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Autore: Figlia di un pirata    17/01/2015    1 recensioni
- Perché le hai cancellato la memoria, eh? Perché? Su, muoviti, spiega.
- Sta’ calmo, Har. Era solo per proteggerla.
- Proteggerla? Proteggerla? Zayn, ti rendi conto di cosa hai fatto?
- Starà molto meglio così.
- Non sa neanche che esistiamo, adesso.

Siamo sempre stati abituati a pensare che il sovrannaturale sia tutto un frutto della nostra immaginazione. Ci divertono libri e film su licantropi, vampiri, demoni e quant'altro, a noi sempre presentati come dei bellocci sensuali e affamati di verginelle pudiche. Ma vi siete mai chiesti da cosa sia nata l'ispirazione per scrivere queste storie? Alcuni mi hanno risposto, con ovvietà "Dalle leggende". E, non so a voi, ma a me hanno insegnato che le leggende hanno sempre un fondo di verità.
Avevo sempre sostenuto di non essere impaurita dalle storie di fantasmi, ma non mi ero resa conto che, a volte, la verità può essere ben più spaventosa delle storie che leggiamo.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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L'oscuro tentatore - Capitolo (troppo lungo e condensato) 10: Bianco

 
Rinunciai a chiedere spiegazioni alla mia migliore amica nel momento esatto in cui, con un silenzio decisamente non da lei, mi prese per mano lasciandomi a malapena il tempo di infilare un giubbotto e iniziando a correre per le strade di Leicester, lo sguardo stanco ma determinato. La osservai con più attenzione, osservando che non erano ancora sparite le occhiaie che avevano dominato il suo viso negli ultimi tempi e notando, oltretutto, un paio di graffi sulla guancia destra. Sapevo che non era il tempo di fare domande a cui, comunque, avrei ottenuto risposte di lì a poco, quindi cercavo di memorizzare il tragitto che stavamo seguendo, rinunciando dopo poco persino a quello. Maledetto il mio inesistente senso dell’orientamento.
Dopo una lunga serie di svolte a destra e una più breve di svolte a sinistra, arrivammo davanti a un edificio assolutamente normale, una casa simile a tutte quelle da cui era circondata. Non sapevo che all'interno ci avrei trovato sistemi tecnologici all'avanguardia di cui non sapevo assolutamente nulla se non che si ostinavano a fare bip ogni due secondi e alcuni ragazzi terribilmente familiari.
- Zayn, Liam, che cosa ci fate voi qui? - domandai, riuscendo finalmente a trovare la voce dopo essermi guardata per un attimo in giro con aria spaesata. E anche un po' impaurita, è doveroso ammetterlo.
Attorno a me, una stanza asettica, come la sala d'aspetto d'un dentista, bianca, col solo tocco di colore di miriadi di testoline sconosciute chinate su computer e quelli che parevano sistemi d'allarme e telecamere.
Fu proprio Liam a rispondermi, dopo essersi guardato attorno con circospezione e essersi poggiato un dito sulle labbra. - Ci sarà tempo più tardi, El. Sei in pericolo. - disse secco.
Zayn gli diede una gomitata, stropicciandogli la camicia abbottonata fino al collo, in pieno stile Payne. - Liam, che diamine, un minimo di delicatezza. - poi si rivolse a me. - El, segui Charlie, noi arriveremo appena questi dannatissimi cosi - e così dicendo indicò una pila di quelli che sembravano quadrati di latta. - si decideranno a funzionare. Non fare domande, ti spiegheremo tutto tra poco.
Liam mi si avvicinò, poggiandomi le mani sulle spalle e scuotendomi in un modo che mi fece avvertire una certa nausea. - Non devi preoccuparti, Fox, andrà tutto bene, lo giuro sul mio onore di eroe, di licantropo e di uomo. Andrà tutto bene, devi solo stare calma.
Fu con la delicatezza di un elefante che mi staccai dalla sua presa. - Liam, mi calmerei se solo stessi capendo qualcosa di tutto quello che sta succedendo. - obiettai, prima che qualcos'altro, più precisamente la mano della mia migliore amica, si poggiasse sulla mia spalla. - Charlie, cosa...?
Lei m'interruppe. - Non c'è tempo, El. Ti spiegherà tutto Louis, vieni con me, e mi raccomando, togliti qualsiasi oggetto elettronico tu abbia addosso. - il suo tono, così grave e serio, mi fece pensare che non fosse la vera Charlotte Hastings quella con cui stavo parlando, ma solo un clone mal riuscito.
Annuii semplicemente poggiando il mio cellulare e il lettore mp3 che tenevo nella tasca posteriore dei miei jeans leggeri su uno dei tavolini bianchi della sala, mentre la sua presa si faceva più salda.
- Ti voglio bene.
