Questa è la prima one-shot che scrivo
Decisamente non è a lieto fine, ma spesso le emozioni tristi e dolorose sono quelle che ti coinvolgono di più.
Spero che quello che ho scritto vi possa far provare delle emozioni...
e che mi lasciate qualche commento, anche solo per criticare... "sbagliando si impara"
Baci Sara
NESSUNA RAGIONE
PER VIVERE
Una stanza, fredda, spoglia:
un letto a baldacchino con le coperte blu oltremare, un comodino in mogano, una cassettone
nello stesso stile spoglio e una toletta ottocentesca con uno specchio e una
panchetto imbottito su cui sedeva una ragazza.
O ciò che rimaneva di
lei.
Un guscio vuoto, privo di
anima e con un cuore che ormai batteva solo per fare male.
Si spazzolava i lunghi capelli
neri e lisci che le arrivavano a metà schiena.
Si specchiava e vedeva solo un
corpo, vuoto, un viso dolce dalla pelle serafica, gli occhi neri, una volta
profondi e intensi, ma adesso solo due pietre fredde e
dure.
Guardava, ma non
vedeva.
Provava solo fitte allucinanti
al petto, dove una volta si trovava il suo cuore, come tante schegge ghiacciate
che la perforavano e per quanto fredde bruciavano più delle fiamme
dell’inferno.
Ma lei era già
all’inferno.
Dal piano di sopra venivano
gemiti sommessi, prova del piacere che una donna, la sua padrona, stava
ricevendo grazie a lui.
Continuava imperterrita a
pettinarsi i crini neri e lucenti, mentre le lacrime ormai a lei così famigliari
solcavano il suo bel volto.
Perché era bella.
Eccome se era
bella.
Bella come un angelo, ma ormai
spenta.
I ricordi le ottenebrarono la
mente.
Si trovava in un letto,
coperta da dei lenzuoli di seta che avevano assistito alla consumazione
dell’amore che fiammeggiava fra lei e il bellissimo ragazzo, nudo, che era
abbracciato a lei.
-
Ti amo…- un sussurro appena
accennato, ma perfettamente udibile alle sue orecchie.
-
Ti amo anch’io… non sai
quanto… vorrei che tutto questo non finisse mai…- già, un desiderio tanto
semplice e perfetto quanto difficile da
realizzare, se non impossibile.
Il ragazzo la strinse ancora
più forte, inspirando profondamente, a pieni polmoni, il profumo di rose che
proveniva dai capelli del suo amore.
Una lacrima gli solcò il viso
pallido.
-
Mi dispiace, mi dispiace
tantissimo, sento che dopo che avrò detto queste parole morirò, morirò dentro,
lasciando solo delle apparenze, una menzogna al mio
posto…
-
Di che stai parlando?-
La ragazza aveva un brutto
presentimento, come se sapesse che da li a pochi attimi la sua vita sarebbe
diventata inutile.
-
Ieri pomeriggio mio padre è
venuto qui. È ancora un uomo potente, per quanto io non voglia averlo come
padre, non posso ignorare la realtà, soprattutto se lui mi costringe… mi ha dato
una scelta: o sposerò Rosalie Sonier o ti ucciderà davanti ai miei occhi…-
Quelle parole affondarono
lentamente nella mente di lei, che proprio non riusciva a ascoltare.
Lui continuò
imperterrito
-
Non posso assolutamente
lasciarti morire, ma non voglio nemmeno perderti… non ho scelta. Il mondo non è
abbastanza grande per sfuggire alle minacce di mio padre.
O Selene, non voglio
lasciarti, non ce la faccio, non ho tutto questo coraggio… eppure non posso
sapere di essere la causa della tua morte, è insopportabile anche solo il
pensiero.
Ti prego,
perdonami…-
Ma Selene non ascoltava più,
sapeva perfettamente che lui aveva ragione, non c’era via
d’uscita…
Lentamente il suo corpo si
svuotava e rimaneva solo lo spettro della sua persona, destinata a soffrire fin
che vive.
L’ennesima lacrima solcò il
suo viso.
Un anno aveva vissuto il suo
amore e un anno era passato da quella notte di sussurri d’amore e parole di
abbandono.
Con calma si alzò dalla
toletta.
Indossava una vestaglia da
notte, bianca, semplice, uno scollo quadrato ricoperto di pizzo, un nastrino di
seta le circondava lo sterno appena sotto il seno, per poi lasciare libera la
stoffa dell’indumento, che ondeggiava a ogni suo movimento, quasi fosse un
fantasma.
Ma lei era un
fantasma.
Uscì tranquillamente dalla sua
stanza, i piedi scalzi non facevano nessun rumore sul pavimento di marmo
bianco.
I suoi padroni dormivano al
piano di sopra, inconsapevoli della loro serva che usciva di per andare incontro
a l’unico rimedio alla sua sofferenza.
Il padre di Edward era stato
davvero cattivo.
Vedendo il figlio cedere a
quella richiesta aveva aggiunto la beffa al danno, facendo di lei la serva
della nuova coppietta di sposini.
La moglie non faceva una
piega, poco le importava di quello che c’era e che tutt’ora c’è tra i due
innamorati, ma che non avevano nemmeno il permesso di
sfiorarsi.
Ricordava perfettamente tutte
le notti come quella in cui i neo- sposati avevano consumato il loro matrimonio
per dare un erede alle loro nobili casate.
Queste erano stati i momenti
peggiori…
Credeva che almeno le stanze
fossero insonorizzate, ma così non era.
La casa era veccia,
ristrutturata, certo, ma i muri erano sempre quelli.
La villa sorgeva vicino a una
scogliera che cadeva a picco sul mar di Bretagna, sempre pronto ad accogliere
coloro che cercavano il riposo eterno.
Nella sua stanza padronale,
quel ragazzo, costretto ad una vita di torture guardava assorto il paesaggio di
fronte a lui: una scogliera…
Quante volte aveva desiderato
potersi buttare di sotto e finirla con quel dolore.
Anche quella notte era stato
costretto ad adempire ai suoi doveri di marito, a infliggere ancora un altro
dolore all’angelo che aveva per serva, ma che era la padrona del sul
cuore.
Poi una figura, un fantasma,
bianco, con un mantello di capelli neri, che alla luce della luna si avviava
lento e calmo verso la scogliera.
Un nome, il SUO nome gli
rimbombò nella mente.
No, non poteva essere, lei non
poteva fargli quello….
La figura esile avanzava
inesorabile, senza nessun ripensamento o incertezza, solo la voglia di smettere
di soffrire.
-
No!!!-
Il suo urlo fece sobbalzare la
sua sposa nel letto, che corse ad affiancare il marito, che scioccato fissava la
finestra e la scena che gli si presentava: la sua serva era al limite della
scogliera, la vestaglia da notte bianca, ben visibile sotto quel cielo stellato,
gonfiata dal vento, mentre i capelli le svolazzavano intorno al
viso.
Edward non sapeva che fare,
ormai era troppo tardi per fermarla, non avrebbe fatto in tempo, inoltre non
riusciva a distogliere lo sguardo.
Il suo amore, il suo angelo,
la sua unica ragione di vita stava per lanciarsi nel
vuoto.
E lui non poteva
fermarla.
La giovane donna allargò le
braccia, come a voler accogliere il vento freddo che la
investiva.
Poi si lasciò
cadere.
Una sola frase, un solo
pensiero sulle labbra.
Ti
amo
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