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Autore: keepsakeEFP    21/01/2015    4 recensioni
Emma è una ragazza di povere origini presa a servizio nella tenuta della nobile famiglia Jones. Killian è un nobile arruolato nella marina militare di sua maestà, ma quando farà ritorno troverà ad attenderlo molto più di quello che aveva lasciato. L'amore proibito tra la serva e il suo padrone dovrà farsi strada tra intrighi, tradimenti, congiure e pregiudizi sociali.
Liberamente ispirato alla serie Tv Elisa di Rivombrosa.
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Dal testo:
« Voi siete… » cominciò titubante, terrorizzata all’idea di essersi solamente illusa, ma il ragazzo l’anticipò.
« Conte Killian Jones. » disse con orgoglio inchinandosi di fronte a lei e lasciandola alquanto esterrefatta.
« Ai vostri ordini. » aggiunse guardandola in un modo così intenso da farle venire i brividi.
Killian le sfiorò le dita, sicuramente intenzionato a farle il baciamano, ma prima che potesse riuscirci la ragazza le aveva già allontanate per tirar su gli angoli della gonna e fare una piccola riverenza.
« Onorata. » affermò raggiante e con gli occhi luccicanti.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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>> Capitolo 4 <<

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Per una migliore resa del capitolo vi suggerisco di cominciare a far partire questa musica quando vedrete gli asterischi rossi.
Quando compariranno nuovamente vorrà dire che la musica non sarà più necessaria ^_^

Buona lettura!