Quelle tre parole, quella voce così fioca, mi fecero venire voglia di saltarle addosso e abbracciarla anche per tutte le volte in cui non l'avevo fatto, perché non lo facevamo poi molto spesso, ma avvertii l'urgenza che c'era nell'aria. Mi ritrovai a chiedermi se quello che stava accadendo così in fretta avesse a che fare con la strana telefonata di poco prima, ma non mi diedi la pena di elucubrare ed elucubrare, me ne sarei accorta da sola.
Mi scortò fin dentro una piccola saletta, bianca come il posto in cui ci trovavamo, al cui centro era seduto Louis. Aveva le ginocchia raccolte al petto in un gesto che avrebbe trasmesso paura, se non fosse stato per lo sguardo che i suoi occhi verdi-azzurri avevano. Era così determinato, così sicuro di sé, che mi ritrovai per la seconda volta a pensare di trovarmi faccia a faccia con un clone. Forse lo era.
- Louis, sei tu? - domandai, con un pizzico d'incertezza.
Un sorriso fece increspare le sue labbra, mentre la porta si chiudeva alle mie spalle, facendomi sentire in gabbia. - A quanto pare. Siediti, ho molto da raccontarti.
Ellen, in gabbia. Quello era il mio unico pensiero.
- E io ho tante domande da porti. - dissi semplicemente, avvicinandomi a lui e accorgendomi che quello che avevo davanti non poteva essere un clone.
Era proprio Louis, seduto lì, un angelo in tutte le sue paure e le insicurezze che spesso gli attanagliavano lo stomaco. Il ragazzo petulante e ansioso che mai come in quel momento mi era apparso tanto maturo, cresciuto, si passò una mano tra i capelli, col solito taglio a scodella, e stavolta sorrise apertamente. - Chi inizia? - domandò, con semplicità spiazzante.
- Tu. - mi ritrovai a rispondere, cullandomi in quel vago senso di familiarità che mi aveva sempre comunicato quell'odioso di un Tomlinson e scacciando il senso di emicrania che iniziava a farsi largo dentro di me perché non stavo capendo nulla di quello che stava succedendo, e detestavo non avere nulla sotto controllo.
- D'accordo, senti, non sono mai stato bravo con queste cose. - sospirò. - Tra noi Niall è quello fascinoso e rassicurante, Harry quello che s'impegna, Charlie quella ansiosa, Liam quello che è ancora più ansioso di Charlie e Zayn quello che fa finta di essere subdolo. Poi ci sono io che non ho nessun ruolo distinto, avrebbe dovuto essere Niall a raccontarti quello che succede, tanto più che a te lui piace, non come me e Charlie che io ho sempre paura che possa succederle qualcosa e poi è lei a fare tutto il lavoro e io poi dovrei essere l'uomo che...
Lo interruppi prima che tutto il lavoro che pareva esserci dietro quella strana abitazione andasse in fumo. - Louis, calmati. - lo redarguii, appoggiandogli una mano sul braccio e trovandolo incredibilmente freddo. - Cosa succede? Dove siamo? E soprattutto, perché Charlie è piombata a casa mia alle cinque del pomeriggio trascinandomi via mentre mia madre l'ha lasciata fare con tutta calma senza insospettirsi?
Il suo dito indice grattò la rada barba che, me ne accorsi solo in quel momento, aveva iniziato a coprirgli le guance e il mento. - Una cosa alla volta. Innanzitutto, sei qui perché le cose hanno preso una piega inaspettata. Come Harry ti ha detto, sei davvero tu quella che la P.A.U.R.A., se non te l'avevano spiegato è questo il nome della banda di idioti, sta cercando. Il punto è che pare che oggi ti abbiano quasi raggiunta. Hai ricevuto una telefonata strana, vero?
Annuii in risposta, mentre il nome della P.A.U.R.A. evocava in me ricordi sconnessi, come se ne avessi sempre saputo qualcosa, anche se non riuscivo a identificarlo. E inevitabilmente, quello non faceva che accrescere la mia paura, per non parlare della confusione che ormai dominava ogni singola parte di me.
- Erano loro. Penso stessero cercando di identificarti col segnale del tuo cellulare per venirti a prendere. Ormai sanno che si tratta di te, e ti convinceranno a collaborare, volente o nolente. E qui entriamo in gioco noi, perché stiamo pedinando ogni tua mossa per arrivare a loro. Nessuno sa chi fa parte della P.A.U.R.A., potrei partecipare io stesso al loro progetto.
Lo interruppi subito. - Ma non è così, giusto?
La sua bocca si curvò in un sorrisetto, prima di ritornare alla forma precedente. - Giusto. In ogni caso, stiamo cercando di carpire quante più informazioni possibili su di loro, e ne abbiamo già un numero ragionevole, ma non sono qui per spiegarti cosa facciamo noi. Semplicemente, devi capire che oggi sono quasi arrivati a te, e sicuramente sono giunti a casa tua, immagina cosa non hanno fatto quando non ti hanno trovato.
