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Autore: Herm735    20/01/2015    7 recensioni
Quando Callie Torres si trasferisce da Miami ad un paesino vicino Seattle le prime ragazze con cui stringe amicizia fanno parte della squadra di calcetto femminile del suo liceo, un mondo da cui Callie è subito affascinata. Liceo, primi amori, calcetto e Calzona.
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Addison Montgomery Sheperd, Arizona Robbins, Callie Torres, Meredith Grey, Teddy Altman
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Buona lettura!





Tim


Dopo aver riaccompagnato Arizona a casa mi feci una doccia veloce, scendendo poi per pranzare insieme alla mia famiglia.
“Allora, Aria, hai già conosciuto qualcuno?” chiese mio padre, consapevole della velocità con cui Aria era in grado di fare nuove amicizie.
“A dire la verità sì, ci sono un paio di persone interessanti da queste parti. Soprattutto ragazze che fanno parte della squadra delle cheerleader della scuola. Stavo pensando di fare un provino per entrare, quando inizieranno i corsi.”
“Sembra una buona idea” la incoraggiò mia madre.
“E magari Callie sarà nella squadra di calcio per cui farò il tifo” commentò allegra.
“Ancora non so se mi prenderanno, Aria” risposi distrattamente.
“Oh, ho sentito che hai fatto amicizia con il capitano della squadra. Vedrai che riuscirai a entrare” mi incoraggiò.
Perché era gentile con me?
La guardai qualche istante, poi scrollai le spalle e mi alzai da tavola.
“Posso uscire? C'è una persona che devo vedere...”
Mia madre e mio padre si scambiarono un piccolo sorriso, entrambi avevano un'espressione piacevolmente sorpresa.
“Vai pure, tesoro” mi disse mia madre.
Io non persi tempo. Avevo promesso ad Arizona che sarei passata da casa sua più o meno a quell'ora. Così mi incamminai, le mani in tasca.
Arrivata davanti alla porta bussai ed aspettai che qualcuno aprisse. Con mia sorpresa, ad aprire fu il ragazzo che quella mattina avevo visto litigare con Arizona.
“Salve. Cosa posso fare per aiutarti?” mi chiese sorridendo.
La prima cosa che notai di lui furono le fossette, identiche a quelle che apparivano anche sul viso di Arizona quando sorrideva. Poi feci caso al colore degli occhi, un intenso blu, anche quello molto simile a quello della bionda.
“Stavo cercando...”
“Calliope” mi salutò lei, uscendo di casa.
Io le sorrisi. Poi mi accorsi che il ragazzo ci stava ancora guardando.
“Vi serve un passaggio per andare da qualche parte?” ci chiese con gentilezza.
Io guardai verso Arizona, che distolse lo sguardo. Avevo catturato un'occhiata tra il frustrato e il triste rivolta al biondo difronte a noi.
“Callie Torres” mi presentai porgendogli la mano.
Lui ricambiò la stretta. “Tim Robbins. Sono il fratello di Arizona.”
Gli sorrisi educatamente, voltandomi poi verso la ragazza al mio fianco.
“La passeggiata di cui avevamo parlato?” mi chiese. “Ne hai ancora voglia?”
“Certo” annuii.

