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Autore: yllel    18/01/2015    1 recensioni
Considera la somma di tutte le cose e rifletti: se togli un elemento, quello che rimane e' ancora accettabile?
Questo e' il seguito di "Broken".
Post terza stagione e sherlolly. Di nuovo.
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hello!
Si, sono io. Con il nuovo capitolo.
È un periodo pessimo sotto alcuni punti di vista, quindi scusate l’attesa. Nel frattempo però ho visto la terza serie (ma come? Donovan non se ne è andata? Ho adorato la sua scena con Lestrade e va beh... lasciatemi il suo passaggio ai servizi segreti come una piccola licenza poetica. Sono invece fiera del fatto che c’è un dialogo tra Mary e Sherlock a proposito di Janine che è simile al mio del precedente capitolo, e che avevo scritto senza ovviamente aver visto la puntata...). Che dire? La serie è bellissima, un po’ meno lo è stato il trattamento che le ha riservato Italia 1.
Ho visto anche The Imitation Game, è davvero notevole (si, si... anche e soprattutto al di la dell’interpretazione di B C. che è fenomenale.
E, per la cronaca, ho plagiato una mia cara amica che ora lo adora e adora Sherlock)
Ho avuto un sacco di idee per delle one shot e spero che questo mi sproni a finire in fretta questa storia, ma la pazienza è una gran virtù per cui la eserciterò per evitare di fare le cose grossolanamente.
Grazie, grazie a chi ha commentato e si è aggiunto nel  seguire questa fanfic.
Basta.
(no, giusto... nulla nei personaggi o nelle cose descritte mi appartiene, li utilizzo solo a scopo di divertimento)
 