Mi portai le mani alla bocca, interrompendolo nuovamente. - Mamma... - mormorai.
- Tua madre sa della situazione. - mi liquidò ricominciando a parlare, senza darmi modo di chiedere come diavolo facesse la mia ingenua madre a sapere. - E aveva un piano d’emergenza, ora è al sicuro. La rincontrerai alla fine di tutto questo, non possiamo correre rischi inutili. In ogni caso, da oggi in poi faranno di tutto per prenderti, ed è giusto che tu lo sappia. - spiegò, e apprezzai che non cercasse di sminuire la situazione. Era giunto il momento di sapere, una volta per tutte. - Se prima si muovevano con cautela, la telefonata che ti hanno fatto può significare solo che non si faranno scrupoli a prenderti in qualunque luogo, ormai, che sia la scuola, casa tua o il parco, è per questo che ti abbiamo portato qui. Si tratta del posto dove svolgiamo le nostre ricerche sulla P.A.U.R.A., qui non potranno mai raggiungerti a meno che un membro non ci tradisca, e ti assicuro che dubito fortemente che questo possa succedere.
Mi portai una mano alla fronte e strinsi forte. - Louis, tutto questo, tutto insieme. Cosa sono io?
Un altro sospiro, uno sguardo grave. Non fece in tempo a rispondermi, non ci riuscì, perché la porta della stanza dove ci trovavamo si aprì di scatto.
- Louis, - una voce femminile, la figura di Charlie. - abbiamo scoperto per cosa sta "P.A.U.R.A.".
- Cioè? - domandammo in coro.
- Perduti Associati per l'Usurpazione della Razza Anomala. El, - sembrò accorgersi in quel momento della mia presenza. - i Perduti sono quelli che non ritornano Umani dopo la trasformazione, quelli di cui ti avevamo parlato. Noi li chiamiamo così.
Un brivido mi gelò il sangue, prima che tre faccette sbucassero dietro le spalle della mia migliore amica. Una di queste tre faccette la superò agilmente, precipitandosi verso il centro della sala da cui ancora non mi ero mossa, e si sedette per terra, accanto a me, abbracciandomi di slancio e facendomi sentire un certo calore espandersi su tutto il viso. Non potevo di certo arrossire.
- Dimmi che stai bene, dimmelo. - furono quelle le parole pronunciate sui miei capelli da un certo ragazzo irlandese mentre, in ginocchio, mi stringeva forte, e io non riuscivo a non ricambiare l'abbraccio.
- Sto bene. - mormorai, beandomi di quel contatto e dell'odore unico che la sua pelle emanava. Un odore che non era niente di speciale, in fondo, ma che solleticava le mie narici come avevo sempre sognato, un odore che lo rappresentava a pieno e che mi fece venire voglia di tenerlo ancorato a me per tutta la mia vita.
Si staccò, guardando ovunque meno che sul mio viso. - Scusami ma sai, prima o poi mi farai morire di preoccupazione.
Non riuscii a non sorridere, come nella più demenziale commedia romantica, e mi guardai attorno, notando gli sguardi maliziosi degli altri.
- Se volete vi lasciamo soli. - mormorò Zayn, un'altra delle faccette affacciate dietro Charlie, con aria maliziosa.
- Credo che Niall possegga una scorta di preservativi. Vergini fino al matrimonio. - pronunciò Liam simulando (almeno spero) orgoglio, prima di scoppiare in una grossa risata e di chiamare Louis, che mimò un "avremo tempo dopo, in fondo" e uscì, richiudendosi la porta alle sue spalle.
- Niall. - dissi semplicemente, non riuscendo ad aggiungere nient'altro, semplicemente guardandolo e sperando che anche lui si decidesse a fare lo stesso.
E lo fece. E il momento in cui i suoi occhi si riversarono nei miei, mi sentii di nuovo sotto incantesimo, sensazione che a dirla tutta non mi dispiaceva affatto.
- Ellen. - pronunciò a sua volta, sorridendo. - Credo che la nostra uscita di sabato sia rimandata a data da destinarsi.
- Già, lo credo anch'io.
C'era qualcosa che non andava in quella conversazione, come un velo di imbarazzo. Un velo di imbarazzo che si dissolse l'attimo successivo, in cui posizionò nuovamente le sue braccia attorno al mio corpo, coinvolgendomi in un abbraccio che aveva il sapore di un'amicizia ritrovata dopo molto tempo passato lontani l'uno dall'altra.
