Gaia capiva come dovesse sentirsi Adam,
in fondo lei aveva appena sganciato una bomba su tutte le sue
convinzioni su cosa fosse o non fosse possibile, e non si era
limitata a questo, no, gli aveva anche comunicato come se niente
fosse che presto una guerra avrebbe devastato la vita così
come lui
la conosceva. Capiva tutto questo, ma avrebbe
preferito che lui le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, anche che la
mandasse a quel paese, perché la fossa di silenzio che lui
si era
creato intorno le faceva male.
Quando arrivarono, non appena i bambini
li videro, Adam sembrò quasi rianimarsi, cancellò
dal suo viso
qualsiasi traccia di smarrimento, delusione e preoccupazione e
tornò
ad essere il solito di sempre, allegro e spensierato con tutti.
Si girò un attimo verso Gaia prima di
cominciare a giocare coi ragazzi, le fece capire che lei doveva fare
lo stesso. Non avrebbe dovuto permettersi di rovinare il pomeriggio
ai bambini, loro dovevano rimanere fuori da quella faccenda.Gaia
cercò di resettare il suo cervello e di spazzare via ogni
pensiero
negativo dalla sua mente. Non ci mise molto e non dovette nemmeno
sforzarsi tanto perché in mezzo a quella banda di mezzi
uomini e
mezze donne scatenate era impossibile rimanere chiusi in se stessi a
pensare ai mali del mondo. Per un po' di tempo ci sarebbe stato
spazio solo per il divertimento, il sole, l'acqua fresca e il profumo
del bosco.
Quel posto era magico, la cascatella
sembrava incastonata sulla parete rocciosa della montagna.Gaia non
riuscì a reprimere un moto di meraviglia.
<< Wow... che spettacolo. >>
ammise. Adam le sorrise come per dirle: “Guarda, come puoi
pensare
a qualcosa di brutto come la guerra mentre siamo qui?”
Era tutto talmente perfetto che al
pensiero di quello che sarebbe successo le vennero le lacrime agli
occhi. Quando esiste qualcosa di tanto bello al mondo è
impossibile
pensare di poterlo rovinare. L'acqua sgorgava da un'insenatura nelle
rocce, dritta dalla montagna, limpida e fredda, addirittura gelida e
si gettava a capofitto verso il basso in una cascata di spruzzi. Gaia
vi immerse le mani, l'acqua era così fredda che quando le
tirò
fuori le formicolavano. Stare in quel luogo era come sentirsi al
sicuro in una bolla cinta dalle innumerevoli sfumature di verdi e
marroni degli alberi e della terra che odorava di umido.
Adam, mentre Gaia era persa ad ammirare
meravigliata tutto intorno a sé, diede istruzioni ai
ragazzini più
grandi sul come comportarsi una volta nell'acqua fredda e
proibì
tassativamente ai più piccoli di andare oltre a quando
l'acqua gli
sarebbe arrivata alle ginocchia.
<< Ne valeva la pena no? Questo
posto è speciale, oserei dire magico, ma... >>
Adam fu
interrotto dalla voce di una ragazzina sui dodici anni, con gli occhi
gialli come quelli di un gatto, così fieri e sicuri che
forse la
facevano apparire un po' troppo grande per la sua età.
<< La
magia non esiste! La mamma lo dice sempre Adam, non credo che sia il
caso di confondere le idee ai bambini. Ma che questo sia un luogo
davvero magnifico è innegabile. >> Eva era
forse la ragazzina
più concreta che Gaia avesse mai incontrato, non lo faceva
per
cattiveria, era solo assolutamente certa delle sue convinzioni e su
questo argomento in fondo avrebbe dovuto avere ragione, d'altronde
non era forse lei l'eccezione che confermava la regola?
Gaia rise allegra di quel piccolo
confronto tra cugini. Anche gli altri, trasportati dal suo
entusiasmo, fecero lo stesso. Tutti tranne Eva, ma non era rabbia
quella che passava attraverso i suoi occhi felini in quel momento,
anche lei aveva altro a cui pensare, ad esempio come evitare di
congelarsi i piedi che erano già immersi nell'acqua
terribilmente
gelida della cascatella.