LA SOMMA DI TUTTE LE COSE

CAPITOLO 7
 
 
“Perchè non mi hai detto che sospettavi di lui?”
La domanda di John era stata posta con un misto di rassegnazione, rabbia e stupore.
Rassegnazione perchè, per l’ennesima volta, Sherlock dimostrava di non riuscere a smettere di  tenere sempre qualcosa per sè.
Rabbia perchè, per la miseria, era davvero ora di finirla anche se in verità il Dottor Watson sapeva che il consulente investigativo semplicemente funzionava cosi, e non si faceva davvero un problema ad ammetterlo.
Stupore perchè, per l’ennesima volta,  a tutti era sfuggito qualcosa di fondamentale... a tutti, tranne che a Sherlock.
Il quale continuò a tenere gli occhi fissi sull’entrata del palazzo che stavano sorvegliando, le mani nelle tasche del  cappotto.
“Volevo esserne sicuro, e non lo sono stato fino a che non abbiamo parlato con Jason e lui non ha riconosciuto l’uomo nella fotografia” disse infine.
John annuì piano.
“È pazzesco. E tutto ciò mi porta a farmi una domanda... che dietro a tutto questo non c’è Moriarty... di questo sei davvero sicuro?” gli chiese ancora, notando il leggero contrarsi della sua mascella.
“Si” rispose a voce bassa Sherlock, gli occhi sempre puntati avanti.
John tornò anche lui a guardare il portone del palazzo e si mosse sui piedi per riattivare la circolazione, visto che ormai era più di  un’ora che si trovavano in quel posto e in quella posizione.
“Ho davvero bisogno di crederci”
La frase che Sherlock aveva sussurrato lo distrasse di colpo dal pensiero di aver voglia di un caffè; il suo sguardo si volse deciso verso il suo compagno, che aveva ora un sorriso amaro sulle labbra.
“Non fare quella faccia stupita, John. So che tu sospettavi che io non fossi cosi sicuro”
Il Dottor Watson scosse piano la testa.
“Non esattamente. Non riuscivo a capire come tu potessi dichiararlo con tanta certezza, quali prove potessi avere in mano oltre al fatto di averlo visto spararsi in faccia e prima che tu possa dire qualcosa, no... questo per me non era abbastanza. In fondo io ti ho visto buttarti da un palazzo, mi sono inginocchiato vicino al tuo cadavere e ho sentito che il tuo polso non batteva più”
Lo sguardo di Sherlock sembrò andare oltre al portone che stavano sorvegliando, oltre quel momento che stavano condividendo, fino a quel giorno di più di tre anni prima.
“È vero... ma vedi, io ho avuto qualcosa che Moriarty non aveva. Avevo Mycroft, e Molly. E la mia rete di senza tetto. Più di tutto, avevo voglia di vivere e il pensiero che quello che mi aspettava era il prezzo da pagare perchè le persone a cui tengo, e di riflesso la società, fossero al sicuro... avevo una motivazione, avevo uno scopo. E non voglio pensare che i due anni che ho trascorso via, i due anni e tutte le cose che ho perso siano stati un sacrificio inutile”
Sherlock si voltò finalmente verso di lui, lo sguardo intenso e profondo.
“Voglio che ne sia valsa la pena” concluse “perchè significa che qualsiasi cosa che ora stiamo per fronteggiare la potremo sconfiggere. Perchè non sarò mai più spaventato come lo sono stato  quel giorno”
John rimase ad osservarlo per qualche secondo, poi deglutì e si schiarì la voce (l’improvviso nodo alla gola non sarebbe passato inosservato, naturalmente, ma per lo meno poteva non essere troppo esplicito).
“Eppure poi hai ucciso un uomo...”
Sherlock scosse piano la testa.
“Sapevo perfettamente quello che stavo facendo, sapevo cosa mi aspettava quando ho sparato a Magnussen. Non c’era nulla di incerto in quello che sarebbe successo dopo, solo le conseguenze per aver mantenuto un giuramento che ho preso consapevolmente e con convinzione”
“Ti riferisci all’esilio di sei mesi da cui probabilmente non saresti tornato?”
Sul viso di Sherlock  apparve un’espressione stupita.
John sorrise amaramente.
“Ancora una volta dobbiamo dare credito alla mia incredibile moglie per averlo capito prima di me. E non credere, ci occuperemo anche di questo  quando tutto sarà finito” disse a denti stretti “ma per ora ci focalizzeremo su Molly. Quando ho detto a Mary che lei vuole andarsene, ha capito che doveva esserci qualcosa di più del fatto che non l’avessi salutata prima di partire per un viaggio. Non lei... non dopo tutto quello che ha passato per te, ti avrebbe comunque aspettato. Ma se avesse saputo che c’era la possibilità di non rivedervi più e che tu non le avevi voluto dire addio beh... posso capire perchè ora non voglia più restare”
Sherlock rimase in silenzio,lo sguardo di nuovo proiettato in avanti: se c’era qualcuno in grado di capire perchè non avesse voluto salutare Molly Hooper, quello era John Watson.
Il che non significava che il suo migliore amico dovesse anche approvare.
“Sei un idiota, Sherlock” disse infatti il Dottore “quando questa storia sarà finita dovremo davvero rivedere il modo in cui gestisci i tuoi rapporti personali”
“Credo che ormai sia troppo tardi” rispose il consulente investigativo con una smorfia.
Il pensiero di perdere Molly era ancora incredibilmente doloroso.
“Non è detta l’ultima parola” disse l’amico con aria misteriosa.
L”espressione di Sherlock si fece guardinga e sospettosa.
“Che intendi dire?” chiese scrutando a fondo John, ma quest’ultimo cominciò ad agitarsi interrompendo qualsiasi processo deduttivo.
“Guarda” indicò con un cenno della testa.
Un taxi era arrivato davanti al portone ed era chiaramente in attesa di un passeggero: dal palazzo uscì una persona con una borsa da viaggio in mano.
Sherlock  e John si precipitarono dall’altra parte della strada, l’uomo li vide e sul suo viso passò un’ombra di sorpresa che si tramutò in un tentativo di sorriso.
“Signor Holmes! Non pensavo che l’avrei rivista!”
Il consulente investigativo si avvicinò.
“Va da qualche parte?” chiese in tono colloquiale.
L’altro annuì.
“Si, mi spiace se ha bisogno di altre informazioni sono sicuro che il mio ufficio sarà più che disponibile nel fornirglieLe. Io devo partire per un viaggio di lavoro. Se volete scusarmi, avrei una certa fretta”
L’uomo fece per salire in macchina ma la mano di Sherlock gli artigliò il braccio sinistro, costringendolo a lanciare un gemito.
“L’asse di legno che Jason Crapper ha usato per colpirla deve averLe assestato un bel colpo” disse l’investigatore senza lasciare la presa.
La bocca dell’altro si contrasse in una smorfia, poi accennò un movimento per divincolarsi.
“Non so di cosa stia parlando. Ora, se non Le dispiace, ho un aereo da prendere”
“Oh, niente treno?” chiese Sherlock in tono ironico.
“Mi lasci andare! Non ha nessun diritto di trattenermi contro la mia volontà” sibilò l’altro.
Sherlock sorrise.
“Ha ragione. Io no. Sfortunatamente per Lei, loro si”
Lestrade e Donovan si avvicinarono in quel momento e l’Ispettore estrasse un paio di manette.
“Signor Thompson, o quale sia il suo vero nome” dichiarò soddisfatta Sally “da questo momento è sotto la custodia del governo del Regno Unito”
 