- Ti giuro, quando sono arrivato e mi hanno detto cos'era successo mi è preso un colpo. - raccontò, sui miei capelli, e quando si staccò mi stava, finalmente, guardando di nuovo negli occhi. - Ma finché stai qui non c'è pericolo, davvero. Nessuno di noi parlerà, puoi starne certa. Anche perché, se lo facesse, penso che potrei uccidere. - la sua risatina mi scaldò il cuore, e fu solo in quel modo che mi resi conto di quanto mi fossi sentita fredda fino a pochi minuti prima, nonostante il caldo che aveva caratterizzato quei giorni. Come se non avessi avuto più niente, come se mi avessero prosciugato per qualche secondo fine che non riuscivo a comprendere. Ma in quel momento, in quel momento sì che stavo bene, e lui mi era dannatamente mancato.
- Non credo che gli farebbe piacere. - commentai, sorridendogli. - Però ehi, mi stai dicendo che il nostro appuntamento romantico di sabato è saltato, questo mi addolora.
- Non sottovalutarmi, sono un uomo dalle mille risorse. - mi rivolse un occhiolino. - Ho già programmato una seratina solo io e te a visitare sale bianche su sale bianche, ti farò provare i sistemi che abbiamo per controllare i tuoi passi, le telecamere di sicurezza e il sistema d'allarme. Non è eclatante?
Quella volta risi apertamente, rendendomi a malapena conto di come bastasse la sua presenza a tranquillizzarmi. - Non vedo l'ora, sarà la serata migliore della mia vita.
- Lo sarebbe soltanto se ti baciassi. - lo affermò con tanta sicurezza che quasi mi convinsi che sarebbe potuto succedere davvero. - Ammettilo.
- Lo ammetto. - ma a quelle parole non potei evitare che le mie guance si tingessero di un rosso fin troppo evidente.
- Ehi, io ero serio! - esclamò con tono indignato, prima di alzarsi e di tendermi una mano, invitandomi a fare lo stesso.
Fu quando entrambi ci trovammo in piedi, a una distanza decisamente più breve rispetto a quelle che avevamo affrontato fino a quel momento, che mi decisi a ribattere. - Anch'io ero seria, Irlanda, è così difficile crederci?
- Forse, quand'ero piccolo mi dicevano che i bambini raccontano solo bugie. - incrociò le braccia, ma questo non gli impedì di fare un altro passo verso di me.
- Ancora con questa storia della bambina? - domandai, mentre un ciuffo di capelli fin troppo ricci mi si poggiava sugli occhi e dovevo soffiarmelo via dalla faccia, proprio come una bambina.
- Proprio come una bambina. - commentò infatti lui, mentre un sorriso ornava il suo volto. - Non vorrai farmi credere di essere una ragazza matura, vero?
- Invece è proprio quello che sono. - replicai, indispettita. - Me lo ripetono sempre quasi tutti i professori, e io ci credo.
- I bambini credono a tutto quello che si dice loro.
Ci pensai un attimo prima di sorridere, certa della mia vittoria. - Infatti non sono una bambina, non credo che renderai la nostra seratina romantica a lume di parete bianca perfetta grazie a un tuo bacio perché tu in realtà non vuoi baciarmi. - così dicendo, sporsi il labbro inferiore in fuori, in modo da sembrare teneramente affranta. Cosa che, intendiamoci, non ero. Non così tanto.
Un altro passo verso di me, dovetti alzare di molto lo sguardo per tenerlo incatenato al suo. - Così però non è giusto! - protestò, mentre una delle sue mani si poggiava sulla mia schiena, invitandomi ad avvicinarmi a lui, sempre di più.
Lo sentivo, stava per succedere. - La verità fa male, eh? - ridacchiai, cercando di nascondere l'effetto che mi faceva, ossia un certo calore che, dal mio ventre, aveva cominciato a espandersi per tutto il corpo, e intendo proprio tutto il corpo.
- Vedi che i bambini dicono solo le bugie? - quelle le sue parole, dettate dal volto che si avvicinava al mio, lo sguardo brillante di malizia, un sopracciglio inarcato, l'espressione decisamente divertita.
- Non darmi della bugiarda solo perché sai che la verità non è lusinghiera. - lo provocai ancora, schiudendo la bocca e respirando a fondo, avvertendo di nuovo quell'odore familiare che lo caratterizzava. Se quello era un sogno, pregai che nessuno arrivasse a svegliarmi proprio sul più bello.
- Fidati. - sussurrò, un sussurro destinato solo a noi due. - La verità è quella che continuo a sostenere io.
E fu dopo aver pronunciato queste parole che, prevedendo che gli avrei risposto per le rime, si gettò sulle mie labbra probabilmente anche per zittirmi, e io potei finalmente testare quella morbidezza che tanto avevo sognato. Mi sembrava un sogno, una sensazione che aveva del surreale per quanto sembrasse assurda. Le sue labbra che si muovevano sulle mie, carezzandole, e io avvertii quel tocco sul mio cuore, immediatamente più pieno, così tanto che pareva voler scoppiare. Sì, era proprio come se il mio cuore avesse avuto vita propria, e in quel momento stava gridando mentre ballava qualche danza di felicità. La mano che non era poggiata sulla mia schiena si avvicinò alla mia, facendo intrecciare le nostre dita, e sentire il suo tocco, sapere che era lui che stavo baciando, e nessun altro, mi fece sentire come se fossi la ragazza più felice del pianeta. E probabilmente lo ero davvero.
