro di esso. Poi mise una mano dentro la tasca, dalla quale tirò fuori un accendino. Capii cosa stava per fare e decisi di dargli una mano cercando un pezzo di carta per poter accendere il camino.

Presi un foglio di un giornale poggiato sul tavolo e glielo porsi.

“Vieni qui” mi disse scrollando le mani per togliersi la cenere. Mi avvicinai e osservai la legna che cominciava a divampare all'interno del camino.

Il calore iniziava ad invadermi, non avevo mai desiderato il caldo così tanto.

“Spogliati” disse interrompendo i miei pensieri.

“Eh?!” esclamai sorpresa.

“I tuoi vestiti  sono bagnati. Dovresti toglierli” spiegò.

“Ah” dissi imbarazzata.

“Io non guarderò, quindi puoi spogliarti qui” disse voltandosi.

“Ok.”

Tolsi il giubbotto, ero in imbarazzo, ma cercai di non darlo a vedere.

“Ho fatto” risposi rimanendo solo in reggiseno e mutandine.

“Lì c’è una coperta. Copriti con quella” spiegò.

Mi voltai e vidi una coperta di lana appoggiata su una sedia. La presi e mi coprii dalle spalle fino a metà polpaccio. Mi avvicinai a lui e gli toccai una spalla. “Grazie.” Notai che anche il suo giubbotto era bagnato.

“Ma, anche tu…”

“Non fa niente” mi interruppe.

“Vuoi forse prenderti un raffreddore? Vuoi morire?” ribattei irritata.

“Non esagerare” sbuffò.

“Dai” insistei.

“D’accordo, ma voltati.”

“Oh, non ci tengo mica a vederti nudo” sbuffai divertita voltandomi.

Sentivo il rumore dei suoi jeans che scivolavano lungo le sue gambe. Il cuore cominciò a battermi all'impazzata. Solo in quel momento mi resi conto della situazione in cui mi trovavo. Una ragazza e un ragazzo, entrambi mezzi  nudi, da soli in una baita. Oh mio Dio! Che imbarazzo! Pensai portandomi entrambe le mani sulle mie guance rosse.

“Puoi girarti” disse.

Mi voltai, ma tenni ugualmente gli occhi chiusi.

“Cosa c’è che non va?”

“N-niente, s-sto bene.”

Non vedevo niente, ma sentivo i suoi passi farsi sempre più vicini a me. Trattenni il fiato, era ormai a pochi centimetri da me. Di colpo sentii sulla mia fronte una leggera pressione. Aprii gli occhi e vidi il suo mento davanti il mio sguardo. Le sue labbra…..le sue labbra sono sulla mia fronte! Pensai sconvolta.

“C-cosa fai?” dissi allontanandomi.

“Hai il viso rosso, pensavo avessi la febbre. Stavo semplicemente controllando la temperatura” disse con un sorrisetto.

Stupido è per l’imbarazzo! In quel momento ringraziai Madre Natura per aver reso i ragazzi così stupidi.

Fissavo il suolo, l’aria si faceva sempre più soffocante, il mio respiro sempre più affannato.

“Non dovresti coprirti?” chiesi notando il fatto che era solo con i boxer addosso.

“Con cosa? Non ci sono altre coperte. Metterò i miei vestiti vicino il fuoco, così si asciugheranno in fretta” disse mentre metteva la sua roba su una sedia vicino il camino.

Annuii e mi sedetti sul divanetto mentre lui rimase in piedi al centro della stanza. Mi accorsi che tremava e dissi:

“Su, vieni. Una volta mi hai aiutato tu e non sono il tipo che non salda i propri debiti” mugugnai.

“Cosa?”

“Oh, devo proprio spiegarti tutto!” Dissi aprendo la coperta e facendogli gesto di avvicinarsi.

Un’espressione di sorpresa mista ad imbarazzo spuntò sul suo volto. Ero imbarazzata anch'io. Era la prima volta che un ragazzo mi vedeva in quel modo.

Era ancora un po’ titubante.

“Cosa c’è? Non hai mai visto una ragazza mezza nuda? Non ti credevo così sfigato” dissi scherzando.

“Oh chiudi il becco!” sbuffò avvicinandosi.

Ci sdraiammo, ma nessuna posizione sembrava comoda per entrambi. Dopo vari tentativi trovammo quella ideale.

 

Stefano era appoggiato al bracciolo del divano con le gambe aperte. Io vi ero seduta in mezzo con le mie gambe al petto. Le sue braccia tenevano i lembi della coperta, che passava da dietro la sua schiena, fermi in una maniera tale da coprire la maggior parte dei nostri corpi. Man mano che il mio corpo si riscaldava mi accorgevo che esso bramava il tocco di Stefano. Desideravo che mi sfiorasse le guance, i fianchi, che mi toccasse come solo le sue mani sapevano fare. Volevo sentire i suoi occhi su di me, il suo respiro sul mio collo. Io desideravo Stefano. 

***

“H-hai freddo?” balbettò.

“N-no.” Eravamo entrambi nervosi, dovevamo rimanere in quella posizione almeno fino a quando i vestiti non si fossero asciugati.

Sentivo una leggera pressione al livello del bacino. Muovevo i miei fianchi, forse era solo la mia immaginazione, ma quella sensazione si intensificava sempre di più.

