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Autore: Sirien    21/01/2015    0 recensioni
[Le Cronache della folgoluce]
Di solito gli spren non pensavano, così come non vivevano.
Esistevano, e basta.
Questo non sembrava impensierirli o dargli problemi; esistevano e coabitavano, vagando e osservando, invisibili ai più, senza neanche voler comprendere ciò che vedevano.
Di solito questo valeva per ogni spren, ma il nostro piccolo ventospren era curioso, curioso più degli altri
Genere: Fantasy, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Un piccolo ventospren cavalcava il vento freddo che precedeva l'altempesta, circondato da molti altri suoi argentei e impalpabili compagni sotto forma di nastri dalle forme mutevoli.
Era una cosa che faceva ogni giorno, senza saperne il motivo; ma non gli importava. Lo faceva d'istinto, lo trovava normale così come trovava strano il fatto che le creature mortali a cui adorava così tanto fare scherzi  scappassero dall'altempesta, nascondendosi in strane costruzioni fatte con la carne e il sangue della terra, che chiamavano case.
Perchè fuggire da quella violenta bellezza? 
si chiedeva ogni volta il piccolo ventospren, per poi dimenticarsene subito dopo. 
Gli spren erano solamente semplici spiriti e si trovavano in ogni cosa viva. Ne esistevano a migliaia e di moltissimi tipi. Di solito gli spren non pensavano, così come non vivevano.
Esistevano, e basta.
Questo non sembrava impensierirli o dargli problemi; esistevano e coabitavano, vagando e osservando, invisibili ai più, senza neanche voler comprendere ciò che vedevano. O almeno era così per ogni spren, ma il nostro piccolo ventospren era curioso, curioso più degli altri.

Da un pò di tempo si sentiva attratto dai campi di battaglia di una certa tribù di mortali, ed era lì che si stava dirigendo in quel momento, facendosi dare un passaggio dall'altempesta. Impiegò qualche ora a raggiungere i campi collinari del luminobile Amaram e li si fermò, galleggiando nell'aria, invisibile all' occhio mortale. Aspettò fino a che un piccolo esercito non si posizionò su una collina vicina. Volò sopra le teste dei soldati e nessuno la notò.Odiava non essere notata. Ma cosa voleva dire odiare? Se lo dimenticò
Superò i soldat e, dopo averne fatti inciampare un paio per creare scompiglio, raggiunse una larga pianura ricoperta d'erba chiara che si ritraeva al passaggio di un altro esercito. Il ventospren svolazzò, quasi danzando, nel cielo plumbeo, smuovendo le leggere brezze e soffiandole mentre si avvicinava ai mortali. Molti dei soldati, che indossavano gonnellini di metallo e livrea alzarono lo sguardo cercando la provenienza della brezza o forse un refolo più forte che asciugasse i loro volti sudati. Alcuni suoi cugini pauraspren svolazzavano fra i mortali.
Solo uno di loro, vestito diversamente dagli altri, con pantaloni dritti e decori semplici sulla giacca, lo guardò intensamente. Lo spren sentì uno strano brivido percorrergli le membra incorporee. Nessuno l'aveva mai guardato in quel modo. E poi in quel momento sarebbe dovuto essere praticamente invisibile.
Perchè quell'uomo continuava a guardarlo? 
Seguiva i suoi movimenti senza mai perderlo di vista. Ma più che altro...perchè non si dimenticava più all'istante delle domande che si poneva? 
Cominciò a muoversi, agitato. Voleva avvicinarsi a quall'uomo. Lo interessava più degli altri e non riusciva a levarsi dai ricordi il suo viso. Un viso giovane e bello. Affascinante si può dire, con occhi scuri che nascondevano una mente acuta e un passato tormentato. C'era oscurità in quegli occhi, a malapena sfiorati dai lunghi capelli neri mossi dal vento.
Mentre si costringeva a volare via per seguire la più vicina altempesta decise che avrebbe cominciato a seguirlo, anche se questo voleva significare abbandonare i venti e i suoi simili.
Ogni volta che poteva seguiva l'uomo dagli occhi scuri, diventando come una specie di suo spirito personale. Notava sempre il suo sguardo indagatore. Chissà se si chiedeva il perchè della sua presenza insistente.
L'inseguimento divenne parte della sua vita da spren. Ogni tanto tornava a seguire i venti e incontrava altri ventospren, ma per il resto del tempo seguiva Occhi Scuri. Aveva bisogno di un nome, non poteva continuare a chiamarlo così. Non aveva mai voluto sapere il nome di qualcuno.