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« LIAM! »
Killian urlò disperato cercando di rialzarsi e mantenere la mente lucida. Un dolore lancinante alla guancia sinistra lo portò a sfiorarsi il viso con una mano e quando la ritrasse vide le dita sporche del suo stesso sangue. Tutto ciò non fece altro che accentuare il senso di morte che si stava facendo spazio nella sua testa.
« Liam… » ripeté sottovoce con gli occhi sgranati e lo sguardo perso. Intorno a lui il tempo si era fermato, la gente osservava incredula il vascello distrutto con le bocche spalancate e i brividi lungo la schiena. William non osava dire nulla, la sua paura era troppo grande perché potesse fare o dire qualcosa.
Il cavallo nero nitrì improvvisamente, così forte da far sussultare il Capitano. Killian si risvegliò come da un sogno, ma quello in cui si ritrovò fu un vero e proprio incubo. Le sue iridi azzurre tornarono debolmente alla vita, e quando si guardò intorno notò che tutti erano caduti nello stesso stato di trance da cui lui era riemerso.
« Liam! »
Urlò di nuovo il suo nome, ma questa volta si mise a correre lungo la banchina del porto, come un forsennato. Lasciò cadere il cappello a terra e si preparò a tuffarsi tra le onde. Proprio all’ultimo momento qualcuno lo trattenne per la vita e lo ributtò a terra.
« Capitano, cosa pensate di fare? » urlò il servitore che a quanto pare era riuscito a rimettere in moto le gambe.
« Togliti dai piedi William! » ruggì il giovane cercando di rialzarsi. Lo spintonò con forza, ma l’ometto lo trattenne di nuovo tirandolo per la giacca.
« Vi prego, ragionate! La nave è troppo distante! Anche se riusciste a raggiungerla sarebbe comunque troppo tardi. »
Killian lo guardò con gli occhi pieni di astio. Lo afferrò per il bavero della camicia e lo tirò a sé ritrovandoselo a qualche centimetro dal viso.
« Allora corri a cercare una scialuppa. Fa presto! »
« S-sì! »
Il Capitano lo lasciò andare e William partì alla velocità della luce. Tutti i marinai erano partiti con la nave, a terra non era rimasto nessuno, ma quando la scialuppa fu pronta tre soldati si offrirono di accompagnarlo per aiutarlo a remare. La piccola barca solcò il mare e in quel lasso di tempo i pensieri di Killian viaggiarono alla velocità della luce. Era terrorizzato. Il vascello diventava sempre più grande man mano che si avvicinavano, ma il fumo e le fiamme ne impedivano la vista completa. I soldati remarono fino ad accostarsi a ciò che ne era rimasto, il resto era stato totalmente distrutto. Pezzi di legno e corpi umani galleggiavano sull’acqua, il furioso scoppio ne aveva scaraventati alcuni anche a qualche chilometro di distanza. L’intera imbarcazione era ricoperta di fumo e fiamme, ma ciò non fermò il giovane Killian, che una volta salito a bordo sperò di trovare qualche sopravvissuto. Cominciò a tossire a causa del fumo e cercò di rimediare coprendosi il naso e la bocca con la mano.
« Liam! » urlò mentre le fiamme diventavano sempre più alte. Il pavimento era distrutto in più punti e ciò non gli permise di raggiungere ogni angolo della nave. Più si guardava intorno e più capiva l’orrore a cui stava assistendo. Non c’erano sopravvissuti, o almeno ancora non ne aveva trovati. Si mosse lentamente tra i cadaveri e l’odore del fumo mischiato all’aria salmastra. Da ciò che riuscì a riconoscere capì che si stava dirigendo verso la cabina del Comandante, ma quando arrivò a destinazione trovò solo una montagna di assi distrutte.
« No… » sussurrò terrorizzato inginocchiandosi tra le macerie. Cominciò a scavare, disperato, mentre gli occhi gli pizzicavano a causa del fumo e del troppo calore.
« Liam! »
Urlò il suo nome fin quando un debole mormorio attirò la sua attenzione. Si lanciò sulle assi che bloccavano il passaggio e cominciò a spostarne alcune rivelando un buco nel pavimento.
Liam era lì sotto, pieno di sangue, ma ancora cosciente. Il fuoco stava per raggiungerlo e allo stesso tempo impediva a Killian di avvicinarsi.
« Liam, sono io, sono Killian! » urlò sollevato cercando di sovrastare il rumore delle fiamme. Il Comandante sollevò di poco la testa. Era la voce di suo fratello o la morte si stava solo prendendo gioco di lui?
« K-Killian… vattene da qui. » lo supplicò, ma il crepitio del fuoco coprì il suo debole tentativo di comunicare. Proprio in quel momento il pavimento sotto di lui si scheggiò, cedendo leggermente. Liam scivolò verso il basso, ma con le poche forze rimaste riuscì ad aggrapparsi ad un pezzo di legno.
Killian sussultò, e con la sola speranza a guidarlo protese il braccio verso di lui, cercando in tutti i modi di raggiungerlo. Il calore delle fiamme cominciò a consumargli la carne della mano, ma il giovane non aveva nessuna intenzione di arrendersi.
« Afferrala, ti prego! » urlò continuando ad allungarsi verso il fratello. Liam cercò di agguantare la sua mano, ma scivolava sempre più in basso, sempre più lontano da quell’appiglio di speranza.
« Mi dispiace, Killian. »
Il volto del Capitano venne rigato dalle lacrime contro la sua volontà, un po’ per il dolore alla mano, un po’ per l’incredibile paura che lo stava divorando. I suoi enormi occhi azzurri non appartenevano più all’uomo forte e valoroso che era, ma al bambino che era stato tanto tempo fa, quello debole e spaventato.
« Non avere paura, andrà tutto bene. » gli disse Liam in un sussurro, che stranamente riuscì a comprendere. Gli sorrise prima di abbandonare del tutto la presa e lasciarsi cadere tra le fiamme. Il suo corpo attraversò quell’inferno fino a cadere in mare con un tonfo sordo.
Killian ritirò la mano ormai del tutto ustionata e si tolse il foulard che aveva intorno al collo, lanciandolo tra le fiamme, poi si tuffò in mare alla ricerca di suo fratello.
Lui non si sarebbe arreso, non finché non lo avrebbe riavuto tra le sue braccia.