***
 
Molly fece un profondo sospiro e poi bussò alla porta dopo aver scambiato uno sguardo di saluto con l’agente di guardia, che ricambiò con un impercettibile cenno del capo.
Era davvero strano come tutti loro si fossero velocemente abituati alla presenza degli uomini di scorta: erano solo ombre, presenze invisibili e discrete che si assicuravano che tutto fosse a posto e Molly era davvero grata di essere stata inclusa nella lista delle persone da proteggere anche se era un controsenso, perchè significava essere un possibile bersaglio di un pazzo criminale, chiunque ci fosse dietro la riapparizione di Moriarty.
Si era domandata spesso se fosse davvero possibile che quell’uomo fosse sopravvissuto su quel tetto, ma la risposta che si era data alla fine non contava. Sherlock lo negava assolutamente, e questo le bastava. Si fidava ciecamente del suo giudizio e se lui lo riteneva impossibile, allora era semplicemente impossibile.
Gettò ancora un’occhiata distratta alla guardia prima di suonare il campanello e per un attimo le sembrò di aver dimenticato qualcosa, poi scosse la testa e fece un profondo sospiro, preparandosi a quello che doveva affrontare.
La porta si aprì quasi subito e sulla soglia apparve Mary.
“Ciao Molly” esclamò con un sorriso.
La patologa non si fece confondere neanche per un momento.
Quello sul volto della donna era lo sguardo più risoluto e deciso che le avesse mai visto: Mary Morstan Watson era entrata in azione.
Ed era sul piede di guerra.
 