L'uomo si chiamava Kaladin ed era il condottiero di una squadra del piccolo esercito che seguiva da tempo. Lo scoprì solo perchè un giorno decise di avvicinarsi abbastanza da sentire un'uomo chiamarlo per nome. Kaladin era premuroso con i suoi sottoposti, faceva di tutto per proteggerli e con la sua lancia sbaragliava ogni nemico che gli si parava davanti. Era un mortale affascinante.

Dopo qualche tempo di continui pedinamenti accadde qualcosa di inatteso. Kaldin venne catturato e reso schiavo. Lo spren non sapeva cosa significasse, ma vedendolo allontanarsi in catene si preoccupò. Non voleva perderlo di vista.
Lo seguì e così assistì ai maltrattamenti che Kaladin subì, alla forza di volontà di quello strano mortale che provò a fuggire ben dieci volte, fallendo e continuando a resistere, al contrario degli altri schiavi rinchiusi in gabbia con lui, per un lungo viaggio verso una destinazione ignota.

Il giorno in cui il piccolo spren si accorse di essere cambiato fu quando decise di parlare a Kaladin,e gli spren di solito non parlano, così come non pensano. Ma il nostro piccolo spren faceva entrambe le cose.
Svolazzando si avvicinò alle sbarre del carro in movimento e alle mani di Kaladin, appoggiate sulle sue gambe. Stringeva delle strane foglie.
Chissà a cosa gli servivano, forse erano importanti per lui
Kaladin la notò e lei inaspettatamente cambiò forma. Diventò una figura femminile in miniatura, sempre argentea ed evanescente, con un piccolo abitino dello stesso colore, ma femminile. Non aveva mai avuto un genere, però a quanto pareva era una lei.
- Di che si tratta? Puoi mostrarmelo, non lo dirò a nessuno. E' un tesoro? Hai tagliato un pezzo del manto della notte e l'hai messo via? E' il cuore di uno scarabeo, così minuscolo eppure così potente? -
Kaladin si guardò attorno, non capendo da dove provenisse la voce
- Kaladin perchè ti ostini a ignorarmi? -
Lui sembrò capire che era stata la ventospren  a parlare
- Folgori! Spirito! Cos'hai detto? Ripetilo! -
Lei gli girò intorno alla testa, per poi andare a posarsi sul suo polso
- Quele foglie sembrano interessanti. Ti piacciono molto, vero? -
- Come sai il mio nome? -
La spren ìgnorò la domanda
- Perchè non combatti? Lo hai fatto altre volte. Ora hai smesso -
Lui le rivolse un sorriso divertito
- Perchè te ne importa spirito? -
- Non lo so. Ma mi importa, non è bizzarro?-

Dopo quella conversazione Kaladin le permise di seguirlo sempre più da vicino, spesso appollaiata sulla sua spalla. Parlavano sempre più spesso e lei era felice di essere li con lui. Kaladin un giorno le diede un nome, Syl. La spren lo trovò molto adatto a lei, quindi lo accettò, contenta. Diventarono praticamente inseparbili e Syl sentì cambiare qualcosa. Si poneva sempre più domande e comprendeva sempre più cose del mondo, anche la morte.

Syl scoprì la morte il giorno in cui Kaladin, diverso tempo dopo essere giunto alle Pianure Infrante, tentò di suicidarsi.