 

***


Lo trascinò sulla banchina del porto con le ultime forze rimaste. Non volle nemmeno l’aiuto dei soldati, di William o di altra gente sconosciuta. Lo trasportò fin quando non cadde in ginocchio e si rese conto di essere effettivamente debole, di non poter fare nulla di più se non lasciarlo lì, sdraiato sul ponte che lo aveva visto salpare.
« Killian… »
Il debolissimo sussurro di Liam lo fece scoppiare di nuovo in lacrime. Entrambi erano fradici fino alle ossa, i capelli del Capitano grondavano acqua che andava a mischiarsi con il sangue della ferita sulla guancia. Liam sollevò debolmente la mano e Killian gliela strinse con quella intatta, con l’altra non riusciva più a sentire niente, proprio ciò che avrebbe voluto per il suo cuore.
« Chi è stato a farti questo? » gli domandò il Capitano tra un singhiozzo e l’altro.
« Non ha importanza. » rispose Liam a stento, gli occhi ridotti a due fessure.
« Ne ha per me! » urlò Killian in preda alla rabbia più profonda.
« Devi dirmelo Liam, o lo scoprirò da solo. »
Il Comandante deglutì e cercò di avvicinarsi al suo orecchio. Non voleva che altri sentissero, aveva protetto il segreto fino a quel momento, ma ora doveva necessariamente passare il fardello a qualcun altro, e nessuno poteva immaginare quanto avrebbe voluto che non si trattasse di lui. Ma il tempo era arrivato al limite e su quella banchina non c’era nessun altro a cui si sarebbe potuto rivolgere, di cui si sarebbe fidato di più.
« D’accordo Killian, ora devi ascoltarmi. » cominciò raccogliendo le ultime forze rimaste. Il giovane si aggrappò alla sua divisa distrutta e Liam gli tirò la testa in avanti così che le loro fronti potessero sfiorarsi. Killian chiuse gli occhi lasciandosi cullare dal suono delle sue parole, probabilmente le ultime che avrebbe udito.
« Jefferson mi aveva confessato di voler uccidere il Re. Era in combutta con altre persone, ma lui si è pentito ed è venuto a raccontarmi tutto. I nomi degli altri congiurati sono scritti all’interno di una lista, che avrei dovuto consegnare al Re. »
Le parole di Liam fuoriuscivano lente e biascicate, con un retrogusto amaro mischiato al sapore del sangue. Killian non si mosse di un millimetro, continuò a respirare normalmente e con gli occhi chiusi, in attesa che suo fratello finisse di parlare.
« Sapevo che la mia vita era in pericolo, per questo non ho voluto portarti con me. E non ho portato con me nemmeno la lista. La troverai nel mio alloggio. Ora ti chiedo solo una cosa, Killian. Fa quello che ritieni giusto. Avere la lista equivarrà ad essere in pericolo, e non solo tu, lo saranno anche le persone che ami. Ora puoi decidere se essere fedele al Re, o dimenticartene e vivere una vita tranquilla. »
Killian aprì finalmente gli occhi per guardarlo. In quelli del fratello si era accesa una luce nuova, che non seppe interpretare fin quando quest’ultimo non gli rivolse un sorriso sincero.
« Ma ricordati questo: qualunque cosa sceglierai, io sarò dalla tua parte, fratello. Sempre. »
Un sospiro, l’ultimo che esalò.
Killian sbarrò gli occhi e senza rendersene conto gli accarezzò il volto spostandogli i capelli umidi dal viso.
« Liam. » lo chiamò accennando un sorriso, il sorriso fittizio di chi non vuole credere a ciò che ha davanti agli occhi, e allora continua a ripetersi che la realtà è troppo crudele, che non sta accadendo per davvero. E tutto sembra uno scherzo, un terribile scherzo.
Ma quello non lo era, e appena lo capì si morse le labbra per cercare di mettere a tacere tutto quel dolore.
Gli occhi del Comandante erano fissi sul cielo pieno di nuvole, vuoti e inespressivi.
« Liam, ti prego. » lo supplicò Killian con la voce rotta dal pianto, ma suo fratello non gli avrebbe risposto, non lo avrebbe fatto mai più. Si strinse a lui avvolgendogli le braccia intorno al corpo, posando la testa sul suo torace. Avrebbe tanto voluto sparire, essere inghiottito dalla terra e non pensare più a nulla, ma al momento un unico pensiero gli balenava in testa, l’unico che fosse chiaro in tutto quel caos. Il dolore aveva offuscato il suo giudizio, ma non ciò che voleva davvero. Sollevò la testa ed osservò il mondo a denti stretti e con occhi diversi.
« Avrò la mia vendetta Liam, te lo giuro. »