<< Adam, non pensi che sia un po'
troppo fredda per nuotarci dentro? >> Adam, tenendo fisso
lo
sguardo su di lei aveva già cominciato a spogliarsi per dare
l'esempio, si tolse le scarpe e la camicia rimanendo in pantaloni.
I ragazzini più grandi salirono su una
piccola sporgenza formata dalla montagna e uno ad uno si tuffarono,
Adam rimase coi bambini per assicurasi che rimanessero sulla riva a
bagnarsi i piedi e non andassero oltre. Ma lo sguardo del ragazzo era
rivolto verso l'alto, verso uno spiazzo che sarebbe stato perfetto
per un vero e proprio tuffo. Intuendo il suo pensiero Gaia si
alzò
da dove si era seduta per osservare meglio i bambini giocare senza
bagnarsi e si avvicinò al ragazzo.
<< Do io un'occhiata ai bambini,
tu vai. >> disse indicando lo spiazzo sopra la
cascatella. Gli
occhi di Adam luccicarono e lui sorrise felice. << Sei
sicura?
>> lei fece segno di sì col capo e si sedette
a terra
sull'erba morbida, la sensazione era così piacevole.
In ogni caso lei non poteva fare il
bagno, non aveva nulla da togliersi senza rimanere in intimo, non
aveva nemmeno il reggiseno sotto la maglietta del pigiama, e in ogni
caso quando sarebbe tornata a casa non sarebbe stato facile spiegare,
se qualcuno l'avesse vista, perché fosse nuda. Certo, sempre
se
fosse tornata. Ormai cominciava a dubitare di poter compiere un nuovo
salto, era passato talmente tanto tempo dal primo che aveva perfino
perso il conto delle ore.
<< Grazie! >> disse felice
<< Vedi di non “saltare” nel tuo
tempo mentre non guardo
però, ci tengo a vedere come scompari. >> la
stava prendendo
in giro, ma in modo scherzoso, non cattivo o derisorio. Il cuore di
Gaia si riempì di gioia.
Adam si arrampicò su per la parete di
roccia fino allo spiazzo. Era bello da guardare, sembrava un atleta
pronto per una gara, con l'espressione spavalda di chi sa di essere
un campione e non vede l'ora di dimostrarlo.
<< Siete tutti pronti? >>
disse a voce alta per farsi sentire in basso da tutti. Chi stava
ancora nuotando si diresse a riva e si avvolse in fretta negli
asciugamani che avevano portato per non congelare. I bambini ridevano
un po' agitati con gli occhi fissi verso Adam. << Gaia,
ci
vediamo tra poco. >> le strizzò l'occhio con
complicità. Gaia
annuì serena, c'era tempo, c'era ancora abbastanza tempo per
godersi
il mondo ancora per un po'.
Adam si buttò e una miriade di schizzi
colpì tutti loro inzuppandoli, dopo soli pochi istanti
riemerse tra
applausi e risate reclamando gli onori di un eroe. Bagnato fradicio
si scosse per liberarsi dalle gocce gelide che gli scendevano dai
capelli lungo il collo e non appena fu abbastanza vicino alla sua
sorellina Camilla l'afferrò e la fece girare, felice e
soddisfatto
del proprio tuffo. Gaia applaudì nuovamente.
<< Ottimo
tuffo, che ne dici se ora ci provo io? >> al diavolo i
vestiti
bagnati, si sarebbe tuffata con il pigiama.
<< Gaia, è pericoloso. Rimani qui a giocare
coi bambini,
loro ti adorano. >> Piccata Gaia, si alzò e
con tanto di
pigiama si arrampicò agile sulle rocce scivolose, come aveva
fatto
Adam, fino ad arrivare in cima. Il ragazzo aveva un'espressione
visibilmente contrariata, ma non avrebbe potuto importarle di meno.