Era da tempo rassegnato e disperato. Ogni giorno la morte lo circondava e lui era costretto a correrci incontro, trasportando un pesante ponte e facendo da scudo ai cavalieri dell'esercito reale, ricevendo le frecce dei nemici al posto loro. Ogni giorno resisteva, correva e miracolosamente sopravviveva vedendo i suoi compagni morire uno dopo l'altro, senza poter fare nulla per salvarli. Il giorno in cui scoprì la morte Syl era andata via, si era allontanata da Kaladin con la scusa, in parte veritiera, di dover decidere se tornare a essere una semplice spren.
In fondo lei aveva paura del cambiamento che stava subendo rimanendo accanto a Kaladin ma se ne era andata per tutt'altro motivo.
Si era ricordata delle strane foglie che Kaladin teneva con cura e che aveva perso. Forse potevano dargli conforto, quindi era andata a cercarle. Per uno spren era difficilissimo trasportare oggetti ma Syl per Kaladin avrebbe fatto ogni cosa, pur di rivedere la forza che lo rendeva l'uomo che era scorrere di nuovo in lui.
Trovò le foglie molto lontano dalle Pianure, ma riuscì a tornare poco prima di dimenticare se stessa. Più si allontanava da Kaladin e più tornava una semplice spren. Doveva tornare da lui; era la sua nuova casa e doveva stargli accanto. 
Lo trovò sotto la pioggia, seminudo, che osservava con i suoi begli occhi, oramai spenti, senza più la loro affascinante forza ad animarli, la voragine scura davanti a lui. Syl gridò il suo nome, spaventata, vedendolo sbilanciarsi in avanti. Kaladin si voltò con un'espressione scura in viso.
Syl gli galleggiò velocemente incontro, porgendogli il suo dono
- Kaladin! -
Lui notò la foglia
- Cos'è questo? -
- Queste cose sono pesanti! L'ho portata per te! -
disse Syl lasciando cadere la foglia nella mano aperta di Kaladin
- Perchè me l'hai portata? -
- Pensavo...bè tenevi quelle altre foglie così attentamente. Poi le hai perse quando hai cercato di aiutare quell'uomo nelle gabbie degli schiavi. Pensavo che saresti stato felice di averne un'altra. Tutto è sembrato andare male quando hai perso quella foglia. Prima di allora combattevi -
Lui scoppiò a ridere, ma la sua risata era amara.
- Ho fallito Syl, molte volte. Non sono riuscito a proteggere nessuno -
- Non ti piace allora? Ho volato così lontano, mi sono quasi dimenticata. Ma sono tornata. Sono tornata, Kaladin -
- Perchè? Perchè te ne importa? -
chiese Kaladin voltandosi di nuovo verso il baratro
- Perchè si. TI ho osservato sai. Riesco a ricordare. A malapena, ma ci riesco. Hai salvato molti uomini, Kaladin -
- Tutto quello che tocco avvizzisce e muore - sussurrò Kaladin
Syl cominciò a svolazzare fino ad arrivargli davanti al viso
- Perchè non provarci ancora? Che male potrebbe fare? -
Doveva riuscire a convincerlo. Non voleva perderlo...se avesse continuato così, raggiungendo un punto di non ritorno lo avrebbe perso vero?
- Io...-
- Un ultimo tentativo, Kaladin. Per favore -
Lui rimase in silenzio guardando l'oscura voragine che si stendeva per metri davanti a loro, infinita. Rimase immobile, sotto la pioggia ghiacciata.
Poi a un certo punto rialzò la testa, raddrizzo le spalle e lentamente si voltò, allontanandosi dal bordo frastagliato del baratro. I suoi occhi erano tornati vivi.
Sorrise a Syl e allungò una mano verso di lei, permettendole di appollaircisi, poi si avviò con lei a passo sicuro verso la caserma.
Forse aveva cambiato idea, pensò Syl. Era riuscita a salvarlo? Non avrebbe più pensato alla morte? Lei ci avrebbe pensato...per sempre

Dopo quella notte Kaladin tornò l'uomo che Syl aveva conosciuto.
Syl decise che non lo avrebbe mai più lasciato solo. Lo avrebbe difeso e amato come solo lei avrebbe potuto fare. Cancellò la paura per i cambiamenti che continuava a subire a un ritmo strabiliante, accettandoli per restare con Kaladin e comprendere sempre di più ogni cosa di lui e di quello che la circondava.
 Kaladin aveva dato un senso al suo esistere e lei avrebbe sorretto la sua unica vita






 

Salve! Spero che questa storiella, scaturita dalla mia mente contorta in un momento di momentanea ispirazione, sia stata di vostro gradimento.

Comincio col dire che ho cercato di restare il più fedele possibile alla trama originale del libro, anche narrando dal punto di vista di Syl, personaggio che ho sempre trovato affascinate ma mai analizzato profondamente dall'autore per ora
Volevo descrivere l'ipotetico primo incontro con Kaladin e l'evoluzione del loro rapporto solo  dal suo punto di vista, senza esagerare con descrizioni o paroloni. Dopotutto Syl è un piccolo ventospren che scopre di poter essere qualcosa di nuovo
Spero di aver fatto un lavoro abbastanza accettabile :)
  
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