 

***


Era passato esattamente un mese da quel fatidico giorno. Non era più uscito dal suo alloggio ed era rimasto da solo, nel buio di quella stanza. William aveva cercato in tutti i modi di avvicinarlo, ma il Capitano si era dimostrato irremovibile.
Il servitore aveva inviato una lettera alla tenuta di Hearthford raccontando del funerale avvenuto a Leinster, così come voleva la tradizione. Se un uomo di mare muore tra le sue acque, allora quelle stesse acque diventeranno la sua dimora per l’eternità. Dopo la cerimonia Killian non si era fatto più vedere. Aveva rifiutato ogni tipo di contatto esterno, ma ciò che aveva fatto preoccupare di più William era stato il suo cambio di atteggiamento.
Il ragazzo era diventato scontroso, quasi un fantasma di sé stesso. Anche il suo aspetto era cambiato. I toni chiari e fanciulleschi lo avevano abbandonato, lasciando il posto a quelli di un uomo. Sembrava che fosse cresciuto in un sol colpo, troppo in fretta per un ragazzo della sua età.
I capelli curati e ordinati erano diventati più corti e scompigliati, a causa di un taglio fattosi personalmente che gli lasciava la fronte scoperta. Al contrario aveva lasciato crescere la barba, ora più ispida e accentuata.
La ferita sul volto era quasi guarita, ma vi era ancora un minuscolo taglio rosso ed obliquo che gli attraversava la guancia destra. Dal giorno del funerale aveva indossato sempre e solo abiti neri, come a ricordarsi che non poteva permettersi di dimenticare. La sua mano sinistra era invece diventata inutilizzabile a causa della perdita di sensibilità. Poteva muoverla, ma qualunque cosa toccasse gli sembrava inconsistente, come se non fosse davvero lì. La pelle in quel punto presentava delle macchie che ben presto sarebbero diventate delle enormi cicatrici, per questo la copriva sempre con un guanto di pelle. E le sue giornate le passava a bere, per cercare di dimenticare il suo dolore. I suoi occhi si erano fatti più duri, più oscuri, un azzurro capace di ipnotizzare ma allo stesso tempo di incenerire.
Qualcuno bussò alla porta, per la terza volta quel giorno, e come la maggior parte delle volte nessuno rispose.
« Capitano, sono William. Vi prego aprite. »
Il servitore sembrava instancabile, ma nonostante i suoi sforzi non aveva ancora ricevuto alcuna risposta, e se l’aveva ricevuta non era stata delle migliori.
« Capitano. »
La porta venne spalancata improvvisamente, così di getto che il piccolo uomo saltò sul posto, o forse fu lo sguardo del suo padrone che gli causò un colpo al cuore. Lo fissò come se avesse voluto strangolarlo, vestito con una camicia nera dalle maniche larghe e dei pantaloni dello stesso colore.
« Voglio dirti una cosa, Spugna. Il tuo Capitan Uncino è molto irritato in questo momento, quindi se vuoi vivere abbastanza per poter tornare a casa… comincia togliendoti di mezzo. »
Fece per chiudere la porta, ma William lo bloccò tirando fuori un coraggio che pensava di non avere.
« Che diavolo stai facendo? » gli domandò guardandolo in cagnesco.
« Io tornerò a casa Capitano, ma ci tornerò con voi. »
Killian scoppiò in una risata che suonò divertita, ma allo stesso tempo malvagia. Si avvicinò all’ometto, anche troppo rispetto al necessario, e gli soffiò contro tutto il suo astio.
« E come pensi di convincermi? »
Una domanda che seguì nuovamente una risata di scherno.
« Venite con me. Uscite da qui e fate visita all’alloggio di vostro fratello. Non ci siete mai entrato da quando… da quando… »
William non riuscì a continuare la frase, ma era sicuro della sua idea. Voleva che il suo padrone ritrovasse un po’ della serenità di cui si era disfatto. Certo, avrebbe potuto ottenere l’effetto contrario, ma c’era un motivo per cui voleva farlo andare proprio lì. Durante tutti quegli anni aveva consegnato molte lettere, tutte finite nelle mani del Comandante. Di sicuro le aveva conservate, e se il Capitano le avesse lette forse in lui si sarebbe risvegliato il desiderio di ritornare a casa.
Era il suo ultimo tentativo, in caso non fosse andata bene sarebbe ritornato alla tenuta, questa volta per sempre.
Ma quelle parole sembrarono sortire l’effetto sperato. Killian smise di sghignazzare e rilassò i muscoli del viso cambiando repentinamente espressione.
« Perché dovrei? In quel posto non troverei altro che dolore. »
« Potrebbe sorprendervi invece. Perché non fate un tentativo? »
Killian lo osservò per un po’, poi inaspettatamente prese il suo mantello e si diresse fuori, per la prima volta dopo tanto tempo. William lo osservò mentre camminava spedito in direzione dell’alloggio di Liam, e non poté fare altro che sperare in un miracolo.