***
 
“Vi ripeto che non avete nessun diritto di”
“Oh, la pianti!” Sally Donovan sbattè con forza una mano sul tavolo, uno sguardo deciso sul volto “può anche smetterla con  la sua sciarada di cittadino oltraggiato che reclama i suoi diritti. Sappiamo benissimo che Lei non è chi dice di essere, ora si tratta solo di capire quanta voglia ha di collaborare e cercare cosi di ridurre la Sua pena”
L’uomo che avevano conosciuto come Thompson scrutò per un lungo attimo il volto dell’agente speciale, poi un sorriso ironico gli apparve sul viso.
Sherlock osservò il suo viso tramutarsi in una maschera di pietra, dura e impenetrabile. La maschera di un assassino navigato.
“La mia  pena...” sembrò riflettere il prigioniero alzando un angolo della bocca “Lei non ha davvero idea di cosa sta parlando... non ci sarà nessuna pena. Quando vengo assunto per un lavoro, chi mi paga non si aspetta certo che io fallisca.
Non è semplicemente accettabile”
“Le garantiremo protezione, a patto che collabori” disse Donovan.
L’uomo accennò una risata.
“Protezione? Lei è proprio ingenua... non sa con chi ha a che fare”
“Allora ce lo dica. Con chi abbiamo a che fare?” intervenne Sherlock dal suo angolo.
L’altro volse lentamente il capo verso il consulente investigativo e per un attimo i due si sfidarono con lo sguardo.
“Sherlock Holmes...devo congratularmi con Lei. È davvero bravo come dicono, mi chiedo che cosa mi abbia tradito”
“Il suo braccio”
Thompson alzò interrogativamente un sopracciglio.
“Ho notato come nonostante Lei sia mancino, facesse molti movimenti con il braccio destro per evitare di sforzare il sinistro e la contrazione occasionale delle sue labbra per il fastidio. Evidentemente aveva avuto un incidente di qualche tipo che le procurava dolore... una collutazione?
Ha delle minuscole cicatrici sulle mani, le ho già viste in chi usa spesso il coltello per difesa personale e naturalmente ci sono la sua postura, che indicano un passato militare che non è citato nella sua scheda, e il leggero claudicare per il ginocchio sinistro, tipico di chi è stato coinvolto in una sparatoria.
Ha un colorito abbronzato che sta svanendo, non propriamente indicativo di una vita passata a Londra negli ultimi tempi.... ha viaggiato, ma non per piacere. L’abbronzatura si ferma al polsino della camicia, e il suo viso segnato dalle rughe indica che spesso ha viaggiato in paesi caldi, dovunque sia stato non ha preso il sole durante una vacanza, ma piuttosto per un viaggio di lavoro. Più volte, direi.
Una vita per lo meno avventurosa... relativamente strano, visto che si occupa della sicurezza della rete ferroviaria in Gran Bretagna. Il che ci porta al suo trasferimento, avvenuto circa due mesi fa. In tempo per inserirsi negli schemi di controllo e avere la possibilità di iniettare il composto al capo treno, un composto che si è procurato facendolo sintetizzare a tre chimici diversi i quali, me lo lasci dire, si sarebbero fatti avvicinare e convincere solo da un professionista e da un sacco di soldi.
Il che ci porta alla domanda principale”
Sherlock si avvicinò al tavolo e appoggiò entrambe le mani su di esso, sporgendosi verso l’uomo.
“Chi è Lei? Per chi sta lavorando?”
L’altro si allungò sulla sedia e incrociò le braccia al petto senza perdere il suo sguardo impenetrabile.
“Vorrei una sigaretta”
 
***
 
“Ti ringrazio di essere venuta, per me diventa sempre più difficile portarmi in giro il pancione, ormai devo avere le misure di un elefante”
Certo, come no.
Molly osservò Mary muoversi per la cucina e portare in tavola dei panini e del te: era chiaro che la gentile signora Watson aveva scelto di attirarla nella sua tana per avere il controllo assoluto della situazione e non credette neanche per un attimo alla scusa del pancione.
Una parte di lei non poteva fare a meno di essere divertita dal tentativo di Mary (nel messaggio che le aveva inviato diceva che si sentiva davvero davvero sola e aveva bisogno di un contatto femminile): se le circostanze fossero state diverse, le sarebbe davvero piaciuto che loro due potessero diventare amiche... e non si riferiva al fatto che la donna avesse sparato a Sherlock, era stata sincera quando aveva affermato che non giudicava nessuno, anche se era un pensiero alquanto disturbante. No, si riferiva al fatto che era in procinto di andarsene e sapeva bene che un’amicizia vissuta da lontano era ben diversa da quella che poteva contare sulla vicinanza e il conforto di una chiacchierata a quattr’occhi.
“Non dovevi disturbarti” disse addentando un panino e decidendo di lasciare a lei la prima  mossa.
Mary la scrutò per un attimo, poi prese anche lei da mangiare.
“Figurati. È il minimo che potessi fare, visto che ti ho fatto venire qui. È solo che... mi sento cosi sola! John è sempre via con Sherlock e naturalmente io capisco la situazione, ma è davvero difficile stare qui ed aspettare... non sapere cosa succede o cosa succederà. Mi sento cosi inutile” il suo labbro tremò e gli occhi le si fecero lucidi.
Per un attimo, Molly si lasciò quasi convincere.
Quasi.
“Mary” disse con un sospiro “so che John ti ha detto che sto per partire. Billy Wiggins mi ha mandato un messaggio, dice che non ha mai visto nessuno trattare Shezza con cosi tanta energia da quando io l’ho schiaffeggiato al laboratorio. Hai un nuovo ammiratore”
L’espressione affranta di Mary sparì dal suo volto cosi come era arrivata, in un battibaleno.
“Quel ragazzo mi ha drogata e poco fa ha commentato il mio peso, direi che non è esattamente nella lista delle mie persone preferite” dichiarò con enfasi mentre prendeva un altro morso dal panino, prima di tornare a guardare Molly e farle un sorriso “Se anche non ti avesse detto nulla non ci avresti abboccato, vero?”
La patologa scosse la testa divertita.
“No. Non ti ci vedo proprio nella parte della donna che si lamenta e va in crisi”
Mary le fece l’occhiolino.
“Non dirlo a John. Anche se le mie caviglie non sono gonfie come gli dico, i suoi massaggi ai piedi alla sera sono fantastici”
Molly scoppiò definitivamente a ridere.
“Ok”
Come in un duello, le due donne rimasero a osservarsi fisse negli occhi per qualche secondo, poi Mary fece un sospiro.
“Molly Hooper” disse con un tono serio “tu lo sai vero che non puoi assolutamente andartene?”
 
