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Autore: HinoTsubasa    19/01/2015    1 recensioni
[...]Sdraiata a terra vi era una ragazza dai capelli color rosso cremisi, lunghi e folti che, mossi dalla lieve brezza estiva, parevano le fiamme di un fuoco divampante[...]
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Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Era un caldo giorno d'estate, passeggiavo per il bosco dov'era situata la casa in cui abitavo. Dopo qualche minuto di camminata decisi di riposarmi sotto l'ombra delle fronde di un grande albero poco distante da me.
Proprio quando stavo per assopirmi un forte rumore, seguito da una lieve scossa di terremoto, attirò la mia attenzione.
Si era formata una grande crepa nel terreno, poco distante dall'albero a cui ero poggiato, e vicino ad essa, sdraiata a terra, vi era una ragazza dai capelli color rosso cremisi, lunghi e folti che, mossi dalla lieve brezza estiva, parevano le fiamme di un fuoco divampante che riscaldava l'intero bosco.
Il suo vestito, di un giallo acceso come il sole, era stranamente sporco di cenere, e così anche il resto del suo corpo.
Non appena la strana ragazza si alzò finalmente in piedi, decisi di avvicinarmi. Era stata lei a creare quella frattura nel terreno? Inaccettabile, quel posto mi apparteneva.

«Cosa ci fai qui? Questo è il mio territorio.»
Mi fissò con aria decisamente indispettita e mi chiese chi fossi con tono prepotente.

«Questo dovrei chiedertelo io.»
Le risposi seccato, e dopo un lungo discorso su quale fosse il sesso dominante, rimasi piuttosto sorpreso di un piccolo particolare. Mi spiego meglio.
Affermai che, secondo il mio punto di vista, essendo una ragazza sarebbe scappata a gambe levate se si fosse ritrovata difronte ad un orso, ma... Lei non aveva la minima idea di cosa fosse un orso.
Avevo già intuito che fosse strana, ma così è decisamente troppo, sembrava provenisse da un altro mondo.

«Lasciamo perdere l'orso e tutta questa storia, più importante... Sei stata tu?»
Chiesi indicando la crepatura presente nel suolo. «Probabile... Non lo so...»
Rispose.

«Bene. Se non lo sai puoi benissimo andartene e non tornare. Ritorna a casa tua, questo posto non fa per te.»
Mi guardò con espressione indignata. Non mi convinceva affatto quello sguardo, e infatti...
«Non mi muovo da qui. Io non vado proprio da nessuna parte.»
Sospirai e raccolsi un bastoncino di legno da terra per poi disegnare un cerchio nel terreno intorno a lei e alla crepa, imponendole di restare lì dentro, ma, testardamente, lei uscì dal cerchio dicendomi che non avrebbe obbedito ad uno sconosciuto come me.

«Se la metti così, allora sono costretto a portarti via con la forza.» Mi piegai sulle ginocchia e, afferrandola per le gambe, la sollevai di peso tenendola su una spalla, come si tiene un sacco di patate. Era sorprendentemente leggera, ma optai per lamentarmi del suo peso per divertirmi un po'.
Chiaramente si lagnò, urlandomi di metterla giù e lasciarla in pace, fino allo sfinimento; così la lasciai.

«Come ti chiami?» Nessuna risposta. Solo silenzio.
«Sappi che il territorio sottostante è il mio, quindi qui sopra ho i tuoi stessi diritti.»
Avevo sentito bene? Proveniva dal sottosuolo? Ero piacevolmente scioccato ma preferii non darlo a vedere.

«Allora potremmo scendere a compromessi. Se mi dirai il tuo nome amministreremo questo territorio insie--»
«Prima il tuo.»
Mi interruppe bruscamente e, raccogliendo tutta la pazienza che avevo, le dissi il mio nome, Kaoru. Le parole che sentii uscire dalla sua bocca furono uno schietto "non mi piace" seguite da un terribile soprannome femminile e una risatina snervante.

«K-Kacchan? Mi prendi in giro?!»
«Perchè dovrei? Hai un aspetto così femminile, ti calza a pennello~»
Mi stava davvero irritando, così decisi di renderle pan per focaccia. Non mi sarei mai lasciato mettere i piedi in testa da una ragazza.
«Ah si? Beh, almeno le mie mutande non sono in bella vista come le tue.»
Mi fissò in silenziò per un istante, mentre le sue guance poco a poco diventavano rosse come i suoi capelli. Mi urlò di non guardare e mi diede del maniaco, proprio la reazione in cui speravo, decisamente divertente. Dopo essermi premiato un po' del suo imbarazzo, decisi di cambiare discorso.

«Comunque, non mi hai ancora detto il tuo nome.» Ran. Si chiamava Ran. Un nome piuttosto semplice per una ragazza così complicata.
Ormai era quasi il tramonto e la ragazza iniziò a tremare, lamentandosi del fatto che lì ci fosse freddo ma, nonostante le avessi suggerito di trovarsi un posto dove passare la notte, non voleva saperne di lasciare il posto in cui era presente la crepa.
Continuava a cercare un modo per allargarla così da poter tornare indietro ma, per quanto ci girass intorno e la colpisse ripetutamente, il terreno non si scalfiva. Restai lì ad osservarla in silenzio, era tanto strana quanto interessante.

Ormai era quasi del tutto buio, così mi sdraiai a terra, dandole le spalle, e chiusi gli occhi. Per quanto fosse insopportabile, non mi andava di lasciarla lì da sola, era pur sempre una ragazza.
Proprio in quel momento, mentre ero girato di spalle, sentii un gemito di dolore proveniente proprio da lei, così mi voltai. Aveva una gamba incastrata nella crepa e stava cercando di nascondermelo, che idiota.
Dopo essere stata rimproverata e dopo aver provato a liberarsi da sola, finalmente mi chiese aiuto. Così, nonostante tutto, l'aiutai.
I minuti passavano, il suo stomaco brontolava e la sua gamba era dolorante, potevo lasciarla lì? Certo che no, che razza di persona sarei?
«Ti va di venire a casa mia per mangiare qualcosa? E' da quando sei qui che non metti niente sotto i denti.»
Dopo essersi lamentata come sempre, accettò l'invito e mi seguì fino a casa.
   
 
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