Quel contatto non terminò quando ci separammo e ci trovammo a fissarci per un attimo per poi metterci a ridere imbarazzati, perché il suo pollice continuava a carezzare il dorso della mia mano, causandomi dei brividi che speravo non avrebbe sentito.
- Questo comunque può restare qui, se vuoi. - mormorò, guardando prima le nostre mani, poi i miei occhi, infine le mie labbra. Sciolse le nostre dita e, se prima ne rimasi un po' delusa, pensai tutt'altro quando non fece altro che aprire le sue braccia, incoraggiandomi a rifugiarmici. E, come da copione, fu proprio ciò che feci, e la cosa migliore in tutto quello fu poggiare il mio orecchio sul suo petto, sentendo il suo cuore battere a un ritmo accelerato almeno quanto il mio.
Sorrisi, consapevole che lui non era il personaggio di qualche stupida Fanfiction, il protagonista di un romanzetto rosa da quattro soldi. Lui era Niall Horan ed era lì. Con me, col cuore che batteva allo stesso ritmo del mio.
E ancora, sempre come dettato da copione, la porta si aprì proprio in quel momento, rivelando un Liam che, con aria preoccupata, si precipitava dentro la stanza costringendoci a separarci. E facendomi avvertire freddo, molto freddo.
- Scusate la brusca interruzione ma abbiamo un problema, anzi due. Il primo è che non vi concedo di procreare senza un adeguato consulto riguardo al nome del pargolo, il secondo è che... Ellen, se vuoi seguirmi.
Mi ripresi immediatamente dallo shock del bacio che avevo appena dato al ragazzo per cui avevo un'irrimediabile cotta. - Cos'è successo? E farò finta di non aver sentito la prima parte. - aggiunsi, non riuscendo a trattenere un sorrisino.
- Non c'è tempo, devi muoverti. - detto questo, uscì dalla stanza, lasciandomi sola con Niall e tutte le mie paure.
- Forse faresti meglio ad andare. - mi suggerì proprio il biondo. - Anch'io devo andare. Vogliamo capirne di più su questo gruppo di pazzi.
Annuii, facendo per seguire Liam prima di sentirmi tirare per il polso sinistro.
- Ci vediamo più tardi. Sarai ancora qui. - m'informò Niall prima di lasciarmi andare, e tutto ciò di cui ero consapevole era la confusione per essere andata oltre a ciò che mi ero prestabilita con Niall e la paura che qualcosa di nuovo accadesse, qualcosa di gran lunga peggiore a ciò che era successo prima. Insieme a tutto questo, l'ingenua inconsapevolezza nel sapere tutti gli avvenimenti recenti soltanto a pezzi, e non riuscendo quindi a rendermi veramente conto della grandezza di ciò in cui mi ero cacciata.
Maledetta la mia discendenza.
Quando riuscii a raggiungere Liam, dopo aver attraversato quello che pareva un sogno a causa dell'unicità del colore bianco che ricopriva tutta la casa come se nevicasse, stava entrando in una saletta molto simile a quella che avevo visto al mio ingresso. L'unica differenza era che gli schermi di quattro computer estremamente all'avanguardia ricoprivano una parete, e ad essi stavano lavorando quattro ragazzi di mia conoscenza. Zayn, Louis, Charlie ed Harry si  trovavano lì.
Non appena mi sentirono arrivare, però, premettero velocemente qualche tasto impedendomi di capire cosa stesse accadendo sugli schermi e accolsero con tono grave la mia espressione allarmata.
- El, c'è bisogno che tu dorma qua stanotte. - mi comunicò Charlie, troppo in fretta perché potessi realizzare ciò che mi stava in realtà dicendo. - E non solo. Casa tua non è più sicura.
- Cosa vuoi dire?
- Vuole dire - intervenne Harry, alzandosi dalla sedia e strofinandosi un occhio con aria esausta. - che tua madre è scappata per miracolo e che dovrai dormire qua senza interferire con noi perché se una cosa è chiara è che l'unica cosa che riusciresti a fare è interferire...
- Perché il mio animo è essenzialmente malvagio, lo so. - completai la frase per lui, sentendomi completamente idiota. Forse vivere una storia come quella delle eroine dei miei libri non era poi così avvincente come avevo sempre sognato. Non mi restava che sperare nell'happy ending. - Cos'hai detto di mia madre?