Era sicura riguardo ai tuffi, suo nonno era stato un campione a suo
tempo e fin da quando lei era bambina era sempre stato lui il suo
allenatore, le aveva insegnato tutto quello che sapeva. Gaia non era
mai stata interessata davvero a quello sport, ma la rilassava, era
sicura che partecipare alle gare e sottoporsi ad allenamenti
estenuanti non facesse per lei, ma non per questo durante le loro
lezioni si era applicata meno. Prima di lanciarsi gettò uno
sguardo
verso Adam in segno di sfida, fece un respiro profondo, tese i
muscoli preparandoli al salto e quando si sentì pronta si
lanciò in
un perfetto tuffo rovesciato. A metà salto però,
mentre l'aria le
sferzava il viso, un crampo allo stomaco la colse impreparata, Gaia
con un'incredibile forza di volontà mantenne la posizione e
quando
il contatto con l'acqua fredda la investì trascinandola
verso il
fondo, proprio in quel momento eccola, la sensazione che aveva
aspettato per tutto il giorno arrivò come una morsa a
stringerle il
fianco.
Quando
Gaia riaprì gli occhi era
ancora in acqua, un'acqua tanto gelida da impedirle quasi di
muoversi. Alla fine, vincendo il senso di intorpidimento che le
risaliva lungo gli arti, con poche goffe bracciate riemerse.
L'acqua non era più limpida e fresca
come quando si era tuffata, era scura e stantia. C'era un forte puzzo
di bruciato nell'aria. Uscì dalla pozza, che non era
più la
cascatella ma uno stagno putrido.
Era riemersa da qualcosa simile ad un piccolo laghetto al lato di
una cancellata. Il vento ululava attraverso le sbarre e faceva
freddo, il gelo si era impossessato di tutto. Il cielo era grigio e
carico di pioggia o, con più probabilità, neve.
Gaia, battendo i
denti cercò di capire qualcosa in tutto quello che le stava
succedendo. Non le era mai capitato di fare un salto dietro l'altro,
mai. Tutto era tetro e un velo di cenere bianca rivestiva ogni cosa.
All'improvviso capì. Si avvicinò alle sbarre, ma
non troppo, perché
temeva di sapere cosa sarebbe accaduto se le avesse anche solo
sfiorate. Quello che vide non merita di essere raccontato. Scheletri
che camminavano frustati e battuti da soldati freddi e malvagi, senza
pietà. Morti dappertutto, le mosche volavano ovunque e si
posavano
sui corpi dei morti e dei vivi senza che questi se ne curassero. Gaia
sapeva bene dove era capitata e mai e poi mai avrebbe dimenticato
quello che vide al di là di quella alta rete.
Ormai vicina
all'assideramento, bagnata fradicia, tremava senza riuscire a
controllarsi, il freddo l'era penetrato fin dentro alle ossa
mozzandole il fiato. D'un tratto sentì una voce chiamarla
debolmente. Con enorme sforzo girò appena la testa quel
tanto che
sarebbe bastato a vedere chi l'aveva chiamata.
<< Gaia sono io, Adam. >>
come scaldata da qualcosa di sconosciuto proveniente dall'interno del
suo corpo, gli occhi di Gaia brillarono. Ma, quando lo ebbe guardato
veramente, quella piccola fiammella che si era accesa dentro di lei
si spense.
<< Non è possibile, non puoi
essere tu. >> Davanti a lei, nascosto dietro ad un carro
carico
di macigni all'interno della rete, non c'era l'Adam che aveva
lasciato pochi minuti prima di tuffarsi, c'era un fantasma senza
capelli, dallo sguardo vitreo di chi non ha più nulla,
nemmeno i
pensieri. La sua pelle, che un tempo era stata abbronzata, ora aveva
un colorito quasi grigiastro come quella di un cadavere che ha
già
cominciato a disfarsi. La denutrizione aveva fatto scempio del suo
corpo. Gli occhi che erano stati così vitali e vivaci erano
ridotti
a due fessure infossate nel viso, segnati da molte lacrime non
piante. Le ossa sporgevano ovunque. Vedendolo, le sensazioni che
avevano investito Gaia nel momento stesso in cui aveva capito dove si
trovava si ampliarono a dismisura. Senza più pensare al
freddo
pianse, pianse perché non poteva trattenere le lacrime.