***
 
“Non cederà, vero?”
Greg Lestrade fece una smorfia e strinse le labbra con stizza.
‘Ok, lo prendo in custodia io. Vediamo se riusciamo a spaventarlo con la minaccia di un interrogatorio da parte dei servizi segreti”
L’Ispettore si voltò verso Donovan.
“Ehi, no! L’ho arrestato io, non andrà da nessuna parte!”
L’agente speciale scosse la testa.
“Non se ne parla proprio! È in gioco la sicurezza nazionale, non posso permettere che le cose vengano gestite da qui!”
“Che significa da qui? Non siamo degli incompetenti e ti ricordo che fino a poco tempo fa tu facevi parte della squadra... o entrare nei Servizi Segreti ti ha fatto dimenticare di essere stata una poliziotta?”
“Questa è la mia indagine!”
“Ma fammi il piacere, eri convinta che si trattasse dei fratelli Kybransky! Come al solito dobbiamo tutto a Sherlock... a proposito, tu che ne dici?”
“Già geniaccio... tu che ne pensi?”
Lestrade e Donovan si voltarono contemporaneamente verso il consulente investigativo e furono accolti da uno sguardo decisamente assente.
“Palazzo mentale” commentò John sorseggiando un caffè che risputò subito dopo nel bicchiere di carta.
“Che schifo! Ma come si fa a bere questa roba, fa parte dei test per entrare nella polizia?” commentò disgustato.
“Ehi!” l’esclamazione oltreggiata di Donovan e Lestrade lo fece sorridere.
“Bene” disse “almeno su qualcosa siete d’accordo. Cominciavo a pensare di dovervi dividere e mettere ai due angoli della stanza”
I due assunsero un’espressione imbarazzata e mormorarono delle mezze scuse a bassa voce l’uno all’altra, poi l’Ispettore fece un cenno con il capo verso Sherlock.
“Quando ci è andato?”
John alzò le spalle.
“Circa dieci minuti fa, subito dopo essere uscito dalla stanza degli interrogatori”
Sally si avvicinò curiosa e passò una mano davanti al viso dell’investigatore, che rimase impassibile.
“E quanto ci starà in questo stato?”
Il Dottor Watson alzò di nuovo le spalle.
“Dipende. Potrebbero volerci ore”
“Non abbiamo ore a disposizione!” esclamò Donovan spazientita voltandosi di nuovo verso di lui.
“Concordo” il commento improvviso fatto con voce profonda la fece sussultare.
“Oh, bene. Di nuovo tra noi. Allora?”
“Allora quell’uomo è un professionista. Non parlerà. Ho dato un’occhiata al suo appartamento mentre lo stavate portando qui dopo l’arresto. Non ha lasciato tracce, non avremo ulteriori indizi da lui. Rilasciatelo”
“Cosaaa?”
“Rilasciatelo e non passerà molto tempo prima che  l’uomo che lo ha assunto tenti di farlo uccidere, ha detto lui stesso che un suo fallimento non sarà tollerato. Potremo avere altri indizi a quel modo”
“E magari gli attacco un bel cartello sulla schiena con una una freccia lampeggiante. Sai bene che non possiamo farlo!” disse Lestrade.
“Perchè no?” lo sguardo di Sherlock era sinceramente perplesso.
“Perchè noi siamo i buoni. Non siamo autorizzati a mandare in giro la gente a fare da bersaglio, anche se si tratta di criminali” rispose l’Ispettore  esasperato .
“Noioso” fu l’unico commento del consulente investigativo.
Prima che qualcuno potesse replicare, un agente bussò alla porta.
“Signore?” disse rivolto al suo capo “il prigioniero chiede un colloquio”
Sally Donovan fece due passi avanti con uno sguardo soddisfatto.
“Bene, finalmente si decide a parlare”
L’agente si mosse a disagio.
“Veramente, Signora, ha chiesto di parlare con il Signor Holmes. Solo con lui”
La donna roteò gli occhi con insofferenza e guardò Lestrade, il quale si limitò ad alzare le spalle.
Sherlock era già uscito dalla porta.
 