 

***


Aprì la porta con un colpo secco e quest’ultima sembrò spalancarsi sui suoi peggiori incubi. Varcò lentamente la soglia e si guardò intorno con il volto accigliato. Non era mai stato lì dentro, e ora capiva il perché.
Tutto gli parlava di lui. Il letto in cui aveva dormito, la scrivania a cui si era seduto, la finestra impolverata attraverso la quale aveva osservato il mondo. Mancava soltanto una cosa, la più essenziale. Suo fratello non era lì, e non ci sarebbe mai stato. Il dolore lo colpì come un pugno nello stomaco. Corrugò la fronte nell’intento di fermare le lacrime che stavano cercando nuovamente di liberarsi dai suoi occhi, ma non lo avrebbe permesso, non questa volta. Aveva imparato a controllarsi, non sarebbe più stato debole come quel giorno. Si raddrizzò e cominciò a cercare la cosa per cui aveva effettivamente accettato di venire lì. Ci aveva pensato ogni giorno, ogni singolo istante da quel momento maledetto.
Aveva pensato che se fosse rimasto alla larga da quella famigerata lista sarebbe riuscito ad assopire il suo desiderio di vendetta, ma quest’ultimo lo aveva consumato, lo aveva portato all’esasperazione. E ora finalmente aveva la possibilità di scoprire i nomi dei responsabili della morte di suo fratello.
Si avvicinò furente alla scrivania e con un colpo secco aprì la cassettiera. Al suo interno vi erano molte cose, tra cui una scatola di legno sigillata. La prese e la posò sulla scrivania, dopodiché ne sollevò lentamente il coperchio. Era piena di lettere.
Prese la prima e vide che era sigillata con uno strano stemma, che riconobbe subito come quello della casata degli Hatter. Sorrise, inondato completamente dal suo desiderio di vendetta, ma qualcosa lo bloccò non appena fece pressione sul sigillo affinché si rompesse. Perché si tratteneva? In fondo era quello che aveva sempre voluto. Suo fratello gli aveva detto di fare una scelta, e lui aveva deciso di vendicarsi. Osservò ancora la lista che era finalmente tra le sue mani, ma il suo sguardo si posò nuovamente sul contenitore di legno. Cos’erano tutte quelle lettere? Che fossero…
La curiosità gli giocò un brutto tiro e afferrò la prima che si trovava in cima alla pila, mettendo da parte per il momento la lista. Osservò la data riportata sul retro, segnava esattamente il 5 Novembre, il giorno in cui erano arrivati lì. Si accomodò alla sedia di suo fratello ed aprì la busta, che in precedenza era già stata scartata, e cominciò a leggere.