- Che è scappata per miracolo. - rispose freddamente lui, mentre osservava con aria scocciata la mia migliore amica che approfittava della pausa per rifugiarsi tra le braccia di Louis. Doveva aver passato un periodo non proprio dei migliori. - Sono piombati in casa, per fortuna lei sapeva tutto. La buona notizia è che è riuscita a scappare, abbiamo sue notizie e la potrai rivedere a battaglia conclusa. Certo, non sappiamo quanto ci vorrà, ma siamo a un passo dallo scoprire una parte dei membri del team della P.A.U.R.A.. Aspetta solo che ne troviamo uno e gli faremo pentire di essere nato. Tu però devi startene buona - mi indicò col dito indice. - e non cercare di aiutarci, o le cose potrebbero complicarsi. Non avanzare ipotesi, non toccare i nostri strumenti, non ispezionare questo luogo, niente di niente.
- Siete chiusi qui dentro da mesi. - osservai, rendendomene conto solo in quel momento. Allo stesso tempo, ero indignata dalla leggerezza con cui Harry aveva appena parlato di tutto quello che stava succedendo, come se non potessi provare sentimenti nel sentire cosa stava accadendo a causa mia. - State lavorando come dei matti da febbraio, quando avete intenzione di fare una pausa?
Zayn si fece avanti, con un sorriso mesto e  il solito tablet in mano. - Non possiamo, non finché non capiremo cosa diamine vogliono e come abbiano fatto ad accorgersi solo adesso che sei tu la discendente degli Shayton. E non vogliamo neppure, se ci tieni a saperlo. Ormai è una lotta aperta, se loro vogliono indursi del male soltanto per conquistare il dominio su tutta la terra, be', che si facciano avanti. Personalmente non me ne starò qui a guardarli portare via chi ha un minimo di sale in zucca. Nessuno di noi lo permetterà, né permetterà che ti sia fatto del male soltanto per arrivare a dominare il mondo.
- Io lo sapevo che eri diversa dalle altre, ma pensavo che questa diversità si riducesse alla tua incredibile secchionaggine e alla straordinaria capacità di rompere le palle. - scherzò Louis.
Io mi ero però fermata alla prima frase di Zayn e fu dopo qualche attimo di silenzio che posi questa domanda. - Io sono la discendente di chi?
- Degli Shayton. - rispose prontamente Liam, come se avesse ingoiato un libro di testo. Pensai che forse era di questo che parlavano tutti i volumi che aveva iniziato a portarsi dietro. - La tua è una famiglia di origini molto antiche, ma è stata da sempre perseguitata, perché voi avete un potere che altri non hanno. Non si sa di che si tratti, si presume che discenda da una collaborazione con potenti forze oscure, ma si cerca da secoli perché è noto che, dopo essere stato estratto da una persona, renda chiunque capace di dominare il mondo e di imporre il proprio volere su chiunque, Umani e non. Alcuni lo definiscono "Il patto con la morte", proprio per la presunta discendenza, e si ritiene il Santo Graal dei poteri sovrannaturali. La parola Shayton in usbeco significa proprio "demone".
Un applauso risuonò nella stanza. Styles, come al suo irritante solito, non poteva fare a meno di scherzare. - Bravo Payne, ottima memoria.
- Ma se questo potere non si manifesta, come possono aver capito che si trattava di me?
- Questa - Charlie annuì con forza. - è un'ottima domanda. Crediamo siano risaliti al registro degli arrivi del tuo orfanotrofio.
Quelle parole ebbero il potere di paralizzarmi.
- Cielo, forse avrebbe dovuto parlarne Niall. - la mia migliore amica si mangiucchiò nervosamente un'unghia già abbastanza rosicchiata. - Non è lui quello diplomatico?
- Mi stai dicendo che mia madre non è in realtà mia madre? - domandai alzando un pochino la voce. - E io lo scopro solo adesso?
Il loro annuire mi fece intendere che, purtroppo, ci avevo proprio azzeccato.
Scossi la testa, come se questo potesse annullare le loro affermazioni ma, purtroppo, non potevo cambiare il corso degli eventi. - E che fine hanno fatto i miei veri genitori? - chiesi, sperando di non sentire le parole che, invece, pronunciarono. Riponevo la mia fiducia nel potere, per lo meno, conoscerli e chiedere loro tutte le spiegazioni necessarie.
- Morti. - pronunciò in un sussurro Louis, prima di rigirarsi per tornare al suo computer, lasciando a malincuore Charlie. - E ora faresti meglio ad andartene. Arriveremo tra un po'.
Il tempo che passai su un materasso circondato da tanti altri materassi tutti uguali, mi parve interminabile, ma ne avevo bisogno per metabolizzare tutte le sconvolgenti informazioni di quella giornata. Peccato che non fossero ancora finite.
