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Autore: Dragneel_Natsu    21/01/2015    2 recensioni
Una storia ambientata in un mondo completamente fantastico in cui nevica in continuazione. I due protagonisti, Frebi e Ful, si troveranno stranamente assieme a vivere una breve ma significativa avventura che cambierà le loro vite.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti ^^ Vi ringrazio infinitamente per esservi soffermati a leggere la mia storia. Non sono proprio eccezionale come scrittore, me ne rendo conto, e questa è la prima storia che pubblico, quindi siate clementi ^^.(Si accettano sia commenti che critiche costruttive ^^ Se una critica è fatta ai fini di migliorare non mi dispiace)
Ora vi lascio alla storia, buona lettura!


 COME LA NEVE CHE CADE DAL CIELO
cap 1 questa vita scorre
Questa vita è un continuo ciclo di nascita e morte, che si ripete all'infinito. Ogni vita che nasce ne vede un'altra spegnersi, ogni nuova luce è un ritrovato buio... In questo eterno scindersi tra la vita e la morte.
Il mondo in cui mi trovo si chiama Lisag, anche detto il paese della neve. Questa strana realtà, in cui capitai anni addietro, senza nemmeno sapere come, è senza alcun senso. Qui nevica e nevica, e nevicherà in eterno. Senza un giorno di sole, senza dì o notte. Il cielo è sempre uguale e non cambia mai.
La neve cade sul terreno, incessantemente, fino a formare enormi strati di soffice frescura bianca, che ricorda molto un oceano di panna. 
Questa neve, un paio d'ore dopo essere caduta, ritorna al cielo sotto forma di vapore acqueo (non so come faccia, o come mai data la mancanza del sole) e si ricondensa in nuvole, ricadendo infine al suolo. E tutto in questo mondo sembra comportarsi così. Come detto anche per la vita, tutto ha un ciclo. Ogni cosa che succede ne muove sempre l'opposto.
La vita muove la morte. La neve che cade fa evaporare altra neve... e come ho già ribadito questo mondo non ha senso.
Mi chiamo Ful, sono un ragazzo... abituato a climi del tutto diversi da qui. Lavoro in ospedale da quando ne ho memoria... dal mio arrivo qui. Mi ritrovai in questo strano posto 5 anni fa, senza ricordi, senza sapere come fossi arrivato. Ma non mi va di parlare di ciò che è stato, odio ricordare.
L'unica memoria piacevole che ho è il fatto che quand'ero appena giunto in questo strano posto adoravo la neve. Passavo ore ed ore a giocarci o guardandola cadere dal cielo, non capendo la malinconia degli altri bambini.
Ormai ho 16 anni, e guardandomi si capisce subito che non sono del posto. La mia pelle è ambrata, ed i miei capelli sono di un giallo molto acceso... mi hanno detto che somigliano alla luce del sole. Non sono altissimo... nonostante non abbia nulla da invidiare all'altezza media del posto.
Comunque... tornando al mio lavoro in ospedale... è orribile.
Mi hanno messo ad occuparmi delle nascite... ma per la ciclicità di questo mondo... ogni bambino che faccio nascere, inevitabilmente... fa morire una persona, di qualunque età o provenienza essa sia.
Io fortunatamente non sono soggetto alle leggi di questo mondo. L'unico modo in cui posso morire è ucciso o per cause naturali. Tuttavia... il mio lavoro mi fa sentire dannatamente in colpa... Mi sento come se stessi uccidendo... come un assassino.
Inoltre provo ad immaginarmi l'orrore e la paura di chiunque viva qui. Si potrebbe morire in qualsiasi momento, senza alcun motivo o preavviso particolare... ed invece diventare genitori dev'essere un inverno... sapere che la vita di tuo figlio sia costata la vita di un'altra persona...
Non voglio nemmeno pensarci!
Comincio ad osservare l'esterno... la neve continua a cadere... incessantemente...
Io la fisso con disprezzo. Vorrei solo potermene andare..
Chi sono? Da dove vengo io? Perché non posso lasciare questa Tolomea (uno dei tre inferni di ghiaccio presenti nella divina commedia)?
In preda alla furia tirai un calcio ad un bidone li vicino a me, ribaltandolo.
Le mie grida spaventarono le persone li presenti, che iniziarono a guardarmi terrorizzate.
"Che volete!?" Mi girai verso di loro in preda alla collera, mentre il mio corpo si espandeva e si comprimeva all'impazzata  sotto l'influenza del mio ben più che accelerato respiro.
Sgranai gli occhi, iniziando a frenare leggermente i miei bollori, quando sentii una mano appoggiarmisi sulla spalla.
Mi girai di scatto per vedere chi ci fosse dietro di me...
"Coraggio Ful, calmati" La sua voce rassicurante... il suo sorriso solare...
La rabbia defluì da me, ma nonostante questo non mi potei definire tranquillo.
L'abbracciai scoppiando a piangere. Mi accarezzò i capelli sussurrandogli di seguirla.
Heyma... la mia madre adottiva si potrebbe dire. Si è presa cura di me da quando sono qui. Una donna stranamente molto alta dati gli standard del luogo. I suoi occhi erano due enormi sfere viola, che scrutavano allegri il mondo che la circondava.
I suoi capelli color ghiaccio, come la sua pelle, erano ordinati e lunghi; le ricadevano sulle spalle fino ad arrivare poco sotto al collo.
Il suo carattere è sempre stato ottimista e positivo... ma come si fa in un posto del genere?
Non mi ero nemmeno accorto di averla seguita fino al suo ufficio. Mi fece entrare chiudendo poi la porta.
"Che è successo?" Mi chiese con voce affettuosa... affetto che solo una madre avrebbe potuto farmi sentire.
"Perché me?" le lacrime rincominciarono ad affluire, bagnando i miei occhioni ambrati.
Sospirò osservandomi attentamente "Perché continui a chiedermelo?"
"Perché sono praticamente un bambino" La mia voce tremava ed era discontinua a causa del pianto.
Mi strinse a lei mentre ci trovavamo in piedi l'uno di fronte all'altra.
"L'unico motivo per cui ti è stato chiesto di far questo lavoro è perché sei più affidabile di chiunque... Almeno non rischi di morire durante un parto" mi allontanai leggerete da lei, piegando le braccia e guardando le mie stesse mani con orrore.
"Ma... così ho ucciso... Ho fatto nascere ben 158 bambini... quindi ben 158 persone sono morte a causa mia... se io non facessi questo lavoro..." Serrai le palpebre continuando a bagnare i palmi con le mie lacrime, mentre singhiozzavo in preda al panico.
Dischiusi di nuovo le mie pupille quando sentii le mie mani strette.
"Tu non hai ucciso nessuno! Tu hai fatto una cosa meravigliosa, hai permesso a quei neonati di stare al mondo, di vivere e di poter sorridere. Devi andarne fiero!"
"Ma..." la mia voce si fece flebile e strozzata "... una madre morì di fronte a me Heyma..." iniziai a tremare piangendo in silenzio e con il capo basso, mentre le mani strette a pugno erano distese lungo i miei fianchi. Heyma si mosse di scatto abbracciandomi "Andrà tutto bene. E chiamami madre"








Grazie per la lettura ^^ E mi scuso per la cortezza della storia, giuro che i prossimi capitoli saranno un po' più lunghi >.< 
I capitoli sono già scritti, e cercherò di pubblicare con cadenza settimanale. Ciao ciao a tutti ^^
  
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