Consapevole del proprio aspetto Adam
non tentò nemmeno di rassicurala, all'inizio la
pregò di andarsene
via il più velocemente possibile, prima che qualcuno la
vedesse, ma
quando capì che lei non ne aveva nessuna intenzione e che
nulla
avrebbe potuto dissuaderla, le spiegò semplicemente come
andavano le
cose, in fretta, con poche parole, senza dimenticare di scusarsi per
non averle creduto fin dal primo momento, le chiese come avesse fatto
a finire lì, dietro la rete, bagnata come se avesse appena
fatto un
bagno; ma Gaia non rispose a nulla, si limitò a rimanere in
silenzio
con una montagna sul cuore a bloccarle il respiro.
<< Avevi ragione su tutto. Quando
mi avevi parlato di quello che sarebbe accaduto una parte di me ti
aveva creduto, ma la ragione mi diceva che ciò che mi stavi
raccontando doveva essere per forza il delirio di una pazza. Non
sapevo ancora quanto le tue parole sarebbero state un nulla in
confronto a quello che è accaduto veramente. Tu hai solo
sentito
raccontare quello che è avvenuto, ma io l'ho dovuto vivere
sulla mia
pelle, anzi lo sto ancora vivendo. Ho visto chi amavo morire sotto ai
miei occhi, gente venir trascinata verso quella costruzione e mai
più
tornare. Al loro posto solo una coltre di cenere bianca. Le persone
camminano per il campo sopra i corpi di coloro che non ce l'anno
fatta. La notte si dorme gli uni ammassati sugli altri, divorati
lentamente da topi e parassiti che si insinuano infidi nei vestiti
leggeri. L'inverno, la neve ed il freddo sono nemici crudeli quanto i
soldati, mietono tante vittime quante le malattie e le selezioni.
Siamo tutti destinati alla morte. E nemmeno tu potevi prepararmi a
tanto. >>
Gaia si avvicinò pericolosamente al
cancello tanto che sarebbe bastato un nulla per rimanere folgorata e
Adam l'avvertì di stare indietro, se c'era una cosa di cui
era
sicuro era che non ce l'avrebbe fatta se avesse dovuto avere sulla
coscienza la sua vita.
<< Come faccio a tirarti fuori?
>> Gaia sapeva benissimo di non avere nessuna
possibilità ma
non aveva nessuna intenzione di lasciarlo lì, non poteva.
<< Ragiona Gaia, non esiste un
modo. Credimi già questa conversazione è una vera
e propria
iniezione di umanità. Era così tanto tempo che
non parlavo con
qualcuno se non per chiedere cibo o per le necessità del
campo che
temevo di non essere più in grado di sostenere un discorso
civile.
>> eppure ci stava riuscendo benissimo, un anno di campo
non
era riuscito a privarlo anche di quello e per questo Adam si
sentì
fiero quanto non era da parecchio tempo.
<< Ma io non posso lasciarti qui,
non voglio. Come faccio? Magari se quando salto sei vicino a me
io... >> le parole quasi non si distinguevano tra i
singhiozzi soffocati tra le sue labbra, avrebbe voluto urlare, ma
sapeva di non potere, con ogni probabilità la dea bendata li
avrebbe
presto abbandonati e qualche guardia li avrebbe notati e allora
sì
che sarebbe stata la fine.
Senza alcun preavviso, prima che lei
potesse aggiungere qualsiasi altra cosa o che Adam potesse
controbattere, la sensazione di essere finita sotto uno
schiacciasassi, che ormai aveva imparato a riconoscere come l'inizio
di ogni salto, le rubò le parole di bocca.
Quando Adam se ne accorse all'inizio
pensò che la ragazza si stesse sentendo male per tutto
quello che
era stata costretta a vedere, lui compreso, e desiderò con
tutte le
sue forze di non averle mai nemmeno rivolto la parola, ben conscio
del proprio aspetto, avrebbe tanto voluto risparmiarle tutto questo,
ma ormai era troppo tardi per rimediare.
<< Gaia? Ehi, ti senti bene? >>
<< No, per niente. Adam, non
voglio andarmene. >>
<< Non capisco, che ti sta
succedendo? >>
Il corpo di Gaia fu scosso da un
sussulto. Per quanto si sforzasse di avvicinarsi, Adam sapeva che
solo un altro passo in avanti avrebbe determinato la morte. Non
voleva morire così davanti a lei.