Non ho idea del tempo che passò prima che la porta, bianca anch'essa, della sala dei materassi – tale era il nome che avevo affibbiato a quella sala dotata di almeno una ventina di materassi dall’aria comoda sparsi sul pavimento – si aprisse di nuovo, ma quando lo fece la figura che camminò verso di me mi fece sentire decisamente meglio. E a dirla tutta, non credo che avrei mai potuto sentirmi peggio, visto quanto mi era stato detto. Per quanto non avessi un gran rapporto con mia madre, non potevo credere che in diciassette anni di vita mi avesse tenuto nascosto una verità così fondamentale per me. Forse credeva che non avrei capito, del resto ero per tutti una bambina.
- So tutto. - sibilò Niall, avvicinandosi a me, mentre la paura delle ore precedenti spariva con la visione del suo viso, teso forse perché anche lui aveva dovuto lavorare in quel lasso di tempo.
- Purtroppo anch'io. - mormorai in risposta, prima di scuotere la testa e di fargli un po' di spazio alla mia destra, sperando che si sedesse al mio fianco.
La sua risata mi sorprese parecchio.
- Che hai da ridere? - chiesi, forse sembrando troppo stizzita.
Lui accolse con piacere la mia silenziosa proposta e fu al mio fianco che rispose: - Non lo so, è che è tutto così surreale. Non ti senti un po' la Mary Sue della situazione?
Gli lanciai addosso il cuscino a mia disposizione, sentendomi nuovamente leggera. - Mi stai dicendo che sono un cliché vivente, Horan?
- Forse. - disse, in una sua personalissima imitazione di un tono misterioso e cercando di colpirmi col cuscino. - Non è con questo coso - lo indicò. - che riuscirai a flirtare con me, Fox.
Assunsi un'aria di sufficienza. - Come se io volessi flirtare con te, Horan.
- Non fingere, Fox, nessuna ragazza può resistermi, pensa a quell'altra ragazza che lavora al reparto due e che proprio pochi minuti fa mi ha chiesto di uscire... - s'interruppe, fingendosi addolorato. - Ops, perdonami, non dovevo dirlo, vero?
Sgranai gli occhi, facendogli credere di essere profondamente offesa. - Cosa? Mi stai dicendo che preferisci una ragazzetta qualunque alla meravigliosa me? Questa me la segno, Irlanda. - borbottai, guardandolo torva.
La sua risata aperta sembrò accendere una piccola lucina nel mio cuore, mentre in me si faceva strada una stupida consapevolezza: "non sono sola", continuavo a ripetermi. - Hai ragione, tu hai qualcosa che lei non avrà mai. - ammise, mordicchiandosi il labbro inferiore, mentre io pensavo che avrei potuto essere benissimo io quella che glielo mordicchiava, salvo poi darmi della stupida per quei pensieri decisamente poco etici.
- E cioè cosa?
Mi prese una guancia tra pollice e indice, stritolandola amabilmente come faceva sempre la mia nonna, anche se a quanto pareva non era mai stata mia nonna, quando l'andavo a trovare da piccola. - Lei non è un'adorabile bambina come lo sei tu.
- Almeno sono adorabile. - sospirai, prima di rigirarmi verso di lui. - Niall, quando finirà tutto questo? - domandai, seria per una volta.
Lui parve doverci pensare parecchio, ma un sorriso rassicurante albergava sul suo viso. - Presto El, ci manca solo un nome e siamo a tanto così dal trovarlo, non devi preoccuparti.
- Oh, io non sono preoccupata. - scherzai. - Temo soltanto che Charlie e Louis vadano in crisi d'astinenza. E che Harry mi uccida nel sonno.
Mi scompigliò i capelli, facendomi sbuffare sonoramente. - Non pensare alla vita di coppia altrui, la tua è già abbastanza complicata. E non preoccuparti, nessun uomo oltre al sottoscritto varcherà questa soglia. - e indicò la porta d'ingresso, ancora chiusa.
- E a quale vita di coppia dovrei pensare, scusa? - inarcai un sopracciglio. - La convivenza tra me e il cibo procede a gonfie vele.
Il suo sguardo si fece disgustato. - Me ne compiaccio, Fox. E io che volevo baciarti di nuovo. - stava per nascondere il viso tra le braccia, come per piangere, ma non fece in tempo perché lo fermai prima che potesse portare a termine il gesto, avvicinando il suo viso al mio.
- Se ti obbligassi a farlo?
- A fare cosa?
Stronzo. - Lo sai.
- Voglio che lo dica tu.
Roteai gli occhi. - Oh, baciami e basta.
E lo fece, in un bacio lento che alla mia testa bacata parve quasi il gesto di un gatto rissoso che si lecca le ferite dopo una lotta andata male, come se lui stesse leccando le mie ferite, la pelle che nelle ultime ore si era lacerata più che mai.