 

Caro Conte,
non so se leggerete mai queste parole, ma il desiderio di scrivervi era così forte che non ho potuto fare a meno di prendere carta e penna per raccontarvi ciò che sta accadendo nella vostra tenuta. Spero che mi perdonerete per il mio gesto, forse troppo pretenzioso, ma ciò che vi riferirò non sarà altro che la pura verità. Il marchese Malcolm ha ormai il controllo assoluto della tenuta, e ultimamente non fa altro che scialacquare il vostro denaro con debiti di gioco e altri affari che sarebbe meglio non menzionare. Vostra sorella Regina è una donna molto forte, ma spesso cade vittima dei soprusi del marito, che coinvolgono anche il vostro amato nipote Henry. Per quanto riguarda vostra madre, le sue condizioni di salute non sono delle migliori. Non fa che peggiorare, sente infinitamente la vostra mancanza e quella del conte Killian. Io vi supplico, conte, di ritornare a casa, per il bene della tenuta e della vostra stessa madre. A volte non sappiamo a quale posto apparteniamo, ma vi dirò una cosa. La casa è dove si trova la famiglia. Quando ne senti la mancanza, allora capisci di aver finalmente trovato il posto a cui ritornare. Io spero che sia qui, il vostro e quello del conte Killian, e chissà che un giorno il desiderio di vostra madre possa finalmente realizzarsi: poter riabbracciare i suoi due splendidi figli.
Con rispetto e devozione,

Emma di Hearthford


Si accorse delle lacrime che gli stavano rigando il volto solo quando una di esse scivolò lungo il profilo del mento atterrando sulla lettera, bagnandone la carta. Eppure si era ripromesso che non si sarebbe più dimostrato debole, che non avrebbe più mostrato le sue lacrime. Ma quelle parole gli erano arrivate dritte al cuore, lo avevano pugnalato a tradimento, ma era stato il più bel dolore della sua vita.
Si asciugò gli occhi e ripiegò con cura la lettera riponendola nella tasca del suo pantalone. Non sapeva perché, ma voleva portarsela dietro, così da averla sempre con sé. Prima di lasciare l’alloggio prese la lista e la mise via in modo scrupoloso all’interno della sua sacca, dopodiché piombò fuori lasciandosi illuminare dai raggi del sole. Si sentiva più leggero, decisamente.
« Spugna! » urlò cercandolo nello spiazzale. Il servitore arrivò tutto trafelato e con il cuore in gola.
« Ditemi Capitano. »
« Non più Capitano. Da oggi per te sono il Conte Killian Jones. » esordì lasciandolo letteralmente a bocca aperta.
« Volete dire… » cominciò il servitore con la speranza negli occhi.

« Esatto, Spugna. Prepara il necessario. Torniamo a casa. »



 
Angolo Autrice
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Ben ritrovati a questo nuovo capitolo! Un po' triste, in effetti, ma la morte di Liam è servita a Killian per diventare più forte. Spero vi piaccia la piega che sta prendendo la storia, anche se ci sono state già due morti tra questo capitolo e il precedente! Non me ne vogliate, ma io adoro le situazioni drammatiche e tragiche xD Il figliol prodigo sta finalmente tornando a casa, sarà la volta buona per quei due? Non voglio anticiparvi niente xD
Ringrazio tutti quelli che leggono la storia e soprattutto lasciano una recensione! In particolar modo la mia cara Kerri che ogni volta è sempre pronta a lasciarmi un suo parere. Ti abbraccio tanto ^^
Un saluto e al prossimo capitolo :)

Keepsaker

   
 
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