<< Questo non è un addio Adam,
ti prometto che un giorno tornerò a prenderti. Io ti
salverò e ti
porterò con me. Promettimi di restare vivo fino a quel
momento,
promettimelo! >>
Poi, senza pretendere nessuna risposta,
sapendo di aver esaurito il tempo a disposizione, allungò la
mano
quanto più la rete lo permetteva, le dita che si
protendevano tra le
maglie di quella trappola. Non c'era nessuna possibilità di
fraintendere quel gesto così spontaneo. Adam la
imitò e timidamente
senza capire quello che stava accadendo, fece lo stesso e le
sfiorò
le dita con delicatezza facendo attenzione a non muoverle troppo e
toccare la rete. Gaia sparì così come era apparsa
e Adam rimase lì,
in piedi al gelo, non voleva muoversi, non ce l'avrebbe fatta dopo
averla rivista. Aveva tirato avanti nel campo solo al pensiero di
lei, della sua fata, quella ragazza che gli aveva intrappolato il
cuore in una sola mezza giornata passata insieme e che poi si era
dissolta nell'acqua limpida della cascatella. All'inizio non
vendendola risalire tutti si erano spaventati temendo che potesse
essere affogata, ma il corpo non c'era. Era semplicemente scomparsa
come per magia. I bambini era rimasti talmente sbalorditi che per
Adam non era stato difficile convincerli a non dire nulla a nessuno
di quanto era successo, anzi era bastato raccontargli che Gaia in
realtà era una creatura dei boschi che aveva deciso di
accompagnarli
nella loro avventura e che se gli adulti l'avessero saputo sarebbero
sicuramente andati a cercarla e l'avrebbero uccisa, perché
gli
adulti questo fanno: quando non conoscono qualcosa preferiscono
eliminare il problema piuttosto che affrontarlo.
Mentre ancora Adam era perso in quel
piccolo lusso che si era permesso di concedersi, quello di pensare a
qualcosa che non fosse sopravvivere, una SS lo notò e lo
raggiunse a
passo svelto urlando in tedesco ordini e minacce e brandendo un lungo
e spesso manganello nero. Quando l' SS gli fu vicino e
cominciò a
batterlo con forza, colpendolo ripetutamente su ogni parte del corpo,
Adam non oppose la minima resistenza, aspettò che la guardia
si
sentisse abbastanza appagata dal suo operato e poi si lasciò
rimettere in piedi a strattoni, non emise nemmeno un minimo lamento.
Il sangue che gli scendeva da una ferita alla testa cominciò
ad
annebbiargli la vista, ma ignorò anche questo e senza
nemmeno
sentire il dolore per le contusioni, troppo intorpidito dal freddo e
dalla fame, seguì l'SS che lo riportò al
Kommandos a cui era stato
assegnato, di nuovo al lavoro tra il fango e la neve. Ora che l'aveva
rivista poteva anche morire felice, eppure sapeva di non poterlo
fare, glielo aveva promesso, non aveva avuto il tempo di farlo a
parole, ma l'aveva fatto, una promessa silenziosa ma ugualmente
sincera. Finché gli fosse stato possibile avrebbe resistito,
per
lei.
Lentamente e faticosamente Gaia aprì
gli occhi, le lacrime ancora le scendevano copiose solcandole le
guance e arrivando salate alla bocca. Era di nuovo nel suo letto,
esattamente nella stessa posizione in cui era prima che accadesse
tutto, per un momento temette di aver solo sognato, ma fu subito
smentita dal freddo doloroso che i vestiti bagnati e appiccicati alla
pelle le stavano procurando. Ecco la conferma di tutto, non ci si
infradicia così sotto le coperte mentre si dorme.
Svelta scivolò fuori dal pesante
piumone e per prima cosa si spogliò il più
velocemente possibile,
si tolse tutto finché non rimase col solo vestito che sua
madre gli
aveva fornito quando era nata, la sua pelle nuda.
Lo specchio era proprio di fronte a
lei, il suo viso, il suo corpo, tutto in lei era lo stesso di sempre,
però in fondo, forse più in profondità
di quanto avrebbe mai
creduto possibile qualcosa si era incrinato ed era cambiato
irreparabilmente.