“Vuoi parlarne?” chiesi a bruciapelo.
“Di cosa?”
“Di Tim” risposi con un secondo di esitazione. “Stamani le cose sembravano piuttosto...diciamo strane.”
“Abbiamo litigato. Niente di che.”
“Mh. Perché sembrava definitivamente qualcosa.”
Lei sospirò. “Tim è all'ultimo anno di liceo.”
Non disse altro. E capii che non avrebbe detto nient'altro.
“Anche Aria è all'ultimo anno” risposi, quindi.
Calò il silenzio, uno strano.
“Senti” le dissi infine “se non vuoi parlarne con me, va bene. Ma se decidi di parlarne, e non sai con chi farlo...sai, a volte è più facile parlare di cose che ci riguardano con qualcuno che non conosciamo. Perché possiamo parlarne senza che la sua opinione ci importi davvero.”
“A me importa la tua opinione” rispose piano. “Come fai a sapere che è più facile?”
“È così che si dice, no? Anche se, a pensarci meglio, credo che sia una cavolata. Più o meno, nella mia vecchia scuola, tutti erano degli sconosciuti per me, ma non ho mai parlato di me con nessuno di loro” riflettei ad alta voce.
Lei rise. “Ok, forse dovremmo testare questa tua teoria. Facciamo così, io ti parlo dei miei problemi adesso che ti conosco a malapena. Se non ci parleremo mai più se non in rare occasioni, sapremo che hai torto, se diventiamo amiche, avrai avuto ragione. Poi, se diventiamo amiche, tu mi parli dei tuoi problemi, così testiamo anche la mia teoria. Se parlarmi dei tuoi problemi ci allontana, avevo torto, altrimenti avevo ragione. Che te ne pare?”
“Andata” le risposi, stringendo la mano che mi stava porgendo.
Continuammo a camminare fianco a fianco ed aspettai che si sentisse abbastanza a suo agio per parlare.
Quando lo fece, quello che disse mi fece capire immediatamente il perché era stata tanto sconvolta quella mattina.
“Tim si arruolerà dopo aver preso il diploma. Me lo ha detto stamani.”
Non risposi. Mi bloccai, l'espressione ebete che avevo quando qualcuno mi dava una notizia come quella.
“Stai bene?” chiesi, quando i criceti nel mio cervello iniziarono a correre, azionando i circuiti di emergenza.
“No” rispose deglutendo con forza. Aveva lo sguardo basso, tra di noi, che adesso ci stavamo fronteggiando.
“Ok, ascolta, abbiamo un anno per fargli cambiare idea. Va bene? Se non vuoi che lui parta, non darti per vinta dall'inizio. Abbiamo un anno. Usiamolo saggiamente” proposi, afferrando le sue spalle.
Lei mi guardò. Aveva le lacrime agli occhi. Mi salì un nodo alla gola.
“Abbiamo? Quindi mi aiuterai?”
“Certo. Certo, Arizona. Qualsiasi cosa tu voglia” ripetei quello che le avevo detto sul campo di calcio il giorno che ci eravamo conosciute.
Lei alzò il viso, guardandomi negli occhi.
“E se decidesse di partire?”
“Tornerà indietro, allora.”
“E se non tornasse?”
Aprii e richiusi la bocca un paio di volte.
Cosa avrei dovuto dirle?
“Allora ti permetterò di dare la colpa a me” promisi. “Potrai urlarmi contro e prendermi a pugni e smettere di parlarmi per sempre, se ti farà sentire meglio. Se non riusciremo a farlo rimanere, ti permetterò di dare la colpa a me.”
Lei sospirò, tornando a guardare in basso.
Poi fece un passo avanti, appoggiando la testa sulla mia spalla. Io la abbracciai. E la lasciai piangere, in mezzo alla strada, mentre me la stringevo contro e mi sforzavo con tutta me stessa per trovare un modo per farla stare meglio.
“Ssshh, va tutto bene. Andrà tutto bene.”
Continuando a tenerla stretta con un braccio, portai l'altra mano ai suoi capelli, accarezzandoli piano. Non riuscii a resistere alla tentazione. Mi piacevano i suoi capelli. Erano morbidi e profumavano di qualcosa che era unicamente Arizona.
“Andrà tutto bene” continuai a ripetere.
Continuò a lasciarsi abbracciare. E pensai che avesse solo voglia di due braccia forti che la sostenessero in quel momento.
Non presi mai in considerazione, neanche per un momento, che quello di cui aveva bisogno in realtà fossero le mie braccia. Non valutai mai l'ipotesi che avessi fatto colpo su di lei come lei aveva fatto colpo su di me.
Ma la tenni abbracciata. Finché smise di piangere. Finché quell'abbraccio fece stare meglio entrambe.
E, dopo, la tenni abbracciata ancora.

“E con questa fanno cinque!” urlò Cristina alla mia sinistra.
Addison mi saltò sulle spalle da dietro. “Callie ti ho detto oggi quanto sono felice che tu sia nella nostra squadra? Perché sono felice. Molto felice.”
“Lo so, Addison. Lo so” sorrisi, battendo il cinque con Meredith.
“Vai così Rockstar” sussurrò mentre le nostre mani si incontravano in aria.
“Bella partita Torres” si congratulò la Bailey togliendosi i guantoni.
Io notai Arizona che mi guardava con il sorriso sulle labbra.
Per mia fortuna a fine partita era molto sportiva. Anche se durante era davvero competitiva.
Quando Addison scese dalle mie spalle io mi avvicinai a lei.
“Sette partite, cinque vittorie. Impressionante” mi disse.
“E tutto ciò solo in un mese” le ricordai.
“Per fortuna tra un paio di settimane ricominceremo ad andare a scuola, così almeno saremo nella stessa squadra. Sono stanca dell'umiliazione.”
Io alzai gli occhi al cielo, sospirando. Poi mi abbassai, sollevandomela su una spalla e portandola fuori dal campo.
“Calliope, mettimi subito giù!” ordinò, agitando le gambe.
“Stai attenta, se ti agiti rischio di farti cadere” la rimproverai, dandole una pacca sul sedere come avvertimento.
In quel mese passato insieme eravamo diventate molto unite.
“Calliope!” ripeté con voce innaturalmente alta.
Forse per via della strana posizione a testa in giù. O forse perché le avevo toccato il sedere.
Io risi di gusto, ma la lasciai andare una volta a bordo campo.
“Vieni da me? Possiamo guardare un film” proposi.
“Però scelgo io stavolta. Sarò lì subito dopo che mi sarò fatta una doccia.”
Io annuii, mentre salivamo dentro l'auto di Meredith, che ci avrebbe riaccompagnate a casa.