“L-la legna” farfugliai. “La legna si è consumata, è meglio metterne dell’altra” dissi alzandomi.

Presi dei piccoli legni, ma una scheggia mi entrò nell'indice.

“Ahi!” urlai lasciando la presa sul pezzo di legno, che cadde sul pavimento.

“Cosa è successo?” disse mentre saltava giù dal divano.

“Niente” dissi cacciando indietro la mano. Non credette alle mie parole, infatti si avvicinò a me, mi prese il polso e osservò la mia piccola ferita.

I suoi occhi cercavano i miei. “Sei la solita imbranata” mi prese in giro.

“Smettila” dissi irritata colpendolo al ginocchio con un calcio.

“Scherzavo” si giustificò.

“Siamo stati insieme per un po’, non avevi capito che con me non si scherza?!” ribattei con un sorrisetto beffardo.

“Molto divertente” disse saltellando su un solo piede.

“Posso farti una domanda?” chiesi interrompendo la mia risata e tornando seria.

“Vediamo che domanda illuminante ha da pormi la signorina Elena” disse con tono canzonatore.

“Perché là sotto è così gonfio” dissi guardando la protuberanza che si intravedeva dai suoi boxer.

Si bloccò di colpo, riappoggiò il piede a terra. Si guardò e arrossì. Tutto questo in meno di cinque secondi.

“Da quando guardi là sotto ai ragazzi?” cercò di cambiare discorso.

Era così indifeso e nervoso in quel momento. Volevo divertirmi, così mi presi un po’ gioco di Stefano.

Mi diressi verso di lui, camminai agitando i fianchi  in modo sensuale.

Le sue gote erano diventate di un rosso acceso.

“Guarda cosa abbiamo qui: un bambino eccitato” gli sussurrai all'orecchio. Mi strattonò, allontanandomi da lui.

“Oh, un gioco da tavolo. Ti va di fare una partita?” disse ridendo. In quella risata si poteva notare una nota di nervosismo e agitazione. Comprensibile, chiunque avrebbe reagito in quella maniera.

“Ok” mi limitai a rispondere. Per oggi sono stata fin troppo cattiva pensai tornando seduta, questa volta su una sedia di fronte al tavolino. Lui si sedette sul divano e, insieme, scostammo i centrini che erano poggiati su di esso ed aprimmo il tabellone per cominciare a giocare.

“Wow il Monopoli! Adoro questo gioco!” esclamai non appena mi resi conto di quale gioco si trattasse.

“Anche a me piace molto” disse accennando un leggero sorriso.

“Cominciamo!” dissi lanciando i dati.

“E che vinca il più furbo” continuò Stefano.

Ci scambiammo sguardi di sfida e la partita cominciò.

Per la prima mezz'ora tutto sembrava andare bene, ma Stefano doveva per forza rovinare tutto.

“Devi darmi i soldi!” urlò sbattendomi in faccia una carta degli imprevisti.

“Cosa dici? Quella carta l’hai tirata fuori dal nulla. Io non devo darti un bel niente!” ribattei incrociando le braccia.

“Mi devi dare quei soldi” sbraitò alzandosi e afferrando il mio gruzzolo di banconote.

“Ehi! Che fai?”

“Mi prendo i soldi che mi spettano” rispose semplicemente.

Mi alzai, feci il giro del tavolino e mi gettai su di lui.

“Ridammi i mie soldi.”

“No.”

Mi allungavo sempre di più per raggiungere il suo braccio, che teneva costantemente sollevato, in modo tale da non farmici arrivare. “Dammi quei maledet-” persi l’equilibrio e caddi di peso su di lui. Nella caduta mi ero aggrappata ai suoi bicipiti, scolpiti perfettamente.

I suoi occhi, la sua bocca, tutto sembrava pregarmi di baciare quelle sue morbide labbra.

Il suo sguardo era così intenso e travolgente. Le forze mi stavano abbandonando, non riuscivo a muovermi.

“Scusa” sussurrai. Mi guardò serio per un momento, poi si avvicinò a me. Pochi centimetri separavano le nostre bocche. Un bacio, un bacio sbagliato, non giusto, colmò quel vuoto.

“Noi non dovremmo…” cercai di dire, ma subito lui mi interruppe baciandomi per la seconda volta.

“Ti amo Elena” mi sussurrò tra un bacio e l’altro.

“Stefano io…sto con Mattia.”

“Lascialo allora” disse staccandosi e fissandomi negli occhi.

“E' sbagliato! Stefano non posso farlo e tu lo sai bene” dissi dispiaciuta.

“Ma il bacio ti è piaciuto” insistette.

“Si, mi  è piaciuto e ne sono consapevole, ma questa relazione segreta non va bene” cercai di convincerlo. Il bello era che dovevo convincere anche me stessa.

“Tu ami me!” alzò la voce.

Rimasi in silenzio. Osservavo la sua schiena allontanarsi verso la parte opposta della stanza.

“Dormirò qui. Non ti darò più fastidio da oggi in poi” disse sedendosi su una sedia e poggiando i piedi su di un’altra.

 

Una lacrima rigò il mio viso. Cosa stavo facendo? Io lo amo, perché non gliel'ho detto? Cosa mi tiene ancora legata a lui da non farmelo dimenticare?

   
 
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