Quando, mio malgrado, ci separammo, poggiò la sua mano sulla mia, proprio come aveva fatto qualche tempo prima. - Che ci fai in questa stanza? - chiese, indicando i materassi coperti da involti di ogni colore. - Le altre ragazze, non che siano così tante, dormono qui da quando ci lavoriamo. Devo dedurre che ti trasferirai qui definitivamente anche tu?
Alzai le spalle. - Non ci ho capito molto, a dire la verità. Ma presumo di sì, anche se sono completamente inutile visto che non posso nemmeno dare una mano perché se lo facessi vi intralcerei. - sbuffai sonoramente, avvertendo quel senso d’impotenza farsi largo dentro di me. - Mi spieghi qualcosa su questo posto?
L’espressione che dominò il suo volto fece sembrare che anche lui fosse felice di rendersi utile, una volta tanto. - Sicuro. Questa era la casa che i miei nonni mi avevano lasciato in eredità, del resto ero il loro nipote preferito, - si concesse un attimo per ridacchiare. - per l’università, dicevano loro. Ma io non sono mai andato all’università, e l’ho sempre lasciata inutilizzata. Quando sono iniziati gli attacchi - mi guardò con la coda dell’occhio, forse cercando di intuire la reazione che avrei potuto avere. - Harry è stato il primo a capire di cosa si trattasse e ha iniziato a reclutare tutti coloro che si erano opposti per anni alla P.A.U.R.A.. Fin dalle origini, la tua casata è stata perseguitata dagli antenati di quelli che compongono l’attuale setta e ci sono famiglie che si sono opposte a loro per anni e anni. Allora ha iniziato proprio da queste famiglie, ovviamente non ha esitato a chiedere aiuto ai tuoi amici, dopo aver capito che si poteva fidare di loro, e loro hanno chiesto a me. Non ti nascondo che Harry mi odiava all’inizio, pensava che io facessi parte della banda di idioti.
- Styles ha sempre avuto qualche problema. - commentai.
- Alla fine però, anche se mi sembrava un po’ schifato per dirtela tutta, ha acconsentito. La maggior parte delle persone ha paura di ciò che la setta potrebbe fare se ci scoprisse, quindi non siamo in molti a lavorare, una cinquantina o poco più, tra ragazzi e adulti che hanno collaborato anche allo scontro contro quelli che hanno provato a uccidere i tuoi genitori. Ho proposto questa casa come quartier generale e ci siamo trasferiti qui.
- Da quanto? E cosa fate ogni giorno?
- Viviamo qui permanentemente dal giorno in cui siamo usciti insieme e quella cosa ti ha attaccato. Le famiglie degli altri conoscono tutti una versione diversa sul perché non stanno più a casa. Certo, per quelli che vanno al college non ci sono stati problemi, ma mi domando solo che balle si siano dovuti inventare Charlie o Liam per spiegare tutto ai propri genitori. Non viviamo tutti qui, ma la maggior parte, anche se gli adulti preferiscono tornare a casa propria. Abbiamo iniziato a monitorarti, e non pensare che sia violazione della privacy, - aggiunse, battendomi sul tempo perché era proprio quello che stavo per contestare. - e a studiare tutti gli attacchi che gli Shayton hanno subito fino a te per cercare di capire chi sia a capo di questa setta, o comunque i nomi di qualcuno che vi partecipa. È attestato che ne fanno parte i Perduti, quindi sono esclusi tutti i tipi di Umani, il che è già un passo avanti. La P.A.U.R.A. ha sempre lavorato alla luce del sole, con una massiccia propaganda qualche anno fa hanno svelato i propri obiettivi e anche chi ne faceva parte, i Perduti appunto. L’unica cosa non pubblica è sempre stato il significato del loro nome, che adesso noi conosciamo, e l’identità dei membri, che siamo a un passo dallo scovare.
- Sono come i Mangiamorte in Harry Potter?
- Circa. Esistono da tempi immemori, chiunque nel mondo non Umano sa con esattezza della loro esistenza, ma pensa che non sono mai riusciti a sfruttare uno Shayton, mai. Dovete essere una famiglia bella tosta, voi, mi sono innamorato di una ragazza che mi darà del filo da torcere. - commentò, rimarcando queste ultime parole scompigliandomi i capelli.
Quella frase, pronunciata mentre tentavo invano di assorbire tutte quelle troppe informazioni, ebbe il potere di farmi arrossire, il che con lui era diventata una brutta abitudine. - Cos’hai appena detto?
Roteò gli occhi prima di poggiare lo sguardo sui miei. - Ho detto una miriade di cose, non costringermi a ripeterle.
- Ma io intendo l’ultima frase. - insistetti, perché volevo sentire di nuovo le sue parole.
Lui si grattò la nuca con aria smarrita. - Penso di avere una memoria a breve termine.
Lo spinsi, facendolo cadere disteso sul materasso. - Sei inutile.

 

Aria.
   
 
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