“Ok. Ho preparato dei popcorn e preso la tua marca di patatine preferita” la informai, mentre entravamo in camera mia. “Che film hai scelto?” le chiesi, gettandomi sul letto.
“Una commedia di Jennifer Aniston. Lei è davvero sexy.”
Io guardai da un'altra parte. Quando riportai lo sguardo su di lei vidi che mi stava guardando.
“Scusa. Mi dispiace, so che questo genere di commenti non sono...”
“No. No, voglio che tu sia te stessa con me, che dica quello che ti passa per la testa. È solo che non so mai come rispondere.”
Lei annuì, sedendosi sul letto accanto a me, con le gambe distese sul materasso e la schiena appoggiata alla spalliera.
“Che ne dici di 'aspetta, questo è il film con Adam Sandler? Adoro quel tizio' o qualcosa del genere?”
Io risi. “Adam Sandler mi fa sempre morire dalle risate” confermai. “Ma è anche vero che Jennifer Aniston senza dubbio è molto sexy.”
Lei rispose solo con un piccolo sbuffo di incredulità, mentre iniziava il film.
Appoggiai i popcorn in mezzo e le porsi le patatine. Io preferivo i popcorn in ogni caso, quindi lasciavo che lei scegliesse il tipo.
Quando arrivammo alla parte in cui Jennifer Aniston si toglieva i vestiti rimanendo in costume, capii perché Arizona aveva scelto quel film.
“Già. Molto, molto sexy” sussurrai ridendo piano. Risi per dissimulare il fatto che guardare quel film con Arizona mi aveva fatto pensare a come sarebbe stato vedere lei indossare solo un costume da bagno. Quel tipo di pensieri non erano nuovi. Erano sempre più frequenti. Ma se Arizona fosse stata interessata a me in senso romantico me lo avrebbe fatto sapere, no?
“Credevo che tu fossi più interessata in Adam Sandler” scherzò, gettandosi in bocca una manciata dei miei popcorn.
“Ehi, che fine hanno fatto le patatine?”
“Finite” rispose a bocca piena.
Io risi. “Mangi così tanto cibo spazzatura che finirai per trasformarti in uno. Diventerai un'enorme patatina uno di questi giorni, lo sai?”
“Calliope” rispose, ingoiando. “Quello che hai appena detto suona incredibilmente equivoco.”
La colpii sul braccio, facendo una faccia incredula.
“Questo è solo perché tu sei una pervertita.”
Afferrò la mano con cui l'avevo colpita e fece passare il mio braccio attorno alle sue spalle.
“Lo adori.”
Io risi.
“È vero” ammisi, appoggiando la tempia contro la sua.
Rimase così vicina per tutto il resto del film, tenendo il mio polso con la sua mano, come se volesse assicurarsi che non avrei spostato il braccio.
“Stai comoda?” le chiesi quasi scherzando.
“Molto” rispose sorridendomi.
Io le lasciai appoggiare la testa sulla mia spalla.
E sospirai quando mi resi conto che la verità era che lei mi piaceva più di quanto avrebbe dovuto piacermi la mia migliore amica.
Quando il film finì non riuscii a trovare in me la voglia di spostarmi. E neanche lei.
“Sei a disagio?” mi chiese quando sospirai di nuovo.
Io rafforzai la stretta. E sospirai ancora una volta.
“Non sono mai stata così a mio agio in vita mia.”
Ci furono diversi momenti di silenzio. E all'improvviso sentii una scarica di domande formarsi nella mia testa. Finché, una di loro, riuscì ad uscire.
“C'è stato qualcun altro prima di Joanne?” domandai a bruciapelo.
Lei si allontanò il minimo indispensabile per guardarmi negli occhi con confusione. Dopo avermi osservato attentamente, tornò ad appoggiare la testa sulla mia spalla.
“No. Non c'è stato nessuno, né prima né dopo di lei.”
“Come hai capito...” continuai. “Come hai capito che ti piaceva?”
Lei scrollò le spalle. “Come hai capito che ti piaceva il primo ragazzo con cui sei stata?”
La domanda fece scattare qualcosa. Schiarendomi la voce, tolsi il braccio dalle sue spalle e mi allontanai, sedendomi sul bordo del letto.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?” chiese con tono preoccupato.
“No. No, è solo...non c'è mai stato alcun ragazzo” ammisi in un sussurro. Non ero mai stata così imbarazzata. Era qualcosa di cui non avevamo mai parlato, prima di allora.
“Aspetta, intendi...Mai stata con un ragazzo? Mai baciato un ragazzo?”
Feci segno di no con la testa, senza guardarla.
“Smetterai di parlarmi adesso o qualcosa del genere?”