***
 
“Mary...”
“No, aspetta”
Molly sospirò all’interruzione della donna davanti a lei e chinò il capo facendole segno di andare avanti, considerando inutile tentare di bloccare il fiume di parole che stava per arrivare e sentendosi d’un tratto molto stanca.
Stanca di tutto.
“So che le cose non sono state facili per te, ultimamente” iniziò infatti a razzo la Signora Watson “hai tenuto il segreto di Sherlock per due anni, hai mentito a tutti ed eri consapevole che lui fosse chissà dove a rischiare la vita. Immagino fossi molto preoccupata e spaventata e questo giustifica il tuo fidanzamento... sul serio. Beh, solo questo in effetti... non penso che se tu fossi stata davvero serena e in possesso di tutte le tue facoltà mentali avresti mai davvero potuto pensare di poter sposare Tom...”
“Ehi!”
Mary fece una smorfia e un cenno con la mano.
“Francamente, Molly... non era adatto a te. Comunque! Io...” fece un profondo sospiro “mi rendo anche conto che devo addossarmi un sacco di colpe per tutto quello che è successo poi e per quello che Sherlock ha fatto e che ha portato alla sua partenza, ma sicuramente concorderai con me che quell’uomo ha grosse difficoltà solo ad esprimere i sentimenti, non a provarli... sono sicura che se parlate potreste scoprire che”
“Adesso smettila, per favore” il tono sommesso di Molly ebbe il potere di frenare Mary.
La patologa alzò gli occhi e rivelò le lacrime che stavano cominciando a scenderle sulle guance.
“Non capisci, vero?” chiese piano “io so che Sherlock è in grado di amare, anche se si permette di farlo solo con poche persone ma io non... non posso più permettermi di aspettare e sperare che un giorno lui decida di mettermi stabilmente nel gruppo, che decida di farmi avvicinare per restare e non solo quando gli serve o gli sono comoda”
“Tu gli hai salvato la vita” Mary le prese le mani e le strinse forte nel tentativo di confortarla.
Molly scosse la testa.
“Non mi basta più, Mary. Voglio esserci sempre, non solo nelle occasioni straordinarie... voglio essere importante sempre
I suoi singhiozzi furono l’unico suono che riempirono la cucina.
 
***
 
Sherlock entrò silenziosamente nella sala interrogatori e l’uomo seduto al tavolo alzò il sopracciglio in una muta richiesta.
Dalla tasca del cappotto del consulente investigativo fu estratta una sigaretta, che il prigioniero accettò con un cenno del capo prima di aspettare che gli fosse accesa.
“Grazie” disse, aspirando voluttuosamente il fumo “Lei non mi fa compagnia?”
Sherlock si sedette dall’altra parte del tavolo e incrociò le mani in grembo.
“Cerco di limitare le cattive abitudini”
L’uomo che stava fumando ridacchiò.
“Non è quello che mi hanno riferito”
L’investigatore serrò la mascella ma non colse la provocazione, invece si chinò in avanti e studiò l’uomo davanti a lui.
“Per chi lavora?” chiese infine.
“Me lo dica Lei, Signor So Tutto”
Dopo qualche attimo di silenzio, Sherlock tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia.
“Un uomo ricco. Ha sostenuto molte spese per architettare tutto questo e sospetto che il Suo stesso stipendio, Signor Thomposon, non sia propriamente alla portata di tutti. Quest’uomo ha molti agganci, i fratelli Kybransky lavorano per soldi ma non si sarebbero scomodati a fare da esche per chiunque... e gli omicidi delle scorse settimane indicano sicari diversi, di nuovo la prova che il piano era molto elaborato...  A quest’uomo non interessa ricostruire la rete di Moriarty, no... ha mandato un messaggio, chi ha tradito doveva pagare ma mira a qualcosa d’altro, qualcosa che gli dai un rendiconto personale. Che cosa?”
“Perchè dovrei dirglielo, Signor Holmes? Sta andando cosi bene anche da solo... sono sicuro che prima o poi ci arriverà. Speriamo solo che non sia troppo tardi”
No, evidentemente l’uomo non aveva intenzione di collaborare.
Sherlock si alzò con un gesto secco e si diresse verso la porta, ma la voce dell’altro  lo bloccò.
“Lo sa?” disse schiacciando la sigaretta direttamente sul tavolo “La Sua amica è molto carina, una parte di me è stata felice che sia sopravvissuta all’incidente ferroviario, anche se naturalmente non è che avessimo scelto apposta il suo treno... eventuale danno collaterale, lo avrei definito. La sua morte però sarebbe stata un po’ come la cigliegina sulla torta, non crede?”
Con un gemito rabbioso Sherlock si voltò raggiungendo con un balzo  il prigioniero, per poi sollevarlo di peso dalla sedia e sbatterlo contro il muro mentre gli torceva i il braccio ferito fino a farlo gemere di dolore.
Nella stranza entrarono trafelati Lestrade, Donovan e John.
“Sherlock, lascialo!” gridò l’Ispettore.
Per tutta risposta, il consulente investigativo strinse ancora più forte il braccio e avvicinò la bocca all’orecchio dell’assassino.
“Se lei fosse rimasta uccisa” gli sibilò “tu ora non saresti più vivo, te lo posso assicurare”
L’uomo strinse i denti mentre una nuova fitta gli attraversava l’arto, ma riuscì comunque a sorridere.
“Gliel’ho detto, Signor Holmes... danno collaterale. Anche se il mio capo potrebbe cambiare idea, dopotutto. Scoprirà ben presto che non gli piacciono le cose lasciate a metà” disse prima di un altro gemito.
John arrivò a togliergli di dosso Sherlock.
Il Dottore tenne saldamente le mani sulle spalle dell’amico e lo allontanò.
“Adesso calmati, ok?” gli disse, osservando il suo respiro affannato e il suo sguardo furioso.
Sherlock strinse i pugni e sul suo viso riapparve una maschera di fredda concentrazione, mentre i suoi occhi caddero sul biglietto aereo che era fuoriuscito dalla tasca della giacca di Thompson quando l’aveva sollevato dalla sedia.
“Stava partendo oggi” constatò.
Donovan lo guardò interrogativamente, ma lui continuò nel suo ragionamento.
“Perchè farlo proprio ora? Avrebbe destato più di un sospetto e la sua faccia sarebbe stata riconoscibile in futuro. Questa era il Suo ultimo lavoro vero? Diretto verso la Svizzera dove ci sono un paio di buone cliniche di chirurgia plastica a si è già sottoposto in passato, visti i segni sul collo e intorno alle tempie”
L’altro si limitò a guardarlo freddamente.
“Aveva cosi fretta di partire che ha accelerato i tempi, commettendo degli errori perchè tutto doveva essere pronto, affidandosi a un tipo instabile come Jason per l’ultima parte di sintetizzazione del composto. Di qualsiasi cosa si tratti, succederà oggi  e l’incidente del treno era solo un diversivo, abbastanza da generare un allarme di attacco chimico che avrebbe rivolto le attenzioni dalla parte sbagliata...” l’espressione di Sherlock si fece di nuovo lontana, mentre ripercorreva le ultime parole dette.
A un tratto, sul suo viso apparve un sorriso soddisfatto.
“E lui mi ha appena detto di cosa si tratta!”
Voltandosi velocemente su sè stesso,uscì a razzo dalla stanza mentre estraeva il cellulare dalla tasca.
Donovan, Lestrade e John lo seguirono subito e lo trovarono già impegnato nella conversazione.
“Mycroft? Cosa c’è  in programma oggi al Parlamento?”
 
  
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