“Calliope, neanche io ho mai baciato un ragazzo. Sono lesbica, ricordi?”
Ogni volta mi stupiva come a soli sedici anni Arizona avesse tutto così chiaro.
“Ma c'è stata Joanne” sussurrai, in imbarazzo.
Fu il suo turno di sospirare.
“Senti, Calliope, se mai avremo questa conversazione lo faremo quando non sarai più così imbarazzata da non riuscire a guardarmi negli occhi.”
Io trassi un respiro profondo. Poi alzai lo sguardo.
“Non sto evitando di guardarti negli occhi perché sono imbarazzata dal fatto che stiamo parlando della tua relazione con una ragazza, sono imbarazzata dall'averti detto la parte che riguarda me. Parlare di sesso non mi imbarazza. Parlare di me e il sesso, quella è un'altra storia” dissi tutto d'un fiato. “Sono vergine” aggiunsi.
“Sì” rispose lentamente. “L'avevo capito.”
“Quando vorrai parlarne io ti ascolterò. Se mai deciderai che vorrai parlarne.”
“Calliope...”
No, so che non sono affari miei e tutto il resto. Ma in solo un mese sei diventata la mia migliore amica. Mai avuta una prima” aggiunsi, rendendomi ancora più ridicola. “Mi è solo sembrato che la storia di Joanne ti abbia turbato più di quanto dai a vedere, quindi, se mai vorrai parlarne, io ascolterò. Anche la parte che riguarda il...” scossi appena la testa “...sesso. Tutto quello che ho detto è suonato incredibilmente stupido, non è vero?” chiesi, chiudendo gli occhi e passandomi una mano sul viso.
“No, Calliope. Quello che hai detto era perfetto” mi rassicurò, venendo a sedersi accanto a me.
Io le presi una mano, cercando di rassicurarla che non c'era alcuna fretta, che non doveva farlo in quel momento.
Lei mi guardò, annuendo, facendomi capire che aveva capito. Ma voleva farlo comunque.
“Joanne era una delle mie amiche. Non avevo mai parlato a nessuno di quello che mi stava succedendo. Poi lei mi baciò una sera, dopo che aveva bevuto non so più neanche quanto. Allora ne fui sicura. Del fatto che mi piacevano le ragazze, intendo. Lo dissi ai miei genitori. Ero terrorizzata, ma loro avevano già capito da un po' cosa stava succedendo. Sai, per via del calcio, e del poster di Cindy Crowford e altre cose come quella, che non sono il punto della conversazione, in questo momento...” trasse un lungo respiro. “Comunque, mi baciò di nuovo qualche settimana dopo, quando era sobria. Io avevo iniziato a dirlo alle persone di cui mi fidavo, ma non mi aspettavo che le cose precipitassero. Sua madre la vide baciarmi sul divano del soggiorno. Mossa stupida, col senno di poi. In ogni caso, l'hanno spedita in una scuola per sole ragazze - lo so, ironico. Da gennaio dello scorso anno non l'ho più rivista. Quindi tutto ciò che c'è stato con Joanne sono stati un paio di baci a stampo, tutto qui. Joanne non mi ha turbato così tanto, infondo. Ma è stato qualcosa di importante, per me, quello che mi ha fatto realizzare. A volte penso a cosa mi sarebbe successo se i miei genitori avessero reagito come i suoi, a volte mi chiedo se quello che le è successo non sia colpa mia...”
“Arizona, non è affatto colpa tua” la fermai. “Sarebbe successo comunque prima o poi. I suoi genitori l'avrebbero scoperto con o senza di te.”
Lei sospirò. “Prima e dopo Joanne non c'è stata nessuna” mi guardò dal basso verso l'alto, assicurandosi che avessi recepito il messaggio.
“Oh. Oh!”
“Smetterai di parlarmi adesso?” chiese, ripetendo quello che le avevo chiesto io.
“Certo che smetterò di parlarti. Rovineresti la mia reputazione.”
Lei mi colpì su un braccio. Io risi, attirandola a me e avvolgendola tra le mie braccia.
“Non è stata colpa tua. E vedrai che andrà tutto bene.”
“Mi piace quando lo dici.”
“Davvero?” chiesi confusa, allontanandomi per guardarla negli occhi.
“Già. Quando me lo ha detto qualcun altro, mi è sempre sembrato che fossero parole vuote. Sempre. Ma quando lo dici tu, riesco quasi a crederci” concluse, annuendo come se avesse appena finito di valutare la situazione. “Posso crederci.”
Le sorrisi, prendendo le sue mani tra le mie e guardandola negli occhi.
“Andrà tutto bene.”






Allora, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!




 

  
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